Il primo incontro è quello con Valeria. Ho letto mezza frase (mi è bastato "La sera davanti allo specchio si guardava e non si vedeva") e già ho amaramente empatizzato con lei.
Valeria, come affermi, è perfettamente consapevole dei suoi mezzi, è evidente che abbia una dote innata che le permetta di invaghire e affascinare gli altri, eppure questo non pare esserle sufficiente, perché il trucco che ha sul volto è "catrame" e il mascara non le toglie il velo di malinconia di cui i suoi occhi sono dipinti. L'impressione che ho di lei è che nonostante abbia i mezzi e la possibilità di governare il proprio mondo (essere un soggetto attivo della propria esistenza), non abbia però il coraggio di farlo, finendo semplicemente per subirlo. La capacità di adattamento sicuramente ci permette di vivere in modo meno agitato oltreché venir frastornati di meno dall'imprevedibilità della vita; la capacità di adattamento è senz'altro una dote positiva che ognuno di noi dovrebbe sviluppare. Eppure, è anche un'arma a doppio taglio: labile è il confine tra di essa e l'incapacità di imporsi, di vivere con coscienza e cognizione.
L'impressione che ho procedendo nella lettura è che Valeria si sia assestata, bloccata nei suoi disincanti, nei dubbi che non riusciva a risolvere e, anziché precedere tentando di raggiungere delle risposte o altre domande, si sia semplicemente adagiata nelle sue afflizioni. Afflizioni cui lei, forse, nel tempo è divenuta indifferente, un po' come lo è divenuta a tutto il resto.
Così, senza neanche rendersene conto si è allontanata da tutti, anche da te (parlo in riferimento al fittizio narratore, che poi immagino sia davvero tu, ma non mi è dato davvero saperlo) che tanto avresti voluto abbracciarla ma che, evidentemente, non lo hai fatto. Proprio in virtù di questa sensazione, ho guardato ancora di più a questa raccolta con affetto: quasi fosse il tuo tentativo di concederle una presenza che avresti voluto darle in altre occasioni senza riuscirvi mai prima d'ora.
C'è amore nei confronti di Valerie, amore nel senso ampio del termine - non potrei arrogarmi il diritto di giudicarlo in altri modi -, un amore e un'attenzione per la sua persona che fa comprendere quanto stretto potesse essere il vostro legame ("Un tempo Valeria era un'affilatrice di coltelli"-"Ora Valeria ha deposto le armi") e quanto l'aver osservato il suo cambiamento abbia suscitato sofferenza non solo in lei stessa, ma anche negli altri.
Fai leva su dei dettagli che possono essere scontati, che le persone notano tanto spesso e che di rado fanno presente di aver colto. Non riesco a fare a meno di pensare che, forse, è proprio quel tipo di premura ciò di cui Valeria (di tutti i Valeria di turno) ha sempre avuto bisogno. Valeria pare essersi chiusa, esser pian piano scomparsa dietro a tutta la sua esistenza, pare confondersi tra tutto ciò che gli altri ritengono lei sia e ormai non lotta più, troppo stanca per farlo. Allora si rimette il rossetto, il mascara e continua con la sua solita vita, ma forse tutto ciò che desidera è semplicemente godere di infinite mezz'ore sul suo letto con la mente svuotata e libera. Soprattutto, vorrebbe condividere il suo dolore, la sua sofferenza e la sua malinconia che in modo tanto preponderante la abita, eppure... non vi è nessuno che possa accoglierla. Questo è ciò che più mi ha fatto male della sua storia: la consapevolezza che la sua angoscia fosse lì a incrementare di giorno in giorno e che nessuno le abbia fatto presente di vederla, che se avesse voluto condividerla avrebbe potuto.
Che poi, ovviamente, questa è l'impressione che ho avuto dal testo, magari quelle persone ci sono state e lei ha eretto un muro (anche se quello è il momento in cui dovremmo tentare di avvicinarci ancor più, onde evitare che quella persona si perda ancor più).
Nella frase conclusiva ti rivolgi direttamente a lei e vi ho letto un invito a riappropriarsi della sua forza che tu sai essere lì, Valeria probabilmente un po' meno; ma glielo stai dicendo: il mondo è sempre il medesimo, ma se vuole lei può tentare di fare partire un cambiamento.
Così giungo al termine e l'unica cosa che mi resta da dirti è che ho profondamente apprezzato che tu abbia narrato Valeria senza darci precise delucidazioni rispetto a quella che è la sua storia pregressa. Ci hai narrato il suo status attuale, la sua sofferenza veicolata attraverso i tuoi occhi, permettendo al lettore di giungere alle conclusioni che più gli sono affini o di non giungervi affatto (nell'ottica per cui ognuno vi ritrova ciò che più in linea col proprio sé).
E' stato un piacere, a presto,
Bongi! |