Recensioni per
La morte è la curva della strada
di blackjessamine

Questa storia ha ottenuto 74 recensioni.
Positive : 74
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
12/02/21, ore 18:56

Ciao, mia cara ^^

Mi è servito qualche giorno per riuscire a trovare le parole, non è facile per me commentare uno scritto che supera il pensiero.
Non credo nemmeno di essere giunta ad un’analisi soddisfacente che possa sottolineare quanto questa prima parte della raccolta meriti attenzioni (non oso però immaginare il resto).
Da quando l’hai pubblicata anche su Wattpad, facendomela quindi conoscere, ho perso il conto delle volte in cui l’ho letta. Ogni singola volta il mio cuore è stato attraversato da un fremito.
Ho un rapporto molto particolare con questa coppia, ogni volta che si narra di loro (sia in scene spensierate sia in quelle drammatiche) il mio stomaco si attorciglia. Ora immagina solo cosa possa aver provato leggendo queste tue righe. È stato un dolore dolcissimo.
Ho letto attentamente le tue note e penso che l’avventura che hai intrapreso con questo progetto sia lodevole. È necessario avere un animo affine al genere poetico per poter produrre simili elaborati (ho potuto constatarlo dalle tue pubblicazioni su facebook).
Arrivo a James, o meglio all’anima di James, la protagonista di questa flash. Ci stai narrando di uno spirito che ha appena lasciato la terra, è perciò confuso e il pensiero vola alla donna che ha amato; la morte non sembra avere influito sui suoi sentimenti, anzi lui è morto per provare disperatamente a salvare lei e il loro bambino.
Mi ha commosso il parallelismo con la stazione in cui si trova Harry sul finire della saga. Harry ha vissuto l'anticamera della morte, ma tutto fa pensare che la sia anche quella vissuta dal padre, con l'unica differenza che James è costretto a percorrere quei binari.
Mi ha colpito anche il modo in cui hai reso la materia, l'assenza di essa e come James la percepisce. Sembra una percezione ancora estremamente cosciente che lo spinge quasi alla follia dell'incomprensione.
James si sorregge sul rimpianto, qualcosa che lo trattiene per non percorrere i binari, da cui non vi è ritorno. I binari sono infiniti e paralleli, identificano un luogo indefinito ed eterno; guidano un treno che non giungerà mai o forse già perso, una corsa cancellata dal rimpianto della loro vita insieme già spezzata.
Descrivi un breve lasso di tempo in contrasto con l'eternità, nel quale la consapevolezza di James diventa sempre più nitida. Comprende la sua nuova posizione e il suo nuovo scopo che è quasi un sentire evanescente e stabile destinato a ripetersi per sempre, perché la curva non si vede -James non sa nemmeno se effettivamente ci sia-, vive nella forza e nella speranza che ci sia, le stesse che serbava nel cuore in vita. James vive nell'attesa infinita di vedere Lily, una condizione che ha vissuto anche in vita prima che diventasse sua, è una condizione che nella morte si ripete come un cerchio che si chiude.

Ho cercato di attenermi al testo…comunque tu resti malefica, mannaggia, mi ci sono voluti giorni per digerirla ed anche ora non credo di aver ritrovato stabilità emotiva ❤

A presto!
Un abbraccio grande grande
-Vale (sempre tua lettrice affezionata)

Recensore Master
13/01/21, ore 16:14

Ciao.
Questa storia sta segnando le mie tappe di recensore. Ho recensito il secondo capitolo lasciando la mia 900esima recensione, recensisco questo lasciando la prima recensione dell'anno (sì, sono un bradipo).
Ho tentennato tanto - e sto continuando a farlo anche mentre cerco di scrivere questa benedetta recensione - perché questo capitolo, come gli altri del resto, fa un male cane ogni volta che lo rileggo per provare a commentarlo, e davvero non so come affrontare tutto questo (anche se so già che ti ritroverai con una cascata di parole senza senso, e mi scuso per questo).
Innanzitutto vorrei consolarti - o forse ti darò un dispiace, non so - sullo stile. Io avevo già notato una struttura diversa tra primo e secondo capitolo, ma è normale. Penso che tu abbia creato un ritmo diverso a seconda del personaggio che ne è protagonista. E nonostante ciò, penso che questi tre capitoli siano comunque legati da un filo stilistico: è l'impalpabilità di cui ammanti la scrittura, e quei sottintesi nascosti attraverso perifrasi e richiami retorici eleganti e poetici. Per James, come ti avevo detto, era stata quell'escalation di ripetizioni, una consapevolezza che cresce pian piano; per Sirius è stato quel gioco di fantasma del passato e presente, del James morto dei ricordi e il James morto che adesso condivide l'altra vita con lui, ma anche quel gioco sul verbo "vedere"; per Remus è quest'illusione - che non confonde affatto - di lui che sente muovere i primi passi al figlio, si gioca tra ciò che lui vorrebbe, sarebbe dovuto essere, e ciò che è in realtà. Ho trovato poi, tra le tre flash l'uso di climax molto belli, di sensazione in crescendo, e l'utilizzo sempre protagonista dell'anafora; oltre a questo, trovo che questo terzo capitolo - e di conseguenza si crea un bellissimo parallelismo tra i vari personaggi - abbia delle risonanze che lo legano sia al primo sia al secondo. E vado nel dettaglio.
Con il primo capitolo, trovo che ci sia una bellissima risonanza di ruolo genitoriale: sia Remus sia James non hanno potuto fare da padre ai loro figli, entrambi i loro rimorsi sono caratterizzati soprattutto dal rimpianto verso le figure dei figli. Ho sempre pensato che la morte di Remus e Tonks ricalcasse, come in un eterno cerchio, la morte di James e Lily. Sono diversi i parallelismi: le differenze caratteriali dei due genitori, morti in nome dei loro ideali, morto prima James/Remus e poi Lily/Tonks, un figlio orfano di guerra. E ritrovare la conseguenza naturale di questo parallelismo anche nella tua storia, secondo me, è un tocco di classe e dell'enorme attenzione ai dettagli che hai prestato (e che ora mi dirai esistere solo nella mia testa, non c'è problema, è la storia della mia vita). Sia Remus sia James, al contrario di Sirius, si guardano indietro.
Con il secondo capitolo, invece, ho trovato che sia la figura di James il collegamento; in altre parole, è l'amicizia, questa figura che ha fatto da collante, a rendere anche qui l'unione tra questi due personaggi dal temperamento e dalle reazioni così agli antipodi, quali sono Sirius e Remus. In un certo senso, mi è dispiaciuto non leggere di una rimpatriata di tutti e tre, ma capisco perfettamente - e hai ragione - che la figura di Sirius non avrebbe potuto del tutto partecipare a questo loro dolore. Comunque, la risonanza tra Sirius e Remus è James, questo amico che li viene a prendere e che tende ancora una volta una mano per tirargli fuori dal loro "nero". A livello stilistico, poi, tra questi due capitoli c'è di nuovo il gioco del "vedere". Per Sirius è stato tra il James morto e rotto e il James di questo "altrove"; per Remus è stato il gioco tra padre e figlio, tra capelli scuri e spettinati e capelli scuri e spettinati, tra le sensazioni ascoltate a occhi chiuse e braccia ferme e le sensazioni di vuoto di queste braccia che si tendono, illuse, senza abbracciare veramente niente, solo luce, una luce che sa tanto di assenza di calore per James e per Remus, ma che in qualche modo stempera i colori, anche quelli più scuri e vivaci e dolorosi.
C'è poi un'altra risonanza: ho adorato l'ultima frase detta da James, perché riprende quella pronunciata da Sirius nel terzo film, e ho adorato questo parallelismo tra i due, perché in qualche modo li lega, rende nella carta, ben visibile a tutti, questo bellissimo gemellaggio, questa affinità tra fratelli e amici, mi è sembrato quasi di sentire l'eco alle parole di James con la voce di Sirius; e questo per me è stato come un ribadire come l'uno non ha mai lasciato l'altro. E mi ha commosso <3
Quindi, parer mio, non ho visto alcuna netta differenza stilistica, non più di quella notata tra il primo e il secondo capitolo che, ripeto, io trovo naturale visto il modo in cui comunque la struttura del singolo capitolo si piega al personaggio. Ma stilisticamente, ci sono comunque quegli elementi che fanno da collante, così come gli argomenti non impediscono l'inserimento di quei rimandi tra un personaggio e l'altro.
Altra cosa: non ti servivano minimamente le note (e qui ti bacchetto, perché sinceramente ho trovato così bello e ben costruito e struggente questo trovare Remus dall'altra parte in bilico, proteso verso il figlio, così poetica e suggestiva e ricca di sensazioni la scena di questo suo provare, questo suo sentire, questo suo dividersi tra echi del passato e sentimenti di rimpianto che leggere la spiegazione nelle note proprio no, non dovevi farlo), all'inizio può sembrare "debole" l'iperbole di questo "peso di dieci chili", ma davanti a "dieci chili che inciampano fra le braccia aperte di un uomo dai capelli scuri" ogni cosa colpisce con una nate forza e semplicità e purezza da fare male. Saranno pure dieci chili, ma rappresentano il mondo intero, sono il baricentro su cui cerca di sintonizzarsi Remus.
E ho adorato questo parallelismo a incrocio che si crea tra James e Harry da una parte e Remus e Teddy dall'altra. Harry sorregge Teddy così come James conforta Remus; allo stesso tempo, Harry e Teddy affrontano insieme il loro essere orfani come dall'altra parte James e Remus si confrontano con il loro non poter assolvere ai piaceri dell'essere padre.

