Recensioni per
Cercasi Sherlock, disperatamente!
di pattydcm

Questa storia ha ottenuto 37 recensioni.
Positive : 37
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
01/02/19, ore 10:28
Cap. 15:

Ed eccomi giunta finalmente al capitolo finale, un capitolo dolce e amaro al tempo stesso. Felice, per questo finale molto Johnlock in cui finalmente i due decidono di fare il passo successivo (E definitivo, si spera), ma anche triste perché la fine di Mary è un qualcosa che non mi aspettavo. L'ennesima cosa inaspettata che ho trovato leggendo e ne sono felice, perché difficilmente mi stupisco di qualcosa nelle storie, ma tu sei talmente brava e capace che riesci a sorprendermi moltissimo. Dunque, non me lo aspettavo. Ma anche qui l'ho trovato purtroppo credibile, oltre che verosimile. Mary è una donna instabile che è stata strappata da una quotidianità e da un luogo che le dava sicurezza, sicurezza che non riesce più a trovare nel posto in cui adesso si trova. Mette davvero tanta tristezza, la sua solitudine ma anche il trovare conforto nelle visite di Sherlock del quale la Mary bambina si è invaghita. E mi figuro Sherlock che legge la lettera e scoppia a piangere perché, dopo tutto quello che ha fatto per tentare di salvarla, lei sceglie il suicidio. Il passaggio in cui parla della corda è quasi agghiacciante, lo ammetto. Ho provato un brivido leggendolo, oltre che un certo orrore. Diciamo che dal punto di vista emotivo il cuore è ballerino in questa storia. Balla moltissimo nell'assistere a questo pianto disperato di Sherlock, convinto d'aver fallito miseramente e di non essere riuscito a salvare Mary. Ma dall'altra parte mi rendo anche conto che assistere a quell'abbraccio è stato comunque bello. Abbraccio simile a quello di The Lying Detective, ma diverso in tante piccole e grandi cose. Primo fra tutti i ruoli invertiti, e questo John che questa volta è colui che consola e non colui che piange. Un John innamorato che ama prendersi cura di Sherlock, che lo strige e dà baci tra i capelli, ma che comunque ancora si fa dei problemi e tenta di trattenersi dal baciarlo ancora tra i ricci. Perché tra loro c'è ancora dell'irrisolto, un non detto molto importante. Capisco la scelta del loro silenzio, è contestualizzata a quanto accaduto e la trovo giusta per certi versi, ma come dicevo anche nei capitoli passati non trovo siano due persone in grado di star divise a lungo (sia da amici che da amanti dopo aver assaggiato come sarebbe fra di loro in quel senso). Qui il pretesto narrativo è la lettera di Mary che scatena in Sherlock determinati pensieri, ma avrebbe potuto essere qualsiasi cosa in effetti.

La scena fra loro è bellissima, si parla di calore e ce n'è tantissimo. Molto dolce e romantica, senza un fluff troppo esagerato. L'ho apprezzata davvero molto, così come l'intera storia che finirà tra le ricordate perché sono stata davvero contenta d'averla letta.

Spero di trovarti presto con una nuova Johnlock.
Koa

Recensore Master
01/02/19, ore 10:03
Cap. 14:

Capitolo risolutivo, sotto diversi aspetti, tutti fra di loro. Il primo è che Sherlock si è svegliato e sta meglio e ora aspetta solo l'operazione alla gamba, fatto molto importante per la sua salute e del quale sono contenta. Il secondo riguarda invece Mary, sulla cui storia passata John si è detto deciso a indagare. Guardando i quaderni scritti dalla madre di Mary già intuisce qualcosa, ma è il dialogo a essere risolutivo. E lo è in due maniere, la prima è che chiarisce che cosa è successo a tutti quei morti, perché è Mary a dirlo con le sue parole. Cosa che ci fa capire che deve pagare per le persone che ha ucciso, ma che non pagherà per i trentacinque e passa morti gettati nella fossa, quindi la giustizia a cui Sherlock accennava è stata fatta e soprattutto ha dimostrato che Sherlock Holmes non è mai da sottovalutare. Anche se in punto di morte o strafatto. E questo è già un buon punto di svolta per il finale che, si intuisce anche dalla costruzione della trama, essere imminente. Il secondo riguarda Sherlock e John, e qui arriva la mossa inaspettata. Quello che non credevo sarebbe successo. Non in questo modo comunque. John si rende conto di come Sherlock ha preso il suo rifiuto. Il suo "finiamola qui, è stata colpa dell'alcool" e se ne rende conto perché capisce di essere lui la Johanna che si è approfittata di Sherlock, la donnaccia che l'ha usato solo per il sesso. Lo capisce e si sente quasi male mentre se ne rende conto e infatti lo sprona, io credo, a chiarirsi con Sherlock. Scena bellissima e molto sentita che prende tutta la parte finale.

Il dialogo non chiarisce tutto quanto, cioè i due non sono insieme e non sono felici da innamorati. Ma hanno fatto un primo passo in avanti, hanno parlato facendo quello che dopo quella notte non hanno fatto perché rifugiatisi altrove. Sappiamo quello che ha fatto John e quello che è successo a Sherlock in quel bagno e ora sappiamo anche che cosa hanno provato, ed è importante che inizino a comunicare. Non mi aspettavo un bacio, non adesso comunque e questo perché Sherlock è in ospedale e ha già tanto a cui pensare e poi perché non è io credo questo il momento per farlo. Però ritengo il loro avvicinamento davvero molto importante. Il modo in cui sono riusciti a parlarsi, onesto e schietto, è stato importante per il loro futuro. Sherlock ha capito che quella di John non era ricerca d'avventura, che è andato a cercarlo perché era preoccupato davvero. E ha anche capito che John tiene a lui e che non l'ha rifiutato perché invece non gliene importa niente. Tutte cose ovvie, ma non per Sherlock che sappiamo essersi convinto del contrario. E qui ho apprezzato tantissimo John, che dopo quattordici capitoli a darsi la colpa è riuscito ad ammettere d'aver commesso un errore e credo che Sherlock lo abbia apprezzato. Insomma, un piccolo ma grande passo che mi è piaciuto tanto leggere.

Non ho ancora letto il capitolo finale, ma lo farò prestissimo.
Koa

Recensore Master
01/02/19, ore 09:51
Cap. 13:

Ciao, approfitto dell'allerta neve e della giornata a casa per mettermi in pari finalmente con tutte le recensioni che ho lasciato indietro. E inizio da questo capitolo. Capitolo che ho trovato principalmente di passaggio, anche se non del tutto riempitivo, come sempre hai tante cose da dire anche a livello introspettivo e quello che sta succedendo ti dà la possibilità di approfondire di più John. John che si ritrova al cospetto di uno Sherlock in un letto d'ospedale. Lo hanno salvato ed è vivo, ma questo non migliora la situazione. Sherlock non sta bene è stato curato male da una donna che, non essendo medico, ha fatto quello che ha sempre visto fare dalla sua famiglia. Una donna oltretutto instabile e che non sa prendersi cura di un'altra persona. Naturalmente lei lo ha salvato e curato, ma lo ha anche gettato dentro a una fossa dove, se non fosse arrivato John, sarebbe certamente morto. Quindi sono felice che stia bene, ma mi rendo conto anche di quanto siano verosimili i problemi che gli hai dato da dover superare. Una gamba malridotta che potrebbe creargli seri problemi in futuro e troppa morfina in corpo che gliene causa altrettanti. Ma a suo tempo Sherlock supererà anche questo, lui è forte e poi può contare su John che gli sta sempre accanto.

