Recensioni per
Pills of Johnlock
di Darlene_

Questa storia ha ottenuto 28 recensioni.
Positive : 28
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
18/03/20, ore 23:00
Cap. 14:

Per concludere questa tua raccolta e così “chiudere” la collana di perle preziose che può renderne l’essenza in modo diretto, scegli l’atmosfera triste e grigia del post Reichenbach. Una decisione, la tua, che mi ha trasmesso il gusto dell’originalità. Sì, perché il più delle volte, per una scelta di fan service, nel mare immenso del fandom si preferisce, da parte di chi scrive, chiudere una serie di capitoli, una long, insomma, o una raccolta come la tua, con il sospirato lieto fine.
Qui, niente di tutto questo.
Angoscia, profonda malinconia, rimpianto, consapevolezza della fine di qualcosa d’irripetibile...Così, preferisci caratterizzare il capitolo conclusivo di ciò che hai portato avanti sotto forma di dribble, piccoli, grandi pezzi di un mondo irripetibile, lasciandoci un sapore malinconico ma intenso e ricco di suggestioni.
E, secondo me, in questo modo, hai veramente colto il sapore che ci ha lasciato la S5, perché sono proprio quei sentimenti che ho tentato di elencare più sopra che costituiscono l’ “ereditá” dell’ultima Stagione BBC. A me personalmente una grande malinconia , soprattutto per il fatto che, qualcosa che avrebbe potuto essere, si è disperso in un oceano di malintesi, di rabbia, di disistima di sè.
Voglio, però, una volta tanto, pensare positivo ed accantonare il mio languido pessimismo: certo, tra i due di Baker Street è successo di tutto e di più, ma nulla è impossibile, anche il tentare di ricostruire qualcosa tra le macerie, perché no...
Nella prima dribble e nella terza, ciò che racconti segue il POV di John, anche se non hai usato la prima persona, e ci fai entrare, per un attimo, dentro alla devastazione che il “volo” dal Barts ha lasciato nel suo cuore. Un dolore grande che, però, non ha la forza terribile e rabbiosa del livore dovuto al ritorno di Sh come nulla fosse, dopo due anni di “morte”.
In “Thè”, mi é piaciuto il doloroso passaggio dal “calore” di quella tazza
ristoratrice all’ultima frase, in cui è come se tu incidessi nella pietra una tragica sentenza sul destino di John e Sh, quest’ultimo ritenuto morto, l’altro sprofondato nel dolore di un vuoto incolmabile.
In poche righe, condensi tutto ció di cui la BBC non ci ha mai parlato e cioè di quale sia stata la vita di Watson dopo che l’uomo, che gli aveva ridato il gusto di vivere, si era gettato da un tetto, chiamandolo ad assistere alla sua fine.
Possiamo immaginare, certamente, il doloroso e lungo passaggio dalla disperazione alla lenta e faticosa rielaborazione del lutto. Tu, come ho scritto sopra, ci offri un flash di quegli innumerevoli momenti in cui John, forse non più al 221b, si trova a “percorrere” tutte le vie strette e buie che una perdita troppo dolorosa può causare.


Nella seconda dribble, passi a farci considerare le cose dal punto di vista di Sh il cui dolore non è di certo meno soffocante di quello provato da John. Anzi, perché in lui, come metti in risalto tu, c’è la consapevolezza che John non lo perdonerà mai per avergli mentito. In più sa che lui soffrirà moltissimo e che non sarà possibile dargli consolazione (“...deve fargli del male...”). Quanta pena ha ascoltato quella lucida lapide nera che, a tutti gli effetti, è un fake devastante.
Nella terza dribble ti servi di un semplice oggetto per collegare idealmente il canone BBC e quello vittoriano, di Doyle; è “una vecchia pipa in argilla” che attira l’attenzione di John, prigioniero del suo dolore per la morte (che crede reale) di Sh e che lo proietta idealmente nell’Ottocento. Epoca ormai passata ma ciò che lui prova ancora per il consulting e che, dopo il terribile lutto, ha un volto decisamente diverso dall’amicizia tra coinquilini, lo spinge ad immaginare delle altre ”vite” in cui poter avere un’altra occasione per chiarire quello che veramente è importante. Ma, ora, il tempo di parlare a Sh del suo amore, non c’è più.
Decisamente, siamo in piena Johnlock di cui tu, in questa raccolta, hai mostrato vari volti, ma è uno in particolare sul quale imprimi la parola “fine” di tutte queste preziose “perle” ed è la piena consapevolezza di John, purtroppo tardiva, di essere innamorato di Sh. Troppo tardi, ciò che sarebbe successo, infatti, avrebbe confermato che un’era magnifica era volata giù con quell’ “angelo nero”.
Complimenti, davvero.

Recensore Master
17/03/20, ore 19:41
Cap. 13:

Bellissima la prima dribble , quella che mi ha coinvolto di più tra le tre di questo capitolo, anche se la qualità e l’efficacia narrativa sono presenti anche nelle altre due.
Un momento lontano nel tempo, non irreale, in questa tua “Stetoscopio” perché poteva essere successo davvero quel loro primo, inconsapevole incontro. Evidentemente, siamo nel periodo prima di ASIP, con un John medico in procinto di partire ed un giovane Sh già assediato dai suoi problemi personali. Qui la gran parte delle parole riguardano l’ambito medico, e la tua scelta in tal senso è ben orientata a darci il senso di come quella “pelle pallida”, l’unico elemento “estraneo” rispetto al contesto che si riferisce alla professione di John, sia il primissimo segno di un cambiamento radicale nel futuro di Watson. Hai rappresentato un attimo in cui due vite si sono sfiorate per poi perdersi ed, infine, intrecciarsi in modo indissolubile.
Mi è proprio piaciuto ciò che hai raccontato, uno sguardo su ciò che sarà, di unico ed indimenticabile, sul percorso inesorabile del destino.
Nella seconda dribble riesci, sia pur con poche parole, a condensare un argomento su cui si è speso molto nel fandom. La droga per Sh è il mezzo per fuggire dalle ombre del passato che, come abbiamo visto nella S4 sono dovute a fatti terribili, mascherati e sepolti nell’inconscio. Ma, purtroppo, è evidente che la noia e la solitudine gli riportino i fantasmi della follia di Eurus, della vera identità di Barbarossa, dei legami familiari ai limiti dell’anaffettività. E, soprattutto del suo disperato bisogno di amare e di essere amato. Abbiamo intuito che la presenza di John, molto probabilmente, ha spento la sua dipendenza, con la sua presenza rassicurante ed il suo affetto, poi tutto questo è stato travolto dal post Reichenbach. È tornato il disperato bisogno di annullare la coscienza nell’oblio degli stupefacenti. Ecco...questo secondo me è il contesto in cui poni la tua dribble, che vede uno Sh devastato, che non riesce nemmeno a capire chi gli sta accanto. Mycroft, sicuramente, con il suo eterno compito di salvare il fratello principalmente da se stesso.
Un quadro, il tuo, che trasmette perfettamente il dramma umano del consulting, senza giudizi, senza banali sentimentalismi. Anche i dati ambientali che hai scelto per connotare un contesto non solo esterno ma, soprattutto, interiore; penso a quel suono angosciante delle sirene dell’ambulanza che da lui viene percepito come lontano ma che, probabilmente, proviene dal mezzo che lo sta trasportando urgentemente in ospedale per salvarlo dall’overdose. L’unica via di fuga, visto che la droga lo sta tradendo, é il suo Mind Palace nel quale riposare la sua profonda sofferenza.
La terza dribble è una bella sfida che hai lanciato alla devastante S4 e, ciò che hai scritto, mi è piaciuto molto.
È un momento davvero significativo quello che tu delinei con poche ma splendide pennellate; infatti ci sono il dolore ed il disorientamento del piccolo Sh che deve affrontare la misteriosa scomparsa del suo migliore amico, quel bambino che giocava con lui ai pirati, con il nome di Barbarossa.
E qui accendi un contrasto veramente suggestivo tra l’ingenuo e disperato pianto di Sh che viene accolto e, forse, placato dall’inquietante vicinanza di Eurus, ed il gesto affettuoso della sorella che nasconde una mostruosa realtà. Lo stridore di ciò che esprimono i due fratelli è da te efficacemente rappresentato dal pianto disperato di Sh a cui Eurus risponde con quegli “occhi lucidi di gioia” che, sinceramente, fanno venire i brividi.
Un flash coinvolgente, intenso, che mi ha provocato una forte emozione, anche perché l’hai caratterizzato con il “colore” della creatività. La tua raccolta, ahimè giunta alla fine, si sta confermando come una bellissima collana di piccole, ma preziosissime, perle.