Ma se Remus tiene le mani ferme abbastanza, se Remus chiude gli occhi abbastanza, se Remus decide davvero di ascoltare, può sentire quei passi.
Piccoli, incerti, intervallati da tonfi e carezze e incoraggiamenti. -> Adoro l'uso dell'anafora, come ti ho detto caratterizza questo capitolo, e caratterizza lo stile dell'intera raccolta, ma ancora di più, in questa frase, ho perso la testa (non so più che termini usare per farti capire quanto io stia svenendo di dolore e bellezza dietro sta storia)per quella sensazione di eco che sei riuscita a trasmettermi. Questi "tonfi e carezze e incoraggiamenti" sembrano giungere a Remus come attraverso una nebbia, attraverso un "velo"; sembrano quasi viaggiare nella stessa stanza, nello stesso luogo dove si trova lui, ma essere fatti di una sostanza differente e viaggiare a una frequenza differente, cosicché l'unico modo che Remus ha per sentirli e restare fermo, lasciare che lo sfiorino appena. E' poesia, complimenti.

Altra cosa che mi ha colpito è stato il climax discendente, quasi a creare una sorta di abitudine, di rilassatezza, di accettazione appunto, e se è voluta questa io mi levo il cappello davanti a te e alla tua bravura.
1. Occhi chiusi. Mani immobili, mani pesanti,
2. Ma se Remus tiene le mani ferme abbastanza, se Remus chiude gli occhi abbastanza
3.Restano immobili di nuovo, gli occhi chiusi, ad ascoltare il suono di passi trasformati ormai in una risata a doppia voce. -> In queste frasi, dove i termini di "occhi, mani e peso", si ripetono, si crea una riduzione degli elementi che concorrono, fino a sfociare in "smette di tenere ferme le mani". Oltre a questa sensazione, in cui a ognuna di queste frasi, un elemento viene, meno, che mi ha dato l'idea di un Remus che via via impara ad abituarsi a questa sensazione, impari a respirare di nuovo, c'è la sospensione del tempo fino all'ultimo, quando anche Remus torna a muoversi a partecipare a quest'altra vita.

Inutile qui dirti come il titolo e quindi la frase della poesia scelta per Remus sia perfetto, fatta con l'esplicita volontà di fare più male possibile a me. La ripetizione di questi "passi" nel testo diventano quasi un'eco, una costante che accompagna poi l'incontro e il dialogo tra James e Remus. Così, ho adorato il modo in cui hai adattato all'ipotetica della frase anche la struttura del capitolo. Sì, perché come la frase è divisa in due parti, anche la storia si basa su due parti, e una fa da premessa alla seconda: "se Remus tiene le mani ferme abbastanza, se Remus chiude gli occhi abbastanza, se Remus decide davvero di ascoltare". Io ho i brividi dalla perfezione di questa affinità tra titolo e testo.
La prima parte è di un dolcezza assurda. "Sembra pesare" dà l'idea di distanza tra Remus e suo figlio. Lui immagina, valuta, ma non ne ha la certezza, perché il peso che porta è quasi un fantasma, una luce che non prende mai corpo. Ho amato la scelta di dedicare questo capitolo ai padri e ai figli, mi ha straziato il cuore, e io mi sto continuando a ripetere come un idiota (mi dovrò vergognare di lasciare online queste cascate insensate, ma intanto sta recensione te la mando), ma davvero hai trasmesso benissimo, in maniera dolorosamente vivida questo dolore, un dolore che come James lascia in qualche modo intendere, sentono anche i figli dall'altra parte, perché anche loro, anche se non lo sanno, inseguono quei suoni, i suoni dei passi dei padri. E non è soltanto qualcosa da intendere in maniera letterale, questa, perché è vero che i figli cercano lo spirito dei genitori, ma anche in maniera metaforica (e sto pensando a Harry, all'orgoglio che provava ogni volta che gli dicevano quando assomigliava a suo padre), inseguono i loro padri dentro di sé.
A parte le sensazioni e lo stile, è proprio l'immagine che hai creato che è di una bellezza infinita. Remus ascolta, partecipa a questi primi passi del figlio, e soffre per non poterli vivere e affrontare assieme a lui; al suo posto, c'è un uomo - una volta ragazzo, e prima ancora bambino - dai capelli scuri, che lo accarezza, lo incoraggia, e affronta il dolore dell'essere orfani assieme a lui. C'è in Remus tanto dolore, tanta voglia di essere lì, ma non c'è invidia nei confronti di Harry - e questo lo avevo già notato forse, in questo altrove le sensazioni umane esistono, eppure si spogliano del loro essere egoistico.
Ho adorato il passaggio tra l'uomo con gli occhi scuri visto a occhi chiusi e quello visto a occhi aperti: due uomini diversi, eppure sono gli stessi, riecheggiano l'uno dentro l'altro, e ce n'è uno per ogni Lupin.
Anche Remus, come Sirius, porta addosso il dolore di vedere nell'amico perso troppo preso una serietà e una tristezza che non appartenevano al James vivo, una maturità che James non ha mai avuto il tempo di raggiungere e che ha consumato in fretta, proprio in quello spazio infinitesimale in cui ha percorso il velo. Eppure, è ancora lui, è ancora il James 21enne, mentre si china sull'amico con fare cospiratorio, mentre gli mostra quella vicinanza, quella partecipazione e quella comprensione che lo avevano distinto anche in vita. James lo guida, ancora una volta, e tiene la sicurezza degli arroganti privata di tutta la sua sicumera. Perché James è ancora quello con più certezze anche oltre la curva, e riesce ad afferrare il lato ottimista ovunque. Lui è consolazione. E insegna a Remus, ancora una volta, a tirare fuori la parte ludica, la parte bella da questa nuova maledizione. Una maledizione pura, eppure non per questo meno totalizzante.
Ho amato alla follia questo loro stare seduti uno accanto all'altro, non curanti del tempo che passa, sospesi, tesi verso i figli. E l'uno sente i passi anche del figlio dell'altro, perché sono partecipi anche nelle gioie di quel momento. E le risate a doppia voce sono echi taglienti come lame, che bruciano di bellezza. E dolore e bellezza camminano di pari passo.
E ho amato la seconda parte, tutto il loro dialogo, ho adorato James che nonostante il tempo passato, insegue i passi del figlio, con l'orgoglio del padre, con il dolore e il rimpianto, ma soprattutto con la dolcezza di chi ama. E non importa se fa male, un padre resta sempre, resta comunque. Ho adorato Remus fare i conti con quel dolore con cui James convive da più tempo, cercare di fuggirvi in parte restando fermo - e questo fa malissimo perché è molto IC del personaggio - e vedere il confronto tra i due è stato come vedere un passaggio di testimone. Entrambi, fermi, immobili, sulla soglia, ad ascoltare, a tendersi, ad aspettare quell'alito di vento che porta quell'effimera carezza, e non importa se quella carezza è resa lancinante dal rimpianto, non per questo è meno bella, meno attesa.
Forse il rimpianto non fa poi così male, ma questo storia sì, fa male, e tanto, e non smette mica, anzi fa più male ogni volta che la rileggo. Accidenti.
A presto!
(Recensione modificata il 13/01/2021 - 04:18 pm)