La devozione di John è commuovente, ora lo sa che è in salvo ma a lui non basta. Vuole accertarsi che sia al sicuro, che stia bene ed è quello che fa restandogli accanto giorno e notte. Il che lo porta a ricordare, e di conseguenza a far sapere anche a noi, cos'è successo nel momento in cui lo ha salvato. Mi ha commosso vedere come lo stringeva a sé, come tentava di coprirlo, come non voleva quasi più lasciarlo andare. John in un evidente stato di shock che non voleva nemmeno darlo ai paramedici. Una reazione, anche qui, comprensibile e che mi è piaciuto leggere. L'ho trovato un gesto disperato, ma dolce al tempo stesso perché sottolinea quanto in realtà lo ami e fino a che punto la sua morte lo porterebbe alla disperazione. E qui mi viene da pensare all'episodio di Reichenbach e a quanto sia ormai impraticabile considerate le premesse. La storia è completamente diversa da quella della serie, a iniziare dalla storia passata dei protagonisti, fino ad arrivare a quello che ora è successo fra Sherlock e John. L'idea che quel futuro non possa ormai più realizzarsi, mi solleva davvero molto. John ha già vissuto una quasi morte di Sherlock, non sopporterebbe anche che si verificasse quella là. Quella che lo terrebbe lontano da Sherlock per due anni, portandolo a una sofferenza devastante e a una solitudine assordante. Quindi sono in parte anche contenta di quello che ho letto e proprio per questo motivo.

Ora, mi piace il fatto che John sia determinato nel voler dimostrare che Mary è innocente. La parte finale ci riporta al caso he la riguarda, ma lo fa in un modo diverso dal solito. Questa volta c'è John a dover indagare e non Sherlock, un John che lo fa solo perché Sherlock lo ha chiesto. Uno Sherlock che viene sottovalutato tantissimo in questo capitolo e che non riesce quasi a farsi valere. Ma John gli crede, ha fede in lui e nelle sue capacità. Anche se pensa alla Sindrome di Stoccolma (prospettiva che mi fa un po' ridere devo ammetterlo), alla fine sceglie di avere fiducia in lui e dargli ragione. Bellissimo e triste in egual misura, la scena finale in cui John sente di volerlo baciare ma non lo fa, perché è convinto di avergli già preso abbastanza.
Koa

Recensore Master
31/01/19, ore 20:44
Cap. 12:

Qui torna l'affinità che c'è tra Sherlock e Mary e che si era intravista nei capitoli passati, il suo rivedersi in parte in lei, le storie diverse ma simili per un padre che era un assassino e una famiglia che non è stata in grado di amarlo come meritava. Sherlock si ritrova in Mary, ma ancora ci sfugge la portata dei delitti del padre, di cui qui abbiamo uno scorcio più importante. Qui Sherlock non è più un bambino, ma un ventenne che ha già fatto le sue prime esperienze con la droga ma il padre la prende per il verso peggiore. E invece che pensare di aiutarlo a uscirne, lo caccia di casa e gli dà della puttana. Qui torna un pensiero fatto qualche capitolo fa, su cui Moriarty cara e rincara la dose più volte, mai sazio di far del male. Il motivo per cui il gesto di John tanto lo ha colpito, è perché gli ha ricordato questo momento. Il momento in cui il padre lo ha definito in quel modo, dandogli della puttana e già mettendo in conto come avrebbe fatto a procurarsi la droga senza i suoi soldi. Un pensiero orrendo detto da un padre, ma non è questo ad avermi colpita quanto Mycroft. Il suo essersene rimasto zitto, pur ascoltando ogni parola, è stato quasi troppo da sopportare. Io capisco la tua decisione di ritrarre dei padri come questo, alla fine è una scelta come un'altra, ma non sono d'accordo del tutto con la passività di Mycroft che sì, è un uomo fondamentalmente passivo, sarà razionale fin che vuoi, ma non ce lo vedo a non dir nulla davanti a tutto questo. A non difendere Sherlock dalla violenza verbale di un uomo che, per altro, si è già macchiato di tanti crimini. Diciamo che è molto lontano dall'immagine che ho io di lui, ma è anche vero che la mia è un'idea come un'altra e tu hai fatto bene a seguire le tue ovviamente. Di sicuro quel pezzo ci aiuta a capire meglio il trauma di Sherlock e perché questo sia venuto fuori proprio adesso, spiega il Moriarty che fatica ad andarsene e che qui invece sembra riuscire a sparire, sconfitto dalla voce della madre che, di nuovo, salva Sherlock. Dico "di nuovo" perché anche nell'altra storia era lei ad aver salvato Sherlock, in un certo senso. Qui è accaduto più o meno la stessa cosa, solo in maniera più compressa, il che mi porta a notare quanto siano simili le due storie tra di loro.

Comunque sia, Sherlock viene salvato. Non ci mostri il salvataggio dal punto di vista di John, ma ci fai capire quanto impegno ci abbia messo nel trovarlo. Perché di nuovo notiamo nella prima parte quanto John abbia messo da parte i ragionamenti che fa, preferendo un'analisi precisa dell'ambiente che lo circonda. Cosa che lo porta a capire che Sherlock era lì e che è stato curato da Mary, che successivamente se n'è sbarazzato. Insomma, tutto si è risolto per il meglio e di questo ne sono davvero felice.
Alla prossima.
Koa

Recensore Master
31/01/19, ore 20:34
Cap. 11:

Per questa recensione inizierò con l'analizzare tutta la parte finale, che racchiude quello che tutti quanti temevamo e che è purtroppo successo. Si era capito che la Mary cattiva avrebbe finito col liberarsi di Sherlock in questo modo, che ripeto: è l'unico che conosce e quindi è quello che ritiene essere giusto. Ammiro tanto la differenza di caratterizzazione che hai dato alle diverse personalità, la Mary bambina ovvero la più debole e che non riesce a contrastare la volontà dell'altra, ottiene comunque una vittoria nel dare a Sherlock una coperta. Un pensiero molto innocente, quasi ingenuo e che fa tenerezza. Sono sempre molto colpita dalla precisione con cui delinei il suo carattere, in questo senso credo che il mestiere che fai ti abbia aiutata tantissimo, perché c'è una precisione rigorosa e quasi scientifica nella sua caratterizzazione. Aiutata certamente dall'ottima narrazione, dalle immagini che ci offri alcune delle quali sono molto cinematografiche. Come quella finale che vede Sherlock caduto in una fossa piena di neve dove sono stati seppelliti, negli anni, tanti cadaveri e che adesso ospita lui ancora vivo (ma per poco si presume). E poi lo stacco su Mary che si erige su di lui, in tutta la sua altezza e imponenza fisica e poi più nulla se non il rumore della portiera che si chiude, e che segna un po' la fine di tutte le sue speranze. Speranze ormai vane di riuscire a convincere la Mary bambina ad aiutarlo. Sherlock lo sa che è impossibile che ci riesca, ma ci spera perché i sentimenti positivi sono l'ultima cosa che gli è rimasta ed è importante che si aggrappi a cose come la speranza se spera di riuscire a sopravvivere. In tutto questo si infila sempre Moriarty, che continua imperterrito a occupare la mente sfinita di Sherlock. Un Moriarty che non demorde e, anzi, qui sembra riuscire ad affondare il colpo finale. L'idea che Sherlock si sia lasciato andare per via della rottura con John, della delusione d'amore che ha ricevuto, è probabilmente veritiera. Se con John fosse andata diversamente, lui non si sarebbe di sicuro buttato in mezzo alla tormenta. Quindi in questo senso Moriarty incassa il colpo perché Sherlock rimane colpito da quel pensiero, così come da quello successivo e che è altrettanto importante, in cui Moriarty fa capire a Sherlock quello che tutti noi sappiamo ormai dall'inizio ovvero che John è scappato per paura. Perché quel "ti amo" era davvero troppo e non sapeva come gestirlo. Perché non pensa di valere abbastanza per poter ricevere amore da un uomo come Sherlock Holmes. Io ci ho sempre creduto in questo, nel fatto che entrambi abbiano una bassa considerazione di se stessi, anche Sherlock ce l'ha a mio avviso, specie per quel che riguarda la sfera emotiva e i rapporti con gli altri. John invece ne fa un problema davvero enorme, come di concepisce la sua esistenza stessa e qui arrivo alla parte iniziale. Perché c'è un passaggio che è di una razionalità talmente alta, che sfiora il cinismo. E in questo Mycroft non mostra alcuna empatia, dice a John senza farsi troppi problemi che lui ora come ora è un problema per Sherlock, ma non si limita a quello, anzi rincara la dose e gli fa capire che lo comprende perché prima o poi avrebbe rovinato tutto e che forse lo avrebbe persino tradito. Ma qui dà un po' la colpa a Sherlock e al suo carattere, non soltanto a John. Mycroft è molto duro e ingiusto nei confronti di suo fratello per prima cosa e poi anche nel rapporto che c'è tra Sherlock e John, del quale non capisce le sfaccettature. Lui non considera i sentimenti di John, la paura e la scarsa autostima, lui guarda più a un lato pratico, forse più superficiale ovvero che Sherlock è una sciagura e prima o poi John avrebbe finito col tradirlo. Io non lo credo perché non credo che John possa mai tradire Sherlock, il loro legame è troppo forte per questo e soprattutto John non guarderebbe mai nessun altro oltre a Sherlock. E non lo dico perché non credo che le cose non potrebbero rovinarsi o perché sono convinta che non avrebbero mai problemi, ma perché so che li supererebbero nonostante i problemi e le differenze. Io credo molto in questo e credo nella fedeltà di John, lui è un soldato e questo pur non essendolo più condiziona anche la sua idea di fiducia. Anche di questo sono pienamente convinta, il che mi porta a discordare con quanto detto da Mycroft. Ma apprezzo invece la tempra di John, al momento è troppo preoccupato per pensare a cosa ne sarà in un futuro. Adesso deve solo riportarlo a casa e nient'altro. Pensiero che nasce non soltanto da un uomo che vuole salvarne un altro che è amico o collega, ma da quello di una persona che ama e che mette il bene dell'altro davanti a tutto.

