[Valutazione del contest "Un fiume di soulmate!AU"]
Titolo:
Mi piace che questo titolo sia l’esatto specchio di quello della seconda storia perché il lettore capisce subito che i due capitoli sono legati a doppio filo; inoltre si intuisce anche il “ribaltamento” del punto di vista, altra cosa che ho apprezzato.
Caratterizzazione dei personaggi:
In questa quarta storia troviamo il punto di vista di Mito, e iniziamo subito con una considerazione che trovo molto adatta al personaggio, ovvero quella sui capelli rossi di Hanamichi che “attirano il malocchio”: il fatto che i capelli rossi portino sfortuna è strettamente legato alle credenze popolari anche in Italia (basti pensare a Rosso Malpelo), e trovo naturale che in un paese come il Giappone, molto attento culturalmente alle superstizioni, un ragazzo abbia pensieri simili.
Che poi, certo, Mito non crede davvero che siano i capelli rossi di Hanamichi a portargli sfortuna quanto piuttosto la sua innata capacità di cacciarsi nei guai, ma intanto… intanto ci pensa. Solo un po’.
Trovo verosimile anche che Mito, nella rissa, si sia avvicinato a Mitsui perché ha riconosciuto in lui il capobanda: Mito è il braccio destro di Hanamichi nell’Armata Sakuragi, e dato che Hanamichi è già impegnato in uno scontro con Tetsuo è quindi ovvio che sia lui a vedersela con il più alto in gerarchia della banda rivale.
Quando Mitsui lo colpisce, Mito inizialmente non si rende conto di cosa è successo… comprensibile, dato che ovviamente non riesce a vedere il segno col nome di Mitsui che gli è rimasto in viso. Tuttavia si rende subito conto dalle reazioni degli altri che qualcosa è successo, e non appena segue lo sguardo di Mitsui al suo pugno e vede il proprio nome scritto sulle sue nocche, finalmente capisce: Mitsui è il suo soulmate.
A questo punto, mi sarebbe piaciuto un po’ più di approfondimento sulla reazione di Mito a questa scoperta; sapere cosa ne pensa, se è sorpreso, felice, deluso, arrabbiato o magari un misto di tutto questo… invece si limita a prenderne atto, e l’attenzione del lettore viene subito distolta per proseguire con la trama.
Capisco che probabilmente il limite di parole ti ha condizionato, ma personalmente avrei preferito che fosse dato più spazio a questo momento anche magari a discapito di altre scene: dopotutto sappiamo che il Giappone è “il paese con la minor percentuale di anime gemelle accoppiate al mondo”, per citare il Mitsui della prima drabble, quindi la scoperta è ancora più eccezionale e secondo me la reazione di Mito meritava qualche riga in più.
Una volta ascoltata la storia di Mitsui da Kogure Mito finalmente capisce da dove arrivi tutta la sua rabbia, ma nonostante questo ribadisce che il suo comportamento è scorretto e non ci si può semplicemente passare sopra come se non fosse successo niente. È un pensiero naturale, questo, perché dopotutto tutti quanti hanno i loro problemi e i loro fantasmi del passato, ma questo non vuol dire che siano autorizzati a comportarsi come vogliono.
E tuttavia, alla fine, decide di “salvarlo”: avrebbe potuto trascinarlo nella fossa con sé, come dice lui stesso, ma mi piace che abbia scelto di aiutare anche lui insieme agli altri.
Questo non vuol dire che giustifichi il suo comportamento, certo, ma solo che sia convinto del fatto che Mitsui si è pentito e quindi meriti una seconda occasione… e credo che sia una scelta perfettamente in linea con la caratterizzazione di Mito.
Nel paragrafo successivo veniamo a scoprire che Mito crede che Mitsui lo stia tenendo lontano di proposito. Mi piace molto questa cosa, soprattutto dopo aver letto la versione dal punto di vista di Mitsui, perché scopriamo una volta di più come sia facile per le persone fraintendere il comportamento degli altri: Mito si dispiace che Mitsui lo saluti solo da lontano, Mitsui non osa avvicinarsi di più perché è convinto che sia Mito a non volerlo.