Recensore Master
27/11/20, ore 17:11

Ciao! Torno su questa raccolta in occasione dello scambio a catena. 
Nel corso dei capitoli, ho sempre apprezzato i tuoi accenni all'ambientazione di fondo; essa cambia leggermente a seconda del personaggio trattato, e tuttavia resta labile, sfumata, dai contorni vaghi – come si addice, del resto, alla dimensione senza spazio e senza tempo dei tuoi racconti. 
Qui, però, ho avuto la sensazione che ci fosse un qualcosa di più: come un labile scorcio sulla condizione di queste anime che si trovano aldilà
L'ho percepita in passaggi quali: "Sulla curva della strada, i tratti di un viso sono soltanto ricordi sbiaditi e abitudini tenui.", od "oltre la curva della strada ogni persona ha i propri silenzi con cui fare i conti.". 
Non credo di essermi spiegata a dovere, perdonami XD
Benché il colore dei capelli fosse sufficiente a svelare l'identità del ragazzo, non sono riuscita subito a capire di chi si trattasse; è stato a quel "Lui non è solo un fratello" che ho realizzato appieno. 
Che i gemelli – specialmente quelli omozigoti – godano di un legame tutto particolare è fatto noto, e Fred e George ne sono l'esempio più calzante: nell'arco di sette libri, le volte in cui uno compare senza l'altro si contano sulle dita di una mano.
Fra le morti provocate dalla battaglia di Hogwarts, quella di Fred è stata sicuramente una delle più dolorose, soprattutto se vissuta dal punto di vista del gemello rimasto; non mi sarei stupita affatto, nel caso in cui quest'ultimo avesse segretamente rimpianto di non essere perito a sua volta. 
Trovo che il desiderio – quasi rabbioso – di Fred assomigli molto a necessità, e che sia pienamente coerente col tipo di rapporto intercorrente fra lui e George. 
Complimenti, come sempre! 
A presto, 
Irene 
 

Recensore Master
17/10/20, ore 13:00

Per la 900esima recensione non potevo non scegliere una storia sul mio personaggio preferito. Pensare a te e a questa storia è stata una conseguenza naturale, poi. Il capitolo capita a fagiolo: c'è anche James, ho fatto jackpot.
Spero tu ti ricorderai che con questa storia le mie già scarse facoltà mentali si annullano del tutto, e che quindi anche questa recensione non avrà molto senso e sarà per lo più un miscuglio di impressioni che, all'ennesima lettura, non riesco ancora a scrollarmi di dosso. Quindi te le spiaccico qua, e buona pace dei sensi.

L'assurdità di questo "mondo" - e dico assurdità perché è un mondo che si basa su regole totalmente diverse da quelle del mondo dei vivi - si manifesta subito sin dalla prima riga, dove il concetto di "attraversare un velo nero" porta a un effetto completamente ribaltato. E ho adorato (adorato sarà un termine che userò spesso qui, scusami) i riferimenti al nero e alla luce delle stelle, perché hai praticamente scomposto il nome di Sirius Black, creando delle bellissime associazioni con il significato intrinseco che si porta dietro. E qui parte una serie d'impressioni: la prima è sicuramente a tutto il dolore nero e sporco che si trascina dietro da 14/15 anni, quella colpa di cui si prende la piena responsabilità, uno di quei peccati commessi con innocenza, a fin di bene (che chiamare peccato è già un errore di per sé), ma è costata la vita dei suoi amici; la mia mente ci ha visto rimandi anche a Regulus, con quel "annegandole in quel nero che ti porti accanto fin da quando sei nato", alla sua infanzia, al peso di una famiglia in cui lui non ha mai trovato posto; e poi, sarà una mia fissazione, ma ho sempre pensato che su Sirius gravasse una specie di maledizione, che lui non fosse destinato ad avere una famiglia e che qualunque cosa toccasse si rovinasse, che qualunque felicità riuscisse a guadagnarsi fosse destinato a perderla e a non goderne a lungo (forse è proprio questo tratto che mi fa tanto empatizzare con lui), e quel nero che gli sta accanto da quando è nato racchiuda quindi questa sua condizione fatale, un po' come un peso secondo me per lui è sempre stato il suo nome, dal quale non è mai riuscito a liberarsi.
E ho adorato che in questa frase ci sia quasi, attraverso il POV di Sirius, il riflesso di una sua conclusione: ovvero che lui creda che sia destinato a un'eternità di nero, come se nella morte ad attenderlo ci sia il dolore per tutti i peccati commessi, per la vergogna di aver "tradito" il suo migliore amico. Sembra che Sirius voglia quasi essere punito (come se non avesse pagato abbastanza, come se non si sia punito a sufficienza). Lui si aspetta altro male, e invece viene sorpreso. Viene consolato.

Sirius sa che dovrebbe pensare ad altro -> Ho adorato i rimandi volenti o nolenti inseriti in questo punto, dove in parte viene esaltata la caratterizzazione di Sirius, la sua in un certo senso "irresponsabilità", il suo "perdere la strada", il suo vagare, ma anche la sua impulsività. Un uomo responsabile penserebbe a Harry, si preoccuperebbe che stia bene.
Il velo, però, (al di là della caratterizzazione del personaggio) annulla questa tensione, annulla il senso di sporco che la vita ci appiccica addosso, annulla ogni punto di vista. In vita, siamo ciechi, oscurati dalle nostre emozioni, dalla nostra piccolezza, dal nostro orgoglio, dal nostro dolore, dalla nostra tendenza a dividerci. Dall'altra parte, finalmente le anime vedono.

E non so dirti quanto io abbia adorato questo semplicissimo verbo in questo capitolo. In un certo senso mi ha rimandato al gioco di ripetizione del primo capitolo, gioco che però lì veniva usato per enfatizza la graduale presa di consapevolezza di James, il suo apprendere lentamente questo nuovo mondo, scoprirlo un po' la volta. Al contrario, Sirius viene colpito in maniera brutale, è un'esplosione per lui, qualcosa in cui scivola e di cui prende consapevolezza quasi subito. Qui, per lui, il gioco di ripetizione non è un crescendo graduale ma è un'evoluzione, e il verbo "vedere" acquista significato diverso a ogni ripetizione, aumenta d'intensità.

Un'altra cosa che viene esaltata, sempre dalla frase che inizia con "a Harry, alla battaglia..." è il suo senso di abnegazione. Sirius, nella saga, risulta un personaggio pieno di contrasti forti, duri, in lui convivono il senso di egoismo e d'impulsività assieme al senso di abnegazione e alla tenacia con cui persevera nel suo giusto. Sì, perché Sirius è sopratutto senso di fedeltà e voglia di avere una famiglia. E in questo pezzo, in questo incontro con James, questi due meccanismi ci sono entrambi (e, cavolo, mentre ti sto scrivendo, sto piangendo come un idiota, cavolo, cavolo, cavolo)

Prima che mi scordi, voglio dirti che a tal proposito ho amato doppiamente il titolo del capitolo, non solo perché rimanda a tutti gli eventi del quinto libro, non solo perché calza a pennello con quello che succede al Ministero e alla verità che dovrà imparare pian piano Harry, richiama le parole che li rivolgono i suoi cari quando li invoca con la pietra, ma oltre a richiamare l'intera tua storia gioca per contrasto con il senso dell'intero capitolo. Perché se da vivi, il morire è solo non vedere (E Sirius da vivo era cieco e non vedeva che James non lo aveva mai lasciato) da morti, il morire è finalmente vedere, e Sirius finalmente può vedere la luce.

strapparsi tutto il marcio da sotto le unghie -> Sembra quasi un liberarsi di colpe, difetti e peccati. Mi piace che il marcio stava sotto le unghie, perché mi piace moltissimo l'immagine di "mani sporche", è un concetto che condivido in pieno e sono stra felice di ritrovarlo nella tua storia. Ma ciò che adoro di più è tutto quel dolore nascosto che ancora una volta risuona in questo passaggio. Sì, perché Sirius ha continuato a vivere, a usare le mani, ma sotto le unghie covava la morte, il dolore, la colpa. E fa bene alla mia anima saperlo qui, attraverso le tue parole, finalmente colmo di quella pace e di quella pulizia dei sensi che ha sempre meritato, più di tutti gli altri secondo me. Ha patito troppo (sto di nuovo per mettermi a piangere, accidenti).

guardarsi allo specchio, e vedere soltanto un sorriso beffardo e occhi che brillano luminosi dietro le lenti degli occhiali. -> Ho adorato che il riflesso di Sirius sia James <3 Sirius ha vissuto in suo nome, nel suo nome era pronto a uccidere, per lui ha dato la vita per il figlio di James e Lily. Il Sirius che attraversa è un Sirius giovane, privo delle sofferenze degli ultimi anni. Quindi è il vecchio Felpato, quello che parte all'avventura, che non si guarda mai indietro. L'orgoglioso, il sicuro di sé, quello felice. Lui è a casa, e accanto a James non ha mai temuto nulla. Alle spalle, non c'è nulla che possa preoccuparlo, è il Sirius sconsiderato, forse, ma è anche il Sirius che ha ritrovato se stesso.


