Recensioni per
La volontà di Velka
di Lupoide

Questa storia ha ottenuto 5 recensioni.
Positive : 5
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
17/05/20, ore 00:06

Non so che dire, veramente. Sono Degenere in tanti aspetti, non solo quello materno. Forse dovrei scavarmi una buca da qualche parte e far finta di non esistere, per esorcizzare come merita la vergogna del non essere stata capace di arrivare in tempo. Ho avuto tempo abbondante, e non è che mi mancasse la voglia. Lo giuro, posso assicurarlo. A me era piaciuto così tanto il primo capitolo… eppure eccomi qua, in ritardo, con vergogna fino ai capelli. Ma se saprai perdonarmi potremo parlare come si deve di questa storia.
Non smetterò mai di ripetere quanto sia geniale il concept di una figlia di Priscilla. Anche io non ci ho mai pensato, non so neanche come mai. E sì che ho fatto figliare gente come Nashandra. Comunque Velkrow mi piace, davvero. Sin dall’inizio, quando trova il cadavere di Forse Tarkas Ferronero, chiedendosi chi sia. Apprezzo gli eroi forti e capaci, ma a volte hai voglia di altro. A volte hai voglia di un personaggio dolce, sentimentale. Naturalmente il sole fa la sua comparsa in Dark Souls, PREISDESAN e tutto il resto, e non se ne può fare a meno. In un Mondo Dipinto il sole manca, logico, e non sarei sorpresa se Velkrow non l’avesse mai sentito. Anzi, sono sicura che sia così.
Allo stesso tempo c’è l’oscurità, il buio del peccato rappresentato dal corvo servo di Velka. La storia si fa più cupa, si fa più ricca di fascino e mistero e anche di azione, quando inizia la breve battaglia. Naturalmente Velkrow impugna uno stocco, idea semplice e impeccabile. E porca miseria, a questo giovanotto non va bene una cosa! Gli muore la madre, finisce in un luogo sconosciuto, E si rivela Non Morto. Veramente, poverino. Tuttavia i corvi sono sempre là, in qualche modo confortanti. Come se fossero i suoi falò: un concept che mi piace davvero, davvero tanto. 
Unica cosa: “spiazzale” non è una parola che si usa, penso che intendessi “piazzale”. 
Per il resto sono molto presa dalla storia di Velkrow e tutto quello che essa comporta. Mi piace lui, mi piace il suo PoV, mi piace molto la sua natura silenziosa e riflessiva. Mi sembra perfetto per Dark Souls e adatto a una bella storia fantasy. 
Ti saluto, e ancora scusa per il ritardo
Lady R

