Recensioni per
La donna che camminava nella nebbia
di Jordan Hemingway

Questa storia ha ottenuto 15 recensioni.
Positive : 15
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
29/10/19, ore 09:19

Come posso non amare questa storia?Dammi un paesino misterioso con un segreto e io ci sguazzo!Tra l'altro oggi quando mi sono svegliata era proprio una giornata nebbiosa ,per fortuna sono ancora qui!
Una storia allo stesso tempo inquietante e triste,complimenti!

Recensore Master
08/05/19, ore 08:52

JordanHemingway
Vincitore Secondo Posto
La donna che camminava nella nebbia 46,9/50



Grammatica e stile: 8,9/10 (4 grammatica/4,9 stile) 
Ho letto la tua storia con molto piacere e interesse, accentuati da una bravura particolare nello scrivere e nel replicare anche talune forme del parlato relativo al secolo XIX, un espediente di immedesimazione che non potevo non apprezzare. I refusi si concentrano nella parte relativa ai dialoghi e nell’uso di E’ anziché il corretto È, nel trattino breve in luogo del lungo che crea l’inciso – questo inciso – e nella punteggiatura a fine dialogo. Da un punto di vista di stile, tendi a usare poche virgole; ti suggerisco di metterle prima delle avversative (tizio andò al mercato, ma nel mentre incontrò…) perché darebbero ai tuoi già bellissimi testi un po’ di respiro in più. Bellissima e adeguata allo stile gotico del racconto è la trovata delle memorie recuperate, che riportano subito alla mente autori del calibro di Poe e Lovecraft con la narrazione in prima persona; sono risultate davvero vincenti! Insomma, vivissimi complimenti! 

“Il prigioniero è francese?” Chiesi, ancora assonnato, mentre cercavo di preparare la borsa degli strumenti medici senza dimenticare nulla. [chiesi .30] 
“Come si sente oggi? E’ [È ] 
poco varia degli abitanti, i quali vivevano grazie [doppio spazio ] 
- Ben arrivato! - Il curato mi corse incontro [il trattino è sempre – lungo ] 
Adèline?- [refuso ripetuto nel testo, manca spazio “Adèline? – ] 
pellagrose i malati [spazio] 
E’ pericoloso sottovalutare una convalescenza, dovreste saperlo bene.” [È] 
Senza badare alle guardie asburgiche che, attirate dal chiasso, ci stavano osservando con l’aria di aquile pronte a ghermire la preda mi prese a braccetto e s’infilò nel reticolo di viuzze che circondavano il Bo. [non comporta penalizzazioni, ma attenzione ai periodi molto lunghi; avrei messo una virgola dopo “mi”]. 
“Credo che accetterò l’invito di quel mio amico di Londra per una cattedra di medicina.” concluse Attilio dopo aver finito la bottiglia che ci stava davanti. [medicina,” concluse… ] 
riflette. [rifletté.] 0
. I contadini più poveri campavano a stento: tra di loro c’era una donna, Anne, la figlia di un coltivatore di mais i cui campi erano stati inondati e rovinati. Si era ridotta a vivere in una casupola all’estremo limite del paese e a mendicare qualche pugno di mais per mangiare. - 
- Che accade a questa donna? - 
[che accadde? – tutto giusto, ma la mancanza di una “d” rende il verbo al presente con le conseguenze di cui sopra]. 

Caratterizzazione dei personaggi: 8/10 

Una cosa che ho grandemente apprezzato nella tua caratterizzazione è stata quella di utilizzare nomi e cognomi plausibili col contesto storico e regionale italiano, quindi abbiamo un Attilio Manin (nome desueto e cognome tipicamente lagunare), un Clemente (nome di papa) e un Leone Ruzzante. 
La caratterizzazione di Attilio Manin è interessante: un mentore gioviale eppure arguto, che però sospetta che l’interessamento di Clemente sia qualcos’altro, cosa che in verità mi ha insospettita, perché non c’era motivo di credere che Attilio debba considerare come rivale Clemente nel suo settore – sarebbe un segno di profonda insicurezza da parte di un luminare che andrà a insegnare a Londra e che è titolare di una cattedra universitaria. Sembra quasi che lui veda già in Clemente i segni di una sorta di follia/curiosità che in realtà si rivelerà come tale solamente alla fine. 