Per Sirius, molto più che per James, la morte è rinascita e pace, me lo dici tu quando accenni al fantasma con cui lui ha convissuto per 15 anni. Il James che ha portato accanto era soltanto un'ombra, nella morte, torna a essere vivo, soprattutto perché loro due tornano assieme. Tu trovi il modo di farmi ancora male, di farmi ancora soffrire per la morte di James, maledizione.
Perché piccoli dettagli di James li posso racimolare anche qui, nel capitolo dedicato a Sirius. Un James che si è portato dietro un'ombra, l'ombra dell'adulto che non ha avuto il tempo di diventare ma che è comunque stato, lo è stato quella nefasta notte, quando si è frapposto tra Voldemort e suo figlio, sacrificando il suo futuro (è il modo più brutale per diventare adulti, soprattutto perché è una scintilla che è morta subito). E James ha grandi rimpianti - li ha anche Sirius, ma Sirius deve fare i conti più con i rimorsi - e il suo rimpianto sta proprio lì, oltre il velo, è un figlio disperato, che perde ancora una volta una persona a lui cara, e penso che James desideri consolarlo, desideri viverlo, bramarlo.
"Vogliamo andare?" -> Lo dice James, ma sembra aver bisogno di Sirius per staccarsi di là. Ed ecco che l'amicizia trova subito modo di riaffiorare, di dare i suoi frutti, ed è la forza di Sirius, che non si guarda indietro e che per un attimo fa lui da guida, a portare James con sé, o almeno io ho letto queste ultime righe così.

L'ultima cosa - e poi giuro sparisco - la voglio dedicare a questo punto qui:
E se c’è una traccia di rimpianto in quel sorriso serio, a nessuno dei due importa: i loro polsi conosceranno sempre quel peso -> Nessuno dei due ha mai avuto paura di affrontare le conseguenze, non si sono mai nascosti dalle responsabilità. In questo capitolo, ma più in generale in questa concezione di al di là, ciò che amo più di ogni altra cosa è questo senso di "convivenza" con il rimpianto, quello che è stato e non è potuto essere, che è praticamente ciò di cui poi sono fatti questi binari. Ed è una sensazione comune a tutti. Tutti abbiamo rimpianti, tutti abbiamo rimorsi, ma Sirius e James sono grandi uomini proprio perché con questi rimpianti e rimorsi accettano di convivere, e pur camminano a testa alta.

Grazie per aver letto fino a qui. Sappi che il capitolo lo amo, lo amerò sempre. Questa storia è una carezza di consolazione per me che amo così tanto questi personaggi, pur facendo un male cane, accidenti.
A presto!

Recensore Master
14/08/20, ore 16:32

Ciao! 
Generalmente non mi piace lasciare le cose a metà, dunque ho optato per proseguire la lettura di questa raccolta: dato che avevi espresso preferenza per altre storie, spero non ti secchi!
Peter è un personaggio difficile da trattare, specialmente se si vuole tentare di dipingerlo sotto una luce meno critica del consueto; dal tuo scritto, l’aspetto che maggiormente emerge è il senso di profonda, irrimediabile inadeguatezza. 
Rispetto a quanto accade nei capitoli precedenti, qui la strada si presenta a Codaliscia dissestata e ingombra di elementi che, lungi dal donare un senso di pace, restituiscono soltanto disordine e squallore – riflettendo quella che, in fondo, è l’interiorità del soggetto: assolutamente impura, ma nemmeno così marcia da risultare senza speranza.
Mi ha sorpreso la scelta di far comparire Remus e Ninfadora, anziché James e Lily; forse perché il muto disprezzo di quello che è stato il più mite e ragionevole dei suoi compagni è in grado di ferire in maniera maggiormente profonda? 
A differenza del resto dei Malandrini, Peter indietro non ha lasciato nessuno che lo possa piangere: così, una volta compiuto il primo passo, tutto ciò che è stato svanisce – ma non in senso liberatorio, come per Sirius. Ciò che scompare non è la vergogna per le sue azioni passate, bensì la stessa traccia del suo passaggio sulla Terra. 
Complimenti, sei stata davvero evocativa – anche più del solito, forse.
A presto, 
Irene 

Recensore Veterano
05/08/20, ore 12:55

Basta, è giunto il momento: per quanto mi dispiaccia, eccomi qui, a commentare questo ultimo capitolo, cercando di raccapezzarmi tra angst e ammirazione sconfinata nei tuoi confronti.

Sarà stato un capitolo difficilissimo da scrivere, come dicevi in nota, non lo metto in dubbio: l'intera raccolta, del resto, ha tutta l'aria di un progetto veramente complicato in cui imbarcarsi e solo pochissimi avrebbero potuto ottenere un risultato finale bello, genuinamente bello come quello che hai ottenuto tu.
Quello che posso dire, però, è che leggere questo capitolo è stato per me quasi come "scivolare": scivolare dolcemente da un'immagine all'altra, una più suggestiva dell'altra.
La prima immagine, teneramente evocativa, è quella che esprime la "leggerezza" di Lily - che bello quel richiamo in apertura ai fiori, rinvio inevitabile quando si pensa a lei! Quella "carezza fatta di petali freschi" è l'ennesimo barlume di poesia di cui è costellata l'intera raccolta, così abilmente sviluppata tra letterale e simbolico - forse, mi vien da dire, legittimamente a scapito dal primo e con una perfetta resa del secondo.

Poi, accanto a Lily, James, naturalmente - James che "calpesta l'ottone con risolutezza". Hai reso davvero meravigliosamente la complicità dei loro destini, questo intrecciarsi di anime che è un tenersi per mano che continua oltre la vita stessa. Sono immagini bellissime che ti hanno permesso di catturarli alla perfezione.
Hanno vissuto assieme - hanno amato e sofferto, sono morti assieme e si sono ritrovati anche, e sempre, assieme. Tutto ciò in cui si sono imbattuti, lo hanno sperimentato assieme e, come hai sottolineato, non ha più senso parlare, ormai - non per coloro che sono "specchi di verità" l'una all'altro.

Non c'è altro modo di comunicare più immediato, più preciso, che non sia quel "tenersi per mano". Non ha senso parlare, non quando hanno entrambi gli occhi puntati allo stesso orizzonte, non quando i loro cuori vibrano della medesima attesa, complici e coinvolti in un identico amore, e li coglie la stessa trepidazione che, sì, si tinge di "colpa"  e tradimento (una "colpa lecita", assolutamente, non ci sarebbe neanche bisogno di specificarlo), ma è anche incontenibile emozione e gioia, la gioia di un'agognata completezza e del tanto atteso ritrovarsi ("dita intrecciate che si fanno più luminose" e "respiro incagliato nel petto").
Non li si può certo biasimare, questi due giovani, grandi genitori, che percepiscono - finalmente,  dopo un'attesa infinita sulla curva della strada - la vicinanza del proprio figlio a cui si è dovuto dire addio troppo presto.
Come dici - e che brava che sei stata, che brava che sei in generale - non è che "un desiderio che ha tutta la debolezza dell'umano amare" (debolezza che, certo, contiene anche tutta la nostra forza).

E che Lily e James siano dei genitori perfetti, perfetti sempre, paradossalmente anche nel non essere stati genitori troppo a lungo o, per chi ci crede, per esserlo stati nella maniera più difficile che si possa concepire - dalla "curva" -, lo lasci intuire perfettamente quando "il velo non viene scostato" ed è solo pace - pace che, credo, sia intrisa di orgoglio.
Tutto l'orgoglio di chi vede il proprio figlio scegliere il coraggio ancora e ancora, anche giunto così vicino "alla curva". Orgoglio che sa di pace, nonostante l'ulteriore attesa.

"Sulla curva della strada, tutto è verità e passaggio".
Che dire, se non "grazie"- un grazie scritto col cuore in mano?
Grazie per averci regalato così tante e inesprimibili emozioni, dopo averci mostrato, al contempo, l'angoscia straziante e l'infinita, incommensurabile bellezza dell'attesa lungo "la curva", per aver scovato le parole più adatte ad indicare - magari abbozzandole, magari servendoti di simboli più che di definizioni - alcune delle verità che s'incontrano "lungo la curva".

Ripeto: era un progetto ambizioso, non mi sarei mai sognata d'imbattermi in una raccolta del genere, ma tu hai prodotto un capolavoro e sono contenta, ma proprio contenta, di essere tra coloro che hanno avuto la possibilità di leggerla.
Un bacione e - spero - a presto (quante altre storie che vorrei leggere sul tuo profilo)!