Recensore Master
15/03/20, ore 22:10
Cap. 12:

Altre tre dribble che, nella loro esigua apparenza, com’è consueto in questa tua raccolta, raccontano un mondo d’emozioni e di sentimenti. La prima e l’ultima richiamano la terza Stagione BBC, quella che io personalmente ritengo non all’altezza delle altre. Infatti la S1 e la seconda sono ormai passate nel mito di quello che può essere il canone di riferimento contemporaneo per raccontare uno Sh dei giorni nostri. La quarta Stagione ci ha lasciato ammutoliti, sconvolti, travolti da sorprese e scenari inimmaginabili. Non del tutto convinti, forse, ma comunque, parlo ovviamente per me, consapevoli che si è trattato di una visione adeguata e ben confezionata, a parte qualche debolezza strutturale.
Ma la terza Stagione mi ha lasciato un che d’insipido, di “motore imballato” che è stato avviato a moltissimi giri e poi l’auto è avanzata a velocità molto, molto ridotta, frenata da un eccesso, forse, di superficialità e di tendenza alla commedia. Ma è, ovviamente, una mia opinione. Tanto fumo, insomma e non moltissima qualità nel raffigurare delle vicende, quelle del post Reichenbach, sulle quali abbiamo ricamato di tutto, nell’interminabile hiatus in attesa di qualche segno di vita da parte dei Mofftiss.
E la risposta da loro è arrivata ma, secondo me, ripeto, non all’altezza di ciò che l’ha preceduta e seguita.

Nella prima dribble riprendi la scena in cui John chiede a Sh di fargli da testimone. Un momento in cui non è stata risparmiato un tocco d’ironia da parte degli autori BBC, basti pensare, per esempio, all’occhio galleggiante nella tazza da tè, ma che a me ha messo molta tristezza. È ciò che hai scritto mi è piaciuto perché hai tolto dal momento tutto quello che poteva, facendoci sorridere, sviarci da quello che, secondo me, è stato un vero dramma per Sh. Sì, perché c’è in lui chiaramente la sorpresa e la gioia di essere stato scelto per un ruolo così unico ed importante e, molto probabilmente, per lui è stata la prima volta. Per cui la sua ragione è “ intasata” di ciò che i sentimenti avrebbero voluto esprimere. Ma, contemporaneamente, c’è il grande dolore di vedere John, l’uomo di cui è chiaramente e, da sempre, innamorato, andarsene per sempre, verso una vita non condivisa con lui. 
È ciò che egli prova, chiuso in quel silenzio improvviso, si scontra con la spietata realtà di un John che non è più
l’uomo che lo capiva con un rapido sguardo e che gli ha salvato la vita senza pensarci due volte, uccidendo il tassista killer, ma che, ora, interpreta la sua incapacità di rispondere al suo invito privilegiato come ad una delle solite bizze da sociopatico capriccioso. Noi intuiamo che non é così e tu fai giustizia al consulting con la tua “Cose serie” perché ci fornisci del suo silenzio un’interpretazione più coinvolgente, più drammatica. E ciò è giusto, a mio avviso perché il matrimonio di John dev’essere stato per Sh un durissimo colpo. In più, aggiungi la sua grande emozione nello scoprire che qualcuno di molto importante per lui l’ha scelto tra tutti per un ruolo fondamentale nell’organizzazione e nello svolgimento del rito. Quindi è un’ondata di sentimenti, anche contrastanti, quella che non riesce a trovare espressione e si spegne contro la superficiale valutazione di un Watson decisamente lontano ed ormai estraneo all’essere vero “conduttore di luce “.
Nella seconda dribble, torniamo ai primi momenti in cui Sh va al ristorante dove sa che troverà John, per presentarsi a lui dopo due anni di finta morte. La sua evidente emozione nell’entrare nel locale finirà per schiantarsi contro la
rabbia di chi non lo accoglie come lui aveva sognato.
Non è tanto doloroso per lui quell’aggressione sotto gli occhi attoniti (e divertiti? io, quella, l’ho sempre odiata…) di Mary ma, piuttosto, quello che lo lascia deluso e disperato è l’aver ritrovato un John che è un altro uomo, non è lo stesso magnifico complice di avventure e di pericoli anche mortali.
Efficace il tuo farci “leggere”, dentro il suo sguardo, “speranze infrante”, cioè la tragica consapevolezza che un’era è davvero finita, per sempre.
“…sangue…infrante…doleva…ferite…”: rispetto alle altre, le parole che ho messo in evidenza non sono certo poche in una dribble, in cui concentri argomenti così “pesanti”. Quindi, hai trasmesso perfettamente il senso di disperazione e di vuoto che soffoca Sh di fronte alla caduta delle sue illusioni su ciò che avrebbe ritrovato al suo ritorno dal forzato esilio della sua finta morte.
L’ultimo pezzo di questo capitolo ci porta nel POV di John. Riprendi qui la scena della rasatura dei famosi baffi cui assiste una Mary che ha già capito tutto riguardo a quello che lega i due di Baker Street e sembra non preoccuparsene proprio. Hai messo a fuoco in modo lapidario, come sempre in questa tua raccolta, ciò che costituisce il dramma interiore di Watson.
Se Sh non si capacita di non aver ritrovato quello che aveva sperato per anni, da parte sua, sicuramente non è stato facile per John ritrovarsi davanti chi credeva di aver perso per sempre, vivo e vegeto. Allora, alla fine della dribble, ecco espresso, in tre parole che sembrano tre pugnalate, il “dolore”, la “menzogna”, la “ferita”. Termini, questi, che non lasciano dubbi sulla reale sofferenza del medico, mascherati, e mi riferisco alle prime due dribble, da indifferenza, rabbia e aspetto da felice futuro sposo. Falso, tutto falso. Come giustamente scrivi tu, John sta male, troppo per riuscire ad essere felice del ritorno di Sh.
Un buon capitolo anche questa volta, brava.

