Recensioni per
Di Chi e di Che
di miss dark

Questa storia ha ottenuto 5 recensioni.
Positive : 5
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
01/07/11, ore 14:56

Avevo letto questa storia nel 2009, quando avevo 13 anni, e mi era piaciuta tanto ma non riuscivo ad afferrare bene tutto, perchè c'è tanto (forse troppo) in queste righe.
Ora a distanza di due anni sono tornata qui, in un periodo davvero drammatico  per me...un caso?Mah non lo so. Però sai che pensavo?Pensavo che è ironico come, nei momenti in cui dovresti far tutto- imprecare,urlare, pregare- fuorché pensare, ti vengano alla mente gli avvenimenti più drammatici della tua esistenza. Un tentativo di applicare nella vita quotidiana il detto “al peggio non c’è mai fine” . Un modo per commiserarsi. O forse del semplice autolesionismo.
Ecco, nel tuo caso non ti sei limitata a pensare ma anche a buttare fuori i tuoi pensieri. Sinceramente, hai fatto la scelta giusta per te, perchè hai trovato il modo per sfogarti, e per noi, che soffriamo come te e che... per una volta, spero non l'ultima, ci siamo sentiti meno soli.
Spero di non aver scritto troppe sciocchezze, in tal caso scusami, non sono brava con le recensioni.
In ogni caso complimenti!

Recensore Junior
29/09/09, ore 21:46

Eccola qui, eleonora. tornata a me (o forse io sono tornato, con un increscioso ritardo, tra le morfeiche braccia della sua scrittura) con quella forza e quella magia (nera) che da sempre di lei mi affscina. E' un periodo in cui sono particolarmente adatto a leggere queste storie, e adesso passo alla recensione. Leggo una debolezza, una stanchezza ed una fiacchezza di fondo, strali di un periodo particolare e pasante, magari particolarmente pesante. Temi trattati con il suo solito spirito, un po' rassegnato ed un po' grottescamente sanguinante, la tua penna che lascia traccie di nero sulla carta ingiustamente bianca. Il testo mi ha colpito. Come al solito è servito a smuovere la muffa del mio cervello. cosa in cui la mia eleonora riesce sempre bene (e lo dico senza tema d'essere tacciato di amiKettismo). In tutto lo scritto c'è quell'aria di morte che, anche in uno stile asciutto e diretto quale il suo, riesce ad essere tremendamente poetico anche in assenza di artifici propriamente "poetici". Concludo con complimenti, con un vacuo "fatti forza". e con un forte "obdura".

Recensore Veterano
14/08/09, ore 10:37

E tanti saluti all'oggettività, che non so dove diavolo sia andata a finire, ma di fatto mi ha abbandonata proprio sul più bello. Mi ritrovo a recensire a sangue caldo. Ma bene!
Che non sia un racconto narrativo è talmente evidente da rendere inutile il tentativo di recensirlo come tale; e, sì, è vero che la narrativa è ciò che normalmente cerco in uno scritto. Fino a qualche mese fa non avrei recensito questo pezzo neanche sotto pagamento, perché, come ti dissi nella recensione di "Ancora?" (credo), i flussi d'anima, gli sfoghi, non li tocco. Ora però è tutto diverso. E' (non c'è dubbio) uno sfogo, uno sfogo da blog. Ma posso (voglio) astenermi dal commentarlo, ora che ho visto con i miei occhi il background di quanto è scritto qui, disegnato sul tuo viso?
A parte il fatto che, trovandolo tra le pagine di un blog, mi colpirebbe molto in quanto non scontato, in quanto forte con tutti i diritti di esserlo. E ora che ti conosco meglio, che so quanto flebile sia la tua voce nel parlato, mi colpisce sentire quanto forte possa diventare nello scritto. Vorrei tanto che ti convincessi che questa forza può essere trasmessa anche alla parola, ai gesti. Sarò io, che in effetti forse credo che trovare la forza non sia impossibile per nessuno. Prova a considerare questa possibilità: se ce l'avessi, la forza necessaria per guardare, in futuro, a questo scritto come ad un ricordo sbiadito del passato? No, forse sbiadito non è possibile, con un dolore così nitido. Ma passato, quello sì.
Io cito spesso "Il corvo", film che non ho mai visto ma che contiene una massima che si adatta a tante situazioni. Non può piovere per sempre. E' così semplice e veritiero, che non so dubitarne. Non trovi?