E poi c’è il discorso del nome: è interessante questa interpretazione del suo gesto, perché in effetti scopriamo che Mito era davvero irritato per il fatto di avere il nome di Mitsui tatuato sulla guancia, ma soltanto perché l’aveva interpretato come un segno di possessività, ed è ovvio, in quest’ottica, che un tipo orgoglioso come lui se ne sia risentito.
Soprattutto perché, al contrario di Mitsui, a lui non è mai importato poi questo granché del trovare l’anima gemella. Credo che questo sia molto verosimile e plausibile alla luce di ciò che Mito stesso ci racconta dei suoi genitori, e del fatto che in generale nella sua famiglia nessuno aveva trovato l’anima gemella.
E, tuttavia, vediamo che nonostante fino ad allora non ci avesse pensato adesso anche lui è incuriosito da Mitsui, proprio perché è il suo soulmate. Non lo vedo affatto come un atteggiamento contraddittorio, ma al contrario mi sembra normale: non l’aveva cercato, ok, ma ora che volente o nolente l’ha trovato è ovvio che voglia cercare di saperne di più… ed è anche ovvio che sfrutti la scusa di osservare gli allenamenti di Hanamichi per tenere d’occhio anche lui.
Parlando proprio di Hanamichi, la scelta di chiedere consiglio a lui è stata forse sciocca, a posteriori, ma dopotutto a chi altri avrebbe potuto chiedere se non al suo migliore amico?
Non condivido molto la scelta di includere anche Miyagi nelle sue confidenze, perché non è che avessero poi chissà quale rapporto di amicizia, ma in ogni caso sia Hanamichi che Miyagi, sono caratterizzati molto bene nella loro versione più infantile, – quella che li colpisce immancabilmente quando sono insieme – e per quanto possa capire l’irritazione di Mito capisco anche che le risatine e le prese in giro più o meno maliziose siano assolutamente normali in una situazione del genere. O almeno, normali per loro.
E alla fine è ovvio che Mito si esasperi al punto da zittirli entrambi sia fisicamente che a parole – “è la risoluzione dei problemi il vostro punto carente”… tanto di cappello per una frecciatina così azzeccata, Mito! – e se ne vada nonostante i loro spergiuri sul fare i seri.
Che poi forse, alla fine, qualche consiglio concreto gliel’avrebbero dato davvero… ma giustamente Mito non ha avuto la pazienza di sopportare chissà quanto altro tempo prima che si decidessero a smetterla di fare i bambinetti irritanti.
Ed ecco che, all’improvviso, entra in scena Rukawa. Lui e Mito probabilmente si sono scambiati poche parole in croce da quando si conoscono, tuttavia non mi è sembrato forzato da parte di nessuno dei due quel sedersi su una panchina a chiacchierare: è strano, sì, ma a volte capita di ritrovarsi quasi senza accorgersene a parlare a ruota libera con persone che si conoscono poco o con le quali comunque non si è molto amici.
Considerando poi che Mito in quel momento era – parole sue – “depresso e amareggiato” per il fallimento dell’incontro con Hanamichi e Miyagi, ci sta che si sia buttato a chiedere aiuto al suo improbabilissimo neo confidente.
(E probabilmente è per questo che non lo prende in giro per aver mancato il cestino… dubito che Rukawa sarebbe rimasto tranquillo a farsi insultare!)
Mi piace come Mito prenda il discorso alla larga, parlando prima della squadra e di cosa ne pensi Rukawa di Mitsui: quello di cui gli preme discutere è un argomento delicato e anche imbarazzante, per certi versi, quindi sarebbe strano arrivare direttamente al nocciolo della questione senza neppure un po’ di giri di parole.