Recensore Master
12/03/20, ore 15:54
Cap. 11:

Con questo capitolo ci riporti al mito delle prime due, indimenticabili Stagioni. E, per la precisione, è TGG ad aver ispirato ciò che scrivi. Non è tra i miei episodi preferiti ma, sicuramente, è uno dei momenti più significativi per seminare ulteriormente semi sul terreno della Johnlock.
Dal punto di vista strutturale, hai legato così, insieme, una dribble all’altra, ottenendo un insieme significativo e ben riuscito.
In poche parole, in effetti, hai espresso, oltre allo scenario complesso di TTG, anche degli elementi psicologici fondamentali che hanno caratterizzato, come ho scritto sopra, l’evoluzione della Johnlock.
Per quanto riguarda Sh, e questo lo trovo nella prima dribble, con un flash fissi la sua situazione di partenza, all’inizio della sua condivisione con John delle 221b. C’è, in pochissimo spazio, la frenesia della sua mente, alla costante ricerca di un caso che possa costituire, per lui, un’accettabile sfida che diventa vitale per non sentirsi “in corto circuito”. Per Sh, in effetti, l’inattività cerebrale diventa un serio problema, data l’eccezionalità della sua ragione. Dal sentirsi travolto dal funzionare “a vuoto” della sua testa, alla ricerca di una calma indotta artificialmente, il passo diventa breve. Questo anche, e forse, soprattutto, perché il vuoto che lo circonda lo chiude in una morsa soffocante.
Ma ti basta una frase, l’ultima, sono sempre nella prima dribble, per aprire il suo orizzonte alla speranza. Da pochissimo, seduto nel salotto, il più delle volte a leggere il quotidiano o a digitare sul computer, ora c’è quel “nuovo coinquilino” che lo attrae per il suo modo di porsi, per il fatto di aver rivelato solidi principi ma anche inquietanti zone d’ombra e, soprattutto, perché lo segue senza esitazione, mostrando anche lui una sete di avventura, di sfida continua.
Scrivevo prima di elementi psicologici che hanno caratterizzato l’evoluzione della Johnlock. Ho accennato a Sh, ora, per quanto riguarda John, si può far riferimento alle altre ff di questo capitolo.
Lo scenario, indimenticabile, è quello della piscina, ai bordi della quale compare, per la prima volta nello “Sherlock” BBC, il “Napoleone del crimine” che gioca al gatto ed al topo con i due di Baker Street. Nella seconda dribble ci hai fatto efficacemente rivivere l’angoscia che sicuramente ha provato John nel trovarsi imbottito d’esplosivo e consapevole di trovarsi in balia di un folle criminale. Hai saputo esprimere con pochissime, ma indovinate parole, la criticità estrema della situazione ed, allo stesso tempo, il magnetismo che lo attrae verso Sh in un moto di spontanea fiducia e di ammirazione. Infatti John sa, istintivamente, che Holmes lo salverà.
Nella terza dribble, che tu collochi temporalmente subito dopo la seconda, possiamo capire l’evoluzione del pensiero di John che, ora, si trova ad assistere al duello tra due menti di “area morale” opposta ma fondamentalmente uguali per capacità e per genialità al di fuori di tutte le regole. Nella dribble precedente hai fatto emergere la fiducia incondizionata di Watson nei confronti del suo fresco “coinquilino”, in questa subentra il desiderio di proteggerlo, di aprirgli il suo cuore.
Come puoi capire, in poco spazio, hai raccontato cose fondamentali sul loro “inizio”. Brava.

Recensore Master
08/03/20, ore 21:56
Cap. 10:

Parto a considerare la terza delle dribble di questo capitolo perché mi sembra che non segua il filo conduttore delle altre due. Infatti la prima e la seconda si riferiscono, se non ho capito male, cosa che, ahimè, mi succede, eccome, al ritorno di Sh dall’esilio forzato dopo la sua finta morte.
In “Imbarazzo” tu cogli e fissi, invece, un momento che è libero da qualsiasi connotazione temporale perché è uno di quei “missing moments” che sono collocabili in diverse “finestre” delle varie Stagioni. Infatti non ha riferimenti precisi. È “Baker Street” e basta. Questo conta.
Efficace, anche qui, la scelta delle parole che richiamano la sicurezza ed il calore di cui ha bisogno Sh e che gli vengono dati da John.
Con la prima e la seconda dribble, ritorniamo alle scene di TEH, in cui si confrontano uno Sh assolutamente sicuro di un’accoglienza calorosa da parte di John e quest’ultimo, che reagisce com’è comunque naturale: dopo l’elaborazione del lutto, presumo dolorosa e difficile, si ritrova davanti, vivo, vegeto, e pure ironico, chi credeva di aver perso per sempre. In più c’è l’elemento nuovo di Mary che, ora, va a riempire un vuoto sicuramente devastante. Anche se John non ha mai accettato di guardare in faccia alla realtà del suo legame con Holmes.
Qui, come dicevo, focalizzi i due momenti salienti del ritorno di Sh, scene che ho rivisto tante di quelle volte che anticipo le battute. Questo proprio perché non penso di essere stata l’unica, nell’attesa dello “Sherlock live”, a tuffarmi nel fandom che ha riempito il tempo in cui auspicavamo una certa velocità dei Mofftiss nel presentarci, finalmente la loro versione del fatidico incontro tra i due, dopo il dramma del Reichenbach, con le più differenti versioni del ricongiungimento dei coinquilini di Baker Street.
Due, dunque, i momenti salienti, il primo l’incontro con Mycroft, il secondo il ritrovarsi con John. Si, perché è sicuramente Sh il protagonista assoluto delle tre dribble di questo capitolo.
Sh ed il suo ritorno a Londra, alla vita che ha sempre condotto, alla scoperta di quanto John l’abbia atteso e di che sviluppi si potevano pensare della loro “amicizia”.
È probabile che dei pensieri, che fossero improntati alla speranza di un balzo qualitativo del loro rapporto, abbiano infuso nel consulting l’emozione visibile che mostra nel varcare la soglia del ristorante in cui Watson sta aspettando Mary. A questo elemento, va sicuramente aggiunta la sincera gioia di rivederlo.
Tutto ciò lo trovo concentrato efficacemente in “Sorpresa”, in cui fissi quel momento, così intenso, in cui John si scaglia contro Sh, afferrandogli il collo con le mani, come per strangolarlo. E l’evidenza del comportamento di Sh, che non mostra una convinta resistenza, è proprio il fulcro di ciò che racconti. Anzi... Sh non bada alla violenza improvvisa (e, secondo me, motivata) di John ma sembra quasi rinascere a quel contatto così rude ma così vitale per lui.
Un’interpretazione, la tua, che ho trovato convincente, davvero.
In “ Segreto” c’è l’inizio di quella che Sh ritiene la sua rinascita ed il suo ritorno al 221b, libero dalle ombre inquietanti di Moriarty e libero, penso, di chiarire il suo rapporto con Watson. Persino la mano di Mycroft gli trasmette speranza e voglia di ricominciare. Ma, per lui, era forse meglio fermarsi qui, perché quello che abbiamo visto poi, nella S3 e nella S4 è stato davvero simile ad una tempesta.