Recensore Veterano
30/07/09, ore 10:33

Questa è una di quelle storie verso le quali non riesco a muovere una qualche critica particolare, perché, in effetti, gli elementi ci sono tutti: il messaggio è piuttosto chiaro, l'ortografia e la grammatica sono buone, esiste una certa musicalità e la scelta del lessico, in rapporto a quanto l'autrice sembra riproporsi di comunicare, è stata ben ponderata.
La tematica di questo pezzo, se non ho capito male, è la sensazione di morte interiore, che non viene riconosciuta dal mondo esterno e continua a propagarsi nel silenzio sotto la pelle.
Posso dire che è abbastanza chiara l'intensità con cui questa sensazione viene avvertita la voce narrante, ma... per quanto il testo si riproponga di esprimere dei contenuti pesanti, alla fine della fiera non mi ha lasciato molto.
Il problema sta semplicemente nel modo in cui è stata scritta. Quella di usare immagini forti è una scelta stilistica difficile da far funzionare; qui, nella maggior parte dei casi, mi ha dato un'impressione di esagerazione. Alle volte, alcune metafore non avevano nemmeno molto senso. E non parlo del senso connesso alla realtà tangibile; anche usando elasticità, parole come "Ci sono mani che cadono assieme alle braccia" sembrano state scritte per colpire più che per far capire cosa si agita dentro al protagonista.
Non saprei; questa storia non ha nulla che non va. E immagino che questo genere abbia anche il suo folto pubblico, prevalentemente tra i 14 e i 18 anni, suppongo; ma, davvero, non mi ha detto molto. Non so praticamente nulla di quanto succede al narrante. Io faccio parte di quella tipologia di lettore che si commuove di più quando, una volta conosciuto bene il personaggio, viene a conoscenza dei fatti che gli sono capitati. Un personaggio ben costruito sa smuovere gli animi anche senza una sciarada di immagini darkeggianti.
A meno di non voler considerare questo solo uno sfogo dell'autrice, in tal caso posso prenderlo soltanto come l'equivalente dell'ultimo post di un blog senza considerarlo narrativa... ma ho sempre nascosta dentro di me la speranza che l'autore abbia cercato di raccontare una storia, e non di, meramente, sfogarsi.

Recensore Master
28/07/09, ore 08:38

"Tanto la colpa è sempre di chi muore." E rieccoti, puntuale, perchè lontano dalla penna in fondo la gente come noi non ci sa stare. Possiamo provare ad annullarci, a non sentirci più gridare dentro, possiamo cercare di continuare sulla "buona" strada, quella che sembra portare a tutti ad una felicità stravolgente, possiamo cercare di illuderci che tutto vada bene e che in fondo è un problema apparente creato dalla nostra mente, possiamo cercare, provare, possiamo metterci le ultime forze che ci sono rimaste, possiamo farlo. Ma è tutto inutile. E noi lo sappiamo bene. E rieccoti, e rieccoci, tornare ad urlare sempre e comunque il fatto che noi bene non stiamo; ma servirà, ci chiediamo, ma a cosa servirà, ci chiediamo, ma chi ci ascolterà, e come prenderà le nostre solite parole, ci chiediamo? A volte non ci interessa la risposte, a volte si, e quindi decidiamo di stare zitti. Stavolta hai capito che non sarebbe servito tacere, stavolta hai capito che in fondo lo sfogo almeno ce lo meritiamo di tanto in tanto, e sei quì con queste parole nuove che disegnano un tormento vecchio. Il vizio antico di non sapere come vivere. L'abitudine di scrivere quando il bandolo della matassa ci pare impossibile da trovare. Su ciò che hai scritto, io cosa posso dire? E cosa posso dire su come lo hai scritto? E cosa vuoi che ti dica? Siamo sulla stessa barca, e forse, sicuramente, non servirà a nulla. Ma rieccoti. E questo conta. Ed è questo che conta. (forse).