E, parlando di giri di parole… ecco, onestamente quel “Secondo te, anche io avrei possibilità di vincere con Mitsui in squadra?” mi lascia piuttosto perplessa. Mi sembra una frase forzata e non da Mito, pur con tutte le attenuanti del caso. Insomma, considerando che ha preso il discorso alla larga proprio per introdurlo come si deve, mi sembra poco plausibile un’uscita del genere.
Comprensibile che, quindi, abbia mostrato a Rukawa il segno sul suo fianco per spiegare meglio il concetto che, solo con le parole, sarebbe stato piuttosto nebuloso.
La replica di Rukawa, per quanto bella e profonda, mi è parsa totalmente estranea sia al suo personaggio scorbutico e taciturno che in generale ad un adolescente medio. Sì, tu stessa poco dopo spieghi – tramite i suoi pensieri diretti, e ci torneremo poi – che in realtà “non sa nemmeno che cazzo sta dicendo” e vuole solo levarsi Mito di dosso e andarsene a dormire… ma la trovo poco plausibile anche come insieme di frasi “buttate lì”, perché proprio non ce lo vedo Rukawa a parlare così nemmeno per finta.
Di contro, è ovvio che Mito sia rimasto molto colpito da quelle parole, e che ci abbia riflettuto su accuratamente. Dopotutto stava cercando disperatamente un consiglio su cosa fare, quindi sarebbe stato sciocco da parte sua non approfittare di quell’improbabile perla di saggezza per cercare di far chiarezza nel proprio cuore.
Quando per caso Mito si ritrova a sentire le voci di Mitsui e Tetsuo e tira fuori le sue “doti da ninja” (sono morta dal ridere, sappilo) per origliare, devo dire che – nonostante la mossa decisamente poco etica – l’ho trovato molto realistico. Sì, è vero che tecnicamente non si dovrebbe fare ed è vero che probabilmente se avesse sorpreso Mitsui ad origliare la sua conversazione con Rukawa si sarebbe arrabbiato… ma dopotutto è un essere umano, e come tale ci sta benissimo che la curiosità abbia avuto la meglio sulla buona creanza.
Soprattutto una volta accortosi che il suo soulmate – quello a cui non riusciva a smettere di pensare e che gli stava dando notevoli grattacapi – stava proprio parlando di lui. Parliamoci chiaro: chi al suo posto avrebbe resistito? Io no, lo ammetto tranquillamente.
Una delle cose che maggiormente colpisce la sua attenzione – oltre al fatto che Mitsui si rivela essere molto più sensibile e onesto di quanto avesse dimostrato nel suo passato da teppista – è il fatto che Mitsui, proprio come lui, non ha mai avuto relazioni. È davvero tenero vedere come Mito si senta rincuorato da questo particolare: sì, a lui non importa del giudizio degli altri, lo sappiamo, ma anche i suoi amici dicevano che era “strano” per quello… e ora invece viene a scoprire che c’è qualcun altro che la pensa esattamente come lui, che come lui non è stato attratto da relazioni effimere o che semplicemente non aveva mai avuto interesse per nessuno, prima.
Probabilmente, è stata quella la molla che l’ha fatto scattare e che l’ha spinto a seguirlo perché non voleva aspettare l’indomani per quel chiarimento tanto atteso.
Ho adorato la faccia tosta con cui finge di averlo incontrato per caso… è così da Mito che me lo sono proprio vista davanti mentre se la ride sotto i baffi.
Come sospettava Mitsui – e noi con lui – la sua proposta di andare a bere qualcosa era un test, e direi che ci sta: avendo deciso di conoscerlo meglio, non è affatto strano che voglia anche sapere quali siano le sue priorità e i suoi principi… e se davvero è cambiato come dice.
E Mitsui è cambiato, eccome se è cambiato: quel suo discorso accorato e sincero lo convince finalmente di aver fatto bene a dargli questa seconda occasione, e soprattutto lo spinge a rivalutare il segno che porta impresso su di sé.
A quanto pare, era solo lui, Mito, a pensar male credendo che Mitsui lo ritenesse una sua proprietà mentre invece per Mitsui lui ha tutt’altro significato… e onestamente immagino che stavolta non gli sia affatto dispiaciuto di essersi sbagliato.
