Eccoti. Sei tornata, ed io non posso crederci.
Forse prima mi conoscevi con un altro nome, un altro viso, altre parole. Ma oggi, in quell’alba veronese che non arriva mai, torno a leggerti come anni addietro, ritornando alle origini della notte dei tempi.
La recitazione, ecco, è qualcosa che non mi si adatta, ma che comprendo. Comprendo le emozioni, le sensazioni, le scene, le vite intrecciate, l’acqua inesistente che soddisfa la sete.
E sai perché comprendo davvero – o almeno credo di comprenderlo – questo mondo dietro ad un sipario? Perché scrivo. E chi scrive vive di vita propria, ma vive di più quando è qualcun altro. E non siamo proprio noi scrittori ad aver paura di vivere poco, o ad aver paura di vivere troppo?
Tu, mia cara mera, definisci questa storia una nonsense, qualcosa privo di una trama logica, di uno scopo, di un fine. Non è così. Non è reale. Chi sa cosa significa vivere negli altri, con gli altri, comprende in maniera tonda e piena cosa significhi questa storia.
Creare nuovi mondi, nuovi personaggi, nuove vite genera in un corpo emozioni contrastanti, ma così tremendamente reali da sembrare quasi vere.
Forse è la mia recensione ad essere leggermente nonsense. Ma chi sono io, d’altronde, per dare un senso a qualcosa? Mi auguro con tutto, tutto il cuore che il tuo ritorno sia permanente, e non fugga di nuovo a creare trame di altre vite: resta con noi, e mostraci la tua.
Ti auguro, con un leggero ritardo, un felice anno nuovo. Che sia prospero, e che la fortuna sia sempre a tuo favore. In preda ai ricordi felici, una parte del mio cuore da scrittrice è tua.
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