Recensore Master
07/03/20, ore 17:36
Cap. 9:

In questo capitolo ci fai abbandonate completamente le sfumature rassicuranti che avevamo incontrato in quello precedente, in due ff delle tre; infatti, ho ancora davanti agli occhi della mente l’immagine di un John paziente ed amorevole che imbocca un riluttante Sh, e sento la scintilla di energia positiva, trasmessa dai complimenti sinceri che il medico gli rivolge per un’intuizione geniale, che accende in lui una inusuale speranza per il futuro, che tu hai raccontato in “Unico”.
Qui niente speranza, se non un tenue bagliore in “Noia”.
Il filo conduttore delle tre ff è lui, Sh, devastato dalla mancanza di John, assediato e vinto dai suoi demoni.
Infatti, nella prima dribble, lo raffiguri in un tristissimo rientro al 221B, in preda agli effetti degli stupefacenti e travolto dalla disperata consapevolezza che non c’è più John a salvarlo da se stesso. Emblematica, come nella S3, è quella poltrona vuota che sembra urlare nel silenzio devastante. Sei stata efficace, come sempre del resto, a scegliere i termini adeguati ed a costruire frasi che esprimono molto significati, pur in uno spazio ristretto.
Per esempio, simbolo della disperazione e dell’abbandono in cui Sh si sente, è il mitico e splendido cappotto che è diventato un oggetto di culto nel fandom. Qui, tu ce lo mostri bagnato, quasi simbolo della sconfitta esistenziale del consulting. “...bagnato...pesante...deliri...”: una sequenza di parole negative che culmina con la peggiore di tutte, che chiude questo pezzo così triste, cioè “abbandonato”. Un termine, questo, che ha tutto il peso soffocante di un vuoto difficilmente superabile.
Più sopra ho accennato ad un bagliore di speranza che mi ha suggerito la seconda dribble. Infatti, l’atmosfera di tristezza e di abbandono della prima, è dilagata anche qui, però in Sh rimane qualcosa a cui aggrapparsi e cioè il tentativo di riconquistare la fiducia di John.
Il suo immenso dolore lo porta a non avere quasi più energie per il suo amato lavoro ma lo potrebbe salvare l’identificazione di ciò che è necessario fare per riavere il cuore di John con il suo “caso” più importante. Il cliente cui prestare ascolto è lui stesso e la soluzione positiva gli riporterà il sorriso del suo “conduttore di luce.
Nella terza dribble ritorniamo alla scena terribile della morte di Mary, scena che condensa in sè molto significati e lascia altrettanti dubbi. Quell’immagine di un John rabbioso e sfigurato dal dolore e dai rimorsi, si perché lui la moglie l’ha tradita, anche se non concretamente, rimane sempre difficile da guardare. In effetti la cosa che non ho digerito per niente è quel suo rivolgersi a Sh con violenza accusatoria, con una furia assolutamente inaspettata che, poi, in TLD, troveranno un’espressione dolorosa per noi (e per Sh) nell’assurdo pestaggio nell’obitorio dell’ospedale di Culverton Smith. Qui, da te, “leggiamo” gli effetti di quell’atto di accusa senza scampo che Sh si è visto lanciare contro. E ne è stato colpito in pieno, travolto ed atterrato.
La sua convinzione di essere responsabile della morte di Mary l’esprimi, senza pesanti sovrastrutture esplicative, appunto nella prima frase della dribble, in quelle parole così violente e senza scampo. Quello che fa male è la convinzione di Sh di essere il diretto responsabile di quanto accaduto alla moglie di John, e l’immagine del suo autopunirsi nel non reagire alla cieca violenza di Watson è efficacemente rappresentato nel rivolo di sangue che gli cola dal naso e da quello sguardo supplichevole che ha tutta la forza disperata di una supplica. Ma, a rispondere al suo grido d’aiuto ed alla sua richiesta, per me immotivata, di perdono, non c’è il suo John ma un muro impassibile di freddo marmo.
Tale è diventato l’uomo che l’aveva seguito in mille avventure, sempre fedele ed ammirato, l’uomo che gli aveva salvato la vita uccidendo, l’uomo che l’aveva supplicato di non gettarsi nel vuoto. È qui, secondo me, la chiave di lettura della rabbia cieca e distruttrice di Watson e cioè nel sedimentarsi, dentro al suo cuore, del dolore per un lutto terribile e la successiva, clamorosa scoperta di essere stato lasciato indietro. Una montagna di dolore che è precipitata sul 221b, distruggendolo.
Anche queste immagini di disperazione, che animano le tue preziose “perle”, però fanno parte di quello splendore che è la Johnlock, con tutta la sua luce e le inevitabili ombre.

Recensore Master
07/03/20, ore 10:07
Cap. 8:

Parto dalla seconda dribble perché è quella che ha catturato subito il mio interesse. Anche le altre due sono valide ma in questa focalizzi un argomento, per quel che ne so, non molto trattato nel fandom. Eppure riguarda un aspetto imprescindibile da considerare per comprendere, a fondo, la personalità di Sh. Penso che sia proprio nel rapporto con gli altri che Holmes esprima delle sofferenze regresse che l’hanno marchiato in modo indelebile. Evidentemente in lui è radicato quel sentirsi isolato per la sua intelligenza superiore e certi suoi atteggiamenti scostanti altro non sono che modi consolidati per difendersi da tutto ciò che possa causargli dispiacere. E le ombre del passato continuano a proiettarsi sul suo presente e sul suo futuro. A questo proposito mi viene in mente, ma non è l’unico caso, la pessima Sally Donovan, che, con il suo atteggiamento, riassume ciò che di odioso il consulting trova anche nella sua professione. Fino al momento in cui due occhi sgranati ed un sorriso accompagnano un sincero ed inaspettato complimento, mi sembra in un taxi in ASIP, ed è così che lui scopre il grande cuore di John.
Mi sono dilungata in questo ragionamento perché ho voluto dimostrare che un argomento, ripeto, fondamentale per la comprensione della complessa personalità di Holmes, sia stato sapientemente espresso con poche parole in questa tua “Unico”.
Secondo me, hai colto l’essenza dell’impatto che l’apprezzamento di Watson ha avuto su di lui ( “...Si stupì non poco...”). E, stupire Sherlock Holmes, non è semplice...
Nella prima ff ci presenti il noto rapporto di Sh con il cibo che lui considera una elemento non necessario. Il problema si presenta soprattutto durante la soluzione dei casi perché l’ “impegno digestivo” viene da lui valutato come qualcosa che rallenta i suoi processi mentali. Qui, il quadretto è tenero e dá l’idea di famiglia. Immaginare John che tenta di imboccare il celebre consulting, con preoccupata attenzione, dopo un primo momento di comicità, poi c’immerge in un clima caldo di affetti condivisi, di “casa”, suggellato dall’espressione imbronciata di Sh che, secondo me, gradisce, eccome, l’atteggiamento di John.
In “Preghiera” l’atmosfera cambia decisamente. Ci si trova, infatti, improvvisamente precipitati nell’angoscia della S4. Non so se ho capito bene a quale momento ti riferisci. Infatti, tutto farebbe presupporre che tu ci riproponga i momenti drammatici visti in TST, nell’azzurro bellissimo ed inquietante dell’Acquario di Londra, in cui si vede uno Sh muto ed attonito di fronte, prima, alla morte di Mary, poi, al dolore devastante e quasi spaventoso di John. Ma mi spiazza un momento quel “...dopo averlo tradito...”, in quanto in quel contesto non mi risulta un “tradimento” da parte di Sh. Ma evidentemente hai voluto, con quelle parole, richiamare il fatto che ha caratterizzato il post Reichenbach e cioè l’esclusione di Watson dal piano di fingere la morte di Holmes per salvare tutti i suoi amici e per sconfiggere finalmente Moriarty e la sua malefica rete di complici.
Così “ricuciresti” i vari fatti tragici che hanno soffocato il calore unico della Johnlock.
Particolarmente intenso l’atteggiamento del consulting, per lui decisamente inusuale, che tenta di pregare cioè di fare qualcosa che la sua ragione implacabile ha sempre rifiutato. Ma, ciò che prova per Watson, è sicuramente più importante di convinzioni personali. Molto intensa, appunto, l’immagine che proponi di lui con le mani giunte, alla ricerca di un aiuto che possa colmare gli abissi d”incomprensione e di malintesi, di rabbia e di dolore che l’hanno separato dal suo “conduttore di luce”. Come vedi uso spesso, nel lasciare le mie osservazioni, il termine suddetto come caratterizzante Watson. In effetti, secondo me, quella denominazione ha il doppio valore di essere stata espressa da Sh, eccezionale trasgressione alla sua lucida razionalità ed all’apparente anaffettivitá, ed inoltre, secondo me, esprime alla perfezione ciò che il medico rappresenta per lui.
Tornando a queste tre ff, devo dire che, più proseguo nella lettura, più scopro una tua progressiva conquista di quello che è un modo efficace e quasi poetico di parlare della Johnlock, senza troppe divagazioni o esplorazioni introspettive. Un altro, validissimo modo di esprimerla. Ci stai regalando, infatti, una serie d’immagini dipinte con parole estremamente efficaci perché coerenti con i vari argomenti in questione. Se mi passi il concetto, io definirei questa tua raccolta come un prezioso Bignami della Johnlock. Brava.