Recensore Master
15/05/20, ore 10:35

Ciao carissimo!
Non sai che gioia nel vedere che avevi aggiornato questa storia. Come non potevo fiondarmi a leggerla?!
È sempre un piacere ritrovare questo stile ricercato e altisonante, dal sapore aulico e medievaleggiante, che riesci a rendere sempre in maniera impeccabile e senza cadute di stile e per questo ti faccio tantissimi complimenti. Rimango sempre piacevole colpita da questa tua capacità di saperti destreggiare anche con stili diversi, e di saper comunque rendere in maniera ottimale e vivida le vicende.
Nello scorso capitolo, ci eravamo lasciati con Velkrow che si apprestava a lasciare il Mondo Dipinto e qui lo ritroviamo che muove i suoi primi passi nel mondo esterno, quel mondo che sa di libertà, sa di opportunità, sa di quella prigione che si è lasciato dietro senza neppure troppo rimpianto o rammarico. E la prima cosa in cui s'imbatte il nostro amico privo di lingua è la strage di tiratori di coltelli compiuta nella sala della cattedrale. Ora, questo dettaglio è davvero interessante e mi ha fatto domandare chi sia stato a perpetrare questa strage, se Ornstein stesso oppure il prescelto. Ora, non so se nella tua storia è previsto un parallelismo con le peregrinazioni del Chosen One, ma comunque sono stata portata a pensare che lui potesse essere passato di lì, ma probabilmente è per deformazione mentale dovuta al fatto che noi vediamo sempre questo mondo complesso attraverso gli occhi dello sfigato di turno.
Una cosa interessante da notare è il comportamento di Ornstein: lui è un cavaliere onorevole, uno dei più fidati e capaci di Gwyn, ha la sua scala di valori. E allora che cosa lo ha spinto a uccidere Priscilla? Che cosa lo ha spinto ad addentrarsi in un luogo isolato, lontano, per uccidere qualcuno che, fondamentalmente, non stava arrecando danno alcuno? E se fosse stato davvero lui a compiere la strage nella sala, perché di nuovo ha compiuto questa carneficina? C'è un motivo ben preciso, qualche macchinazione che non conosciamo, oppure sta diventando vuoto? O, ancora, con un volo pindarico che lo ricollegherebbe ad Artorias, sta venendo divorato dall'Abisso?
Vabeh, ora sto divagando, ma sappi che sono davvero molto molto curiosa e le ipotesi sono tante, così come le domande.
Intanto il nostro Velkrow esce fuori e s'incontra con il sole e con il calore: è stato un momento davvero intenso in cui questo poveraccio si è incontrato per la prima volta con questo fenomeno e lo trova piacevole (aspetta che facciano 40 gradi all'ombra con il 100% di umidità mentre te ne vai in giro in armatura completa, Velkrow, poi ne riparliamo). Mi piace molto l'impostazione che hai dato alla narrazione, con questa prima persona che è quasi un flusso di pensieri del protagonista dinanzi a ciò che vede e vive, che s'imposta come un dialogo con quelle che sono le figure di riferimento della sua vita: si rivolge alternativamente alla madre e a Velka, come se volesse farle partecipi di ciò che gli sta accadendo. Questo suo comportamento lascia intendere come lui sia comunque indissolubilmente legato sia all'una che all'altra. Non sa nulla del mondo, perché è rimasto sempre prigioniero in quella realtà che sentiva stretta, e non ha mai fondamentalmente quindi conosciuto altro che non fossero sua madre e la sua divinità, e questo se lo porta dietro anche fuori, come uno strascico di quel freddo luogo che ha abbandonato.
Bellissime le sue riflessioni sulla morte della madre, che non fa così male come aveva creduto, perché si è finalmente liberato da quella protettiva schiavitù che sua madre gli aveva imposto. Certo, che un po' stronzo lo sei, Velkrow, eh.
Fuori ad aspettarlo c'è anche il corvo, che gli fa piovere ai piedi la maschera di Velka a dirgli "to', mettitela che devi fare cose", e poi senza tante cerimonie lo afferra e lo porta in un altro luogo, con un forte richiamo a quello che poi è il modo in cui anche il prescelto viene sballottato a destra e a manca. Mi è venuto da notare un interessante parallelismo tra Velkrow e, appunto, il prescelto, che poi magari non era nemmeno nelle intenzioni dell'autore: il nostro senza-lunga non si pone domande circa quello che gli sta accadendo. È Velka che lo vuole, è la sua volontà, e tanto gli basta. Non rimane troppo a rimuginare sul perché Velka lo abbia chiamato a fare qualsiasi cosa deve fare, né sulla natura di questa cosa. Va avanti con una cieca fiducia, con la consapevolezza che è Velka che glielo sta chiedendo. In questo non è dissimile al Chosen One, che si appresta a compiere il suo viaggio senza se e senza ma, senza farsi domande, ma rimanendo un po' in balia degli eventi. Si fida, giunto al Firelink Shrine, di quello che gli dice Frampt. Non mette in dubbio le sue parole, le segue con cieca fiducia, convinto che quella sia la verità e la strada giusta. Solo se e quando incontrerà Kaathe, gli verrà data da lui una visione diversa, una verità altra, in cui Frampt viene accusato di menzogna e inganno. Una verità che potrebbe cambiare tutto. Ecco, Velkrow l'ho visto un po' come il prescelto, che si fida dei segni che gli vengono mandati, perché è la sua dea a farlo, ma non è effettivamente (ancora) consapevole del disegno che ci sia dietro. Potrebbe forse avere delle brutte sorprese in merito.
Ho molto apprezzato il fatto che tu abbia deciso di far portare Velkrow al Rifugio dei Non Morti, dove inizia anche il gioco. Il nostro protagonista si rivela un combattente molto abile, tanto che riesce a stendere anche un cavaliere nero e, non contento, gli frega anche l'arma. Azione per cui non lo biasimo: lo spadone dei cavalieri neri è, a mio parere, una delle armi esteticamente più belle del gioco (oltre a essere molto forte a inizio gioco, se sei così fortunello da fartela droppare). Mi piace che Velkrow abbia notato che il cavaliere nero indossa la sua stessa armatura e che questa, però, abbia avuto un incontro un po' troppo ravvicinato con il fuoco. Sicuramente non è uno sprovveduto, ed è anche un buon osservatore.
Il capitolo si conclude in modo inaspettato: Velka ha voluto per Velkrow la maledizione della non-morte. Cioè, Velka, fammi capire: mandi a prendere questo poveraccio senza uno straccio di spiegazione, lo consegni come un pacco postale al Rifugio dei Non Morti, gli spiaccichi addosso la maledizione della non morte e poi lo fai spedire chissà dove (al Firelink Shrine suppongo)? Non ti starai approfittando un po' troppo dello zelo di questo poveraccio? Sempre ammesso che dietro tutto questo ci sia Velka, eh, perché altrimenti l'inganno è doppio, triplo, quadruplo.
Un altro capitolo davvero magistrale, che ho divorato con estremo gusto. Leggerti è sempre un piacere.
Alla prossima :)

