Seconda classificata al contest "Catene".
Grammatica: 10/10
Perfetta!
Stile: 9/10
Lo stile mi è piaciuto. È denso, ricco d'immagini, lo si potrebbe definire una metafora continua. Il suo pregio più grande è l'essenza di eccesso. Difficilmente si sfocia in scelte ridondanti, e non c'è niente di nebuloso o artificioso — il che è tutto dire, visto che la storia è un monologo introspettivo che descrive ben poco di concreto. Il rischio che si corre in genere è proprio quello di presentare tanta forma e poca sostanza, alcune storie risultano aride e incapaci di comunicare perché spesso sono riempite di metafore che non si legano minimamente a quello che stanno descrivendo. Non è il tuo caso, questo stile riflette Narcissa alla perfezione, è uno specchio preciso della sua personalità. Hai effettuato scelte lessicali mirate, si vede che ti sei soffermata su ogni aggettivo e sostantivo con cura. Che siano metafore legate all'inverno o ai fiori o ad altro quelle che crei non sembrano mai messe lì "tanto per far vedere che ho un repertorio lessicale ampio" — anzi, si legano al personaggio e lo rappresentano. Quel "sorrido alla tela bianca che sono diventata" è un'immagine ricchissima, incisiva e comunicativa: Narcissa è una mente impenetrabile, trincerata nei propri silenzi, una donna impossibile da leggere, ma in questa rappresentazione ho visto molto altro — ad esempio un riferimento più immediato all'invecchiare, all'essere fragile proprio come una tela, e mi fermo qui per non divagare.
L'uso del corsivo e dei trattini in "Me le ricordo, le labbra esangui di Draco, quando la sua carne – la mia carne – veniva lordata da un peso che nessun bambino dovrebbe portare addosso." è molto riuscito, isolare e sottolineare "la mia carne" rafforza il coinvolgimento emotivo, ricorda bruscamente e rapidamente che per una madre vedere un figlio soffrire significa soffrire in prima persona, se non peggio. Hai saputo quindi dare forza comunicativa e ambivalenza anche ai segni di punteggiatura.
Ci sono alcuni aspetti che invece ho apprezzato meno. Per prima cosa parlo delle pause. Metterne tante in frasi brevi rende il testo frammentato, in questo caso ho avuto l'impressione di leggere i pensieri di una persona che ha tanto da dire ma finisce sempre col dire poco perché non riesce e/o non vuole farlo, perché di natura tende a controllarsi, ad essere molto selettiva e razionale. Da un lato questa scelta è in armonia con la caratterizzazione (e col pacchetto!), riflette quella sorta di rigidità mentale e inverno interiore in cui versa Narcissa mentre si racconta, ma mano a mano che si va avanti nella lettura s'inizia a sentire la necessità di snellire le pause. Questa è l'impressione che ho avuto io, cioè che il testo si appesantisse un po' troppo dal punto di vista della punteggiatura. In ogni caso si tratta dell'aspetto meno rilevante. A non piacermi sono le frasi in cui si omette il verbo, come "Adesso mi guardo allo specchio, contorni pallidi per lineamenti sbiaditi, e sorrido [...]" oppure "Fiore cresciuto accanto ad una guerriera, il fango ce l'ho nel sangue." Chiarisco una cosa, non è che odi a prescindere quest'impostazione, semplicemente non sono una fan accanita di un suo uso ripetuto e vedere più di una frase di questo tipo a distanza ravvicinata accresce il mio senso di fastidio. Non mi piace questa scelta stilistica abbianta alla prima persona, perché sembra spogliare il testo della sua spontaneità e crea quell'effetto d'impostato che non sopporto. Parlando della tua storia, poi, dove d'impostato c'è ben poco, questo aspetto soggettivo mi è saltato maggiormente all'occhio.
L'ultima parte della storia è invece quella che preferisco. Narcissa diventa quasi telegrafica, "C'è un fiume, ne scorgo il nastro argentato da ogni finestra, e c'è un ponte, sul fiume. / Ci ho gettato i gioielli che ormai non indosserò più." e quel senso di frammentarietà di cui parlavo s'accentua. Proprio nella frammentarietà risiedono sia l'armonia che il definitivo arrivo dell'inverno. Il cerchio si chiude, Narcissa ha il suo parziale lieto fine, e insieme a lei lo stile vive la sua primavera. Frasi brevi e semplici, "Ho chiesto perdono" e "Lo vedo, sorride" isolati dal doppio capoverso, poche righe per dire tante cose diverse — la rinascita di una madre, un matrimonio felice, un figlio in arrivo, una felicità conquistata: tutto sa di vero, di spontaneo, di vivo, tutto colpisce di più il lettore e diventa ancora più bello. Anche se rimane l'amaro in bocca, anche se l'inverno non se n'è andato del tutto e Narcissa ha scelto di vivere lontano dal figlio. Complimenti!