Recensore Master
06/03/20, ore 16:39
Cap. 7:

In questo capitolo ci fai ritornare all’inizio di tutto. Addirittura, nella prima dribble, ci fai dare uno sguardo al passato di John, a quell’attimo che ha posto fine tragicamente alla sua vita di soldato e gli ha aperto le porte di una prospettiva deludente di vuoto e di frustrazione.
Ritrai, con lucida precisione, l’attimo in cui la sua esistenza è cambiata, in cui lo attanaglia, più dolorosa della sofferenza derivata dalla ferita ricevuta, la certezza che avrebbe dovuto ricominciare ad organizzare il suo futuro. Noi, dalle varie informazioni che abbiamo potuto dedurre da quanto visto nello “Sherlock” dei Mofftiss, abbiamo ricostruito, a proposito di Watson, una carriera militare onorata e vissuta con dedizione. Quindi possiamo immaginare la frustrazione che l’ha travolto nello scoprirsi, improvvisamente, inabile a quella vita che aveva scelto con determinazione. “...Era finita...”: ora avrebbe dovuto ricominciare tutto daccapo. Molto intenso questo pezzo, proprio perché, nella sua brevità, hai saputo richiamare immediatamente il clima di sofferenza e di vuoto esistenziale improvviso che ha irresistibilmente contribuito a spingere John verso Sh, ovviamente inserendosi in un contesto di attrazione fisica e spirituale raro e difficilmente ripetibile.
“Parco”: e chi le dimentica quelle immagini dell’incontro tra il reduce, triste e sconfitto, John Watson ed il solare Mike, genio tutelare, con Martha Hudson dell’intera Johnlock...
La scelta che hai compiuto delle parole da usare nel testo è davvero coerente con il clima di improvvisa riapertura alla speranza che la proposta del medico del Barts fa a John. Infatti da “...male...noia...banalità...plumbeo...farla finita”, passiamo a “...ancora di salvezza...vita...”. Ciò che hai scritto è come l’accensione di una luce brillante e benefica in un buio senza speranza. Ed il ciclone abbagliante, Sh, che avrebbe travolto John e se stesso, sta inesorabilmente avanzando.
Nell’ultimo pezzo ritrai efficacemente, attraverso il POV di Watson, espresso nel suo blog, l’inizio della meravigliosa avventura di quei due che ha sorpreso ed ammaliato tutti noi , non solo i coinquilini del 221b. Efficacemente descrivi il primo impatto che il consulting ha avuto su Watson come quello di una persona particolare, al di fuori della normalità, portatore di esperienze nelle quali John si è ritrovato, appagato, nell’assecondare la sua inesauribile sete di adrenalina. Ed il suo campo di battaglia, ugualmente pericoloso, come in Afghanistan, sono diventate le strade di Londra, il suo esercito è diventato un uomo solo, unico ed irripetibile, cioè Sherlock Holmes. Come dici tu, efficacemente, il legame tra i due ha messo le sue profonde radici nel desiderio comune di follia, di rischio, meglio se mortale, d’azione.
Brava.

Recensore Master
06/03/20, ore 00:15
Cap. 6:

Con queste tre dribble siamo nel pieno della S3, Stagione BBC controversa che mi ha lasciato l’amaro in bocca. Ovviamente il punto più dolente, per me, incallita johnlocker, è stato il matrimonio di John con un personaggio che non ho mai sopportato, cioè Mary. Un altro elemento che mi ha disturbato parecchio è stato quel John così diverso dalle prime due, mitiche Stagioni. Non ancora travolto dalla rabbia cieca e distruttrice vista in TLD ma assente, lontano, assolutamente estraneo al fido compagno di tante avventure visto precedentemente. Chiaro è che, così, i Mofftiss hanno voluto rappresentare la caratteristica psicologica del dopo Reichenbach e cioè quel senso di attonita sospensione che non va ad indagare a fondo su ció che ha patito veramente Watson di fronte a quella lucida lapide nera.
E queste tre “perle” mi sono piaciute molto proprio perché mi restituiscono un John ricco di sentimenti, innamorato di Sh, nonostante Reichenbach, nonostante Mary, nonostante tutti i suoi sensi d’inferiorità. Infatti lo fai arrivare perfino ad un gesto dolcissimo che è quel bacio che è quasi come sfuggitogli improvvisamente, in “Lettino”.
Nella prima dribble fotografi un attimo che potrebbe benissimo rappresentare il cuore della Johnlock. Infatti vi é colto Sh in un attimo di debolezza, dovuto al dolore fisico, che però trova rispondenza al suo muto, timido, inconsapevole appello, espresso con un veloce stringere i denti, nell’accogliente atteggiamento di John che usa maggior cautela nel procedere con la disinfezione della ferita. È sicuramente un contatto che non rientra nella gamma dei gesti che possano esprimere affetto o qualcosa in più, ma per Sh diventa importante. Importante e simbolo di un fatto : tra lui e Watson, infatti, Mary non c’è. Questo per il consulting diventa veramente un invito alla speranza di poter, finalmente, guardare in faccia a ciò che prova per John. Significativa la scelta che hai fatto di quel verbo, “beava””, per esprimere la vitale necessità che Holmes ha delle attenzioni del medico per lui. Ha, in effetti, estremo desiderio di ciò che possa rivelargli se lui ha un posto nel suo cuore. Un momento che dura meno di un soffio, quello che tu hai ritratto qui, dall’atmosfera fragile e leggera, che può cambiare in un non so che.
Nel secondo pezzo richiami delle scene della S3, a mio avviso, tra le più eclatanti dello Sh BBC. Eclatanti non in senso qualitativo, ovvio, ma per quelle, decisamente sorprendenti, immagini di Sh e Janine.
Vari sentimenti si sono scatenati, almeno in me, totale johnlocker, di fronte a Janine che esce dalla camera di Sh e che entra nel bagno dove c’è già lui, per non parlare del bacio fra loro. E, intanto, la bocca di John, spalancata per la sorpresa, supera ogni dimensione immaginabile.
Tu, qui, hai ricreato quel clima assurdo e quasi grottesco di sbalordimento, di curiosità e, alla fine, di pura e semplice gelosia. Si perché John è geloso, nonostante sia sposato con Mary, il suo cuore è sempre lì, con Sh a Baker Street. Ed il problema non è Janine in sè, ma l’eterna domanda che si fanno tutti i “traditi”: “ Perchè lei sì e io no?”.
Molto IC la reazione spontanea che scorre nelle vene di Watson e che viene repressa solo perché non si può picchiare una donna che, poi, c’entra fino ad un certo punto.
Suggestivo quel contrasto, che poi rappresenta la realtà, espresso da “...Lo odiava, Lo amava...”. Per John, come hai rappresentato bene tu, il fatto reale è che lui non tiene conto del matrimonio, di Mary. Quello che rimane è la rabbia derivata dalla gelosia e dalla paura di aver perso Sh, questa volta per sempre.
In “Lettino” dilagano i sentimenti più forti e travolgenti perché hai rappresentato il dolore, la paura che la morte di Sh, stavolta, sia vera, e l’amore che prova per lui e che esprime con un gesto tenero. Come ho già scritto mi piace questo tuo John, così vivo, così energico, così preso da Sh. È così che io avrei voluto vederlo nella S4, senza il volto rabbioso della ripicca, della delusione, di una cattiveria cupa. Mi sarebbe, infatti, riuscito molto più gradito scoprirlo in grado di esprimere, finalmente, il suo sentimento per il consulting, liberandosi dal groviglio di malintesi e pregiudizi che lo tiene ancorato al suo rancore.

