Cara Ellie!
È stata una settimana bella impegnativa, ma eccomi qui, puntuale come le tasse (sic). Ho sempre trovato inquietante e suggestiva l’hanahaki, perché l’idea di essere soffocati da questa sorta di corpo estraneo è tremenda e spesso è legato al concetto di soulmate non corrisposta (o, almeno, così mi pare di averlo incontrato al tempo che fu). Si dice che dall’amore si guarisca col tempo, ma la nascita di questi delicati fiori che ti soffocano come una bronchite da cui non c’è guarigione è tremendamente romantica e drammatica proprio perché spesso, come nel tuo caso, l’amato non sa nulla del male dell’altro. E, del resto, perché dirglielo? Perché far sentire in colpa Dazai per una malattia sopraggiunta di cui è responsabile, sì, ma non colpevole? L’amore non nasce a comando e saperlo porterebbe solo un gran senso di colpa in Dazai che, comunque, non si innamorerebbe di Chuuya.
Chuuya ama e prova rancore verso Dazai che lo sta, effettivamente, uccidendo, che non ci sia soluzione al suo stare male e che deve semplicemente accettare una fine tremenda stringe il cuore, soprattutto se una disgrazia di questo tipo capita a personaggi tutti d’un pezzo. Tra le righe si intuisce il concetto dell’ineluttabilità (sic) del destino scritto, dell’impossibilità di combattere, nonostante poteri e cose varie, malattie d’amore che hanno ripercussioni anche sul resto. In questo clima dove si tossiscono fiori tossici per l’organismo, Chuuya si autodistrugge peggiorando le cose e indugiando in un vizio come il fumo e questo parallelismo, oltre a fare molto Port Mafia, è ancora più tragico. Poi l’hanahaki mi fa anche molto pensare a La dama delle Camelie/Traviata, con Violetta (l’altra non ricordo proprio come si chiama, ora) che mente fino alla fine sulle sue drammatiche condizioni di salute perché a che pro?
Che Chuuya parli di Dazai in termini di ex amante e di ex partner di lavoro è un’altra cosa straziante. La drabble è vivissima: in poche righe hai condensato una scena mescolando assieme il concetto di soffocamento tramite i petali (tremenda cosa, lo ripeto, mi fa venire l’ansia, ma la trovo anche una cosa estremamente angst e romantica assieme) con questa immagine vivissima dei petali che nascono e muoiono (brrr). Il tema del soffocamento inevitabile si unisce al fumo della sigaretta, al tabacco che impregna i polmoni facendoli ammalare irrimediabilmente. Nel breve scambio di battute c’è la verità celata dietro quel “ti piacerebbe” a cui Chuuya non risponderebbe mai sì – non può, non potrebbe, ed è proprio perché non c’è una dichiarazione che le righe sono così strazianti. Soprattutto, mi è piaciuta la frase finale. È effettivamente ironico che Dazai sia la causa e la frase è bellissima. La recensione è un po’ sconclusionata, ma ogni drabble è un pezzo unico e un pezzo che si lega alle altre e meriterebbe una recensione a parte, anche se francamente sono felicissima di trovare una selezione di drabble dentro una shot. L’ultimo componimento si ricollega agli altri per l’accettazione dell’amore non corrisposto, creando una sorta di filo conduttore coerente. Chuuya scopre la malattia, si confronta con Dazai e accetta che lui non lo ami. Si accontenta di poter dormire assieme, di intravedere delle fragilità che altrimenti Dazai non mostrerebbe, conscio del destino tremendo, dell’impossibilità di sfuggire a quella che, più che a una malattia, somiglia, come nel titolo, a una maledizione. Bellissima e intensa.
Shilyss |