Titolo e Introduzione: 7.5/10
Al titolo ho assegnato 3.5. Sicuramente richiama con forza — anzi, è la protagonista della storia, però non mi ha catturata. Avrei preferito "Bianco fiore dai candidi steli", il singolare per rifersi appunto a una singola persona, anche se il plurale sta ad indicare le molteplici bugie e fragilità di Narcissa (e il suo perdono). A primo impatto ho trovato il titolo "debole" a livello visivo, incapace cioè di aprire uno scenario memorabile nella mente del lettore: nel mio caso questo scenario non è stato né ricco, né ben definito, ma giusto un pochino invitante. Avrei preferito un titolo più corto e incisivo.
All'introduzione ho assegnato 4, penso che possa attirare l'attenzione. Mi piace la linearità che ha con lo stile, nel suo essere costituita da frasi brevi e dense di significato offre infatti un assaggio della storia stessa, anticipandone il mood generale. Se da un lato l'incisività stilistica permette al lettore di avere immediatamente un'immagine precisa di Narcissa, dall'altro c'è un aspetto ambiguo che non mi ha convinta del tutto. La Narcissa che ci presenti per la quasi totalità dell'introduzione ricorda un foglio accartocciato su se stesso, un fiore fragile e stanco, mentre la frase finale "E l'inverno lascia il posto alla primavera" esprime il contrario. La "e" sottende un rapporto di continuità, ma il senso metaforico di quello che vuoi dire è tutt'altro: l'iniziale condizione d'inverno interiore si è spezzata, per Narcissa c'è un nuovo inizio, un'occasione di rinascita. Quest'ambiguità, più stilistica che contenutistica, può costituire l'elemento determinante che invita chi legge a togliersi il dubbio e a cliccare sul link della tua storia, ma in me ha creato confusione, non sapevo se interpretarla come un'anticipazione positiva o negativa.
IC e caratterizzazione: 15/15
La tua Narcissa mi ha sicuramente ricordato quella dei libri: schiva, riservata, disposta a qualunque cosa per proteggere suo figlio. Già dall'inizio della storia si avverte la sensazione di avere a che fare con una persona a cui è stata preclusa la libertà di scegliere come vivere. Narcissa nasce in una famiglia Purosangue, la famiglia le impone di conformarsi all'élite di cui fa parte sia nei modi che nell'aspetto, e la spinge a seguire perennemente un sentiero già tracciato. "Mi ornavo di gelo, l'armatura degli indifesi, sperando che il bagliore dell'oro fosse sufficiente a nascondere le mie trasparenze." è una descrizione particolarmente significativa che in poche parole ci dice tanto della personalità di Narcissa: era tutta apparenza. Narcissa ostentava potere, gioielli e freddezza per sentirsi forte e indipendente. "Adesso mi guardo allo specchio, contorni pallidi per lineamenti sbiaditi, e sorrido alla tela bianca che sono diventata." ci dice che le cose sono cambiate, ci mostra la Narcissa provata dal post-guerra, la Narcissa invecchiata e rinata che finalmente decide di non nascondere più le sue debolezze interiori. Quando decide di gettare via i suoi gioielli capiamo che si sta lasciando alle spalle la donna che è stata, un passato di sacrifici e bugie. L'unico ponte di collegamento che rimane fra le due Narcissa della tua storia è l'amore che nutre per il figlio. Astoria, nella sua marginalità, riveste un ruolo significativo nel suo essere "la tiepida luce dell'alba di primavera" che "non indossa gioelli" perché "non deve nascondere le sue debolezze dietro gelide pietre": è la sposa perfetta per chi ha sofferto vivendo in un mondo di sangue, finzione e imposizione. Narcissa ci dimostra che approva la scelta di Draco perché Astoria è tutto ciò che lei non ha potuto essere alla sua età, ovvero l'opposto di ciò che provoca infelicità. Astoria può essere e vivere come vuole, non è in catene, "il suo riso è un canto d'uccello" e nel suo ventre sono racchiuse "speranze dorate", non "un manto di calce" o gelo. Questa contrapposizione non solo mi è piaciuta, ma l'ho trovata anche calzante per esprimere il lieto fine della tua storia.
Tornando a Narcissa devo dire che anche se ci sono rimasta male per lei ho apprezzato il finale amaro. Narcissa ha ottenuto perdono dal figlio? Non è certo, ma solo intuibile — Draco sorride solo per la propria felicità o sorride anche alla madre che ha perdonato? La certezza che abbiamo è la scelta della protagonista, la consapevolezza del fatto che non sia riuscita a perdonarsi del tutto. Decidere di stare lontano dal proprio figlio per amore è un gesto altruista ed egoista, coraggioso e codardo, meraviglioso e terribile, indice di forza e fragilità: in tutte queste sue caratteristiche riflette la complessità di fondo del personaggio, le sue mille facce, i suoi sottintesi. La tua Narcissa è sicuramente degna di nota, un personaggio a tutto tondo.