Clemente, il protagonista, instaura da subito un fortissimo interesse nei confronti del suo paziente Leone. Di primo acchito, sembra che tale legame sia da imputarsi unicamente al desiderio di capire come un suo pari sia stato oggetto di un tale dissesto finanziario e spirituale, tale da finire in carcere per debiti e pazzo. Il desiderio di conoscere di un medico del secolo XIX e la curiosità per un racconto avvincente sono quindi i motori che spingono il nostro narratore a seguire le vicende del malato. A non farmi optare per un punteggio pieno in tal senso è stata però la deriva romantica che assume il rapporto tra Clemente e Leone e, premetto, NON perché sia slash (lo leggo abitualmente e lo apprezzo tantissimo), ma perché mi ha sorpresa e spiazzata: l’interesse scientifico pareva la sola cosa che spingesse Clemente a raggiungere Leone e non un altro tipo di sentimento. È vero che la scelta di usare un diario in prima persona, un diario del secolo XIX da parte di un uomo del secolo XIX nella cattolicissima Italia spingerebbero a delle naturali censure, ma mi sarebbe piaciuto cogliere qua e là un indizio di questa attrazione che c’era, sì, ma sembrava esclusivamente professionale e mentale, laddove un bacio e una fuga romanticissima mi sposta la bussola su un tipo di attrazione di tipo romantico (che purtroppo i due poveretti non possono vivere per via della Fata, ma questa è un’altra storia). Insomma, quando si paventa la possibilità che Leone venga rimesso in camerata con gli altri carcerati, Clemente si oppone e paga per lui, sì, ma sembra che agisca più perché lo ritiene simile a lui che per un amore folle che lo spinge a vendere tutti i suoi averi nel giro di uno schiocco di dita. Un passaggio leggermente meno brusco sarebbe stato ancora più perfetto, insomma, perché il mio gradimento è altissimo.

Leone Ruzzante è un personaggio ben caratterizzato. È il vero protagonista del racconto, colui che compie l’azione e si ritrova a pagarne il prezzo. Ciò che mi è piaciuto di lui è stato come tu lo abbia mantenuto dall’inizio alla fine fortemente coerente. Lui vuole risolvere i casi di pellagra e vuole fare la cosa giusta. Non crede alla superstizione nemmeno quando se la ritrova davanti. La sua necessità di rivelare la storia e non farsi prendere per pazzo è giustificabile per un personaggio che ha fatto della razionalità e dello scetticismo il suo vessillo, ma raccontare è anche un modo per lui di esorcizzare la paura e spiegare. Trova in Clemente qualcuno che lo ascolta e questo lo fa stare meglio e in quest’ottica è anche molto bello che si innamori del suo salvatore e medico, in un clima hurt/comfort che mi è molto piaciuto. La coerenza e la solidità del medico di città si sposa anche con l’atteggiamento educatore che ha nei confronti degli abitanti del villaggio. Un ottimo lavoro, davvero! 

Utilizzo del pacchetto: 10/10 

Hai usato il pacchetto nella sua interezza, ricreando un bellissimo contesto storico risorgimentale di rara accuratezza (anzi, pre-risorgimentale, visto che narri del 1855 e non del 1860). Il prompt dell’inganno è ben sviluppato e fa parte della trama in maniera robusta: inganno è ciò che il parroco e i contadini fanno ad Anne sacrificandola a dèi antichi e che genera la nascita del mostro che dannerà Ruzzante perché troppo incauto nello spezzare l’incantesimo: proprio questo gesto – il dare la pozione – è il gesto di cui il medico finisce per pentirsi. Hai usato la frase in maniera un po’ oscura, come battuta un po’ misteriosa di Attilio, ma ho apprezzato questo lato alla Van Helsing del personaggio, per intenderci. Il luogo prescelto per l’azione era la prigione e, anche qui, hai fatto un lavoro eccezionale di coerenza e stesura. 

Originalità e Trama: 10/10 

Una trama avvincente raccontata in maniera avvincente non poteva che meritarsi il punteggio pieno: non immaginavo come avresti svolto l’intera storia né perché Ruzzante fosse diventato folle e questo è stato un grande, grandissimo pregio del tuo racconto. Il colpo di scena del coinvolgere l’intero villaggio a ben pensarci è semplice e ricorda la caccia alle streghe o il sacrificio del più debole per ingraziarsi divinità crudeli, però il modo in cui lo hai raccontato è stato particolarmente interessante perché hai costellato la storia di elementi storici e scientifici come la pellagra, malattia di cui ti sei andato a studiare effetti e caratteristiche in maniera esaustiva. Il risultato è una storia convincente e bella, che ha il coraggio di finire male. Complimenti vivissimi! 

