Terzo Posto
La ama(va)
Premio “Viceversa” per il migliore bilanciamento della coppia e il miglior connubio tra azioni e reazioni dei personaggi
di GiuniaPalma
Grammatica: 5/5
Non ho trovato errori grammaticali né sintattici. Complimenti.
Stile: 19/20
Lo stile è semplice, ben strutturato e si basa soprattutto su un gioco di affinità e contrapposizioni. Lo fa a livello strutturale, lo fa anche a livello di immagini. Ciò che colpisce, però, è la sua schiettezza, il modo diretto e pulito con cui presenta fatti, personaggi e, soprattutto, emozioni.
Lo stile è caratterizzato da periodi lunghi, uso di paratattiche e parentetiche. Questo contribuisce a rendere il testo “pieno”, corposo (l’impressione è che vengono messe in campo più di 500 parole); non ci sono frasi morte o di passaggio, e soprattutto l’impressione è quella di un testo aperto, chiaro (non cupo, che si richiude in se stesso). L’uso di parentetiche, poi, ti aiuta a stemperare l’idea di un testo troppo leggero, ma equilibra il tono narrativo, dando densità e incisività alle immagini evocative di sensazioni. Nonostante, poi, il lavoro speculare tra i paragrafi di cui parlerò a breve, lodo la capacità di non rendere forma dei periodi e espressioni mai uguali tra loro, ma hai saputo dare al testo versatilità di contenuto e di sintagma.
Ci sono diversi livelli in cui poter suddividere questa flash, e questo gioco complesso, a incastro, ha arricchito la struttura stilistica. Innanzitutto possiamo considerare la flash suddivisa in quattro parti, quasi del tutto speculari tra di loro, scanditi in primo luogo dai seguenti “espedienti” spaziali: la lineetta (nella frase di apertura e in quella di chiusura), l’aggettivo e il verbo in corsivo. La seconda suddivisione riguarda i tre paragrafi e avviene a livello d’immagini (l’affinità di un oggetto sempre presente nella mano di Davos) e un climax discendente: gli insulti non repressi, la furia trattenuta a stento fino ad arrivare al silenzio. Inoltre c’è quel “lei” ripetuto a inizio delle seconde parentetiche, che è quasi un’ossessione, ma anche una sollecitazione, quasi odiasse lei a prescindere, forse per i sentimenti che prova e che ignora. Come a dire “sempre lei”.
Infine abbiamo la terza suddivisione, che riguarda il primo e secondo paragrafo, poi, e mette in atto un gioco anche a livello argomentativo oltre che di ruolo: il verbo “incolpare” una volta riferito a Melisandre una volta a Davos; l’essenza disumana e l’apparenza umana; il ruolo del re; il gioco di personaggi morti e lei viva.
L’espediente però che colpisce in questo gioco di “specchi” e rimandi è proprio il momento in cui questo gioco di spezza, nell’ultimo paragrafo, non solo perché l’ultimo verbo, che sembra prendere le sembianze di un velo che avvolge l’intera flash, è posto visivamente a destra ed è messo in chiusura, ma anche perché dopo l’apertura di tre paragrafi con “il tentativo di ucciderla”, Melisandre muore e la caccia è, quindi, finita.
In conclusione, l’effetto che si viene a creare è quello di una matrioska stilistica. Complimenti, dunque, per la cura e l’esecuzione strutturale dell’opera: denota un lavoro attento e uno stile pulito, che lavora con la struttura piuttosto che con un uso massiccio di figure retoriche. In tal senso, il testo non manca di bellezza e sostanza, ma dona al lettore una lettura semplice e immediata senza mai essere banale o priva di carattere.
Il tono narrativo non si pone come obiettivo quello di esaltare dei sentimenti, piuttosto è distaccato, critico, descrittivo e cadenzato – nel senso che segue sempre un “ritmo”, una cadenza speculare tra i paragrafi, quasi una metrica in prosa. Lo trovo adatto a un narratore esterno, che utilizza, certamente, il punto di vista del personaggio di Davos, ma lo fa con sguardo analitico e distaccato. In tal senso, condivido la scelta di rendere quasi nulli i dialoghi e di lasciar parlare eventi e personaggio.