Recensore Veterano
01/08/20, ore 19:09

Oh, quanto mi era mancata questa raccolta!
Avrei voluto non finisse mai, ma il fatto è che ho talmente tante tue storie che voglio recuperare, che non potevo trascinarla ancora per le lunghe e così... eccomi!
Sarà che è trascorso del tempo da quando mi sono immersa per l'ultima volta fra le tue parole, sarà che qui ti sei davvero superata, non so, ma questo capitolo è stato un pugno dritto allo stomaco .

Innanzitutto, mi era mancata la tua delicatezza (sì, ho appena collegato "pugno allo stomaco" e "delicatezza", hai questo potere!): pur sottolineando la tragicità di queste esistenze stroncate troppo prematuramente (qui richiamata come infanzia impigliata nella risata) , di attese e dolori strazianti, quello che resta - sempre, in sottofondo - è questa dolcezza soffusa, come nel caso in cui fai riferimento all'attimo stesso della morte di Fred, a quello "spettro dell'ultima risata ancora impresso sul volto", e a quell'ultima esplosione che non gli ha spento i colori, non lo ha spento del tutto, ma lo ha catapultato lì nella curva, dove non può che attendere.

Ed è stato meraviglioso - e straziante assieme - come tu abbia saputo amalgamare il dramma dei gemelli a quello dei Malandrini, di Sirius e James, semplicemente mantenendo il punto di vista di quest'ultimo.
James non conosce Fred, ma - nella curva - non serve. Lì, più che i volti, si riconoscono le persone da altri dettagli - il nero dei polsi, gli occhi persi lungo binari che non si possono, non si vogliono percorrere e nei silenzi.
James non conosce Fred, ma ne intuisce il dolore e, assieme, la speranza, la speranza che quei binari restino vuoti ancora a lungo, ancora per tanto, tanto tempo; non importa quanto sia faticoso attendere, è meglio sapere che quelli che abbiamo abbandonato possano ritrovarsi oltre la curva solo dopo un'esistenza lunga, piena e felice - non prima!
C'è questa parte, in particolare, che ho amato:
《“Non capisci. Lui non è solo un fratello”
James si guarda le mani: da quando ha camminato accanto a Sirius, l’ombra pesa un po’ meno.》

È come se, in un singolo scatto, tu avessi immobilizzato le fasi a cui si va incontro, nella curva.
L'attesa, la solitudine (perché - finché non ci si ritrova nella luce con le persone giuste è come essere davvero soli) e, infine, il peso di quell'attesa e di quella solitudine che ci abbandonano: è successo a James e Sirius e succederà anche a Fred e George di ritrovarsi, perché i fratelli non si smarriscono mai. Ma, prima, c'è questa attesa infinita, sia di chi va vi e sia di chi resta - ed è in questa attesa che sembra dilatarsi in eterno, è in questa separazione improvvisa che risiede tutto il dolore.
Io, come sempre, mi ritrovo a corto di parole, dopo aver letto qualcosa di così bello e - ancora - non posso che ringraziarti.♡

Recensore Master
25/07/20, ore 12:34

Ed eccomi qui, a leggere l'ultimo capitolo di questa raccolta stupenda, che avrà sempre un posto speciale nei miei ricordi.
Non so neanch'io cosa dire, temo di non essermi ancora ripresa dalla rilettura del capitolo precedente, però non voglio lasciare che trascorrano altre settimane (sono già terribilmente in ritardo!), quindi provo a mettere qualche parola insieme, nonostante sia difficile dare voce a sensazioni così forti, suscitate da parole che hanno un impatto emotivo fortissimo.
Credo che questa sia stata la perfetta chiusura per questo tuo cerchio. Torniamo alla saga, a ciò che accade, torniamo a Harry, ma lo facciamo attraverso gli occhi di James e Lily, occhi di genitori, che maledicono loro stessi per un istinto che è tanto umano da farli vergognare – perché sì, c'è un piccolo lato egoista che vorrebbe Harry con loro, di nuovo tutti insieme, in pace.
Ma loro abitano la luce, e l'egoismo nutrito dall'amore non esiste che per una manciata di secondi. Poi svanisce, lasciando spazio a un amore ancora più luminoso e totale, che sa di orgoglio per un figlio che ha scelto il coraggio, che sa d'affetto smodato per un figlio che un giorno – ma a suo tempo – tornerà da loro, e saranno di nuovo tutti insieme in quella curva della strada che rifiuta le ombre e affonda le radici in una serenità oltre l'umana comprensione.
In fondo, e nonostante tutto, questa chiusura dà speranza. Perché in questo contesto immaginario esiste questa curva, esiste un dopo, un luogo dove potranno ritrovarsi e camminare di nuovo insieme – per sempre. Perché lì, in effetti, tutto è verità e passaggio – e non esiste più dolore né menzogna, solo un andare avanti per non guardarsi mai più indietro. I tuoi personaggi, è vero, si guardano ancora indietro, nonostante tutto, ma solo perché hanno legami ancora troppo forti con ciò che esiste al di là del velo, e mi piace credere che la pace, quella più pura, attenda tutti e che prima o poi li abbraccerà per non lasciarli mai più andare via.
Sullo stile mi sono già espressa tante volte e anche in questi ultimi capitoli l'ho trovato evocativo – che sussurra più che dire, una maniera di narrare che ho trovato e ancora trovo perfetta per dare voce a una tematica così particolare, così in bilico tra ciò che esiste e ciò non è affatto.
Mi rendo conto che meriteresti una recensione migliore, di certo più articolata, ma io non ho veramente parole per esprimerti quando mi sia piaciuta questa raccolta e, soprattutto, quanto mi abbia emozionata.
Sono felicissima di averti affidato quel prompt, perché ciò che ha ispirato è assolutamente meraviglioso. Ancora una volta, quindi, grazie per averlo sviluppato e per averci regalato queste pagine stupende.
Un abbraccio, a presto!

Recensore Master
25/07/20, ore 12:18

Ciao, Greta.
Mi sono presa un po' di tempo prima di tornare tra queste pagine.
Non so se ricordi, ma ti avevo detto di aver letto questo capitolo appena pubblicato. Forse è troppo per me, proprio non lo so, perché il rapporto tra i gemelli è sempre stato uno di quelli che mi ha rapita di più e, di pari passo, la loro separazione – i loro binari paralleli – credo sia stata il risvolto di trama che mi ha colpita di più e che, a pensarci, trovo sia il più devastante tra tutti – limitatamente alla realtà cartacea della saga, ovviamente!
Sei stata bravissima a descrivere Fred senza citarne il nome neanche una volta: non usciamo mai dal punto di vista di James, che non sa ma intuisce, e il dolore di Fred, la sua anima spaesata, non è che un riflesso filtrato da altri occhi – e forse è meglio così, sarebbe stato troppo calarsi in lui e in quello che deve aver provato lì, su quella curva, in mezzo a quella luce, senza l'altro se stesso che non è un semplice fratello.
Più di ogni cosa, più delle mani annerite e della giovinezza incastrata in lui, quello che mi ha emozionata e al tempo stesso fatto male (proprio come quando leggo di lui nella saga) è questa separazione, questa consapevolezza che i gemelli – così uniti, così una sola cosa – siano condannati a esistenze separate. E lo credo bene, benissimo, che tutti quegli anni che li hanno visti divisi Fred li abbia trascorsi in attesa: da un lato sperando di non vederlo arrivare presto, dall'altro immagino sperando che il tempo trascorresse in fretta.
I fratelli trovano sempre la strada. Una frase bellissima, che detta da James è ancora più forte emotivamente. Lo credo anche io, e mi piace credere che si ritroveranno lì, su quella curva, e allora andranno avanti insieme, verso la luce.
Mi hai emozionata tantissimo.
A presto!

