Oh ma tu sei pazza! Ma tutto questo angst? Torno e mi devo beccare tutto questo dolore? |
Ciao, sono drammaticamente in ritardo ma in questi giorni ho letto davvero pochissimo su Efp. Però questa me l'ero salvata e infatti oggi sono corsa a leggerla. Sono davvero molto contenta di trovare qualcosa di tuo, è sempre così, perché mi sorprendi sempre con trame elaborate che mi portano in universi anche simili a quelli della serie, ma ogni volta diversi e senz'altro ricchi di sentimenti. Come ti ho già detto sono sempre molto colpita da quanto tu sia capace di tenere IC i personaggi, li riconosco a un livello che raramente ho trovato da queste parti. E sono sempre molto colpita dall'evoluzione delle tue storie, in questo caso, però hai fatto un lavoro diverso. Lo descriverei più poetico rispetto al tuo solito, o meglio a quanto di tuo ho letto in passato. Non sei mai stata particolarmente lirica, corretta, enfatica in certi punti, ma al poetico non ti avevo mai associata. Lo faccio invece adesso con questo scritto, che mantiene inalterati i cardini della tua scrittura, pur portandoci un lavoro diverso rispetto al tuo solito. Anzitutto abbiamo la seconda persona, che io adoro e che trovo particolarmente efficace per entrare dentro al personaggio e scorporarlo da cima a fondo. La storia ha un tono prettamente introspettivo ed è fortemente immersa nell'angst, quello senza via d'uscita del post Reichenbach e che vede come protagonista John e il suo amico morto, o amore perduto che sia. Qui ha quest'accezione, quella dell'amore che non è mai stato. Della consapevolezza dell'innamoramento che arriva molto tardi, anzi quando ormai non c'è più niente che si possa fare. Certo, noi lo sappiamo che è così ma John non ne ha idea. Anche se forse a livello inconscio la verità la conosce, lui si dimostra troppo cieco e accecato per vederla. La verità è che Sherlock ha mentito e non è morto. La realtà che John vede è che il suo migliore amico, l'uomo che ama e che qui viene fuori in un urlo disperato, se n'è andato per sempre. Anche se lui usa il dubbio a un certo punto e dice che forse non lo rivedrà mai più, segno che effettivamente John sospettava qualcosa, in realtà poi si arrende al dolore e alla sofferenza per la perdita. Di nuovo, di qualcuno o qualcosa che ama. Sono stata piacevolmente colpita dall'uso della seconda persona, dai toni introspettivi e poetici dello stile che hai utilizzato, oltre che dal realismo di certi tratti, quello che ci riporta al famoso IC. John lo è al cento per cento, tanto che è evidente che si tratti di lui fin dalle prime righe. E se all'inizio c'è un istante di stordimento, in cui ci si ritrova a chiedersi chi sia il protagonista, di chi si stia parlando, ecco che subito diventa chiaro. John e il suo dolore, il suo amore per Sherlock che prende maggior consistenza man a mano che i giorni passano, è di una drammaticità e un realismo terrificanti. In questo trovo tu sia stata perfetta, e che tu abbia tirato fuori forse il tuo miglior lavoro di sempre. Non che sottovaluti anche i precedenti, ma questo ha un altro carattere (che io personalmente adoro), molto più poetico ed enfatico, ma in maniera marcata. Sarà anche l'angst, che questa volta non ha davvero una via d'uscita, come invece succede nelle tue storie in cui la sofferenza ha comunque una sua risoluzione in un gesto, un pensiero o un fatto che tu ci mostri, qui non succede. Succederà, perché i fatti del post Reichenbach quelli sono e se non dici che è diverso, si pensa che sia ovviamente uguale alla serie. Quindi è lì che stiamo, ma la risoluzione non ce la fai vedere e John, così come noi, annega in un mare di sofferenza. Sofferenza che personalmente trovo piacevole provare di tanto in tanto, quando si tratta di fanfiction è sempre ben accetta. Di sicuro mi piace quando è così ben scritta e trattata. |
Tesoro ma ciao!!! |
Ma accidenti acciderbolina e perdinderina... Continuo a sospettare che tu vuoi che io muora... No, perché seriamente qui io mi sento mica bene! |
È affascinante scoprire quanti significati si possano dare ad una parola; moltissimo dipende dalle esperienze che hanno lasciato segni invisibili, ma incancellabili, dentro di noi. |