Recensore Master
08/05/20, ore 22:46
Cap. 1:

Innanzitutto ti ringrazio per la recensione che mi hai lasciato stamattina. Davvero, penso sia una delle più dolci che abbia mai ricevuto e mi ha davvero fatta felice.
Secondariamente, mi permetto alfine di immergermi nella long di cui avevi parlato. Ho vagamente seguito su Facebook il processo creativo che ha portato alla creazione di questa storia e alla costruzione del personaggio di Velkrow.
E devo dire che sono curiosa, davvero curiosa di sapere come funziona. L’idea di dare un figlio a Priscilla la Mezzosangue è una che non ho mai visto, nemmeno pensata, ed è molto intelligente. Priscilla è un personaggio molto particolare nel canone di Souls. La sua natura di ibrida, il suo stato di emarginata sociale, la sua posizione di isolamento all’interno del Mondo Dipinto di Ariamis, offrono un sacco di spazio per il worldbuilding.
Anche Velkrow, in questo senso, è una vittima della chiusura mentale del mondo di Lordran. È una vittima di una mutilazione orribile, che ricorda (forse di proposito) quella subita da Anastacia e Rosaria. È una vittima perché deve vivere lontano da tutti, in un mondo dipinto, e nemmeno stare là è sufficiente per dargli la pace, perché Priscilla rimane uccisa e lui rimane solo con la vendetta, il dolore e il rimorso addosso. Sono cose che immagino possano succedere in un mondo come quello di Dark Souls e fanno veramente male, perché le vittime alla fine sono *persone* come tutti gli altri.
Allo stesso tempo c’è un ottimo mistero in corso, ottimo soprattutto per i fan di DS che sanno chi è Ornstein e che, fondamentalmente, dovrebbe essere un brava persona, uno di quei cavalieri che incarnano ancora l’ideale cavalleresco e che sono veramente capaci di compiere azioni buone e disinteressate. Allora perché mai ha fatto quello che ha fatto? Perché ha ucciso una persona innocente (poi Priscilla sicuro si sarà difesa, con la sua famosa falce, ma alla fine lui ha vinto) solo perché differente? Oppure non è Ornstein, ne è solo l’armatura?
In ogni caso… c’è una trama aperta, un mistero da svolgere. Un mistero su cui sono davvero molto curiosa.
Davvero un bellissimo concept, non vedo l’ora di sapere come lo porterai avanti
Un saluto
Lady R

Recensore Master
29/04/20, ore 21:31
Cap. 1:

Ciao, carissimo!
Tu scrivi una storia su Dark Souls, anzi, cominci una long, e per di più con un personaggio tutto tuo a calcare la lore complessa e affascinante di questo mondo e io che faccio, non passo a leggerla? Giammai! E adesso, a lettura ultimata, sappi che ti esorto (minacciosamente) a partorire (con dolore o meno) il secondo capitolo di questa storia con tempi celeri perché, sì, me ne sono innamorato.
E non solo per lo stile ricercato che, come per quella su Artorias, si sposa alla perfezione con le atmosfere di Dark Souls e con i tempi che vuole richiamare, ma soprattutto per il protagonista, che qui ci presenti con rapide e sapienti pennellate, che dicono quanto basta ma non troppo, e che rendono questa figura intrigante e maledettamente affascinante.
La prima cosa che mi ha colpito di Velkrow e che me lo ha fatto subito piacere è stato il suo essere senza lingua, senza quel muscolo che gli è stato fatto strappare da un padre ignoto. Interessante che di questo abominio lui incolpi anche sua madre, che ha pianto, che lo ha curato con un tizzone ardente che non poteva fargli male, ma che no è intervenuta, non l'ha difeso davvero. Ovviamente, i motivi possono essere tanti e dipendenti dall'identità e dalle motivazioni di questo padre misterioso, ma agli occhi di un bambino costretto a subire questa sevizia, non ci sono motivazioni o giustificazioni che tengano. Solo dolore e crudeltà. La caratteristica del mutismo indotto, comunque, m'intriga non poco e mi piace l'idea di un personaggio mutilo, e soprattutto mutilato di qualcosa che non lo menoma nel combattimento o nei movimenti, ma che è comunque molto importante. Senza la parola, quanto possiamo dire di noi? Quanto possiamo esprimere le nostre idee, imporre la nostra posizione?
Ipotesi sull'identità del solito ignoto (padre)? Qualcuna, ma voglio vedere come si evolve la faccenda prima d'iniziare a esprimermi in merito. La lingua asportata mi fa pensare a certe lingue pallide come trofei e a una certa dea muta, ma qui stiamo decisamente divagando (oppure no? Chissà).
Tornando a Velkrow, altra cosa che ho tremendamente apprezzato di lui è la sua dicotomia nei confronti di sua madre, quei sentimenti contrastanti nei suoi confronti che lo hanno accompagnato per tutta la vita e che non lo abbandonano neppure dopo la morte della madre. Lui la rispetta, a tratti sembra quasi che la veneri, le dà del "voi" a indicare la deferenza che prova nei suoi confronti, eppure. Eppure c'è dell'odio nel suo cuore, odio per la vita a cui l'ha costretto, per ciò che l'ha fatto essere e diventare. Riconosce i nobili intenti di proteggerlo, l'amore nelle scelte di lei, eppure non riesce a perdonarla, a comprenderla del tutto e a fondo: si è sentito prigioniero laddove lei voleva tenerlo al sicuro, si è sentito soffocato, privato della libertà laddove lei voleva proteggerlo. E il freddo Mondo Dipinto non è per lui una gabbia d'oro, ma un luogo di lacrime e sofferenza, un luogo dove si è sentito in catene, costretto nelle scelte, costretto in tutto.
Ha abbracciato le file di Gwyn più per torto nei confronti di sua madre che per vero credo. Mentre paparino ci riprova e cerca d'ingraziarsi il figlio promettendogli un ruolo di spessore tra i Cavalieri d'Argento (cocco, potevi anche evitare di fargli strappare la lingua, magari ti voleva più bene. Così, tanto per dire), lui approfitta per fare i dispettini alla madre, e indossa l'armatura come monito nei confronti di se stesso, per non dimenticare mai il male che (ritiene) lei gli abbia fatto. Rancoroso, il ragazzo. Mi piace.
Ho amato la parte finale della storia, quella in cui Priscilla muore e lui si sente addolorato nel vederla ferita e moribonda e furioso nel cogliere il baluginio dell'armatura dell'assassino (Ornstein ha sempre una gran classe, non c'è niente da fare, anche quando salta giù da un dirupo - mica come quel ridicolo del prescelto). Poi prova a parlare e si ricorda che non ha la lingua e qui riaffiora l'odio per la madre, un odio che non riesce a non provare neppure mentre la stringe tra le braccia e piange lacrime silenziose sul suo volto. La odia mentre si dispera per la sua dipartita. Un'immagine potentissima e stupenda.
Tutta la vita di Velkrow è stata un filo sospeso tra l'odio e l'amore per sua madre, in un contrasto che forse l'ha segnato più di quanto pensi e che si perde anche dopo la morte di Priscilla. Tutto il suo mondo è morto e li è disperato, ma si sente anche speranzoso e libero per lo stesso motivo, perché lei è morta. Si è liberato dalle sue catene e si appresta ad andarsene, per fare cosa? Per vivere davvero da uomo libero, oppure per inseguire l'assassino di sua madre per vendicarla, in uno strascico di quelle catene che lo hanno stretto per tutta la vita?Se p davvero questo che vuoi fare, buona fortuna, coraggioso: te ne servirà tanta, soprattutto se Ornstein è mal accompagnato da Smough.
"I cari ricordi possono tenerti in vita": ho saltato sulla sedia quando ho letto questa frase. Il pendente è sempre l'oggetto che scelgo all'inizio quando comincio una nuova run, anche se non serve a niente e anche se è una trollata del caro Miyazaki, perché amo questa frase, quindi ritrovarmela scritta così, all'improvviso, mi ha fatta gongolare.
Caro, non posso che farti tanti, tantissimi complimenti per questa storia, che si prospetta davvero moooolto interessante e intrigante. Attendo con trepidazione il seguito.
E comunque, giusto per farlo sapere a Velkrow, io Priscilla non la uccido mai, quando vado in visita al Mondo Dipinto (scelta che mi piacerebbe fosse possibile fare anche con il povero Sif).
A presto :)

