Recensioni per
La consapevolezza di Gellert
di JenevieveEFP

Questa storia ha ottenuto 1 recensioni.
Positive : 1
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
14/04/20, ore 18:04

Valutazione del contest Citazioni in cerca d'autore (Oscar edition) – II edizione

Grammatica: 9.1/10

Ottima, ho rintracciato solo qualche svista:
“davanti alle caramelle e il suo sorriso gioviale”: -0.20; “al suo” anziché “il suo” in coerenza a “davanti a” che regge l’espressione.
“perché dopo poche settimane, Gellert s'era convinto”: -0.50; la virgola che precede “Gellert” tronca la frase principale che è “perché Gellert s’era convinto”, di conseguenza va omessa (oppure ne va aggiunta un’altra dopo “perché” al fine di creare l’inciso.
“Perché alla fine l’aveva capito quel sentimento senza nome, l’unico che avesse mai provato”: -0.20; manca una virgola dopo “capito”. In questo caso, infatti, hai fatto ricorso a una frase marcata, con ripresa dell’oggetto (“quel sentimento senza nome”) attraverso il clitico “lo” (in “L’aveva capito”), di conseguenza è necessario isolare il referente del clitico attraverso le virgole.

Stile e lessico: 6/10
Iniziando in questo caso dal lessico, hai scelto un registro linguistico tendente nel complesso all’italiano d’uso medio, una scelta più che valida, ma che rapportata ai personaggi del tuo racconto ho trovato un po’ inefficace, nella misura in cui né il discorso indiretto né quello diretto riescono a evocare il tempo e il tenore dei protagonisti, che appartengono alla categoria degli “straordinari”. Tuttavia, questo tratto non ha inciso molto sulla valutazione, perché mi rendo conto che costruire un’atmosfera “ordinaria” (intesa come quotidiana) sia stata l’idea alla base del tuo racconto.
Al di là di questo discorso generale, ti riporto solo dei piccoli appunti.
L’uso di “Silente” anziché “Albus” in “Giorno dopo giorno era sempre più certo che con Silente fosse stato un incontro fatale” non è la scelta migliore, perché contrasta con l’atmosfera confidenziale del racconto e col punto di vista interno, che è quello di Gellert – che non si può rivolgere al suo amico-amante col cognome.
L’altro dettaglio è relativo all’uso della d eufonica nei casi in cui non vi sia il susseguirsi della stessa vocale (come ad esempio in “ad interrogarlo”, dove alla “a” segue la “i”, quindi non c’è rischio di cacofonia): il suo uso in questi casi è ormai “bocciato” dalla prassi editoriale e considerato residuo arcaico, o comunque tratto ricercato e/o proprio di un registro specialistico, di conseguenza poco adatto al contesto lessicale del tuo racconto, che è nel complesso semplice e immediato. Sempre per questo motivo, anche elisioni come “La speranza d'un mondo” appaiono poco coerenti, perché proprie di un registro più ricercato.

Arrivando allo stile, hai scelto di narrare in terza persona e al passato, affidandoti al punto di vista interno di Gellert. Nel complesso, la storia risulta scorrevole e godibile, la sua struttura fa da ottima cornice al momento descritto, riuscendo a incupirsi in conclusione, quando l’ambientazione muta e la leggerezza sussurrata dalla gioventù è ormai un ricordo lontano.
Tuttavia, ho ravvisato degli elementi a mio parere meno efficaci, che indeboliscono alcune sfumature del testo e il suo impatto emotivo sul lettore. Ti riporto i singoli casi per facilitarci:

• “Caramelle? Dopo disquisizioni su Doni della Morte e dominio del mondo, Albus gli stava davvero offrendo delle caramelle?”: questo è l’incipit del racconto, che a mio parere è un po’ debole per ricoprire questo importante ruolo, perché non ha forza attrattiva nel contesto di una storia che propone tra i generi “drammatico”. Le domande retoriche, in generale, sono sempre una lama a doppio taglio, e utilizzarne due per aprire un qualsiasi tipo di testo può essere penalizzante, soprattutto se il testo in questione non si ascrive al genere “commedia”, che presuppone un’atmosfera più leggera e scanzonata. C’è poi la questione contenutistica: l’immagine suggerita, quella di caramelle che distolgono i personaggi da discorsi più elevati, è simpatica e può anche rubare un sorriso, ma inadatta ad accogliere il lettore di una storia drammatica (che accompagnandosi a generi quali “sentimentale” e “romantico” promette di trattare un amore complesso, cupo, problematico).