Alla luce di questo, è quasi ovvio che sia Mito a fare un passo – metaforico e fisico – verso Mitsui, tranquillizzandolo sul fatto che, no, non è vero che lo odia, anzi… in effetti, magari, potrebbe davvero esserci qualcosa, tra loro.
Lo fa in modo semplice e quasi impacciato, facendo sfiorare i loro dorsi, ed è davvero dolce l’improvviso timore che nasce dentro di lui, quel “sarà sufficiente? Lui mi capirà?” che si nasconde dietro la facciata di chi è perfettamente sicuro di sé e ha tutto sotto controllo.
E credo che il ragionamento finale di Mito sia assolutamente sensato: non avendo idea di come funzioni questa cosa delle anime gemelle non è strano chiedersi quale tipo di rapporto nascerà tra lui e Mitsui, se sarà per forza di tipo romantico oppure platonico… ma la cosa che mi piace è che, in ogni caso, non se ne fa un cruccio.
Dopotutto l’importante è essersi trovati, quello che succederà lo scopriranno strada facendo. Insieme.
Stile e trama:
Intanto ti segnalo un paio di piccoli refusi:
- Prima di «Anche tu», gli dissi […] devi andare a capo perché cambia il personaggio che parla.
- Ci sono due occasioni in cui ho trovato scritto “bÈ” al posto di “beh” (come l’hai scritto dalle altre parti) --> “bÈ almeno in quello io e Mitsui ci siamo trovati” e “BÈ, ti stai comportando bene in squadra”.
Lo stile di questa storia si avvicina moltissimo a quello della seconda, – il suo specchio virtuale – sia per la sintassi che per la costruzione narrativa.
Anche qui troviamo alternati periodi brevi e lunghi ricchi di coordinate per asindeto, anche se devo dire che c’è una netta prevalenza dei primi (costituiti da una o due frasi).
La lettura risulta sempre scorrevole, e ad un’introspezione più marcata si susseguono fasi narrative o di dialogo diretto, vivacizzando il ritmo per non renderlo monotono.
Come tu stessa hai ammesso nelle note, un capitolo del genere – in cui si raccontano pressappoco le stesse cose ma da un differente punto di vista – avrebbe rischiato di annoiare il lettore, e ho apprezzato che, per evitarlo, tu abbia “tagliato” il più possibile sulle scene già viste.
Il primo esempio che mi viene di farti è proprio all’inizio, con la rissa in palestra: nella seconda storia ti eri attardata a descrivere meglio tutto ciò che accadeva, qui invece glissi su tutti gli aspetti “secondari” per concentrarti direttamente sul nocciolo della questione, ovvero il pugno di Mitsui che porta alla scoperta del suo essere il soulmate di Mito.
A questo proposito, tuttavia, c’è una cosa che mi ero chiesta anche nell’altra storia ma che non avevo accennato per vedere se in questo capitolo mi avresti chiarito il dubbio. Il fatto è che non capisco come mai il marchio si sia rivelato solo al pugno di Mitsui e non a quelli che Mito gli aveva dato fino ad allora.
Mi sono detta che forse i capelli di Mitsui gli coprivano la faccia impedendo il contatto diretto con la pelle di Mito, ma onestamente è una spiegazione un po’ stiracchiata e non mi convince del tutto.
Ho anche ipotizzato che il marchio effettivamente fosse comparso ma Mito non lo aveva visto, – sempre per il discorso che la faccia di Mitsui è coperta dai capelli – ma sembra anche più improbabile.
Quindi lo chiedo a te: perché proprio con quel pugno e non prima? Che cosa mi è sfuggito?
Col proseguire della storia, si spiegano quelle azioni di Mito che attraverso gli occhi di Mitsui avevamo solo potuto interpretare in via ipotetica, e mi è molto piaciuto vedere come alcune di quelle ipotesi si siano rivelate esatte mentre altre erano completamente fuori strada. In fondo è esattamente quello che accade nella vita di tutti i giorni, dove non succede mai di indovinare sempre e comunque i pensieri e le intenzioni di chi ci sta di fronte, e proprio per questo ho apprezzato il realismo che ha portato nella tua storia.