Utilizzo elementi: 15/15
Gli elementi erano:
1. Neve
2. Abuso
3. "I want to be forgotten / I want you to forgive / How i'm losing all this / It's just the way i live / Running my way towards oblivion / Inside my head smokescreen's gone / Leaving all this to be undone."
Inizialmente non avevo pensato di darti il punteggio massimo per l'uso che hai fatto del secondo elemento, ma mi sono resa conto che sarei stata ingiusta. Ti avrei penalizzata per averlo usato in modo diverso da quello che mi aspettavo (te ne parlerò in "gradimento personale"), non per una mala interpretazione.
Ti faccio tanti complimenti perché questo pacchetto non era semplice da usare. Non solo hai evitato di scadere nel banale e di usare i tre elementi con superficialità, ma hai saputo rendere giustizia a tutti e tre. La presenza dell'inverno, che da bando doveva esserci a prescindere, si fonde con l'elemento del pacchetto senza tuttavia annullarlo. Hai scelto di rendere la protagonista stessa un fiocco di neve: Narcissa è algida, bella e pulita come la neve, tutto ciò che fa e la circonda rimanda al bianco, al gelo, alle trasparenze tipiche dell'inverno. Significativa è la frase "esco poco, e lo faccio soltanto nelle albe gelate" perché ci dice che la protagonista replica l'inverno e la neve in tutto, anche nei gesti. Della neve Narcissa non possiede soltanto la bellezza e il candore, ma anche la fragilità, per questo si sporca. Narcissa sposa un Mangiamorte ed è costretta a sottostare al volere di Voldemort, a sacrificare se stessa per proteggere la propria famiglia, a vedere e sentire atrocità. Narcissa subisce un abuso continuo: dai genitori che le impongono di vivere da perfetta Purosangue, dal marito che la trascina in una causa più grande di lei, dalla sorella che non fa nulla per aiutarla a proteggere il figlio ma, anzi, smania di buttarlo in pasto al lupo — da Voldemort, che minaccia lei, suo marito, suo figlio, e che la fa vivere nel terrore costante di toglierle ciò che ha di più caro per un errore non suo. Ma se da un lato Narcissa subisce continui abusi, dall'altro è lei stessa ad abusare di qualcosa: gioelli, potere, cognome per proteggere se stessa, bugie continue per proteggere la sua famiglia. Mi è piaciuta l'ambivalenza che hai dato al secondo elemento del pacchetto. Con la citazione, che era complessa da gestire, sei stata veramente fantastica. Il testo rimanda a un senso generale di abbandono, stanchezza e inevitabile rassegnazione, e tu hai incluso tutto questo nella tua protagonista. Narcissa vuole essere sia dimenticata che perdonata, la sua scelta di vivere in una "torre d'avorio e cristallo", isolata da tutti e lontana dal mondo, implica che perderà tanto — come l'occasione di essere nonna. Narcissa non riesce a evitarlo, ha scelto di vivere in questo modo perché è vittima dei rimorsi e non ha saputo perdonarsi. L'immagine finale che ne ricaviamo è quella di una donna che ha smesso di erigere barriere difensive nella propria mente — elemento positivo — ma che allo stesso tempo si annulla poco alla volta, che invecchia lasciandosi scorrere la vita davanti in una condizione di auto-privazione — elemento negativo.
Hai reso giustizia a questo pacchetto, incastrando gli elementi fra loro in modo naturale. Se avessi letto la storia senza sapere che partecipava a un contest non mi sarei accorta di nulla perché non c'è niente che sembra inserito a forza per volere di qualcun'altro. Complimenti!
Gadimento personale: 7/10
La tua storia mi è piaciuta per tutti i motivi che ti ho elencato. Ti ho assegnato 7/10 perché per mio gusto personale avrei preferito qualcosa di più avvincente che non si riducesse a un monologo interiore. La storia inizia con Narcissa che si racconta e finisce con Narcissa che si racconta, non ci sono particolari colpi di scena. Nel finale c'è un effetto sorpresa, certo, perché scopriamo soltanto nelle ultime due righe che Narcissa ha deciso di stare lontana dal figlio e di vivere in isolamento, ma non è questo il tipo di effetto sorpresa che mi conquista. In genere prediligo storie più dinamiche, dove entrano in scena almeno due personaggi e dove le cose succedono, anziché venire raccontate. Sono consapevole di averti messa di fronte a una tematica delicata e difficile da trattare con l'elemento "abuso", apprezzo l'assenza di superficialità con cui l'hai gestita, ma avrei preferito qualcosa di più crudo, riferimenti meno velati. Con questo non dico che avresti dovuto necessariamente parlare di abuso fisico, bensì che avrei preferito una resa più angst, estremista, e meno malinconica del concetto di "abuso". Mi è poi rimasto un piccolo pallino: che fine ha fatto Lucius? Ad ogni modo la tua storia è pregevole, l'introspezione e la caratterizzazione della protagonista sono molto accurate, coinvolgenti e memorabili.
Totale: 63.5/70
Alla prossima :D |