Gradimento personale: 10/10 

Ho letto con molto piacere la tua minolong: ho adorato la scelta del periodo storico e dei dettagli che hai inserito, così come lo sforzo – raggiungo egregiamente – di ricreare un linguaggio che fosse simile a quello dell’Italia del secolo XIX. La precisione nei dettagli si rivela anche nella caratterizzazione brillante di Leone, che sovrasta quelle degli altri due medici che lo assistono. La parte relativa al mistero è ben gestita, così come altamente evocative sono le apparizioni della Fata. Pur non usando “grandi effetti speciali” la sua descrizione ammalia il lettore e lo trascina in un mondo quasi fiabesco, cui fanno da contraltare gli spari dei moti risorgimentali e lo sconvolgimento politico che, presto, avrebbe interessato anche il nostro paese. Insomma, una storia veramente bellissima che ho adorato dalla prima all’ultima riga!

Nuovo recensore
26/02/19, ore 23:35

Primo classificato al Victorian Age Contest: La donna che camminava nella nebbia di JordanHemingway
Stile: 4/5p
Trama: 4/5p
Personaggi: 3/5p
tot 11/20p
+ Premio Miglior Ambientazione (1 recensione, cumulabile, su una storia a scelta)

Lo stile non ha nulla da correggere, scorrevole, descrittivo il giusto. Tranne per il fatto che usi troppo spesso il punto e virgola, come pausa “a sospiro”, un po' più lunga, in un discorso diretto al posto della virgola (ad es “Coraggio, dottore: me lo chieda.”, “Dottor Bedin: lei crede che esistano eventi impossibili da spiegare per la scienza?”, Anch’io, un tempo, ero della sua opinione: prima di essere mandato a Lières-au-Bois.”, tutti in poche righe) oppure quando la frase dopo è la spiegazione, al posto del punto fermo (“Uscendo in strada mi avvolsi stretto nel tabarro: l’umidità, unita al gelo dell’inverno incombente, penetrava fino alle ossa.”, “I merli e le arcate eleganti del Palazzo della Ragione, sede della congregazione municipale, stridevano se comparati allo squallore dell’edificio accanto: Palazzo delle Debite era un rettangolo tozzo, sormontato da un torrione e circondato da un piccolo cortile dove i prigionieri uscivano a volte per l’ora d’aria, mi informò il tenente Valle mentre ci avvicinavamo. Una prigione per debiti nel cuore della città, il vizio accanto alla legge: la cosa mi aveva affascinato fin dal primo momento che avevo messo piede a Padova.”). Qui ce ne sono due di fila: “si era svegliato con la voglia di darle e aveva alzato le mani sul Ruzzante: quello però non so come era riuscito a parlargli con calma, come si fa con le vacche, e lo aveva fatto tornare a letto senza prendersele: un vero miracolo, sior.” (Nella frase dopo, “Oppure l’operato di un medico abituato a parlare con pazzi e poveri di mente, riflettei.” toglierei il “riflettei”).
In pratica, nella lettera dice: (par 1) la sua storia può essere quella di un pazzo, (par 2) “Anche volendo, non riesco a trovarne una spiegazione razionale”; le due affermazioni andrebbero unite ad es da “Ebbene”anziché “Eppure”.
C'è suspense anche prima dell'incontro tra i due dottori, anche per il corto intervallo di tempo tra questo e la data della lettera.
“nelle lunghe sere d'inverno trascorse davanti al fuoco” stona un po' col tono della lettera.
Ti muovi bene nel secolo, a Padova, anche solo per l'ambulatorio (che non è chiaro se occupa tutto il salotto o una parte), come nei villaggi francesi. Inserisci le fonti storiche, come termini colloquiali, nella giusta dose, come noi facciamo adesso con quelle che non sono ancora considerate tali.
La parlata popolare, distanziata dai toni del dottor Clemente, c'è.
Per le prostitute di Portello: toglierei “il quartiere di”, poco naturale, e “trucco eccessivo” è un po' ambiguo perché allora, se c'era, era sempre eccessivo.
“Un'unica finestra dalla quale la luce grigia del mattino entrava gettando le ombre delle sbarre di ferro sul pavimento sporco. C'era una sola finestra, dalla quale... entrava, gettando...”
“bruma impalpabile” La bruma è già impalpabile.
L'unica “morale” è la crudeltà degli uomini, considerazione espressa bene, ripresa alla fine. Ci sta, già in un racconto gotico (con forme epistolari, più cornici narrative e la fuga intercontinentale di Frankenstein, l'inquietudine nel villaggio e la morte di Adèline come in Janet Collotorto, e ancora Stevenson per la scontrosità di Clemente, come Utterson, che si intuisce appena, sempre di fondo, perfetto) a parte l'inquietudine non deve rimanere altro.
Di Frankenstein c'è anche l'ambizione distruttiva di Ruzzante, già da bambino, di andare oltre i limiti della scienza, qui per la cura alla demenza da pellagra.
La storia d'amore è necessaria perché la morte di Ruzzante aggiungesse tragicità al fuoco ma sembra un po' buttata lì, col bacio, senza premesse, che mitigherebbero la barriera culturale (e un po' anche quella che potrebbe esserci, comunque, per le condizioni fisiche di un prigioniero). L'ho contata in "Personaggi".
La storia è suddivisa bene nei capitoli, con una struttura tradizionale, senza buchi di trama o incoerenze, anche perché Clemente scampa dal crollo perché alla “fata delle nebbie”, come con Ruzzante, piace giocare al gatto col topo. È un tema visto in molte salse, ma sviluppato bene, quindi; qui con la motivazione di un rito druidico, altre ricerche oltre a quelle di Storia della medicina. Complimenti.
“La porta fu serrata alle mie spalle: per un istante mi sembrò di capire lo stato d'animo dei condannati a vita.” Mi piace.
Ho notato sviste come: “Per evitare un contagio in caso di febbri malariche, dico bene? Conclusi secco. (è conclusi)”, “- La superstizione qui è cosa antica, - iniziò,” (la virgola due volte al posto del punto), “Ci sto attento io al m'sieur, non preoccuparti vecchietta” (preoccuparti, vecchietta) e “- Che accade a questa donna? -” (“accadde”), ma se non si sentono non credo che qualcuno torni mai indietro a correggerli.
Ridurrei le note a due righe.
Toglierei: “Quale terribile scena mi trovai innanzi!” per rendere poi l'immagine di Ruzzante più immediata, un colpo. Idem per quello in grassetto: “Se non posso avere lui avrò te. Si mosse nella mia direzione. Le gettai addosso il calcinaccio che ancora avevo in mano e che lei parò con un movimento innaturale.”: è un gesto immediato, di rabbia. Sempre per immediatezza farei: “Le gettai addosso il calcinaccio. Lei lo parò...”.
La storia mi è piaciuta, trasuda un'attenzione all'insieme da tutti i pori. E infatti è anche ben bilanciata tra le sue parti. Si rilegge volentieri. Complimenti ancora.
(Recensione modificata il 26/02/2019 - 11:36 pm)