L’unico “neo” nel tono è proprio la decisione di inserire “a forza” la seconda lineetta nell’ultimo paragrafo.
- Se ne va dolcemente nell’alba gelida – bellezza che invecchia in un istante, rosso che si scioglie in neve bianca.
La Donna Rossa è scomparsa e a lui manca qualcosa – uno scopo, una nemesi, un colore. → Proprio perché l’ultimo paragrafo rompe questo gioco di specchi, io avrei evitato di “spostare” la parentetica in mezzo (mi riferisco al secondo trattino lungo, non al primo), soprattutto perché ne risente il tono, il quale fino ad adesso si era mantenuto scandito dagli stessi ritmi. Si ha un senso di ripetitività nell’intonazione, che secondo me fa perdere di eleganza alla varietà con cui hai portato avanti la narrazione.
Per accompagnare un simile narratore è importante l’uso di un lessico vario, espressivo e soprattutto mirato, al fine di rendere ogni singola espressione potente e chiara. In questo sei stata bravissima. A partire dalla scelta di aggettivi e verbi in corsivo, passando dalla sfera semantica più “astratta” quando devi descrivere Melisandre (ho notato una tipologia di termini che girano intorno l’occulto e il divino, come folle, magia, miracoli, essenza), per arrivare a termini specifici che richiamano molto bene il mondo e alcuni passaggi fondamentali della trama, come “notte oscura e piena di terrori” o la dicotomia “donna del fuoco” e “uomini di ghiaccio”. Quest’ultimo è un vero tocco elegante perché pone sempre su più livelli, come una matrioska, il dualismo: donna e uomini, uno e tanti, fuoco e ghiaccio. Altri passaggi degni di nota sono l’antitesi nella parte finale – rosso e il bianco – e l’ossimoro – alba gelida – e ancora l’affinità tra i personaggi dati dai verbi “scomparire” e “mancare”.
La punteggiatura è minima, semplice, scandisce bene il tempo e rispetta i vari legami sintattici. L’unico suggerimento che voglio darti riguarda questa frase:
- Suo figlio è morto e lei è viva a mormorare veleno nelle orecchie del suo re. → Io aggiungerei una virgola dopo “morto” per rendere il rapporto consequenziale dei due eventi, e soprattutto per dare una pausa al lettore che legge. Potresti aggiungerla dopo “viva”, se preferisci, ma io continuerei a seguire il rapporto speculare con gli altri paragrafi.
I generi sono stati entrambi trattati con profondità e attenzione. Ma se da un lato abbiamo un “drammatico” che permea l’intera flash in maniera preponderante, dall’altra parte l’introspezione non è mai immersiva, ma anch’essa passa da una forma analitica da parte del narratore.
Sviluppo del tema: 15/15
La prima cosa su cui mi devo complimentare è l’equilibrio che hai saputo dare alla coppia all’interno del componimento. Entrambi sono egualmente protagonisti e, ancor meglio, le azioni dell’una influenzano le reazioni dell’altro. Un complimento a parte va fatto al modo in cui hai saputo dare tanto spazio alla trama, rendendola veicolo di emozioni. In questo caso specifico, gli eventi sembrano avere il compito di “nascondere” le emozioni reali, questo amore che Davos prova, dietro a sentimenti più forti quali l’odio e il disprezzo e il desiderio di vendetta e giustizia.
Il momento dell’addio coincide con il momento della rivelazione, o meglio della presa di consapevolezza di Davos. Dico così perché l’impressione che ho avuto è stata quella di un’ossessione che – Davos consapevole o meno – ha avvolto il personaggio POV dall’inizio alla fine. Un’ossessione che in qualche modo nasconde interesse e attrazione, che li lega in maniera forse un po’ ambigua, ma sicuramente indissolubile.