Recensore Master
21/07/20, ore 12:14

Prima Recensione Premio per il contest "3 Drabble, solo 3 Drabble per parlarti di me (e dirsi addio)

Ciao!
Voglio iniziare questa recensione da una grossa premessa (e perdonami l'enorme digressione): io non so come farò a recensire questi capitoli. Li ho letti settimane fa, tutti, e mi hanno fatto male. E' colpa tua se di recente ho ripreso a leggere storie sui malandrini, perché questa raccolta ha riaperto una specie di ferita dentro di me. No, non una specie: è da pazzi, ma è una vera e propria ferita. Harry Potter, per me, non è mai stato soltanto un libro. E' stato la mia unica realtà per molto tempo, il mio unico compagno durante gli anni delle medie. La sua storia è la mia storia, io l'ho vissuta insieme a lui, vivendola come se fosse reale, perché non c'era davvero niente al di fuori dei libri, per me. Ed è stato difficile dare un nome a questo sentimento fino a quando non ho dovuto fare i conti con il mondo della scrittura. Adesso so che per me Harry Potter non è soltanto un libro fatto di tanti personaggi: è la mia famiglia. Ed ecco perché leggere le storie dei malandrini mi fa tanto male. Potrebbe essere definito un dolore dolce, nostalgico, ma è davvero doloroso. E mi emoziona troppo, e mi toglie la capacità di mettere due parole di senso compiuto assieme. Quindi, scusami davvero se questa recensione non avrà senso.
Altra premessa doverosa: io, la raccolta, l’ho già letta tutta, ma le cose che ho da dire sono talmente tante che è impossibile per me racchiuderle tutte in una recensione. Ecco perché, al momento mi fermerò al primo capitolo (ovviamente sceglierò altre tue storie per le altre recensioni premio che ti spettano) e poi, con la mia calma e al di fuori di vincoli del contest, recensirò anche gli altri capitoli.
Iniziamo!

Inutile dire che il titolo e i personaggi hanno decretato la mia scelta.
Trovo che questo titolo, che dà il titolo anche alla raccolta, sia una verità che è presente anche nei libri, e che, più in generale, mi ha ricordato diverse opere che ho incontrato sulla mia strada. Mi ricorda quello che ha detto Silente nel primo libro, quando Harry afferma che Flamel morirà: Silente dice che per una mente ben organizzata, la morte non è che una nuova, grande avventura. Mi ricorda quando sia Silente sia Sirius, uno nei libri e l’altro nel film se non erro, dicono a Harry che le persone che amiamo non ci lasciano mai veramente, e che soltanto perché noi non le vediamo non vuol dire che non ci sono più. In sé, quindi, racchiude queste due verità: una nuova esistenza nella morte e la curva che nasconde alla vista chi passa oltre. Il titolo racchiude anche parte della tranquillità con cui una “mente organizzata” affronta la morte, e ben è affine alla consapevolezza determinata di James.
Insomma, trovo che questa frase, così come l’intera poesia di Pessoa sia cucita a regola d’arte per questo mondo e questi personaggi. E, ovviamente, tu sei stata bravissima a incastrare tutti i pezzi.
A modo suo, questa raccolta mi ha fatto pensare anche a “Ghost Whisperer - Presenze”, a quello che accade a Jim quando muore e raggiunge un lago dov’era solito andare a pescare con suo padre e dove suo padre lo portò quando il fratello era morto; ed è su quel “lago di luce” che Jim incontra il fantasma di suo fratello, che aveva aspettato tutto quel tempo (un tempo che per lui non ha avuto importanza perché al di fuori dei calcoli umani). Più avanti, per il ruolo che assume James per tutti gli altri personaggi (o quasi), mi ha ricordato la figura di un libro fantasy che io amo alla follia. E, quindi, niente, ho adorato la personalità con cui hai affrontato questo tema (cosa ci aspetta al di là della morte) e il modo in cui hai saputo rendere originale gli elementi del genere.
Mi piace che tu abbia ripreso lo sfondo della stazione di King’s Cross. Nella saga – così come nella serie che ti ho menzionato pocanzi - si lascia intendere che il luogo di passaggio, quell’anticamera tra vita e morte, è un luogo soltanto di luce, e la luce prende la forma più adatta alla persona che l’attraversa, la forma che più rappresenta un luogo di passaggio per tutti noi, per accoglierci e farci sentire subito a casa. Per Harry, quel luogo è sempre stato la stazione di King’s Cross, il luogo dove tutto è iniziato, quello che ha segnato veramente il suo prima e il suo dopo, quello che per primo ha lenito il suo vuoto. Ecco, mi piace che tu invece lo abbia fatto diventare un must, un luogo simbolo non del personaggio ma dell’atto messo in corso. La stazione di King’s Cross rappresenta, nella tua storia, un luogo di scambio e passaggio, da cui partire e tornare e aspettare. È la metafora del treno come mezzo di connessione e di viaggio che qui in questa raccolta conta.
Leggendo la raccolta non ho prestato troppo caso allo stile in generale, ho letto davvero perché i personaggi e i loro incontri mi hanno avvinto, quindi al momento mi limito a commentare lo stile di questo primo capitolo.
È uno stile impregnato nella concentricità. È uno stile che si piega, esattamente come la curva della strada. Dico questo perché hai volutamente utilizzato diverse ripetizioni, che rendono quasi una “litania” il testo. Non che sia una litania, attenzione (faccio fatica a spiegarmi), ma c’è proprio questa sensazione di curvarsi, di fare un passo indietro per poi fare due avanti e di lato, e così via.

- James apre gli occhi su un nulla fatto di luce: il nulla non dovrebbe essere fatto di niente, non dovrebbe essere fatto affatto, ma, in qualche modo, è. → C’è la parola “nulla” ripetuta due volte, un “niente” che fa sentire la sua similitudine con esso. L’intero pensiero è un dondolarsi, un passo indietro e due avanti, come se i pensieri stessi di James faticassero a concepire il concetto.

- Ed è luminoso, e nella luce la sua paura si scioglie in un nodo di rimpianto lievissimo. → Stessa cosa qui. L’assonanza tra “luminoso” e “luce” riprende questa sensazione del dondolio, del procedere con passo altalenante.

E continui così anche in terza frase in cui riprendi la parola “rimpianto” portandola a capo verso, e che si ripete fermandosi soltanto prima delle ultime tre righe. È uno stile che vuole trasmettere tranquillità e spaesamento insieme. Uno stile concentrico che ben si addice a questo sfondo mutevole, più che onirico io lo definirei “non corporeo”, ma non dà l’idea di sogno, è una realtà non tangibile ma allo stesso tempo reale, in cui l’incorporeità di James, all’interno di questo sistema, proprio perché è fatto della stessa sostanza del mondo, diventa reale, concreto. Il tangibile assume un altro significato. È uno stile che si solidifica soltanto nella personalità del personaggio: infatti, le ultime tre righe spezzano la catena, sono impregnate di un tono dolce amaro, ma sicuro, fermo, deciso, così com’è la personalità di James. In questo modo, seppure la realtà in cui si muove è una realtà in bilico come i binari su cui lui poggia i piedi, James è reale, esiste, si concretizza nel suo carattere, nei suoi pensieri, nel suo modo di far fronte alla situazione.

- Ma James ha sempre preferito mettere un passo davanti all’altro → Mi piace l’uso di questa figura retorica, di cui in questo momento non mi sovviene il nome, dove “passo” dovrebbe stare per “piede” (di solito si dice o “mettere un piede davanti all’altro” o “fare un passo dopo l’altro”) ma qui sembra assumere un doppio significato, più simbolico: ogni passo sembra racchiudere una tappa della vita di James, i suoi traguardi, le sue sconfitte, le sue conquiste, i suoi errori. Inoltre le ultime tre frasi sono quelle che mi hanno straziato, perché nella loro linearità e semplicità hanno racchiuso l’intero personaggio, la sua essenza. James è genuino, onesto, ha sempre lottato per conquistare quello che voleva, non ha cercato mai scorciatoie nella vita. La vita l’ha presa di petto e l’ha percorsa con la grinta del leone, baldanzoso sì, ma anche determinato, desideroso di viverla, di assaporarla. Con la sicurezza degli ottimisti, ma non degli sciocchi. Il primo pensiero concreto è per la sua Lily, il suo più grande tesoro, la sua metà. A volte si pensa che l’anima gemella ci renda sdolcinati, smielosi, che quando la si trovi scoppino i fuochi d’artificio. Io penso che loro siano invece il miglior esempio di anima gemella, perché nel trovare Lily, James ha trovato la pace, la consapevolezza di sé e del mondo.

Altrettanto bella è l’espressione “articolarsi di luce” in cui il verbo “articolare” assume entrambi i significati: sia quello inerente ai movimenti, sia quello inerente al suono. La luce, nella sua enigmatica funzione ed essenza, riesce a esprimere un concetto che è sensazione e suono allo stesso tempo.
Lo stile si adatta anche al personaggio: leggendo, ho avuto l’impressione di guardare attraverso gli occhi di James. Occhi tranquilli e spaesati, ma anche curiosi, acuti, che si riempivano di meraviglia e consapevolezza allo stesso tempo.