Recensore Master
24/01/19, ore 16:44

Ciao!
A conclusione della storia, devo proprio dirlo: non mi sarei mai aspettato che la donna delle nebbie fosse una creatura in carne ossa... ma era veramente una creatura in carne e ossa? Inizialmente il mistero pare razionalmente svelato con la storia di Anne, donna sola e priva di mezzi. Ma il prosieguo della storia fonde abilmente la realtà con il soprannaturale, e così questa figura implacabile e misteriosa finisce per assumere un'interessante ambivalenza : su tratta di una donna reale mutata da un filtro, o di una creatura realmente magica?
Quello che sappiamo è che la donna delle nebbie è una persecutrice accanita e inesorabile. Sfuggirle pare impossibile, nonostante i chilometri che si vogliano mettere tra se' e quel paese sperduto della campagna francese. Lei è la signora delle nebbie, e la nebbia è per natura fuggevole e, nelle terre del settentrione, presente in ogni luogo.
Complimenti e alla prossima!

Recensore Master
24/01/19, ore 00:47

Rieccomi, uscendo dalle nebbie tenebrose di questa storia... certo che Pupi Avati ha ragione da vendere: le storie più cupe sono quelle ambientate tra le nebbie della provincia. E il brivido continua a scivolare giù per la schiena, perché si tratta di storie di casa nostra, che accadono proprio dietro l'angolo... complimenti ancora, mi stai tenendo col fiato sospeso.