Recensore Master
03/03/20, ore 16:41
Cap. 5:

Decisamente questa tua raccolta s’addentra in quel mondo complesso e meraviglioso della Johnlock, regalandoci degli autentici gioielli, piccoli ma ricchi di riflessi preziosi. E ciò non è semplice perché l’argomento è variegato e spesso di difficile interpretazione, vista la molteplicità delle emozioni e dei sentimenti che vi sono coinvolti. E, non ultimo, vista anche la personalità non del tutto lineare di chi é coinvolto.
La prima dribble mi ha fatto soffermare un po’ di più per averne, per quanto mi è possibile, una visione ed un’interpretazione il più corrette possibili. Infatti, ad una prima lettura, non sono riuscita a collocare la contemporaneità tra una crisi di Sh dovuta alla tossicodipendenza e la presenza di un John che, come dici tu, lo conosce “a malapena”. E c’è un altro elemento che non risponderebbe ad una collocazione temporale da inserire, con gli altri due che ho citato sopra, in una dimensione di contemporaneità rigorosamente IC. Ma tutto questo mio ragionamento, poi, secondo me, lascia il tempo che trova perché la creatività di chi scrive e ci regala ff, ovviamente, non può e non deve essere imbrigliata in categorie precise di rispondenza, più o meno completa a quanto visto nello “Sherlock” dei Mofftiss.
Quindi mi sta bene lo Sh, in preda ad una crisi d’astinenza, assistito da un John che non lo conosce ancora bene e che, nonostante questo, gli dichiara sommessamente il suo amore.
Anzi, ti confesso che, indipendentemente dalla caratterizzazione temporale, questa prima dribble suscita emozioni che riguardano il doloroso disagio esistenziale di Holmes ed il sentimento che li travolge entrambi, senza potersi liberamente esprimere, anche se qui John, sia pur timidamente, lo fa.
Quasi a riportare equilibrio nella scena, intensa ai limiti dell’angoscia, metti il richiamo al clima rassicurante del 221b che si concretizza nell’ormai mitico ed onnipresente teschio.
Nella seconda dribble richiami, con poche ma significative pennellate, l’aspetto, almeno per me, più intrigante di ASIB e cioè le tensioni create nel “triangolo” costituito dai due Baker Street e l’Adler.
Episodio, questo, che ha avuto un forte impatto su di me, tenace johnlocker, per l’influsso innegabile che Irene ha mostrato di avere sul consulting: due intelligenze speciali e quasi simili, una bella sfida per Sh, che avrebbe potuto essere davvero coinvolto in una particolare storia d’amore. E John in mezzo, come un’auto in panne nel traffico impazzito. Tu, qui, hai espresso lucidamente lo stato d’animo del medico che, palesemente innamorato di Sh, deve lasciar spazio ad un sentimento che, difficilmente, si può reprimere e cioè alla gelosia. A questo aggiungi, efficacemente e molto IC, il senso d’inadeguatezza che gli impedisce di esprimere ad Holmes ciò che realmente prova per lui (“...ti chiedi se...”). Anche in questa dribble c’è un elemento che dovrebbe richiamare alla sua mente ed al suo cuore il senso di “casa” ed è il caminetto. Ma, invece, diventa il simbolo di ciò che sente per Sh e per Irene: il fuoco di un sentimento ed il fuoco di quella che potrebbe diventare una forza devastante, cioè il fascino della Donna sul consulting. Sempre efficace, anche se di non facile gestione, l’uso della seconda persona, che consente un maggior coinvolgimento di chi legge: è come se noi potessimo rivolgerci direttamente ai personaggi coinvolti nella narrazione. Suggestivo il contrasto tra il calore ed il rosso evocati dall’immagine del caminetto e quella “mano diafana” che sembra voler, silenziosamente, rassicurare John. Brava.
La terza dribble mi riporta immediatamente, senza filtri introduttivi, al clima scuro e violento dell’inizio di TEH. Immagini e suoni forti, associati alla visione di uno Sh sofferente che mai e poi mai avremmo pensato di dover sopportare.
(“...gelo...nudo...piaghe...frusta...martoriata...freddo...”): l’opportuna scelta delle parole da usare che fai, esprime pienamente il concetto di dolore, di violenza, di disperata solitudine che circonda la figura dolente di Holmes di fronte al suo aguzzino. Hai rappresentato, inoltre, esprimendoti non tanto con dati visivi ma con richiami forti alle emozioni, quello che si può immaginare possa essere lo stato d’animo di Sh in quella terribile situazione, prossimo ormai al tracollo fisico e psicologico ma gli sono sufficienti solo due concetti per ritrovare la forza per resistere e cioè la volontà di tornare a Londra per ritrovare il suo “conduttore di luce”, cioè John. Una perla, anche questa, della tua raccolta che spicca fra le altre non meno preziose.

Recensore Master
01/03/20, ore 16:53
Cap. 4:

Leggo nelle Note finali che una tua preoccupazione di Autrice è quella del rispetto o meno dell’ordine cronologico dei vari pezzi che pubblichi. Secondo me, ci sono varie possibilità nella struttura di quello che uno poi condivide con altri ed il rispetto o meno, per esempio, della consequenzialità rispetto ad un ordine temporale lo trovo perfettamente opinabile e a libera discrezionalità di chi scrive.
Tanto più che, a prescindere dalle parti che non si rifanno direttamente al canone ma risultano dallo sviluppo di potenzialità insite negli argomenti stessi e quindi possono essere identificabili in un tempo o in un altro, tu hai la capacità di connotare, anche nel brevissimo spazio narrativo che hai scelto, ciò che avviene anche mediante l’uso di un solo termine. Faccio un esempio. Anche le tre ff, che costituiscono questo quarto capitolo, non abbisognano di logorroiche spiegazioni sul “quando” avvengano; infatti, si capisce perfettamente. Ma, tornando al discorso di prima, ribadisco che il rispetto di un ordine cronologico, sempre a mio avviso, dunque non d’interpretazione unica ed assoluta, ci mancherebbe, non è necessario, soprattutto se si tratta di pezzi che appaiono come dei momenti in cui si focalizza un’emozione, l’espressione di un sentimento o, più semplicemente, un fatto.
Detto questo ( modalità critico letterario che si crede chissà chi: off), passo alla prima dribble.
Questa è quella che, delle tre, mi è piaciuta di più, forse perché mi fa rimanere negli occhi della mente, la figura, per me ormai quasi familiare, del consulting, avvolto nel suo cappotto scuro e nella sua solitudine.
Sta lì, per un attimo, ad osservare le finestre del 221B, giusto il tempo di dire addio al mondo fantastico che si era costruito con John. Addio ad un’età, addio alle corse pazze per Londra, addio al suo “conduttore di luce”.
C’è, comunque, l’impegno di un ritorno ma, ad accoglierlo, sopra di lui si stende, plumbeo, solo il cielo di Londra.
L’atmosfera, triste e con l’accento di qualcosa che non potrà più essere come prima, si connette alla perfezione con quello che John sta vivendo dentro il 221B. Una maggiore angoscia lo circonda, forse, rispetto a Sh, perché, in lui ed attorno a lui, c’è il vuoto di un’assenza che si ritiene non colmabile, dato che con i suoi occhi ha proprio visto “volare” il consulting giù dal tetto del Barts e l’ha trovato sanguinante ed esanime sul marciapiede. Quel libro che stringe tra le mani è un oggetto inutile, muto, privo di qualsiasi utilità. Infatti, intorno a John c’è un silenzio assordante che niente e nessuno può trasformare in speranza. Bellissima dribble, che racchiude un mondo di sentimenti.
La seconda ff ci riporta all’atmosfera, per me, quasi grottesca e superficiale, della S3, forse la peggior Stagione, a mio parere, dei Mofftiss. Vi dilagano, infatti, vacuità, confusione, falsità ed un John che mi è sempre sembrato la caricatura di se stesso. In mezzo a quest’inutile marasma si staglia, gigantesca la figura di Sh, solo, con la sua enorme sofferenza per la perdita di Watson, ormai sposato e futuro padre, e con la certezza di una solitudine che si fa più tragica perché, ora, senza il suo “conduttore di luce”, non potrebbe più stare ma, ciò che sta accadendo, è ineluttabile. Ed il tuo messaggio getta ancora più malinconia sullo scenario di per sè triste perché si aggiunge un senso di colpa alle già profonde sofferenze di Sh. Lo soffoca, ora, il disprezzo per se stesso, colpevole, a suo modo di vedere, di non aver saputo riconoscere il vero volto della sua ”amicizia” nei confronti di John.
E poi c’è la lontananza, non solo fisica, del medico che, come ben sappiamo, è torturato dalla rabbia di essere stato lasciato indietro e non tue scelte a perdonare ad Holmes la sua finta morte.
L’angoscia, che attanaglia Sh, è uno dei fili conduttori di queste tre ff e riappare in superficie, con il volto livido della tossicodipendenza in cui Sh trova nuovamente rifugio, privo della vicinanza solare di John.
Un rifugio che gli dà un accesso più articolato al suo Mind Palace e in cui aggirarsi per scoprirvi nuove possibilità d’interpretazione della realtà che lo circonda e che, purtroppo, non viene più filtrata dal buon senso di John. Si ritrova quindi, anche in questa dribble, un senso desolante di solitudine che non dà scampo, suggellata dal gesto estremo, ma necessario, di uccidere Magnussen.
Ripeto, tutto espresso da te con poche parole.
Altre tre bellissime perle...

Recensore Master
29/02/20, ore 23:08
Cap. 3:

Nella prima dribble richiami alla mente, secondi me, un momento davvero terribile di tutte le quattro Stagioni dei Mofftiss, cioè la morte di Mary all’Acquario di Londra. Pochi scenari hanno una tragicità così intensa, perché, in quei pochi istanti, c’è un’ondata emotiva travolgente. Rivedo uno Sh quasi congelato nell’attonita consapevolezza che, quanto è successo, costituirà un drammatico spartiacque nel suo rapporto, già dissestato, con John. Il consulting è travolto dalle emozioni e non sa cosa effettivamente dire o fare di fronte ad un dolore e ad una rabbia così disperati, che non lasciano spazio al tentativo di mettere a disposizione almeno un atteggiamento di pietà umana e di consolazione. Sh è solo e paralizzato da ciò che prova, dietro di lui Mycroft e Greg sembrano due statue di cera. Hai saputo esprimere tutta l’intensa drammaticità della situazione mettendo a nudo la vulnerabilità di Sh che, ormai, ha aperto la porta del suo cuore ai sentimenti. Bellissimo quel tentativo, da parte di Holmes, di una disperata carezza sulla testa di un John stravolto, poi la durezza di quel conclusivo “...lontano da John...”. Davvero, nello spazio microscopico di cinquanta parole, hai saputo condensare una scena di altissimo impatto emotivo ed un carico narrativo consistente. Tutto molto IC.
Nella seconda dribble percepisco, tra le righe, un qualcosa di criptico ma non so se sia solo una mia impressione.
Infatti, il pezzo sembrerebbe incentrato su quello che è un classico nel fandom e cioè la riluttanza di Sh a mangiare, soprattutto in concomitanza con il suo impegno nella soluzione di un caso e la paziente insistenza di John a farlo desistere dall’atteggiamento in questione. Fin qui nulla di particolare. Ma poi, l’ultima frase é come se gettasse una luce sinistra su una scena che sembrava consueta. Sh spera che John, visto anche, e soprattutto, che è un medico, non “scopra la sua malattia”. Già sappiamo dalla S4 che l’abuso di stupefacenti ha causato al consulting anche problemi renali, oltre a vari guai, perciò penso che tu abbia alluso ad un possibile aggravamento. È possibile anche che tu abbia dribblato la collocazione temporale di ciò che racconti, collocando il dubbio sulla salute di Sh in un tempo indefinito, un “what if” per intenderci, individuabile in un qualsiasi periodo della loro convivenza al 221B. Sì, perché anche la possibilità di uno Sh minacciato da una grave patologia non è estranea al fandom.
Comunque sia, non diventa necessario saperlo, perché, quello che conta, è ciò che tu hai espresso e cioè la vicinanza affettuosa di John.
Nella terza dribble c’è un momento abbastanza “frequentato” nel fandom, cioè quello in cui Sh ha la febbre, la sua razionalità è messa all’angolo dallo star male e la confusione lo spinge a paure irrazionali. Ma, e qui mi è piaciuto molto, la sua mano ma, soprattutto il suo cuore, trovano rifugio da John.