- Il rimpianto è come la carezza di sua madre sul viso → Anche questa frase dà la giusta definizione di James. James saluta il rimpianto così come il suo antenato, nella storia dei tre fratelli, saluta la morte: come una vecchia amica, o come il gesto affettuoso di una madre. Qualcosa che sembra, James, conoscere bene e con la quale accetta di convivere; anzi, è felice di convivere, in un certo senso. Perché quel rimpianto sta a significare che lui è vissuto, ha sbagliato, ha cercato di correggere i suoi errori, di diventare migliore. James, in altre parole, non ha paura di guardarsi allo specchio.

Per farla breve, è uno stile particolarissimo e assolutamente perfetto, direi geniale, per il contesto. Quindi ottimo lavoro, ammiro davvero la cura con cui hai saputo piegare la forma scritta all’ambientazione.
È un mondo che si fatica a comprendere, e ci sta quindi che alcuni gesti risultino enigmatici. Ho come l’impressione che dietro a “Si morde un polso, James” ci sia un significato profondo dietro l’atto del mordere (e vorrei tanto che tu, se vuoi anche in privato e semmai riuscirai a leggere questo mio delirio, mi spiegassi, quanto meno dal tuo punto di vista, di scrittrice). A me ha fatto pensare al recidere lasciando i segni. Nel senso, se James avesse voluto spezzare semplicemente l’ancora, liberarsi del rimpianto, avrebbe “spezzato il filo di luce che gli legava i polsi”, mentre il mordere mi dà l’idea di qualcuno che richieda spazio per muoversi ma che non vuole del tutto spezzare quel legame. È un gesto di ribellione, di rabbia anche, di forza di volontà, ma è anche la presa di responsabilità di chi non vuole voltare le spalle al rimpianto ma ha il coraggio e si assume la responsabilità di conviverci. Mordere lascia un segno, ecco. Ma è anche l’espressione di chi ha sempre guardato avanti nella vita, di chi vuole vivere anche nella morte, di chi non ha paura.
Non si volta due volte, James. Non ne ha bisogno. Lui sa che deve andare avanti, la sua strada prosegue con una curva e non intende imboccarne un’altra (rimpianto sì, ma non pentimento, lui non torna indietro) lui vuole andare avanti. Non ha paura dell’ignoto, per un malandrino, la morte non è altro che l’ennesima, emozionante avventura (giusto per parafrasare SilenteXD).
Credo che tu sia riuscita a descrivere il James 22enne. Non più il ragazzo arrogante ed esuberante, addosso lui ha i segni della maturazione, della guerra, del dolore, eppure c’è anche il James curioso, determinato, buono. C’è la forza di volontà dei suoi giovani anni, la morte sembra aver rinvigorito il suo cuore di grifone. Nella morte, la sua essenza brilla per quello che è: lui è il cuore, è l’ottimismo, la forza e il legame del gruppo. Lui è il capitano, e i capitani camminano sempre avanti. Sei stata davvero bravissima a far emergere quest’essenza pur racchiudendola con quei lacci che sanno di adulto, di padre e di marito, di un uomo che ha vissuto.
Basta, mi fermo, se non continuo con sta litania. La storia è già tra le preferite, da lì non si muove più. Complimenti per questa raccolta e per questo primo capitolo davvero particolare, suggestivo e convincente. E complimenti per questa caratterizzazione perfetta di James, il ruolo che gli hai conferito è il miglior riconoscimento che potevi dargli. Grazie.
A presto!
(Recensione modificata il 21/07/2020 - 12:15 pm)

Recensore Master
18/06/20, ore 15:40

Ciao! Eccomi finalmente a terminare questa splendida raccolta: devo dire che ci vuole un mood adatto per farlo, perchè inevitabilmente al termine del percorso il cuore mi si stringe. Sì, anche se l'immagine finale è su James e Lily. Parto dal dirti che ho apprezzato molto la "cicrolarità" tra inizio e fine: nel primissimo frammento james aspettava Lily, ora - dopo aver illustrato tanti altri personaggi e incontri - torni a parlare di loro e mostrarceli insieme mentre si tengono per mano.
Mi sono piaciuti moltissimo i rimandi simbolici ancora una volta grazie al tuo sapiente uso lessicale, in particolare:  "carezze di giglio" che è un'espressione poetica ma densa di significato. In questo frammento finale i nodi vengono riavvolti: James e Lily pensano a Harry e in questa prospettiva l'idea di "passaggio" viene enfatizzata sia dall'impossibilità di guardare oltre la curva, che dall'immagine di Harry stesso che torna a respirare.
La curva della strada s’è fatta più stretta: è un velo fatto di stelle cadenti - In questa frase ho visto un riassunto del percorso splendido che hai illustrato; la curva è stretta non solo perchè oiù vicina, ma in qualche modo forse anhce perchè più affollata e il velo di stelle cadenti ancora una volta mi fa pensare a Sirius (ma anche a Regulus). 
Hai fatto un lavoro davvero preziosissimo, ho amato ogni frammento e ogni parola.
Baci e a presto!
 

Recensore Master
16/06/20, ore 13:26

Eccomi arrivata a quest'ultimo capitolo.
La tenerezza di Lily e James che sono lì in piedi con quella colpevole trepidanza per cui nessuno potrebbe mai condannarli, mentre sentono Harry che si avvicina sempre di più, che però si conclude con un incredibile, doloroso ma bellissimo senso di sollievo quando si rendono conto che non li raggiungerà, non in quel momento almeno.
Credo che tu abbia rappresentato la dicotomia del voler avere accanto a sè le persone che si amano ma allo stesso momento desiderare che ce la facciano, che prendano la loro strada, nel modo più delicato, bello e realistico possibile: lasciar andare e scendere a patti con il fatto che quella sia la cosa migliore non è affatto semplice, ti distrugge perchè il senso egoistico di rimanere legato a qualcuno è troppo profondo e sincero per essere completamente biasimabile, ma sai che la scelta giusta è un'altra e devi tirare fuori una bella dose di coraggio per convincertene. Come Harry al binario appunto, parla a lungo con Silente, un po' tentenna, ma ha sempre saputo quale fosse la cosa giusta da fare e alla fine, dopo qualche direzione, è riuscito ad imboccare quella via.
In quel "lui ha scelto il coraggio" si percepisce quanto siano fieri di Harry, del fatto che non abbia mollato, che nonostante tutto non si sia mai dato per vinto. Un po' mi fa strano perchè James e Lily hanno ventun anni, la mia stessa età (io li compio tra cinque giorni in realtà, ma la sostanza non cambia) ma mi sembrano così "adulti"...forse è l'effetto che fa avere un figlio (cosa per cui spero di non dovermi preoccupare per i prossimi dieci anni).

Adesso vado a dare un abbraccio ai miei genitori sperando che non mi venga il magone nel durante.
Grazie davvero per aver portato a termine questa storia: immagino sia stato parecchio difficile, ma sei stata eccellente, davvero incredibile!

A presto,
Em

Recensore Master
16/06/20, ore 13:13

Arrivo con un ritardo spaventoso, ma ho concluso giusto un'oretta fa l'orale di un esame bello grosso durante il quale mi ero imposta di non leggere nulla che potesse turbare il mio precario stato mentale, ma adesso ho l'adrenalina ancora in botta, quindi sono una donna forte in grado di affrontare questa recensione.
Bugia, Em, bugia. Okay lo ammetto, non sono per niente capace di non commuovermi davanti ad una perla simile: è praticamente la raccolta delle morti potteriane che mi hanno distrutto i canali lacrimali e che mi hanno fatto innaffiare i libri senza alcun ritegno.
Mi hai fatta crollare già nella seconda riga, a quel "infanzia ancora impigliata nell'ombra della sua ultima risata", che è una frase di una drammaticità e di una poesia dirompenti, quel genere di parole che ti tolgono il fiato lasciandoti lì a boccheggiare impotente con gli occhioni spalancati.
Capita spesso di leggere storie riguardo a come George ha affrontato il dolore della perdita di Fred (forse più di vederne, perchè per ragioni di conservazione della mia salute mentale evito spesso di leggerle) e anche io ho letto qualche drabble sui Malandrini che accolgono il gemello, ma questa è diversa: non c'è quell'assurdo "bella fratello, andiamo a fare casino" che si vede spesso, quasi come se quello che si è lasciato indietro fosse stato dimenticato in tre secondi. C'è il dolore, la rabbia di Fred e la sua preoccupazione per il gemello da cui è stato ingiustamente e bruscamente separato, la frustrazione all'idea di non poter essere con le persone che ami, cioè tutte quelle reazioni umane (anche se forse qui bisognerebbe parlare di spiriti, ma passami il termine più concreto) che anche quando sono strazianti sono belle da leggere perchè incredibilmente vere.