Koa

Recensore Master
31/01/19, ore 20:13
Cap. 10:

Ciao, non potevo stare lontana a lungo da questa storia. Per i miei gusti ho fatto passare fin troppo tempo tra una recensione e l'altra, lo confesso. Quindi vedrò di recuperare tutti quelli che mi restano il più in fretta che posso (anche perché sono già andata avanti a leggerla oggi pomeriggio).

Dunque, capitolo che definirei importantissimo e di vera e propria svolta. Tutti i capitoli lo sono, in effetti. La storia ha l'impronta di un giallo, quindi c'è un mistero da risolvere e di conseguenza tutto ciò che ne deriva è importante ai fini dello svelare i mistero, ma la componente introspettiva è molto presente, oltre che importante. Il che significa che i capitoli non siano mai dei meri riempitivi, ma che ognuno sia importante per arrivare a una conclusione, per aggiungere un'altra tesserina al puzzle. Questo è, io credo, più importante di altri perché qui c'è la prima significativa svolta per poter ritrovare Sherlock. Riflettevo anche sul titolo mentre aprivo questo capitolo e mi dicevo che è molto più esplicativo di quanto non appaia a una prima rapida occhiata. Può sembrare come un annuncio, come superficiale quasi. Ma quel "disperatamente" descrive alla perfezione lo stato d'animo di John. E sono davvero ammirata da quello che sta facendo, ma soprattutto dall'influenza positiva di Mycroft, svolta che non mi aspettavo davvero. Inizio col dire che non c'è mai niente di scontato o di ovvio nelle tue storie, aggiungi sempre un fattore che in qualche modo è capace di stupirmi, anche quando credo d'aver capito ormai tutto. Il tuo Mycroft ho sempre faticato un po' a inquadrarlo, e questo fin dalla tua storia precedente in cui Mycroft veniva fuori ma a rilento, tanto che nei primi capitoli sembrava un po' un'altra persona. Un personaggio quasi negativo, in un certo senso. Qui è un po' la stessa cosa, ma la struttura più compatta (e di fatto più breve) di questa storia hanno accelerato il processo che lo riguarda. Quando compare per la prima volta, Mycroft non ci fa una bella figura, ma proprio per niente. Appare come freddo, scostante, non dà peso alla sensazione di John perché priva di alcun fondamento. E qui sta io credo il nocciolo che ci aiuta a comprenderlo. Mycroft è un uomo profondamente razionale e poco emotivo, al contrario di Sherlock che si lascia coinvolgere dai sentimenti e prendere dalle emozioni (riversandole su tutto ciò che lo circonda), Mycroft guarda al lato pratico delle faccende. Credo sia più limitato di Sherlock in questo senso, perché fatica a vedere oltre, dove invece sia Sherlock che John riescono a fare. Forse il suo modo di fare è figlio del lavoro che fa, o magari è l'inverso e fa quel lavoro perché è fatto in questo modo, ma fatto sta che lui bada ai fatti e basta. Il che lo rende spesso molto fastidioso o forse negativo, come atteggiamento, e questo perché non dà alcuna speranza a John. Eppure la sua influenza è molto positiva, lo aiuta a capire, a dedurre. In questo senso gli Holmes hanno una mente talmente efficiente, che sono in grado di massimizzare anche quella altrui. Quella di John, in questo caso, che capisce che cosa è veramente successo analizzando i ricordi di una Mary, alla quale non ha fatto troppo caso la prima volta che l'ha incontrata. La sciarpa e i guanti erano sotto i nostri occhi, eppure nessuno di noi li ha notati. Ma John sì, a livello inconscio ma lo ha fatto e io sono molto orgogliosa di lui. Davvero tanto. Come sempre lasci qua e là tanti dettagli, spesso anche piccoli, ma che contribuiscono a creare una storia molto complessa oltre che ricca di particolari. E io ne sono tanto ammirata, perché sproni anche gli altri a fare meglio.

La seconda parte è tutta dedicata a Sherlock, per il quale occorrerebbe un fiume di parole tutto per lui per pote descrivere quello che gli sta accadendo. A preoccuparmi è la costante presenza di Moriarty, che forse sta a sottolineare il suo non credere che potrà farcela. Moriarty nel palazzo mentale di Sherlock sta a rappresentare le emozioni più violente e profonde, quelle più difficili da estirpare come la paura o la rabbia, ma quella cieca e incontrollata. Il fatto che non se ne vada ancora via, e che abbia scacciato John (il cuore di Sherlock) o Mycroft (la razionalità); sta a indicare che probabilmente Sherlock si dia già per spacciato. Quindi diciamo che non lo vedo come un bel segno, specie per i sentimenti e i ricordi che Moriarty è in grado di scatenare. Ma in lui c'è ancora spazio per il caso, quello che l'ha portato fin lì e che ha già risolto. Nonostante tutto, ma c'è riuscito. E il caso in questo senso è risolto, Mary ha ucciso ma non è stata la Mary adulta, quella "cattiva" a farlo, ma la bambina. Quella parte forse più disperata e che ha eliminato i cattivi nel solo modo che riusciva a concepire, ovvero l'assassinio. Una famiglia mica da ridere, diciamo, non trovo strano che sia cresciuta in questo modo. Ad ogni modo, ora che il caso è risolto una parte del mistero è stata svelata e ne sono molto soddisfatta perché non era né ovvio, né banale.