E poi arriviamo alla prima delle due scene completamente “inedite” del capitolo, quella con Hanamichi e Miyagi.
Ne ho già parlato prima e quindi non mi dilungherò, ma ci tenevo a sottolineare che questo intermezzo comico, oltre a richiamare da vicino uno degli aspetti portanti del canon ed essere quindi molto realistico, è stato inserito con un ottimo criterio per quanto riguarda la narrazione: segue una parte quasi completamente introspettiva riuscendo ad alleggerire i toni del racconto, e ne precede un’altra che, pur essendo dialogata, mette in scena argomentazioni profonde e un po’ più pesanti.
La parte immediatamente successiva in cui Mito passa in rassegna i ragazzi a cui potrebbe chiedere consiglio e ipotizza le loro reazioni, invece, non mi ha fatto impazzire. È un’idea carina “graficamente”, se mi passi il termine, perché mi immagino i vari personaggi che compaiono nelle nuvolette e si comportano esattamente come ci si aspetterebbe da loro, tuttavia per scritto credo che non renda molto bene, risultando un elenco un po’ forzato.
L’incontro con Rukawa è totalmente inaspettato ma comunque verosimile, dato che quel ragazzo passa gran parte della sua giornata ad allenarsi, e mi piace anche che si siano ritrovati su una panchina a parlare quasi per caso, senza averlo minimamente programmato.
Del loro dialogo ti ho già abbondantemente parlato, qui mi voglio però soffermare su quei pensieri diretti di Rukawa che ci fanno capire come in realtà le sue sagge parole fossero solo una manciata di frasi a caso buttate lì solo per levarsi di torno Mito e andarsene a dormire.
La scenetta è divertente, e mi ha fatto sorridere leggere quelle righe immaginandomi la faccia scorbutica di Rukawa in sottofondo – magari con la grafica stilizzata dei momenti buffi dell’anime – mentre Mito rimuginava su quanto appena sentito, prendendolo sul serio.
Tuttavia, al di là del fanservice, narrativamente parlando è uno scivolone che non mi è piaciuto molto: tutta la storia è scritta in prima persona dal punto di vista esclusivo di Mito, e questa singola incursione nei pensieri diretti di un altro personaggio volta a giustificare il suo comportamento anomalo di poco prima è in contrasto con il resto del racconto.
Il fatto che tali pensieri siano stati introdotti dalla formula “non seppi mai che” non indora la pillola, a mio avviso, perché se tu, Mito/narratore, dici di non averlo mai saputo… allora come fai a raccontarmelo?
Sarebbe stato diverso con un narratore esterno e/o con un punto di vista misto, ma secondo me un narratore selettivo come quello utilizzato qui non dovrebbe raccontare al lettore nulla più di ciò che il protagonista vede, sente o presuppone, altrimenti l’immedesimazione in lui vacilla.
Passando alla scena successiva, di nuovo ho apprezzato che tu non abbia riproposto l’intero dialogo di Mitsui e Tetsuo ma solo la sua parte finale: da un lato hai evitato il rischio di annoiare il lettore riproponendo qualcosa di già noto, dall’altro è molto più verosimile così, con Mito che carpisce solo le frasi finali, piuttosto che se avesse ascoltato tutto il loro discorso neanche fosse rimasto appostato tutto il giorno ad aspettarli.
E, a proposito di appostamento… niente, non ce la faccio: Mito e le sue “doti da ninja”, che con passo felino si avvicina per origliare, mi fa ridere ogni volta che rileggo la scenetta perché io ce lo vedo Mito a comportarsi proprio così. Fantastico.
Nell’incontro fintamente casuale con Mitsui abbiamo finalmente quel tanto agognato chiarimento tra i due, e qui ho trovato coerente la scelta di riproporre per intero il loro dialogo, soprattutto perché è stato inframmezzato dall’introspezione di Mito e dalle spiegazioni che ancora ci mancavano per avere il quadro completo della situazione.
