Valutazione del contest “Citazioni in cerca d’autore (Oscar edition)!”
~ storia vincitrice dell’Oscar al miglior personaggio singolo
Grammatica: 10/10
Perfetta!
Stile e lessico: 8/10
Valutare lo stile di questa storia non è stato semplice, perché sin dalla prima lettura mi ha comunicato una sorta di incompiutezza, nonostante il racconto sia pulito e scorra lineare. La mia sensazione, conoscendoti come autrice, è che i tempi obbligati del contest ti abbiano impedito di limare un’ultima volta il testo. Fatta questa premessa, passo alla valutazione vera e propria! Hai scelto di narrare al passato e in terza persona, con un narratore che rispecchia in maniera inequivocabile il punto di vista del protagonista; l’ho trovata una scelta indovinata, perché crea immediata empatia tra lettore e personaggio, conducendo il primo nella vita del secondo. Anche la struttura in unità narrative – i paragrafi – è funzionale: grazie a questo escamotage riesci a mostrare momenti di vita del protagonista distanti gli uni dagli altri nel tempo, il che ti ha consentito di sviluppare una linea temporale corposa in poche parole.
Non hai indugiato in una sintassi particolarmente complessa, la stessa lineetta è utilizzata come pausa utile a segnalare gli incisi e a rendere più ordinati i periodi. Riguardo alla sintassi, ti segnalo qui che non ho reputato errori grammaticali situazioni come “Era inebriante, essere libero” (dove la virgola è di troppo dal punto di vista strettamente grammaticale) perché le ho reputate evidenti scelte stilistiche, riuscite a mio avviso, dato che costringono il lettore a una pausa “innaturale” al fine di catalizzarne l’attenzione sull’espressione in questione. Interessante anche l’onomatopea e l’unico discorso diretto del testo allineati a destra, scelta che segnala uno stacco visivo e “sensoriale”: leggendo, ho avuto proprio l’impressione che quei suoni fossero esterni ed estranei al personaggio protagonista, come se Percy nel relazionarsi con loro si percepisse “fuori da sé” – una sorta di eco proveniente da lontano.
La linearità e l’immediatezza del testo si rispecchia anche nel parsimonioso utilizzo del corsivo o di qualsiasi altro elemento stilistico volto a marcare delle espressioni, devo però sottolineare che scegliere di scrivere in corsivo “Si sbagliava”, espressione tra l’altro isolata in un capoverso, costituisce un grande segnale sul piano significativo del racconto: è lì che inizia la svolta interiore del protagonista. Tornando ai paragrafi, ho notato che tutti, eccetto il primo, ripetono il nome “Percy”: a mio parere, se l’anafora fosse stata presente lungo l’intero testo, il suo impatto stilistico sarebbe stato ancora più marcato e rappresentativo – quella del nome del protagonista a inizio unità narrativa è difatti una ripresa interessante. I capoversi dei singoli paragrafi trovo siano invece ben gestiti, il loro abbondare rallenta il ritmo del testo e dilata il tempo narrativo. Solo in un’occasione, a mio avviso, i capoversi non sono gestiti nel modo più efficace, ti riporto l’espressione cui mi riferisco:
• “Libero dall’obbligo di tenere alto l’onore di una famiglia senza degne ambizioni, libero dallo stigma della povertà, libero dalla gabbia di mediocrità che l’aveva intrappolato per vent’anni. // Libero di inseguire i propri sogni, come Bill e Charlie prima di lui, ma Percy non avrebbe sprecato un curriculum da Caposcuola per darsi all’avventura, non avrebbe abbandonato il suo Paese”: la ripetizione della parola “libero” crea coesione e conferisce al periodo una struttura a elenco; il problema sorge laddove il quarto “libero” apre un nuovo capoverso, il quale è sua volta strutturato in maniera differente rispetto al precedente, perché laddove ci si aspetterebbe un’ulteriore ripresa, si incontra un “ma” che spezza il ritmo. A mio parere, se questo periodo non fosse stato diviso in due capoversi, la sua struttura interna sarebbe stata più efficace e coerente: dall’elenco iniziato con il primo “libero” si sarebbe arrivati al “ma” conclusivo del periodo. Egualmente efficace, conservando i due capoversi, sarebbe stata la scelta di introdurre il secondo all’altezza del “ma”, mettendo così maggiormente in evidenza anche il significato della frase che regge.