Corro a recensire anche il successivo.
Koa

Recensore Master
31/01/19, ore 18:19
Cap. 15:

“…e a breve sarebbe stata trasferita in una struttura protetta…”: in questa situazione quante possibilità, anche nella vita reale, sono andate bruciate per la lentezza degli ingranaggi che stritolano le persone… Per me è una delle frasi più significative di questo capitolo perché sei stata in grado, progressivamente e per la strada giusta fatta di introspezione e di verosimiglianza, di portarci da un concetto di Mary come di un mostro terribile alla sua identità di donna diventata così perché cresciuta su un terreno sbagliato, fatto di violenza e di sopraffazione.
Si fa presto a tagliare fuori i cosiddetti “mostri” dalla società ma, a volte, non so quanti di bene in vista ce ne siano, liberamente e senza essere ritenuti tali. Per la maggior parte pagano i poveri cristi, quelli di cui nessuno si fa “voce”.
Mary è una di questi, ma avrebbe avuto l’opportunità di trascorrere il resto dei suoi giorni in un modo meno devastante di quello che ha vissuto nel manicomio giudiziario. Infatti l’incontro con Sh ha portato ad un importante cambiamento nella sua esistenza: ci racconti, infatti che lei si era innamorata di “Edward”, pur nell’atmosfera allucinante della sua casa, ed il suo lato positivo, la Mary “bambina”, in quell’uomo così particolare, aveva trovato un motivo per sentirsi importante per qualcuno. Purtroppo non ha saputo ancora aspettare ed ha scelto la libertà della morte.
Molto coinvolgente il dolore di Sh di fronte all’ultima lettera della donna, prima del suicidio ma, soprattutto, denso d’interpretazioni che, secondo me, portano tutte ad un’ innegabile maturazione del consulting nei confronti di ciò che non è solo ragione, ma sentimento e coinvolgimento emotivo.
Hai descritto, infatti, uno Sh che piange disperato e lascia uscire tutto il suo dolore. In quelle lacrime c’è anche il suo senso di una giustizia che non deve essere spinta al servizio dei più deboli ma deve mettersi a disposizione di chi ha subito un torto; poi c’è tutto l’amore che John ha rifiutato e sporcato con uno stupido atteggiamento, c’è la sofferenza di ciò che ha passato con Mary ma che, forse, è servita come catarsi, come purificazione per guardare alla vita con maggiore consapevolezza.
L’hai pestato Sh, trascinato violentemente giù dai gradini con una gamba rotta, spaventato a morte, imprigionato in una condizione fisica di completa impotenza, lasciato per lunghe ore in mezzo alla sua umanità più greve, in quell’allucinante stanzino. Ed alla fine gli hai fatto sentire il gelo più profondo di quella fossa di morte, facilmente paragonabile a quello che l’atteggiamento di John, dopo quel famoso sabato, gli aveva impresso nel cuore.
È come se tu l’avessi destrutturato, scomposto in sensazioni, sentimenti, paure e, soprattutto, disperazione e solitudine.
Ma ce l’hai restituito come uomo nuovo, capace di amare senza condizioni, in grado di rassicurare John su ciò che pensa davvero di lui.
Tutto ciò ce lo descrivi, in un modo travolgente e dolcissimo, nell’ultima parte del capitolo, dove, finalmente, percepiamo il calore di un qualcosa di finalmente libero di esprimersi.
Bellissimo Sh ma impareggiabile anche il ritratto che ci consegni di un John confuso, incapace di rendersi conto davvero di quello che l’uomo, di cui è perdutamente innamorato, gli sta comunicando (“…sente la pelle accapponarsi…guancia stupita…”).
Hai preparato il momento più intenso con il, sempre gradito, intervento di Greg, così semplice e diretto nei suoi ragionamenti. L’hai reso, anche lui, proprio IC, brava.
E così è finita anche questa tua bella long, che ho trovato molto ben 
riuscita, sia dal punto di vista del contenuto che dello stile ma non avevo dubbi in merito.
Come già ti ho scritto un paio di volte, mi è piaciuto soprattutto il modo con cui tu hai "preso il volo" da un pezzo di un Autore come King e, senza soggezione alcuna, ne hai preso le distanze, seguendo una strada tutta tua e conseguendo risultati di qualità.

Se devo essere sincera fino in fondo, questa tua "Cercasi..." L'ho trovata più conforme ai miei gusti di "Hasta..." E ti spiego perché. Quest'ultima è una costruzione imponente, ricca di sviluppi e di tematiche davvero importanti: si va dallo spionaggio all'azione poliziesca più pura, dal romanzo d'amore all'introspezione più profonda e coinvolgente che tu hai espresso anche in una suggestiva dimensione onirica.
Un'opera completa, quasi monumentale, insomma, espressa in uno stile avvincente e curato.

Ma "Cercasi..." l'ho trovata più mia, più rispondente ai miei gusti di fan un po' codarda di King e del romanzo più semplicemente "giallo" o "noir" che dir si voglia. "Codarda" perché riesco a leggere Stephen praticamente solo in estate, quando si coglie, dalle finestre, il movimento delle persone, in strada fino a tarda notte.
In questa stagione sarebbe dura per me non fare ricognizioni sotto il letto o riuscire a spegnere la luce dopo la lettura di King. Il silenzio ed il buio, anche se hai una persona vicino che, comunque dorme beatamente, per me diventerebbero un po' più "densi". ( modalità caso umano: off).

Dunque, questa tua long l'ho scoperta più vicina ai miei gusti.

Il fattore Johnlock, poi, che tu sviluppi, comunque, è di spessore in tutt'e due le ff che sto citando e risponde a ciò che io penso riguardo a quest'argomento.
Infatti secondo me, ciò che caratterizza il tuo modo di esprimere questo pairing, è soprattutto un seguire l'evoluzione interiore che i due protagonisti hanno verso la conquista di un percorso comune, connotato da una profonda ed inscindibile intesa, al di sopra di tutto e di tutti.
Il "noi due contro il resto del mondo" insomma, tradotto nel tuo raccontare vivo ed elegante.
Grazie per quello che ci hai regalato.

Recensore Master
31/01/19, ore 17:08
Cap. 9:

Ciao, credo che questo sia l'ultimo capitolo che posso recensire per oggi, ma ci ritornerò sopra prestissimo, questo è sicuro. Quello che intanto sto notando è che i giorni continuano a passare, ma John è sempre più fiaccato dalla situazione. Sta iniziando a sentire il peso non solo di quello che ha fatto a Sherlock, ma anche del non riuscire a ritrovarlo. C'è l'ansia di non sapere cosa può essergli successo e il non avere idea di come potrà fare per ritrovarlo. Perché la situazione meteorologica è orribile e non accenna a migliorare, anzi se possibile può persino peggiorare. E lui sente di non riuscire a fare niente. E quindi si addormenta, anche se non vorrebbe dormire e soprattutto sogna. Rivive il momento che ha preceduto il loro fare l'amore, ma qui le cose vanno diversamente. Nel momento cruciale si palesa una donna nei suoi sogni, credo non rappresenti nessuno nello specifico ma c'è ed è sufficiente a farlo svegliare. Lui lo descrive come un incubo al preoccupato Lestrade e infatti lo è, perché è terribile rivivere un qualcosa che poi è andato a finire in quel modo. E soprattutto è terribile il fatto che abbia finito col sognare una donna, di nuovo mi sa di senso di colpa. Ma che lo abbandoni così presto è praticamente impossibile (e di sicuro non prima che abbia parlato con Sherlock). Ad ogni modo, in tutto questo arriva Mycroft. Che il più delle volte a John sembra una sciagura, e infatti non ce lo voleva, ma che qui invece sembra una manna dal cielo. Questa volta Mycroft non è acido e scostante, ma va immediatamente al cuore del problema e comprende che l'unica possibilità che ha di trovare il fratello è fare in modo che il dottore ragioni. E in questo l'ho trovato molto positivo, dice poche parole ma essenziali perché John capisca quello che deve fare.

La seconda parte invece vede uno Sherlock messo davvero ma davvero male. Di nuovo c'è questo dialogo con Moriarty che segna tutti i suoi deliri, di nuovo ci sono pensieri su John e sul suo essersi sentito una puttana quando è stato rifiutato in quel modo. Non li analizzerò perché l'ho già fatto e da questo punto di vista, le sue condizioni sono addirittura peggiorate. Ciò che c'è di buono è il rapporto positivo con la Mary bambina, una Mary però impotente e che non può nulla contro la furia dell'altra personalità. Una Mary che però è d'aiuto, anche se poco. Io temo che prima o poi succederà veramente qualcosa di orribile e che questo sia soltanto l'inizio.