• «“Mi avevi detto di non aver mai assaggiato le Tuttigusti+1.” sorrideva»: questo punto non ha inciso sul punteggio, è solo un consiglio! Non esistono regole per l’uso della punteggiatura nei dialoghi, quindi ognuno può gestirla come crede, ti consiglio però di evitare la lettera maiuscola dopo il punto fermo, perché – almeno a memoria! – è una scelta stilistica che non ho trovato in nessuna pubblicazione. Però, ripeto, è un semplice consiglio che esula dalla valutazione in sé.

• “negli occhi aveva la stilla indomita d’infanzia di chi se l’era goduta ben poco”: la sintassi di questa frase, a una prima lettura, non è chiarissima, con la conseguenza che comprendere il significato dell’espressione risulta ostico. Il problema è che collegare “infanzia” a “di chi se l’era goduta” non è così intuitivo (malgrado la presenza del clitico di ripresa) e ciò perché “d’infanzia” non è percepito come sostantivo, ma come attributo di “stilla indomita”. Se ad esempio la frase fosse stata “negli occhi aveva la stilla indomita di chi, l’infanzia, se l’era goduta ben poco”, non ci sarebbe stata confusione. Ho deciso di riportarti la questione qui e non i “Grammatica” perché non l’ho considerata una svista grammaticale, ma una scelta stilistica.”

• “Per Albus, Gellert era stato un raggio di luce nel gelo cupo calato alla morte della madre. La speranza d'un mondo in cui Ariana sarebbe stata più libera e lui di conseguenza. Quel ragazzo era un suo pari: geniale, acuto, divertente”: qui il punto di vista interno cambia improvvisamente, passando da Gellert ad Albus, per poi tornare a Gellert a distanza di qualche riga. A eccezione dei casi in cui il testo è strutturato su più punti di vista, è sconsigliabile mutare focalizzazione da un capoverso all’altro, si rischia di stranire il lettore e penalizzare la coerenza interna della narrazione.

• “‘Vomito... rifiuto?’ Pensò fatalmente Gellert, ma si rifiutò di accettarlo”: questa riflessione del personaggio dovrebbe essere impattante sul lettore, perché implica un presagio, ma fatica a esserlo perché non è messo in evidenza da nessun escamotage stilistico che avverta il lettore di prestarvi grande attenzione. Ed è un peccato, perché la capacità divinatoria di Gellert è uno dei tratti caratteristici del testo.

Aggiungo un ultimo commento sulla conclusione: è di impatto e dà una svolta inaspettata alla narrazione, catapultando il lettore in un contesto arido, futuro, che appartiene a un Gellert ormai adulto e finalmente consapevole dei propri errori. Quindi, come scena conclusiva è davvero ottima. Ciò che convince un po’ meno è la sua frase di apertura, Gellert si svegliò, che alludendo a un risveglio genera un dubbio: quanto letto in precedenza è da catalogarsi come sogno o come fatto realmente accaduto? Personalmente, ho creduto che la tua intenzione fosse quella di far capire che nei sogni Gellert rivive ogni volta stralci del passato con Albus – quindi quanto avviene nel passato è sia un sogno che un ricordo. Tuttavia, il consiglio che mi sento di darti, sempre che tu voglia accettarlo!, è quello di palesare sempre il passaggio da sogno a realtà (nel caso si trattasse di un sogno) oppure di non introdurre una nuova fase temporale con frasi che alludono al sogno e al risveglio (nel caso il testo fosse semplicemente diviso in una scena passata e in una presente).

Ho finalmente concluso! So che nell’insieme possono sembrare tanti appunti, ma in realtà sono solo piccole annotazioni sui dettagli del testo che a mio parere sono un po’ meno efficaci di altri. Nel complesso – lo ripeto – il racconto risulta godibile. La media dei pro e contro mi ha convinta ad assegnare 6/10 in questo parametro.

Titolo: 4/5
La consapevolezza di Gellert è un titolo che ho trovato in linea con il contenuto della storia, il cui reale significato è tutto concentrato nella conclusione, dove Gellert a distanza di anni – e complice la lunga e tormentata prigionia – prende consapevolezza di sé e dei propri errori, finendo col rifiutare a Voldemort il proprio appoggio. Da questo punto di vista, quindi, è un titolo riuscito, perché coerente al racconto che anticipa.
Il motivo per cui il punteggio non è superiore a 4/5 è che, di contro, non riesce a essere particolarmente incisivo: se ne comprende il fascino a fine lettura, ma come “biglietto da visita” trovo sia poco accattivante, perché a impatto dà l’idea di un titolo generico, che suggerisce poco sul tipo di storia che si avrà dinanzi. A parte questo, però, non ho nessun appunto da fare sul titolo – che citando il personaggio protagonista può anche attrarre lettori interessati –, quindi il punteggio resta alto!