Recensore Master
24/01/19, ore 00:34

Ma ciao! Continuo con la lettura di questa bellissima e avvincente storia. E a costo di ripetermi... Mi ripeto: davvero favolosa l'ambientazione, una storia che prende vita nella Padova dell'Ottocento mi mancava, davvero. Mi capita sempre di leggere storie forzatamente ambientate all'estero, come se da noi (e tra le nostre nebbie ) non fossero possibili il dramma e il mistero. Davvero complimenti anche per la scrittura scorrevole e avvincente, in pieno stile gotico.

Recensore Master
14/01/19, ore 16:58

Ciao e piacere di conoscerti! Sono Yonoi e partecipo anch'io al contest indetto da Dollarbaby: di più, ho una mezza idea di iscrivermi anche al contest vittoriano...
Ma dopo aver iniziato a leggere questa tua storia, ecco che si affollano i dubbi: sei bravissima e la storia fila liscia come l'acqua: scritta benissimo, originale, e per di più ambientata a Padova (mia mamma è di Padova): cosa si può volere di più?
Davvero complimenti per la trama che si prospetta davvero innovativa, pur nel solco delle storie gotiche più classiche, e per come riesci ad avvincere il lettore tenendolo incollato alla pagina. Corto subito a leggere il resto!

Recensore Master
07/01/19, ore 17:19

L'ultimo capitolo che getta luce sul mistero della donna immersa nella nebbia.
Ma questo finale sembrerebbe senza una conclusione, lo riprenderai prima o poi?

Recensore Master
07/01/19, ore 09:43

Ciao^^
che finale emozionante! Bellissima la storia, inquietante e ottimamente scritta. La nebbia appare veramente come una creatura viva, sinuosa e inquietante, che raggiunge le proprie vittime senza che nulla possa fermarla. La misteriosa donna della nebbia promette vendetta e non avrà pace finché non l'avrà ottenuta, nulla potrà fermarla.
Tantissimi complimenti per questa storia stupenda, che sembra veramente un racconto gotico di altri tempi!

Recensore Master
07/01/19, ore 08:54

Ciao carissima^^
sempre più inquietante la storia della donna. Bellissimo come il medico cerchi di interpretare il fenomeno razionalmente creando addirittura una trappola per catturare quella che ritiene essere una sfortunata creatura affetta da una forma particolarmente perniciosa di avitaminosi, ma si trovi poi di fronte a...? Sono curiosissimo di scoprirlo.
E a quanto pare, anche il nostro narratore ha cominciato a vedere la donna nella nebbia.
Una storia decisamente inquietante, complimenti. Ora volo al prossimo capitolo!^^

Recensore Master
07/01/19, ore 08:45

Ciao carissima^^
sempre più interessante questa storia. Facciamo la conoscenza con una misteriosa figura che sembra aggirarsi nelle nebbie del paesello francese, bellissima la descrizione dell'apparizione fatta dal dottore, veramente inquietante.
Così come è inquietante la sua strana reticenza a mostrare il paziente al collega e mentore.
Come nel capitolo precedente, bellissima la ricostruzione storica, precisa e puntuale ma mai pedante, così come precisi sono i sintomi delle patologie, col valore aggiunto di essere descritti con la terminologia medica dell'epoca.
Complimenti!

Recensore Master
07/01/19, ore 08:22

Ciao carissima^^
che bell'inizio inquietante: un malato affetto da una strana agitazione, che ha da raccontare cose assai misteriose su una figura che si muove nella nebbia. Malattie strane, che forse non soono malattie.
Il tutto, poi, scritto con uno stile che evoca perfettamente le atmosfere di quell'epoca, scorrevole e preciso.
Sono decisamente curioso di leggere il seguito.
Alla prossima!^^

Recensore Master
06/01/19, ore 17:17

In pratica, il medico prendeva spunto da una narrazione che gli hanno fatto.
E tu, ti immedesimi nel suo personaggio scrivendo come se la stessi vivendo di persona.
La storia della fata nella nebbia è molto interessante.

Recensore Master
05/01/19, ore 20:50

Il medico protagonista è alle prese con malattie e problemi dei detenuti.
A quanto pare, hai descritto anche la situazione di Padova all'epoca.
Io non conosco com'era la città all'epoca, ma avendo tu preso le informazioni da Internet sono veritiere.

Recensore Master
05/01/19, ore 17:39

Bella l'ambientazione nell'Italia pre-unità, a meno che nei prossimi capitoli non sposti l'ambientazione a dopo il 1861.
Da quello che ho capito, il protagonista sembrerebbe un medico, con la scena che si sposta nelle prigioni, con il medico che sembrerebbe lavori per la prigione curando i detenuti quando ne hanno bisogno.