Ci tornerò prestissimo.
Koa

Recensore Master
31/01/19, ore 16:46
Cap. 8:

Che sarebbe successo qualcosa di grave con Sherlock lo si era intuito fin da quando hai introdotto la descrizione di Mary al negozio, e lo hai fatto magistralmente con poche parole e lasciandoci intuire che fosse lei fin dalla descrizione fisica. E infatti è così che è stato. Perché Mary si rende conto di quella che è la vera identità di Sherlock e infatti non la prende benissimo. Ma procediamo con ordine.

La prima cosa che voglio dire è che mi ha fatto impressione vedere John parlare con Mary, ma nel senso che John aveva tutto lì così vicino eppure
era tanto lontano al tempo stesso, che mi è venuta quasi voglia d'urlare. Un pezzo frustrante, se si conosce la verità. Sono convinta che John abbia intuito qualcosa di Mary, ma che non abbia dato troppo peso a ciò che lei ha fatto o ha detto e questo perché il poliziotto sembrava saperne più di lui. Quel che mi ha davvero colpita è stata la reazione di Mary, però. Ho già detto che non la ritengo un'assassina e ne rimango ancora convinta, eppure non ha detto dov'era Sherlock, non lo ha fatto e me ne domando il motivo. Credo che avesse ragione Sherlock quando ha detto che non l'avrebbe lasciato andare, ma le ragioni non sono per ora perfettamente chiare. Lui è convinto che abbia bisogno di qualcuno vicino, ma non è così facile e questo perché Mary ha una personalità troppo complessa perché sia tanto semplice la questione. Quel che sembra più che sicuro è che il comportamento della Mary adulta, quella che Sherlock non riesce a controllare, è direttamente proporzionale a ciò che le è successo quando era bambina. L'agire in quel modo, il punire e il gettare dentro a uno stanzino tanto da chiudere dentro Sherlock, è quello che lei ritiene giusto essere perché è quello che i genitori facevano a lei. Già lo ha detto nel capitolo passato, al contrario di Sherlock, Mary non odia i suoi genitori. E direi che questo è un punto fondamentale per iniziare a comprenderla. Non sono non li odiava, ma è arrivata anche a convincersi che loro facessero bene a picchiarla perché era lei ad essere una frana. Quindi la colpa Mary la da a se stessa e non agli altri. E quindi Mary agisce con Sherlock allo stesso modo, non sa essere sbagliato perché non ha un senso adulto e consapevole di quello che è giusto e quello che non lo è. Forse crede di agire per il meglio. Di sicuro Sherlock non sta benissimo. La sua tattica di rabbonirla ha funzionato, ma non funziona adesso e questo perché tutto ciò che può fare è starsene buono e non farla arrabbiare ulteriormente. Sherlock è un uomo astuto e forte, ma ora è debole, affamato e stordito dalla morfina, tatticamente non c'è niente che possa fare per salvarsi dalla furia di lei. E quindi non si lamenta, confessa d'aver detto una bugia e basta perché è la sola cosa che possa fare. Ma anche nel vortice di pensieri che lo coglie, si ritrova comunque a pensare a John e anche questo un po' fa male. Ora ha la certezza che lo stia cercando, ma di nuovo fa una deduzione sbagliata e tenta di convincersi che sia per il brivido, per la ricerca dell'avventura. Non si rende conto di quello che è il reale sentimento di John e per adesso forse non lo potrà nemmeno sapere.

Direi che qui c'è stato un altro passaggio importante per lo sviluppo della trama, capitolo breve ma secondo me fondamentale.
Koa

Recensore Master
31/01/19, ore 16:24
Cap. 7:

Sono riuscita a leggere subito anche questo e sono felice d'averlo fatto perché succedono diverse cose interessanti, prima fra tutti il ritrovamento dell'auto. C'è una primissima parte quasi riassuntiva, in cui non ti preoccupi di farci seguire passo dopo passo la maniera in cui John, Greg e i poliziotti sono arrivati a quel punto. Ci mostri soltanto il fatto avvenuto ovvero John e Greg in piedi davanti a un dirupo che guardano l'auto schiantata. Il resto lo accenni, ma non è importante. In realtà, per quanto possa sembrare una scena molto triste, è un punto di svolta per la trama che riguarda John. Perché non soltanto è riuscito a ricostruire la prima parte dell'esperienza di Sherlock in quel posto, ma ha capito che cosa gli è successo ovvero uno stupido e banale incidente. La cosa più importante è l'aver compreso che è vivo, deduzione alla quale arriva in maniera brillante e seguendo certamente quello che è il metodo di Sherlock. E che, soprattutto, arriva dopo una fase di rassegnazione e dramma vero e proprio. Mi è piaciuta quella scena, sottolinea anche il lato positivo di John (quello che finora non si è visto del tutto). Fino adesso, John è stato capace solo di ammettere d'aver sbagliato, il che non è cosa da poco ma è soltanto una parte del suo essere. In realtà qui ne comprendiamo il coraggio, la determinazione nel voler salvare i propri amici (e qui si limita a definirlo in questo modo, ma noi sappiamo che c'è di più) o commilitoni che siano, e soprattutto l'intelligenza. John non è uno stupido, e questo lo sa anche Sherlock. Un idiota non avrebbe mai attirato l'attenzione di un uomo come Sherlock Holmes, di sicuro non l'avrebbe fatto innamorare. E qui veniamo alla seconda parte. In cui finalmente Sherlock inizia a parlare di quello che gli è successo con John. Un "parlare" relativo dato che per il momento parla da solo, e tutto succede nel suo palazzo mentale, ma è comunque uno spiegare. Si sente ferito e questo è chiaro, anche dalla presenza di Moriarty che sta prendendo il sopravvento sulle altre "voci" di Sherlock. Credo che abbia inconsciamente scelto lui perché Moriarty sa essere spietato e una parte di lui è arrabbiata con John. Il suo essere ferito per quanto successo è perfettamente nella norma e credo che gli impedisca di fare ragionamenti lucidi. Mi riferisco alla parte in cui teme che i commilitoni di John fossero d'accordo con lui per aiutarlo a portarselo a letto, basta un minimo di logica per sapere che non è così e che John non lo farebbe mai. E ne basterebbe altrettanta per rendersi conto che in realtà John è spaventato da quello che è successo. Ma per ora Sherlock è troppo deluso e troppo arrabbiato da quello che è successo per capire cos'è successo veramente tra di loro. Mi auguro comunque che prima o poi se ne renderà conto, ora ci sono anche tanti fattori esterni da tenere in considerazione e che lo giustificano. Primo fra tutti l'avere una gamba rotta e l'essere sotto morfina, da ex drogato (che non è una cosa da poco), ma poi anche l'aver a che fare con una donna come Mary. Provo a immaginare quello che potrebbe provare a iniziare dalla tensione, che non dev'essere da poco. Insomma, quello che pensa Sherlock per quanto illogico è perfettamente sensato e collocato nel contesto ed è questa la cosa più importante secondo me.

Nota di merito per il violino, è una cosa che non mi aspettavo e che mi ha piacevolmente sorpresa. A questo punto, considerato tutto quello che ho detto prima su di lui, spero possa essergli d'aiuto in qualche modo.
Koa

Recensore Master
31/01/19, ore 15:53
Cap. 6:

Ciao, finalmente riesco a mettermi a leggere un altro capitolo della tua storia, spero di riuscire ad andare un po' più veloce nei capitoli che verranno e soprattutto perché sta diventando sempre più interessante. E non mi riferisco soltanto a Mary o alla situazione particolare che c'è tra John e Sherlock, ma anche alla caratterizzazione che stai dando ai personaggi. Credo di aver capito che è una tua cifra stilistica, il discostarti in maniera importante dalla serie e creare un passato completamente inventato da te e che non ha origini nella serie stessa. Così com'è stato per l'altra storia, anche in questa Sherlock ha un passato difficile. La figura paterna è quella che sta al centro di tutto e che, in parte, accomuna le storie di Mary e di Sherlock. Il padre di Sherlock è un assassino e lui non si tira indietro dal dire che lo odia ancora adesso, mentre per Mary la questione è più complicata ed è senz'altro difficile da comprendere per via dei suoi disturbi psichiatrici, quindi su di lei ancora non mi pronuncio. Quel che sembra chiaro è che ha un legame con gli omicidi, ma non credo che sia tutto così scontato e che l'assassina sia lei. Ma per ora preferisco non aggiungere altro su questo. Sono invece particolarmente colpita, dicevo, dalla storia di Sherlock. Forse perché mi aspettavo che seguissi il canone, e quindi la serie, credevo avresti calcato la mano su altri aspetti di Sherlock come il non aver mai avuto una relazione, l'esser stato da solo, eccetera e invece si torna su un padre omicida e una madre anaffettiva. Il passato non ci è molto chiaro, ma lo possiamo intuire attraverso l'incubo che apre il capitolo e che sulle prime non mi era chiaro. Credevo fosse un sogno legato a Mary, e invece è un ricordo che torna fuori, aiutato certamente dalla morfina. Non so bene cosa dire a questo proposito, ma mi viene da ipotizzare che certi ricordi stiano tornando non soltanto per colpa della droga, ma anche per via di Mary e delle deduzioni che Sherlock sta facendo da quando è arrivato. Ma questa è più che altro una mia teoria e non ci giurerei che sia esatta, anzi.

