Buongiorno Max! Che bel capitolo, pieno di emozioni che si susseguono incalzanti. :)
Partiamo in maniera soft e abbastanza usuale per chi ha imparato a conoscere un po' i tuoi personaggi: con Cedric in bilico tra la sua autocommiserazione, la curiosità verso la Terra e l'ostilità nei confronti dei suoi abitanti (la sua diagnosi sul Natale è certamente lapidaria, forse un po' superficiale e, se vogliamo, conformista, ma in fondo credo sia inevitabile pensarla così se lo privi degli aspetti religiosi, che lui non condivide, e di quelli affettivi, familiari, che pure non gli appartengono).
Poi, la svolta: Cedric è talmente emozionato per la chiamata di Orube, giunta per avventura proprio nel momento in cui lui pensava a lei, che perde l'equilibrio...o forse è colpa di scarpe del tutto inadatte alla neve?
Ho apprezzato il modo in cui hai descritto - dolcemente e gradualmente - la danza di avvicinamento tra i due ex (?) innamorati, che attraverso chiacchiere apparentemente fuggevoli, ammissioni esplicite e tocchi dapprima fintamente casuali e poi non più, li porta esattamente dove entrambi fin dal primo istante volevano arrivare.
Il lettore spera davvero che possano trovare una soluzione per riuscire a vivere in modo pieno i loro sentimenti e per qualche istante sembra possibile, sembra che ci sia una ragionevole speranza...e invece finisce tutto.
Certo, la scelta di Orube (che magari ancora vacillava) è stata resa irrevocabile dall'uscita infelice di Cedric, dal suo rinfacciarle un sacrificio in fondo non richiesto ma spontaneo, ma - penso - soprattutto dalla persistente resistenza di lui a dirle al verità, ad aprirsi completamente.
Del resto, forse se Cedric le avesse raccontato tutto, compresa la minaccia di Phobos, magari dicendole che lui - per vendetta - le avrebbe instillato ricordi falsi e odiosi, Orube gli avrebbe creduto e non avrebbe perso la stima di lui.
Infine, mi pare indiscutibilmente azzeccata la citazione di Nietzsche.
Ti auguro un ottimo week-end. Alla prossima |