Detto questo, la rivelazione – l’amava – ha la capacità i lanciare in due modi differenti una luce retrospettiva sull’intera flash. Da un lato la forma al passato esalta il fatto che la consapevolezza sia giunta quando ormai è troppo tardi, lei non c’è più e Davos finalmente le riesce a dare un nome proprio a partire dalla mancanza, quasi come una scritta sommersa completamente i cui contorti si scoprono solo quando ciò che la inabissava si è prosciugato. L’odio copriva tutto, e adesso che non c’è più l’incisione della parola amore è ben visibile. Dall’altra parte, poi, la sua collocazione a destra rispetto l’intero testo ha la capacità, come credo di aver preannunciato prima, di avvolgere come un velo l’intera flash, dando l’impressione così che questo sentimento, appunto era sempre stato lì. Sembra dire: Davos l’ha sempre amata. Quindi l’amore non è solo qualcosa di totalizzante, ma è anche qualcosa di perso per sempre. Tutto questo non fa che aumentare lo struggimento alla base di questa separazione.
Il momento dell’addio riesce, nella sua staticità – Davos guarda e basta – a essere alienante quasi, ha la potenza di chi lascia andare, resta fermo e non fa nulla, né per attuare né per impedire ciò. Inoltre quel “sola” non indica solo, secondo me, il fatto che non sia Davos a farlo, ma anche la solitudine di questa camminata di Melisandre nell’alba e nella neve. Il momento è così lento e dolce che quando si perde sembra quasi non essere mai esistito. Sembra quasi dire “il mondo non si ricorderà di lei” ma c’è Davos che non dimenticherà mai quel vuoto lasciato dalla Donna Rossa.
Titolo, Introduzione e impaginazione: 4.5/5
Il titolo è, nella sua semplicità, disarmante. Due parole, mille letture differenti. Credo che sia la sua composizione visiva a renderlo attraente agli occhi del lettore (sicuramente con me ha funzionato), il suo doppio significato (che nel testo si arricchisce di almeno altri due) ha la capacità di incuriosire e di mettere in chiaro fin da subito che all’interno la storia sia strutturata, curata; quasi a garanzia che la storia valga la pena di essere letta. Quello che voglio dire è che un titolo così pensato, che promette sfumature, non può che preannunciare una storia ben scritta.
Riguardo alla sua attinenza, il titolo va sicuramente al cuore del contest, mettendo in primo piano quello che è il sentimento portante dei temi. Lo spiattelli in faccia, non lasci dubbi. La doppia ambivalenza, poi, sembra dargli tridimensionalità: da un lato l’amore che persiste e che resta, si scopre e prende solidità solo dopo la morte – una morte che viene in qualche modo promessa da quel “(va)”; dall’altra, appunto, c’è il senso di perdita, di distanza, di qualcosa che non c’è più. Il tutto non fa che conferire al titolo un tono cupo, denso, allo stesso tempo struggente e pieno di un rimorso credo che non prende mai del tutto forma in Davos, ma che aleggia sul componimento.
L’introduzione, però, lascia il compito di attirare i lettori solamente al titolo. Essa, infatti, è troppo riassuntiva nella sua formulazione. Inoltre è talmente schietta da “spoilerare” in un modo che non ammette fraintendimenti o dubbi quello che è il punto cruciale della flash. Personalmente avrei giocato di più con “se” e “ma”, avrei dato al lettore un po’ di suspense emotiva e non avrei reso la trama, o comunque la struttura della flash, così evidente. Comunque trovo l’implicazione nascosta messa alla fine capace di dare un senso di aspettativa e trepidazione nel lettore. Avrei soltanto cercato di dare anche un minimo di atmosfera in più, un tono più corposo anche alla prima parte.
L’impaginazione è ordinata, pulita quanto allo stile. In questo connubio grafico/stilistico lodo assolutamente la coerenza e il modo in cui hai saputo far camminare di pari passo i diversi aspetti, estetici e strutturali. La scelta di mettere in corsivo aggettivi e verbi ha fatto risaltare l’introspezione e ha scandito il tempo e la spartizione, così come gli spazi che dividono i vari paragrafi scandiscono il ritmo della narrazione. Infine, credo di averlo detto in più modi possibili ma lo ribadisco ancora una volta, è stato vincente l’apporre quelle ultime due parole a destra, sembrano chiudere un cerchio iniziato proprio con il titolo. Inoltre è stata visivamente bella proprio questa contrapposizione tra la forma chiusa del titolo con le parentesi e la forma aperta, libera del finale della flash. Complimenti.