Resto sempre impressionata dai vari fili di trama che riesci a tessere e che diventano, passaggio dopo passaggio, una vera e propria ragnatela. Come sempre perfetto l'approfondimento psicologico e anche certi risvolti di trama, come la consapevolezza finale che trova Sherlock ovvero il fatto che Mary non lo lascerà mai andare via. Una deduzione terribile e che apre a prospettive che, per ora, non voglio immaginare ma che mi figuro come ben poco rosee.

A presto.
Koa

Recensore Master
28/01/19, ore 18:22
Cap. 14:

Arrivo a questo penultimo capitolo e già mi ritrovo vicino a Watson, durante la sua visita al manicomio giudiziario.

Il tuo John, quello che hai fatto agire nella presente long, è, secondo me, dopo Mycroft di cui ti ho già scritto, il personaggio in assoluto che ho trovato ben riuscito. 
Infatti l'hai fatto espressione di una maturazione interiore che, abbinata in modo mirabile alle innegabili caratteristiche IC che gli hai impresso, mi ha veramente soddisfatto.

Dal buio e dall'intreccio contorto e senza scampo di paure e fragilità, all'uomo che, senza più timore di amare, cammina con consapevolezza e determinazione in un luogo pieno di echi sinistri ed agghiaccianti per noi cosiddetti "normali".
E tutto perché venga restituito a Sh ciò che gli era stato tolto, cioè la certezza di contare qualcosa per qualcuno.
Così John diventa il braccio ed il veicolo della mente superiore del consulting di cui lui, sicuramente, ha assorbito l'energia e le modalità di azione. Qui si tratta di fare giustizia, anche se, in balia degli altri, è rimasta solo una creatura sfortunata e predestinata dalla sua stessa vita di sofferenza.

Mary è rinchiusa, così, nel manicomio giudiziario, senza approfondimenti ulteriori d'indagini, se non altro per scagionarne l'innocenza di vittima a sua volta.

John riesce a ricostruire la verità grazie ai registri su cui veniva annotato il funzionamento della "clinica" Abbott.
 Davvero, riemerge nettamente come, te l'ho già scritto, tu abbia saputo "prendere il volo" dalle vicende raccontate da King, per inoltrarti su una strada difficile e bellissima.
Bellissima anche per i cultori, come me, del genere giallo, perché gli intrecci criminali, su cui hai fondato gli aspetti inquietanti della personalità problematica di Mary, sono veramente convincenti e credibili come proposte per una buona trama di quel genere.

Non c'è solo quello, ovvio, ma la qualità della tua long sta nella "tridimensionalità" che hai saputo dare alla storia ed ai suoi personaggi, occupandoti di tutto ciò che dà più spessore agli avvenimenti che ruotano intorno alla Johnlock.

Per quanto riguarda il manicomio, non ti sei dilungata in facili descrizioni che indugiassero sui particolari più inquietanti o scenografici ma, in modo equilibrato e quasi pudico rispetto a realtà del genere, hai condensato tutta la solitudine e la mancanza di speranza, di quello spazio tra mura invalicabili, nello squallore della nuda stanza per i colloqui e, soprattutto, in quella visione di Mary.
Mary che "si staglia alta e possente tra tutte le altre", prigioniera anche della triste divisa troppo piccola per lei che le toglie anche l'ultimo briciolo di dignità. 
Con quest'immagine hai reso il senso del suo disperato essere sola in mezzo agli altri. Suscita pietà, sicuramente.
È ovvio che un caso del genere non può essere lasciato senza accompagnarlo nel pieno rispetto di un'umanità offesa e dolente e, al contempo, tenendo conto anche della sicurezza della società ma, l'immaginarla così, mi ha provocato molta tristezza e temo che situazioni del genere, nella vita reale, non siano rare.
E si coglie che lo stesso sentimento si è acceso anche in John, che si rivolge a lei trattandola con naturalezza, con rispetto. Infatti mi ha attirato il particolare che, se tu hai inserito vuol dire che ha un suo valore, dell'atto di sedersi: Mary, forse in uno sprazzo di desiderio di affermare la propria personalità, non obbedisce al brusco ed odioso ordine della guardia, ma ascolta l'invito pacato di John che le si rivolge con calma e con dolcezza.
 Hai scritto con equilibrio e credibilità il dialogo tra i due, percorso difficilissimo, ma è risultato verosimile e estremamente significativo.
Vi hai inserito il passaggio di Mary dalla "cattiva" alla "bambina", in un mutare di gesti ed espressioni davvero suggestivo.
John viene a sapere che Sh si è confidato con la donna riguardo al modo in cui Johanna l’ha trattato, come un oggetto, e scopre che, dietro a quel nome femminile, il consulting ha mascherato proprio lui.
Chiaro è che, tra le cose più sorprendenti che tu hai ideato nella situazione di prigionia di Holmes, c’è quest’operazione che ha consentito a Sh di condividere con qualcuno la sua dolorosa delusione. E l’ha fatto con una creatura sfortunata ma ricca di sensibilità. Interessante l’aspetto di dolente umanità con cui tu hai arricchito la connotazione di Sh.
E, lasciamelo dire, a John, la scoperta non può fare che bene perché gli viene confermato, indirettamente, che il suo atteggiamento, dopo il momento di estasi con Sh, è veramente riprovevole.
Comunque, come ho già osservato, lui sta già passando attraverso una specie di “purificazione”, nell’affrontare situazioni e sentimenti molto forti, che lo porterà, sicuramente, a presentarsi a Sh, innamorato, senza più maschere.
Nel racconto di Mary che getta luce sul suo penoso passato, ritorna un elemento che mi riporta all’altra tua long, “Hasta…”. Lo stanzino in cui è stato rinchiuso Sh ed anche Mary, prima, mi richiama alla mente un altro luogo simile, teatro di sensazioni e sentimenti quasi estremi nella loro manifestazione: amore, dolore, gelosia, paura…
È simile al ripostiglio in cui Moriarty, inseguito da uno Sh furioso perché teme che lui abbia ucciso John, si rifugia e rivede il suo passato. La porta, intanto è tempestata violentemente dai colpi con cui il consulting cerca di abbatterla per fare giustizia. E ritorna la stessa atmosfera allucinata, di “Cercasi…”, in cui è Sh a trovarsi nello stanzino di casa Abbott, al tempo stesso prigioniero ma anche protetto dalla collera incontrollabile ed omicida di Mary, e la sua cupa solitudine è popolata dagli incubi che si fanno sempre più concreti.
Nella seconda parte del capitolo assistiamo al risveglio, solo apparentemente più pacato del precedente, di Sh nel suo letto d’ospedale. Accanto a lui poni uno splendido Mycroft, premuroso ed attento. E, tra i due, fai rispuntare le spigolosità del loro rapporto che, comunque, al di là di tutti i mascheramenti e le incomprensioni, è saldo e benefico anche per il consulting
Come di consueto, non mi stancherò di ripetertelo, si delinea, perfetta, la tua gestione dei dialoghi, anche quelli più difficili da tradurre, come questo tra i due.
Mycroft parla di John in modo franco e davvero ammirevole, mettendo in risalto il ruolo ma, soprattutto, il sincero sentimento che il medico prova per Sh.
Anche il chiarimento che quest’ultimo ha con John è ben costruito e credibile, assolutamente rispettoso delle caratteristiche IC con cui hai connotato Sh.
Metti in evidenza il suo senso assoluto per la giustizia, la sua fragilità ed il suo amore per Watson.
Le ultime frasi sono cariche di calore, dopo tutto quel gelo, e non solo dovuto alla tempesta di neve.
Beh, chiudo qui, e ti rinnovo i miei più sinceri complimenti.