James è stupendo, veramente fantastico e questo mi fa venire ancora più voglia di mangiarmi le mani al pensiero di che padre incredibile sarebbe stato per Harry (grande Em, butta benzina sul tuo fuoco sentimentale, oh potente maestra di self-care). Credo che si sia comportato nel modo giusto con Fred: non l'ha pressato, gli ha semplicemente parlato a cuore aperto (il dettaglio che da quando Sirius, che è suo fratello argh il mio cuore, si è unito a lui l'ombra pesa un po' di meno merita il titolo di massimamente poetico sappilo...sappilo e pentiti per il sigulto da animale ferito che mi ha fatto emettere XD), lasciandolo poi solo con i propri pensieri. Alle volte fa bene lasciare in pace qualcuno, evitare di stargli addosso con gli incoraggiamenti perchè siamo umani, abbiamo paturnie e pensieri che a volte dobbiamo riuscire a processare prima di essere in grado di esporre ad alta voce.

Niente, chiedo perdono per questa...questa qualunque cosa sia (forse lo sfaso di una studentessa sull'orlo della follia) e ti rinnovo i miei complimenti perchè ogni capitolo di questa storia è sì un colpo al cuore, ma anche un piccolo e prezioso gioiello che, quando una volta assimilato, so mi ritroverò a leggere di tanto in tanto con piacere.
Un abbraccio,
Em

Recensore Veterano
11/06/20, ore 23:17

A morte é a curva da estrada,

Morrer é só não ser visto.

Se escuto, eu te oiço a passada

Existir como eu existo.

A terra é feita de céu.

A mentira não tem ninho.

Nunca ninguém se perdeu.

Tudo é verdade e caminho.



Cara Blackjessamine,



Confesso che sono giorni che mi ripromettevo di ritagliarmi il giusto tempo per scriverti con la dovuta calma. Perché, come annunciato, sono passata a leggerti; e l’ho fatto con un piacere che è andato ben al di là delle aspettative.



Pessoa, in tutte le sue penne, è una moltitudine di autori che amo molto. Così come amo le storie meditative, ritagli in prosa più di concetto che d’azione, benché raramente mi capiti di imbattermi in lavori di questo tipo – dunque, ti ringrazio con particolare calore di averne scritto uno tanto bello.



La morte, in letteratura, poi, è un canto di sirena. E la morte per i morti è altrettanto interessante da raccontare dell’effetto che la morte ha sui vivi; è tanto più insolita, del resto, con le ovvie celebri eccezioni. Il tono onirico e quasi astratto, tra il sogno e la meditazione, per cui hai optato, è una scelta giusta, la scelta giusta, assolutamente, come lo sono le scelte perfette e necessarie.



Ti lascio, dunque, un pensiero complessivo qui sul capitolo finale perché  si addice bene ad  una storia sulla fine, sul post-fine. Come il nastro continuo di un paio di binari che, prima o poi, arriveranno in stazione, non voglio spezzettare questa aggraziata strada ferrata che hai tracciato e scorre quasi quieta, un novello Lete che, in luogo dell’oblio, infonde una strana quiete, un dolce distacco non scevro di rimpianto, del peso di un rimorso, una vergogna (ah, Peter!). Ed è un fiume carsico, questo tuo lavoro, che accompagna in parallelo, sotterraneo, la cronologia dei fatti tra la fine della prima e della seconda guerra contro Voldemort che abbiamo seguito lungo il filo della vita di Harry. Come un fiume carsico, ci mostri, ci lasci esplorare le parti che contano, accompagnando i primi passi ed i passi importanti di chi segue i binari. C’è un senso di fluire e di continuità –  tra la vita e la morte, tra le esistenze di quelli che si incontrano, lungo questa strada ferrata su cui non ci si può perdere. C’è soprattutto un senso di quiete – non sempre di pace, non necessariamente, né di  serenità; ma quasi di riposo, ché in fondo questa morte è un eterno riposo passeggiando.  C’è un sentimento di distacco sottile, lirico, come un velo, in questi defunti, d’un camminare comunque, lasciandosi l’orizzonte alle spalle; senza dimenticare, ma con la certezza ché alla fine tutti quelli che si sono lasciati ci ritroveranno  lungo la strada o a destinazione. Hai tinto l’ineluttabilità della morte di una pacata speranza, di una dolcezza  che non ha bisogno di slanci di fervore. L’essenzialità della costruzione e della tua prosa tratteggia alla perfezione ogni capitolo, essenziale, incisivo, in una serie di  piccole acquaforti tematiche, dove ogni linea conta ed è il risvolto di un’immagine in negativo. Ogni giro di frase è limato, curato, detto come non potrebbe essere stato detto altrimenti; il risultato è una prosa poetica – per merito tuo, non solo del Pessoa di fondo – in ogni parola è nel suo luogo naturale, ogni verso risuona. È tutto immensamente delicato e profondamente toccante. È tutto verità, lungo questo tuo cammino.

Non mi capita spesso di leggere lavori così ambiziosi e così riusciti, su cui indubbiamente ritornare.

È stato davvero un piacere!



 

Recensore Veterano
11/06/20, ore 19:03

Ciao, rieccomi!
Sono così contenta che tu abbia inserito anche questa "morte", ci voleva proprio il tuo tocco magico anche relativamente a questo episodio.

In questo brano sei stata, se possibile, ancora più criptica e poetica rispetto ai precedenti (solo ad autrici brave come te riesce bene essere, al contempo, enigmatiche ed evocative, senza creare mucchi di parole senza capo né coda, ma - al contrario - gravidi di carica poetica!^^) e temo di non essere all'altezza di un'analisi dettagliata.
Non che ci riesca di solito, ovviamente, ma questa volta risulta ancora più arduo.

Forse, quelle che mi sono risultate più "immediate" - relativamente, almeno - sono le parti di James e Lily.
Per James, come non apprezzare il riferimento delicato alla tanto declamata somiglianza fra lui e il figlio, che però tu definisci teneramente "riflesso imperfetto". Teneramente perché, agli occhi di James, la perfezione in ogni cosa la aggiunge Lily (anche in questo caso) e tu lo hai sottolineato.

Nel caso di Lily, invece, questa frase mi ha intristito profondamente: 《Diciassette anni si riempiono con ricordi e rimorsi, con sussurri affidati ai sogni e sospiri struggenti.》 Mi ha fatto pensare alle rarissime interazioni fra madre e figlio nel corso della saga: Harry che sente la voce della madre solo negli incubi, una voce congelata nei suoi ultimi, disperati istanti di vita, o in occasioni rarissime, come nel cimitero di Little Hangleton, quando le bacchette di Harry e Voldemort si connettono.
Ecco, sono immagini struggenti di un rapporto "impigliato", come dici tu in maniera sublime: un rapporto monco, che non ha avuto la possibilità di dispiegarsi come avrebbe dovuto e Lily, col suo dolore di madre, ne avverte tutto il peso anche lì, anche dopo la curva.

Nel caso di Remus e Sirius, invece, ammetto che sono i protagonisti dei brani il cui senso mi sfugge maggiormente, ma - in un certo senso - non mi dispiace. Non mi dispiace loiché sono anche i brani più suggestivi, in cui hai ricreato vere e proprie "atmosfere esistenziali" (si può dire?): nel senso che, con le tue parole calibrate e accurate, per entrambi hai creato due atmosfere differenti - un ambiente "boschivo", una selva, da un lato e, per Sirius, un universo d'argento e di stelle - eppure, nel singolo contesto, nella singola atmosfera, è come se tu avessi inserito anche tutte le loro esperienze di vita (come nel caso di quel:《Respirare è sempre stato come annegare》 che, volendo, lo si può collegare al brano precedente e, in genere, al drammatico contesto dei fratelli Black).

Insomma, come sempre, la tua bravura è immensa e il linguaggio a mia disposizione è troppo limitato. Ma, anche stavolta, volevo lasciarti un piccolo segno del mio apprezzamento.
Ora vado, a presto!♡

P.S. Ah, volevo cogliere l'occasione per ringraziarti. Non solo per questa raccolta tanto bella, ma anche perché - leggerti - è stato per me fonte d'ispirazione già un paio di volte. Infatti, credo che sia stato il tuo favoloso brano, il precedente ("La terra è fatta di cielo"), e l'unica altra tua storia che sono riuscita a leggere, oltre a questa raccolta (la straziante e bellissima "Ci saremmo comunque incontrati sul fondo del lago", che mi ha tolto il respiro e, per forza di cose, è finita dritta dritta nelle preferite), a farmi venir voglia di scrivere - rispettivamente - di Regulus e di Cedric. Non che io sia tanto ingenua da credere che tu sia in qualche modo raggiungibile, però, ecco, mi andava di ringraziarti.

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