Ti segnalo poi una minuzia:
• “Percy scartò il pacco con mani tremanti e gli occhi velati di lacrime”: dato che “occhi” è preceduto da articolo, per coerenza anche “mani” dovrebbe essere preceduto dall’articolo determinativo; o in alternativa nessuno dei due termini dovrebbe avere l’articolo.
Soffermandomi ora sulla conclusione, mi spiace dire che dal punto di vista stilistico trovo sia il momento meno efficace del racconto:
• “Cos’avrebbe pagato per ritornare in quella prigione d’amore, ora che – stretto nella morsa del regime – aveva compreso davvero cosa significasse essere in gabbia…”: concludere utilizzando i tre puntini di sospensione è sempre un azzardo, perché rappresentano l’incompiutezza e la sospensione. Tuttavia, se inseriti in una cornice stilistica coerente al loro utilizzo, possono essere una buona scelta; purtroppo non credo sia questo il caso. Come detto, trovo che il testo sia strutturato in maniera lineare, immediata, che non si rifugia in escamotage stilistici e narra con una limpidezza invidiabile fatti ed emozioni; in coerenza a questa struttura, credo che una conclusione altrettanto secca e compiuta rappresentasse la scelta più adatta. L’espressione in sé è bella e comunica efficacemente il senso di prigionia provato dal protagonista, ma proprio perché non siamo in un limbo di indecisione, ma nel momento di massima presa di coscienza, trovo che un punto fermo avrebbe dato una sfumatura diversa e più definitiva all’intero racconto.
Arrivando al lessico, hai scelto un registro linguistico che richiama l’italiano quotidiano. Il tuo è un lessico che definirei schietto e senza fronzoli, e trovo che sia assolutamente coerente allo stile narrativo scelto. Ti conosco come autrice e so che non hai difficoltà alcuna nell’utilizzare un vocabolario più ricercato, il che mi fa apprezzare ancora di più la scelta di non eccedere e di restare fedele all’idea di linearità e immediatezza. Leggendo la storia, anche dal solo lessico si percepisce “quotidianità” e si ha l’impressione di essere proprio lì, accanto a Percy, e di seguire i suoi ragionamenti e le sue emozioni – e tutti i suoi errori. Le ripetizioni presenti sono tutte volute e ben distribuite, non si ha mai la sensazione di avere dinanzi un testo ripetitivo. Una nota di merito va alla scelta degli aggettivi, li ho trovati tutti molto giusti e comunicativi ( mi riferisco ad esempio ad aggettivi come “sprezzante” e “confortevole”).
Concludendo, trovo che stile e lessico di questa storia siano molto buoni, il testo è piacevole, scorrevole e nessun momento della narrazione appare confuso o incerto. La mia premessa iniziale è dovuta al fatto che conoscendoti come autrice so che sarebbero potuti essere anche migliori, ma la considerazione in sé non ha minimamente inciso sulla valutazione! Sono stata molto indecisa sul punteggio da assegnarti, alla fine ho optato per 8/10 facendo una media dei pro e contro, dove ha avuto un peso maggiore la considerazione fatta sulla conclusione. Al di là comunque delle mie considerazioni “al dettaglio”, trovo che tu sia stata molto brava!
Titolo: 3.5/5
Per il tuo racconto hai scelto il titolo Di mediocrità e orgoglio, annunciando subito al lettore due caratteristiche chiave per comprendere il tuo protagonista: mediocre nella comprensione della realtà che lo circonda, orgoglioso per tornare sui propri passi e accettare a voce alta di aver commesso degli errori. Da questo punto di vista, quindi, è un buon titolo, perché riesce a inquadrare il personaggio, per di più ricorrendo a sostantivi anziché aggettivi, quindi dando al titolo l’alone di universalità che altrimenti non avrebbe avuto. I titoli strutturati con preposizione-coppia di sostantivi si trovano spesso associati a commedie o comunque a storie con sfumature più leggere della tua; tuttavia, trovo che la tua storia – grazie allo stile utilizzato – riesca a trattare una tematica drammatica con un tono schietto, diretto, che non indugia in espressioni tese a sottolineare la drammaticità degli eventi né ad amplificare l’impatto emotivo del contenuto narrato, il che mi porta a sostenere che il titolo scelto non tradisca del tutto il genere del racconto. Di contro, però, non credo sia un titolo incisivo e in grado di far comprendere al lettore che leggerà sì di un personaggio mediocre e orgoglioso, ma soprattutto di un personaggio in gabbia – tematica che immagino essere più attrattiva del concetto generico evocato dal titolo.