Recensore Master
27/01/19, ore 15:22
Cap. 5:

Ciao, ero convinta che la risoluzione del piccolo mistero che riguardava il litigio si sarebbe lasciata aspettare, ma invece già ci sveli le origini di tutto in questo corposo quinto capitolo. Avevo intuito che il litigio fosse di natura sentimentale, cioè c'entrava il rapporto tra Sherlock e John di natura romantica e questo era ovvio perché Sherlock non se ne sarebbe andato via in quel modo per una cosa da meno che l'essere ferito. Ma non pensavo che loro due fossero già a questo punto, ero sicura che la lite fosse scaturita dal fatto che Sherlock si sia sentito rifiutato prima che con John succedesse qualcosa. E invece non è così. Loro hanno già fatto l'amore e tu lo fai succedere, sfruttando quello che ormai si può definire un cliché, ovvero il sesso da ubriachi. Io non la amo molto ipotesi di come "prima volta" perché è vero che l'alcool toglie i freni inibitori, ma è anche vero che trovo molto più soddisfacente una prima volta pensata e ragionata per bene o comunque desiderata, ma in maniera lucida. Ma questa è comunque una questione di gusti personali e tu hai fatto benissimo a scriverla così, se era così che l'avevi pensata. Di sicuro c'è stata ed è stata intensa e altrettanto sicuramente Sherlock e John hanno avuto reazioni diverse. Mi ha fatto molta impressione la descrizione che John fa di Sherlock ovvero come di un qualcuno di molto sereno e in pace con se stesso, una persona che ha raggiunto un obiettivo al quale teneva tantissimo ovvero stare con la persona di cui era innamorata. Ecco, forse per come concepisco io Sherlock ritengo il periodo tra la prima e la seconda stagione troppo prematuro per un innamoramento forte come questo, ma anche questa è una teoria così come altre e ci può stare tutta. Ciò che mi è piaciuto di Sherlock è il fatto che proprio lui, razionale e deduttivo, non abbia intuito quello che invece era lo stato d'animo agitato di un John che al contrario, sicuro e sereno, non lo era per niente. Forse per via dei sentimenti che lo annebbiavano o magari perché voleva non vedere, ma fatto sta si ha la sensazione che gli crolli il mondo addosso. La reazione di John è, come dicevo, opposta a quella di Sherlock. Lui si pente amaramente di quello che hanno fatto e quindi lo rifiuta e gli dice che è stato un errore da ubriachi e che non contava niente. Tutte cose che John non prova e che scatenano nel John presente, ovvero in quello che racconta, disperazione e senso di colpa. No mi sento di essere del tutto felice per il suo stato d'animo, cioè non mi sento di dire che se lo meritava e questo perché John è un uomo davvero molto fragile e gioire sarebbe come sparare sulla croce rossa. Di certo tutto quello che di lui si è visto rientra nel discorso che facevi riguardo all'autostima, non crede che Sherlock lo possa amare o probabilmente è spaventato da un possibile rapporto serio, magari si è convinto che non riuscirà a farlo funzionare. Qualunque sia la ragione per me questa è una delle eventualità, non la sola possibile, ma si tratta di una prospettiva credibile e in linea con il personaggio. O di sicuro di quella che è la tua idea in proposito.

Ciò che per ora non mi è chiaro è quale sia la posizione di Sherlock in questo momento. Da una parte ci rendiamo conto che Sherlock stesso ha altre priorità al momento, una delle quali è sopravvivere. Ma il pensiero di John, l'immagine di lui che ha nel palazzo mentale, persiste. Cioè, non l'ha del tutto scacciato. Il che significa che o ha voluto mettere in standby tutto quanto e aspettare a quando sarà salvo, oppure sente di essere disposto a stargli accanto lo stesso nonostante tutto. Per il momento una risposta a questo non c'è, e presumo che arriverà con i capitoli a venire.

Al momento posso dire che mi è piaciuto tanto Lestrade, che ha una reazione da amico vero e che ho apprezzato tantissimo. La durezza con la quale tratta John non piace nemmeno a lui, e si vede, ma è anche troppo amico di Sherlock e come Mycroft teme troppo una ricaduta perché non abbia una reazione del genere.

Alla prossima.
Koa

Recensore Master
25/01/19, ore 22:59
Cap. 13:

Davvero coinvolgente l'impressione che rimane nel guardare, con gli occhi della mente, la scena del ritrovamento di Sh, ai limiti dell'assideramento, che John avvolge immediatamente con il suo calore e la forza del sentimento che, ora più che mai, si staglia nettamente nel suo cuore.
 E che grande significato hai saputo condensare nel gesto premuroso di Mycroft che aggiunge il suo cappotto sul corpo freddo del fratello...
Anche lui ama Sh, di un profondo affetto, quasi sempre non espresso con manifestazioni visibili ma, di sicuro, costantemente rivolto a proteggerlo, in maggior parte da se stesso e dai suoi demoni.
 Mi soffermo un attimo sul maggiore degli Holmes che, secondo me, è il personaggio che hai ritratto con un'evoluzione davvero positiva. 
E questo, non tanto perché vediamo quasi ammorbidirsi le sfumature gelide di "Iceman" ed umanizzarsi l'aristocratico distacco di Mister Inghilterra, ma per la progressiva, credibile variazione con cui hai saputo arricchirne il suo relazionarsi con il mondo, per lui ostico e pericoloso, dei sentimenti.

Naturalmente, Sh e John sono connotati con coerenza rispetto all'IC, e li hai rappresentati con tocchi suggestivi e verosimiglianti.

Per esempio, non si dimenticano facilmente l'irruenza travolgente di Watson, nel salvare Holmes, o la frase che diventa quasi parte di una preghiera per ritrovare la strada perduta ("...Non farmi vivere in un mondo dove tu non ci sei...").
 Ma sono il volto, sul quale il sorriso non si accende spesso, i gesti rari e misurati, le parole soppesate con attenzione, di Mycroft, che mi stanno coinvolgendo molto. E quel suo mostrare, quasi pudicamente, una preziosa umanità nell'occuparsi, anche se indirettamente, del fratello.
Sei stata brava anche in questo.