Recensore Master
29/04/20, ore 17:54
Cap. 1:

Ciao Lupoide!
Ho letto diverse cose tue in passato e anche oggi ero piuttosto indecisa su dove era il caso di passare, ma visto che qui sarei stata la prima a recensire sono voluta passare di qua. Le tue storie meritano tutte di avere più commenti possibili e dopo questo incipit ne sono ancora più convinta. L’inventiva horror/dark non ti manca, ma non ti avevo letto ancora in contesti di fandom e fantasy. Ho notato con piacere come hai adattato lo stile alla narrazione. Il protagonista, senza nome e senza lingua, si trova in un’impasse: vorrebbe essere libero eppure ama sua madre. La implora e la maledice. Le rinfaccia di essere muto e costretto a portare l’armatura, ma soffre vedendola ferita. In un certo senso, potremmo dire che la idolatra come un fedele zelota eppure, allo stesso tempo, la guarda con l’occhio dell’agnostico consapevole – quando non del miscredente. Nello stesso tono in cui si interfaccia con lei (mentalmente, s’intende) si percepisce questa dipendenza: abominevole madre, la chiama. Tono da regina, voi che indica un atteggiamento di sudditanza e non certo di parità, eppure vi è il costante riconoscimento della bruttezza dell’altra, di quanto la schiavitù pesi nonostante il protagonista nella sua vita non abbia conosciuto che questo.

Mi chiedo se ci sarà spazio anche per una riflessione in tal senso: cos'è la libertà per un nato schiavo che non si aspetta nessun’altro destino? L’azione è presente fin dal prologo, però, dato che qualcuno ha ucciso Velkra e questo qualcuno viene intercettato appena dal protagonista. Di nuovo, ne seguirà un inseguimento con un futuro confronto? Molto bella è l’improvvisa mortalità di Velkra. Quando è tra le braccia del protagonista la distanza fisica tra i due si annulla e lei, che giganteggiava, si trova a essere indifesa, inerme, morente. Di nuovo si tratta di una percezione della fisicità che tiene conto della morte della dea e mette idealmente il protagonista sullo stesso piano. In conclusione, ho amato il tono, la scelta del fandom, lo stile cavalleresco e aulico che si adatta al contesto e anche le riflessioni così ambivalenti – quelle, come avrai notato, mi sono piaciute proprio tantissimo. **
Un caro saluto, spero di poter leggere presto gli altri capitoli ^^
Shilyss :)