Caratterizzazione dei personaggi: 20/20
Partiamo dal fatto che, nonostante la coppia non sia canonica, i personaggi sono perfettamente IC. Ancor meglio, l’amore e i sentimenti legati a esso sono plausibili e fatti ben fluire all’interno del canon. Così, quelli che a prima vista sembrano sentimenti e reazioni dettati solo dall’avversione e dalla diffidenza, diventano sentimenti e reazioni mossi da un’attrazione letale e ripudiata allo stesso tempo.
Ti devo fare i complimenti per come hai saputo, nonostante il POV sia di Davos, caratterizzare i contrasti del personaggio di Melisandre. Questo perché hai saputo dare al personaggio maschile la giusta capacità di “sentire”, di “parlare” di sé e allo stesso tempo di Melisandre. Attraverso gli occhi di Davos, quindi, Melisandre è personaggio tridimensionale e reale. Hai saputo richiamare la sua doppia natura, che si mostra in due diversi momenti: il momento in cui era accanto a Stannis, in cui la sua fede è forte, il suo personaggio si mostra quasi disumano, spietato e senza scrupoli, una strega che incanta con la sua bellezza e manipola gli altri per i suoi scopi; il momento in cui è accanto a Jon, dove si mostra incerta, sconvolta ella stessa dei miracoli che ha compiuto, riconosce le sue debolezze e prende atto delle conseguenze dei suoi errori, si mostra quindi in quanto donna, e forse per questo ancora più da ammirare per la fede che ritrova e che non abbandona. Importante e sempre presente è l’elemento “religioso”, mistico, che è fondamentale per racchiudere la natura di questo personaggio: Melisandre è votata al suo dio, ed è pronta a tutto, anche alla morte per seguire la sua missione. Nella terza parte, questo concetto riesce a farsi molto profondo:
- lei, la sua magia, la sua folle missione, il disincanto verso la morte. → Melisandre è un personaggio devoto, che guarda alla morte come al volere del suo dio. Per tutta la vita ha sempre avuto chiaro il momento in cui sarebbe morta, ecco che la morte non ha segreti per lei. Il modo in cui poi Davos la mostra – la sua magia – le dona un senso d’indipendenza, di definizione che Melisandre non si concede – lei avrebbe detto che la magia è un dono di R’hllor e che non è veramente sua.
Il personaggio di Melisandre sa essere descritta in maniera IC, ma soprattutto sotto il filtro degli occhi di Davos. Complimenti.
Riguardo al lord delle Cipolle, hai fatto un lavoro encomiabile, seguendo tutti i passaggi dei suoi sentimenti. Ma prima passiamo dalla caratterizzazione della personalità. Hai mostrato il Davos invasato dall’odio e addolorato dalla perdita del figlio, il suo bisogno di aggrapparsi a un capro espiatorio per poter continuare a vivere, per espellere parte di quel dolore. Hai mostrato anche la sua fedeltà e la devozione che ha verso il suo re, ponendo l’accento su quell’aggettivo possessivo – che manca invece in riferimento a Jon – creando un legame più profondo e intimo con Stannis. Hai mostrato il suo senso di giustizia e anche il suo essere un uomo integro, dai valori sani a cui non volta mai le spalle, lo fa quando non prende l’iniziativa ma si appella al re Jon. Hai mostrato la sua diffidenza e i suoi sensi di colpa, ne hai fatto sentire la debolezza, il suo sentirsi sempre non abbastanza per un ruolo – in questo caso, il suo ruolo di proteggere il re. E hai mostrato la sua integrità, l’approccio rispettoso che ha verso gli altri, anche verso la Donna Rossa e il rispetto per la vita.