Nel presente capitolo, anche se Sh é vivo, sia pur in condizioni non ottimali, serpeggiano inquietanti delle correnti che mantengono viva la tensione. Ovviamente non riguardano la situazione allucinante di casa Abbott, in cui si trovava il consulting, ma provocano ugualmente ansia, preoccupazione, paura di scoprire che qualcosa di bello ed unico è finito per sempre, angoscia per il timore di veder riaffacciati i fantasmi del passato, come penose dipendenze.
Così, al West Cumberland Hospital, ci sono, oltre ad altri pazienti ed ai loro familiari, sicuramente tre persone, quattro nel caso arrivasse anche Greg, che stanno soffrendo per ciò che è successo.
Per quanto riguarda Sh, per il momento, il problema è prevalentemente fisico, visto che è ancora in stato d’incoscienza; John si sta struggendo per la preoccupazione, ovvia, circa la salute del consulting ma, in lui, è sempre più invasivo il senso di colpa per aver trasformato, falsamente, quello che poteva essere l’inizio di un futuro davvero insieme, in un’indegna commedia; Mycroft rivede, nella condizione del fratello, altri momenti drammatici del passato in cui Sh era prigioniero di una personale autodistruzione, in balìa degli stupefacenti.
Ora, come, con lucidità, hai messo in risalto tu, il maggiore degli Holmes teme che il comportamento di John, sempre che sia realistico pensare che Sh guarisca, abbia come conseguenza un ritorno del fratello agli antichi demoni.
Un altro dramma, intanto, si sta svolgendo fuori dell’ospedale ed è quello che riguarda la sorte di Mary, povera donna folle, che è diventata il capro espiatorio di una vicenda che si sta tingendo di tinte ancora più fosche, perché sembra proprio che la mostruosità non stia tanto nel presente ma annidata nel passato familiare di Mary.
Lo sa Sh, e fai coincidere efficacemente il suo risveglio con il concretizzarsi di un caso criminale veramente terribile, di cui possiamo, per ora, immaginare qualcosa. Ma è attraverso il comportamento di Sh che comprendiamo che lei non sia il colpevole dei fatti sanguinosi che i corpi trovati nella fossa testimoniano. E John l’ha capito, sa che ciò che muove il suo “amico” è l’urgenza assoluta che si faccia giustizia di tutti quegli omicidi. Pertanto decide di concludere lui le indagini che il consulting non può chiaramente portare a termine
Qui mi sono “staccata” dalla tua storia ed ho dato un’occhiata alla trama di “Misery”, anche se ne ho un ricordo preciso (inoltre ho maturato il coraggio di rivedere il film, perché ne vale la pena): hai percorso una strada parallela al romanzo di King, ma, ad un certo punto, ti sei incamminata su un percorso con una direzione tutta tua. Infatti hai reso le vicende, basti pensare al comportamento di Sh durante la sua “prigionia”, con uno spessore più evidente dal punto di vista degli intrecci psicologici, dell’introspezione, del ricercare causa ed effetto in atteggiamenti umani che possono, superficialmente, sembrare incredibili.
Qui, sicuramente, entra la tua professionalità che ti porta a cercare le vere motivazioni che si trovano alla radice di tante azioni e reazioni, non per giustificare ma per inquadrare esattamente, o almeno il più possibile, qualcosa che appare indecifrabile o inaccettabile.
La chiave sta nel passato. Sh l’ha capito, John ha seguito il suo impulso d’innamorato. Bello anche quest’ultimo passaggio, nello sviluppo di un personaggio di cui avevi messo in risalto anche le ombre più inquietanti ma che, ora, sta liberandosi di tutto il peso soffocante di paure e pregiudizi.
È libero, adesso, Watson di agire per amore, anche a costo di rinunciare all’uomo che ama. A proposito di Sh su quel letto d’ospedale, l’hai saputo ritrarre con pennellate davvero superbe di credibilità, quando, per esempio, sedato nuovamente dopo il risveglio, “sembra sgonfiarsi poco per volta”. Complimenti.
Mi scuso per la lentezza con cui pubblico le mie osservazioni, ma ce la farò ad arrivare alla fine di questa storia perché, veramente, merita attenzione.

Recensore Master
25/01/19, ore 22:52
Cap. 12:

Per quanto John in questa storia non abbia esordito con un ruolo amabile e degno della sua umanità, almeno quella vista nelle prime due, ormai mitiche, Stagioni, in questi ultimi capitoli, lo fai, progressivamente, riconquistare uno spessore amabile, rassicurante, sensibile.
Sta, infatti, cercando Sh con tutte le sue forze, assumendo in pieno il ruolo che è sempre stato del consulting, quasi facendo assumere, ai suoi sforzi di ritrovarlo, anche una valenza d’espiazione del suo precedente comportamento.
Cerca di “scannerizzare” la realtà intorno a lui (“…annusa l’aria…”) per coglierne degli indizi preziosi utili alla risoluzione di un caso,
Mi piace molto che, in veste di suo “aiutante”, ci sia Mycroft, espressione ormai di un affetto fraterno profondo e sincero e di una capacità di comprensione e d’empatia davvero coinvolgenti, anche per quello che riguarda il suo modo ultimo di rapportarsi con John.
Una squadra investigativa efficiente, dunque, quella composta da Watson ed Holmes “Mister Inghilterra”, che abbina intelligenza superiore, determinazione, coraggio, generosità e tanto, tanto amore.
Ho trovato un punto vincente il loro arrivo, seguiti da Hataway, accompagnato comicamente da “quasi tutto il comando”, alla casa di Mary.
Grazie alla tua descrizione sempre accurata degli ambienti e dell’atmosfera che li caratterizza, ho potuto “entrare” anch’io in quello che è stato un vero e proprio “luogo degli orrori”, impregnato ancora, se così si può dire, dalla sofferenza devastante di Sh e di altre vittime precedenti.
Ovviamente John interpreta tutto ciò che appare anomalo, il forte odore di disinfettante, i graffi sulla porta, dei segni sulla moquette, come dei segnali evidenti di un “qualcosa” d’inquietante che è successo. Quando, poi, Mycroft esibisce un violino, su cui spicca un nodo particolare, ed i resti di un’inconfondibile sciarpa blu, la luce si fa abbagliante e, soprattutto John, ha uno scossone violento e furioso che accelera, se mai ne avessero bisogno, la ricerca di Sh.
Ed il suo cuore gli suggerisce che lui è vivo e mi piace che tu faccia estendere la sua convinzione anche a Mycroft.
Il capitolo prosegue con Sh che è nella fossa, e la voce di Moriarty che interpreta il suo lato più crudo, senza sentimenti, quasi machiavellico, nell’accompagnarlo nei suoi ricordi più simili a dolorose cicatrici che ad una scorta di immagini rassicuranti. E ritroviamo la repellente figura del padre, vero e proprio prototipo di ciò che un genitore non dovrebbe essere.
Accanto a lui, Sh rivede, nel suo delirio, Mycroft che, in un primo momento sarebbe degno di biasimo per aver “denunciato” la dipendenza del fratello ad un padre del genere ma, poi, quando non condivide la risata di scherno con cui Holmes senior getta il suo disprezzo sul figlio, evidenzia un atteggiamento distaccato dalla violenza e dalla mancanza di comprensione del genitore. Il suo silenzio perde la sua valenza negativa e, almeno secondo me, esprime il vero motivo per cui ha rivelato le abitudini nocive di Sh. Infatti, a mio avviso, il suo “denunciarlo” al padre fa parte del tentativo di aiutare il fratello in modo drastico, visto che, probabilmente, altri approcci da lui tentati, evidentemente troppo “affettuosi”, non hanno avuto l’esito sperato.
In quelli che potrebbero essere i suoi ultimi momenti, perché questa è la cruda realtà, Sh, però ha una consolazione, un’energia, sia pur flebile, gli proviene dalla figura della madre che lo rincuora con un’affermazione (“…l’amore non uccide…”) che sembra squarciare il buio della notte e cominciare a sciogliere il gelo della follia e della morte imminente.
Ma è John che fai arrivare, ne sono sicura, perché sarà lui “l’amore che salva”.
E tiriamo un sospiro di sollievo nell’udire, perché mi sembra di essere lì, il rombo di un motore e ad intravvedere la luce dei fari di un’auto.
Un capitolo molto ben organizzato anche questo, in cui hai saputo, ancora una volta maneggiare dei contenuti che, secondo me, non sono semplici da rendere con parole adeguate.
Mi riferisco, in particolare, al delirio di Sh, la cui colonna sonora è la voce di Moriarty, portatrice di morte e di terribili visioni di una realtà, purtroppo, vissuta. Fai affiorare con termini scarni, senza una ridondante forma lessicale (troppi aggettivi, troppa insistenza su immagini brutali…), tutto il peso di un dolore che sembra ritornare, su se stesso, senza fine.
Non c’è una lacrima, non si scade nel banale. Solo il gelo terribile della solitudine e della morte.
Bravissima.

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