Concludendo, il titolo scelto è un buon titolo, ma credo non renda giustizia sino in fondo alla storia, motivo per cui ho optato per 3.5/5 in questo parametro.
Utilizzo del prompt: 10/10
Hai scelto il prompt “Prima d’allora, non aveva mai compreso cosa significasse essere in gabbia”, inserendola in maniera leggermente rivisitata come frase conclusiva del racconto. Ti anticipo, come avrai già notato dal punteggio, che ho trovato l’utilizzo della citazione perfetto. Sia la trama che l’introspezione del personaggio sono strutturate sul concetto evocato dal prompt, richiamato a inizio racconto per contrapposizione e palesato in conclusione. La storia si apre infatti col protagonista che si reputa libero – certo che la gabbia sia sempre stata la famiglia – e si affaccia alle nuove esperienze che lo attendono; lungo l’arco narrativo, però, Percy scopre di essere stato beffato dal destino – o, meglio, dalla sua stessa ambizione –, perché si ritrova vittima delle proprie scelte e del proprio cinismo ostentato, dei “no” che si è obbligato a dire e delle apparenze anteposte ai sentimenti. Percy è letteralmente in gabbia: vuole tornare indietro, ma non ha il coraggio di farlo; dovrebbe allora andare avanti, ma non vuole né può essere un attore del regime di Voldemort. Il tuo Percy, lo si percepisce benissimo, non sa come uscire dal suo personale labirinto, consapevolezza che lo conduce all’ultima e risolutiva presa di coscienza: prima d’allora – quando lamentava lo status e il caos della propria famiglia – credeva di essere vittima di una prigione in realtà inesistente. È una storia perfetta per questo prompt, e trovo lo sia anche il personaggio abbinato. Come già detto, non ho proprio nessun appunto da farti, sei stata molto brava nello sviluppo della citazione scelta, che risulta essere il pilastro portante dell’intero racconto. 10/10!
Caratterizzazione e IC dei personaggi: 10/10
L’unico personaggio della tua storia è Percy, seppure non manchino riferimenti agli altri membri della famiglia Weasley, inseriti al fine di rendere completa la caratterizzazione del protagonista. Percy tra i Weasley è quello meno simpatico, ma è anche quello più complesso da inquadrare: la sua cinica ambizione lo rende un componente “atipico” della famiglia, ciò nonostante alla fine della saga si conferma essere “uno dei buoni”. Trovo che tu sia riuscita, nei limiti delle cinquecento parole a disposizione, a ritrarre Percy in maniera fedele alla controparte cartacea. Il tuo racconto segue le tappe dell’evoluzione del personaggio: dapprima lo vediamo arrogante, spocchioso, lusingato dall’ambizione; ne intravediamo poi i primi vacillamenti e sensi di colpa; in ultimo, lo ritroviamo solo e con un maglione di Molly indosso, imprigionato nelle proprie scelte, vittima di quell’ambizione che avrebbe dovuto condurlo sulla vetta e invece l’ha condannato alla solitudine. Attraverso il tuo testo, molto diretto e poco incline a mostrare le riflessioni propriamente intese, si riesce a percepire il vissuto del protagonista e la lotta che conduce dentro di sé. Sei stata poi molto attenta a ripercorrere dal punto di vista di Percy i momenti della saga che conosciamo, e ho trovato credibile ogni tua rivisitazione: dalla delusione scaturita dalla lettera della madre sino al Natale solitario durante il regime di Voldemort. Soffermandomi sulla conclusione, ho trovato molto credibile lo stato d’animo descritto; sappiamo che Percy raggiungerà la famiglia a Hogwarts col capo cosparso di cenere, dunque l’immagine di lui rannicchiato su un divano è tristemente realistica. Bellissima, infine, la contrapposizione tra inizio e fine del racconto: Percy, inebriato di libertà, arriva a percepirsi in gabbia, una gabbia costruita da se stesso. Non ho proprio nessun appunto da farti in questo parametro, il tuo è proprio il Percy Weasley della Rowling, Anche qui, 10/10!
Totale: 41.5/45 (Recensione modificata il 25/04/2019 - 06:41 pm) |