Utilizzo del prompt: 5/10
Hai scelto il prompt S’erano ritrovati ingabbiati in una passione peccaminosa, un sentimento senza nome, inserendolo anche fisicamente nel testo. Ho riletto la tua storia più volte per valutare questo paragrafo, ma purtroppo non sono riuscita a rintracciare nel prompt il filo conduttore del testo: al di là del momento in cui viene citato, oserei dire che il suo significato è assente. La “passione peccaminosa” che “ingabbia”, cui non si riesce neanche a dare un nome, manca tra le tue righe, nonostante lasci intuire l’amore che lega i tuoi personaggi – e forse il punto è proprio questo: leggendo la prima parte del racconto, emerge più un amore “innocente” (almeno così traspare dai pensieri e dalle parole di Gellert e Albus) che una passione in grado di schiavizzare anima e corpo.
La conclusione, dove la “passione” diventa il “sentimento” che Gellert chiama “amore”, sarebbe stata un’evoluzione perfetta per il prompt, se solo in precedenza fosse stato presente il cuore della citazione, che è la passione che ingabbia e schiavizza. Di per sé, la conclusione fotografa davvero un’immagine bellissima, soprattutto se associata alla redenzione del mago oscuro, peccato che manchi l’altra parte, quella che parlando di una “passione peccaminosa” allude a sensazioni ed emozioni incontrollate, implosive, il cui unico limite è dato dalla gabbia stessa in cui incatenano coloro che le vivono.
Mi dispiace non assegnare un punteggio più alto, ma ho reputato che la metà del punteggio, 5/10, per i motivi citati fosse la valutazione più giusta.

Caratterizzazione e IC dei personaggi: 6/10
Nonostante la scelta della coppia, emerge quale protagonista indiscusso Gellert, che si impone sia attraverso la focalizzazione della narrazione, sia attraverso la scena conclusiva, dove Albus non è altro che un ricordo.
Iniziando proprio da Gellert, devo dire che non mi ha convinta del tutto, perché ci sono alcuni aspetti che per la mia comprensione del personaggio risultano OOC.
Uno è legato alla visione che Gellert ha di Albus, che descritto con parole come “Albus sarebbe divenuto luce, restauratore del mondo dopo la devastazione” veicola l’idea che Gellert e Albus siano ai poli opposti della scala di valori: il primo è il buio, il secondo è la luce. Tuttavia, stando a quanto emerge dal settimo volume (e da quanto racconta Albus stesso a Harry nel limbo), non sono stati questi gli equilibri tra i due: non l’uno che compensa l’altro, ma una comprensione immediata e totale, perché entrambi sono sulla stessa lunghezza d’onda – hanno idee gemelle, ambizioni simili, desiderio di sovrastare tutti gli altri. Gellert in Albus trova un pari, che poi in sé celasse più ombre di Albus non può essere che vero, ma nulla nei libri induce a ipotizzare che potesse vedere nell’alleato “una luce”, anche perché ciò che cerca è potere, non redenzione.
C’è poi la frase “dopo poche settimane, Gellert s'era convinto che levargli Ariana sarebbe stata una premura proprio come lavargli dalla bocca il sapore d'una gelatina sfortunata”, che lascia intuire che Gellert abbia consapevolmente colpito Ariana, ma anche questo è un elemento distante dal canon, dato che sappiamo sia caduta vittima di un litigio tra Aberforth e Gellert, cui si è poi unito Albus, e nessuno sa quale bacchetta l’abbia colpita.
Di contro, ho apprezzato l’elemento legato all’interpretazione dei presagi – non lo immagino fatalista, ma è uno dei maghi più potenti dell’universo potteriano ed è quindi possibile e coerente che avesse tali capacità! – e la conclusione, dove ti premuri di dare un perché al Gellert sdentato che ride di Voldemort e gli rifiuta la propria collaborazione.
Passando ad Albus, la sua caratterizzazione risente di quanto detto in precedenza, dato che lo vediamo attraverso gli occhi di Gellert. Aggiungo solo una piccola nota, legata alla frase Quel ragazzo [Gellert] era un suo pari: geniale, acuto, divertente: ciò che ho trovato un po’ fuori contesto è l’aggettivo “divertente”, dato che sappiamo cosa progettassero insieme i due maghi, mi stranisce l’immagine di un Albus che tra tanti pregi ne attribuisca a Gellert uno così distante dai loro propositi e dalla loro intesa.
In linea generale, trovo sia stata comunque brava nel mettere in luce la complicità tra i due, cercando di strizzare in cinquecento parole tutta l’evoluzione del loro tortuoso rapporto. Ciò che a mio parere manca sono le ombre, i lati più spigolosi di questi controversi personaggi. In coerenza al discorso fatto, ho scelto di assegnare 6/10 in questo parametro.

Totale: 30.1/45
(Recensione modificata il 14/04/2020 - 06:05 pm)