Recensore Master
29/02/20, ore 15:56
Cap. 2:

Ecco altre tre “perle” della collana che ci hai regalato. Tre elementi distinti ma che sono legati da un filo comune che, ovviamente è sempre la Johnlock, e, in questo caso, più precisamente, il fatto di affidarsi l’un l’altro, nonostante tutto.
Ed è questo “nonostante tutto” che assume una rilevanza particolare; parto dalla seconda dribble, perché non si tratta di una normale delusione riguardante un fatto di poca rilevanza ma stiamo parlando di una morte, la cui responsabilità viene attribuita da John a Sh e si va ad innestare su un terreno infido che, da anni, è inquinato da malintesi, pregiudizi, paure, disistima di sè. Ma, in “Fiducia”, tu rappresenti l’atteggiamento, ormai quasi istintivo, del medico di seguire comunque Holmes nelle sue indagini. Molto probabilmente, proprio relativamente a quanto visto in TLD, vedendolo praticamente ridotto l’ombra di se stesso a causa degli stupefacenti, non riesce a lasciarlo solo, in balia di se stesso e di pericoli mortali rappresentati in questo frangente da Culverton. La dribble si apre con una parola forte, “ferita”, in cui riesci a racchiudere tutto il dolore in cui Watson si è perso nel post Reichenbach e nel ritorno sconvolgente di chi credeva ormai morto, aggiungendo inoltre la delusione di constatare che era stato lasciato clamorosamente “indietro”. Ma tutto ciò lo fai sfumare nell’ “ancora una volta” conclusivo che illumina il pezzo di una luce travolgente.
Nella prima dribble riesci efficacemente a farci visualizzare rapidamente e, soprattutto, molto significativamente, il clima convulso ed angosciante dell’ormai mitica TRF, in cui la manifestazione della follia geniale di Moriarty coinvolge Sh in un gioco mortale che lo vede partecipe ed ammaliato dalla straordinaria intelligenza di Jim che percepisce simile a sè e degno avversario. Ci fornisci delle icone (“...Il processo, la mela, il codice, le fiabe...”) con cui concretizzare tutto il marasma narrativo che ha caratterizzato appunto TRF. Ed attraverso queste immagini, dunque visibili, riesci a condensare, in uno spazio ristrettissimo, fiumi di parole altrimenti necessarie alla narrazione di quanto avvenuto. Brava.
Nella terza dribble, lo scenario si tinge della malinconia che, almeno per quanto mi riguarda, ha caratterizzato, ovviamente assieme ad altri sfondi emotivi, la S4. Infatti, secondo me, tu tu stai riferendo qui a un periodo post TFP, in cui uno Sh quasi crepuscolare, ritrova il paziente accudimento di John nei suoi confronti che lo rassicura mediante una presenza che ha il significato di un legame indistruttibile e lo accompagna nel suo percorso di disintossicazione dalla droga e... da se stesso.
Hai usato uno stile asciutto, in cui si percepisce un notevole impegno nella scelta, coerente, delle poche ma preziose parole.

Recensore Master
28/02/20, ore 16:57
Cap. 1:

Emerge dalla mia infinita lista di ”Storie da recensire”, la collana delle tue “pills”, che, da una prima veloce lettura, si rivela composta da elementi piccoli ma preziosi.
Mi sono piaciute molto le tue Note introduttive perchè vi si percepisce un desiderio sincero di far partecipi anche altri, di quello che tu definisci un “esercizio di sintesi”. Trovo coinvolgente anche il fatto che tu ti schernisca dietro a quel “ non sono molto originali o particolari” ma ti confido che, se ho il desiderio, pure se tardivo, ma ho fatto di peggio in quanto a ritardo nel recensire, credimi, di lasciarti qualche osservazione, significa che, almeno per me, i pezzi che ci proponi sono, in effetti “originali” e “particolari”.
Allora...
La prima si riferisce ad un’abbinata canonica, piena di potenzialità narrative che è quella tra Sh e la droga. Purtroppo sappiamo che il consulting è tormentato dai demoni che originano proprio dalla sua formidabile intelligenza che, se lasciata inattiva, lo porta ad un terribile corto circuito mentale. Da quando ha conosciuto John, il fenomeno si è attenuato, all’inizio, ma le incomprensioni ed i malintesi che hanno costellato il loro legame, via via che rivelava la sua vera identità, hanno fatto ritornare le antiche ombre.
Sh è, infatti, il suo nemico principale, tormentato dal vuoto da cui si sente circondato quando non ha casi da risolvere o John che gli riempie la vita con la sua umanità travolgente.
Quella “mano gelida” che il medico prende è l’unica presenza di Sh, oltre ad un battito cardiaco debole. Può essere troppo poco, inutile, ma John c’è e si aggrappa a quello per farlo ritornare da lui. Poche frasi che si rincorrono veloci, ma perfettamente sufficienti, per descrivere la tragedia in atto. Rimane, infatti, la domanda sul perché Sh tenti l’annullamento nell’oblio degli stupefacenti e sul “di che cosa” ha bisogno per non tentare ancora la fuga dalla vita. John, molto probabilmente lo sa, ma la risposta non trova una via d’uscita consapevole , soffocata da un mare di “non detto” e di “non fatto”. Molto IC.
La seconda dribble (un termine che non conoscevo), a proposito d’IC, è, invece, incentrata su un argomento che non è canonico ma che è perfettamente considerabile in tutto ciò che ruota attorno al 221b. Infatti penso che, quello che potrebbe essere un problema serio di salute che capita a John, possa costituire un salto nell’abisso per Sh che, da quando l’ha incontrato, ha trovato in lui la sua ragione principale di vita. È il pezzo dei tre che preferisco perché, nonostante la brevità, racchiude un mondo di emozioni e di sentimenti che tu hai saputo esprimere in pochissimo spazio.
La terza ff ci fa ritornare nel canone dei Mofftiss e ci riporta alla mente le scene di TRF, che seguono, straordinarie ed efficaci, la fuga di Sh e John attraverso le strade di Londra. Quel loro prendersi per mano, necessario per alleviare lo svantaggio arrecato dalle manette, è diventato ormai mitico e fa parte integrante della “documentazione” relativa alla Johnlock. Tu, qui, ci fai, per me, nostalgicamente tornare a quell’atmosfera concitata e scoppiettante. L’unico punto che riporta la pace, nel clima paranoico della fuga, è lo sguardo di John che mostra il suo esserci per Sh, non solo fisicamente ma con tutto il suo cuore. Ed é preoccupazione quella che riscalda l’animo di Sh, da sempre desideroso di amare e di essere amato.
Molto intenso ho trovato il contrasto tra quel termine “ratto” che ci farebbe perdere nel buio di percorsi lontani dalla luce e la mano di John, stretta in quella di Sh, che, per il consulting, rappresenta la salvezza.
Sinceramente sono contenta di aver cominciato la lettura di queste tue “pills” perché le trovo caratterizzate da uno stile curato e con un contenuto vicinissimo alle mie tendenze di johnlocker. Brava.

Recensore Master
04/02/20, ore 20:37
Cap. 14:

Ed eccoci al capitolo finale di questa bellissima raccolta di brevi storie, piccole perle se così possiamo dire. Io che, romantica fino al midollo, avevo sperato in un finale un po' meno angst e sofferto e invece alla fine ci piazzi il post Reichenbach. Beh... non me ne lamento, ma vale lo stesso discorso che ho fatto un paio di capitoli/recensioni fa. Di nuovo faccio i complimenti alla tua capacità di condensare tantissime sensazioni, emozioni, ricordi, sentimenti in pochissime righe e farlo con efficacia e seguendo un prompt, che è ancora più difficile tra l'altro. Lo so bene e ti faccio i complimenti per come hai portato avanti questa challenge. Le piccole storie sono tante tantissime e immagino che seguire l'onda creativa in questo modo sia appagante, ma anche complesso perché c'è tutto un lavoro enorme dietro a ogni singola Drabble pubblicata. Quindi complimenti sia per questo che per il lavoro che hai fatto.

Finisce con una piccolissima gioia. Sherlock che ammette di amare John Watson, lo fa nella sofferenza e nella consapevolezza di averlo perso per sempre e per colpa di James Moriarty, che ora della fine un po' ha vinto. E Sherlock che se ne rende conto all'improvviso e nella maniera più drammatica. Mi è piaciuto molto l'accenno anche a The Abominable Bride e in generale al canone di Conan Doyle, avrebbe fumato la pipa se avesse vissuto nell'ottocento? Ma senz'altro!

E niente, hai fatto un gran lavoro complimenti.
Koa

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