E poi, come chicca finale, troviamo a sorpresa un riferimento al titolo della raccolta trai pensieri di Mito. Mi è molto piaciuto questo particolare perché è stato un po’ come la chiusura di un cerchio, e – anche se tecnicamente non è il vero ultimo capitolo della raccolta perché ne hai aggiunti altri – l’ho trovata una conclusione davvero perfetta.
Gradimento personale:
Mito è stato ed è tuttora uno dei miei personaggi preferiti di Slam Dunk, forse il mio preferito in assoluto, e mi è piaciuto in generale il modo con cui hai saputo gestire la sua introspezione… ma in particolare ho adorato la scenetta con Hanamichi e Miyagi, perché sono tutti e tre perfettamente fedeli agli originali e – anche e soprattutto per questo – davvero divertenti.
Valutazione generale della raccolta: Your Traces on my Skin
Titolo raccolta:
Allora, devo dire che di base non sono una grande amante dei titoli in lingua straniera usata solo “per musicalità” (quindi senza un riferimento a citazioni o altro che ne giustificherebbero l’utilizzo), e avrei preferito l’italiano.
Comunque sia, a parte questo discorso generale, il titolo della raccolta mi è piaciuto davvero molto: salta subito agli occhi per il suo significato immediato, poetico e romantico, ma ha anche il valore aggiunto di essere perfettamente in linea con l’intera raccolta.
Infatti, queste “tracce” possono essere viste sia in chiave metaforica come i segni che qualcuno lascia su un’altra persona, sia in senso più concreto come i nomi che Mito e Mitsui si tatuano addosso l’un l’altro ad ogni tocco.
Sviluppo del soulmate!AU
L’elemento del soulmate!AU è ben inserito nella raccolta grazie ai numerosi particolari aggiunti nelle varie storie, che lo rendono naturale e realistico: un’appendice che si incastra perfettamente con il mondo di Slam Dunk senza nulla togliere al canon, ma anzi arricchendolo con qualcosa in più.
Ho apprezzato anche che non solo tutti fossero a conoscenza del significato dei marchi che compaiono improvvisamente su Mito e Mitsui, ma che tu abbia inserito anche il racconto di qualcun altro oltre a Mitsui che ha – quasi – conosciuto la sua anima gemella.
Inoltre mi è piaciuto anche l’accenno al fatto che la percentuale di ritrovamento delle anime gemelle in Giappone è molto bassa, e di conseguenza ci sono molte persone sposate con qualcuno che non è la loro anima gemella: è il caso dei genitori di Mito, e infatti lui fino all’incontro con Mitsui non era particolarmente interessato all’argomento.
Oltre al concetto in sé di anima gemella, che è essenziale in tutte e quattro le storie, mi è inoltre piaciuto che sia stata proprio la regola da te scelta ad avere un’enorme importanza.
In tutte e quattro le storie, infatti, non soltanto viene citato il marchio che compare solo al contatto con l’anima gemella, ma ricopre un ruolo fondamentale per lo sviluppo della trama: nella prima è il motivo per cui Mitsui decide di diventare un teppista; nella seconda è il motivo per cui si interrompe la rissa e ovviamente anche il mezzo con cui Mito e Mitsui scoprono di essere anime gemelle; nella terza invece viene sfruttato da Mito per giocare il suo scherzo a Mitsui; nella quarta si riprende il tema della rissa ma viene anche ampliato il concetto, rivelando cosa aveva pensato Mito sull’essere “marchiato” da Mitsui.
Oltre a questo ci sono numerosi altri particolari – uno tra tutti: Mito che sposta il proprio marchio prima dove nessuno possa vederlo e poi sul dorso della mano, dove è ben visibile – che hanno fatto sentire la presenza costante di questo elemento anche quando rimaneva solo in sottofondo.
A presto!
rhys89 |