A tutto questo si unisce un’ottima introspezione emotiva. La rabbia e il disprezzo nella prima parte, che sono speculari alla delusione e all’odio nella seconda. Perché rabbia e disprezzo nascondono i sensi di colpa che prova per se stesso, mentre l’odio che prova verso di lei si riversa anche su di lui, proprio perché adesso sa di avere parte della colpa. Così come la delusione non è solo verso la Donna che pensava di aver capito, ma anche verso quello che perde lui arrivando a tale consapevolezza. La determinazione e il rispetto che in qualche modo si muovono in lui ai sensi opposti – determinazione nel voler finalmente attuare, a prescindere dagli altri sentimenti, quello che si era ripromesso da tempo; e rispetto per quella che comunque è una donna coerente con se stessa, come lui con i suoi valori. Rispetta la sua fede perché anche lui ha una fede a cui si aggrappa, che è la giustizia. Infine, il fatto che all’amore è associata la reazione di disgusto implica in un certo senso quanto lo stesso Davos sia contrario a simili sentimenti, quanto li trova ripugnanti e li allontana (in questo, la posizione dell’amore a destra aiuta anche a rendere visivamente quest’idea). Posso dire, che alla fine c’è anche un senso di rifiuto verso quello che è un sentimento forte, ma soprattutto un senso di bisogno che non vuole provare. Lo stesso contrasto reso con i termini nel terzo paragrafo lo ritroviamo nel quarto. Compliementi.
Gradimento personale: 4.5/5
Questa è stata una di quelle poche coppie che mi ha veramente sorpreso in questo contest. Sono il tipo di persona che apprezza molto il canon, ma poi mi sorprendo spesso e volentieri ad amare coppie a cui non avevo minimamente pensato, tanta è la mia ossessione di seguire il sentiero tracciato dall’autore originale. In quest’attrazione verso il “lato oscuro” galeotti sono stati gli autori che ho incontrato qui sul sito. Questa è la seconda coppia di GOT a cui non avevo pensato che mi conquista senza alcuna riserva (o davvero poche e tutte azzittite) – l’altra è stata la Sansa/Jon che un’autrice mi ha fatto amare alla follia, accidenti a lei.
Credo che quando un autore/autrice riesce a piegare la trama e i personaggi originali lanciando una nuova luce prospettica su di loro, quell’autore/autrice ha davvero un grandissimo talento. Ti faccio quindi i miei complimenti per la sensibilità e l’abilità con cui hai saputo manovrare i personaggi e i loro sentimenti, sfruttando – ed è questo il punto forte – gli eventi originali, senza mai storpiarli. Davvero bravissima, mi hai conquistato.
Passando alla storia vera e propria.
Ho trovato molto bello il fatto che un narratore dal punto di vista di Davos usasse la formula “notte oscura e piena di terrori” perché in qualche modo vuol dire che Davos si rende quasi conto, che in qualche modo diventa partecipe di quella visione che Melisandre aveva sempre profetizzato a tutti, dal suo punto di vista questa formula diventa più concreta, si lega a un fatto fisico, e non è più solo un rito nelle preghiere della sacerdotessa. Lui la vede attuarsi, è finalmente reale e presente. Bellissimo quest’effetto.
Inoltre non posso che mostrare il mio amore per Davos. Amavo già questo personaggio per la sua integrità e la sua onestà, sembra un personaggio secondario, la tipica spalla, e invece ha una caratterizzazione protagonista che riesce a fare quello che in una storia è indispensabile: bilancia le personalità dominanti. Lui è un padre, un contrabbandiere, un uomo del re, un brav’uomo. A questo si è aggiunto un nuovo tassello, più intimo e profondo: quello dell’amore/odio verso la Donna Rossa, che stimola in lui i più estremi e contrapposti sentimenti, di attrazione/repulsione. Ho davvero tantissimo apprezzato il modo in cui hai saputo donare al narratore parte del suo spirito autocritico, gettando sui suoi sentimenti anche un po’ di quella lotta interiore che non è certo protagonista, ma che avviene forse a livello inconscio in lui e che si esplica soltanto nel finale.
A questo punto, però, sembra quasi un controsenso che tu non abbia un punteggio pieno in questa voce. La verità è che mentre leggevo, mi è mancato un po’ di trasporto, quella forza espressiva che toccasse anche il cuore. A volte – lo so, sono un paradosso vivente – uno stile meno ordinato, più “sporco”, sa rendere un senso di coinvolgimento maggiore rispetto a uno più schematizzato e tanto curato. È difficile per me da spiegare, ma la sensazione è stata quella di un distacco emotivo, di un qualcosa che, nonostante la bravura con il quale è stato sviscerato, non mi ha fatto entrare completamente nella sua pelle. I sentimenti ci sono tutti, ma non li ho saputi vivere appieno addosso. Soltanto questo mi ha fermato dal godere appieno della lettura e del momento.
Punteggio: 68/70
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