Una bella storia.
Bella perchè lascia spazio alla fantasia del lettore, dato che non indulge in inutili o eccessive descrizioni, solo qualche pennellata di colore qua e là: "gli occhi azzurri stretti" del bambino, il disegno ricoperto di svastiche, la "tavolozza azzurra" del mare, "il disco aranciato" del vespro. Forse qualche pennellata in più non ci sarebbe stata male.
Bella perchè sa presentare bene il mondo innocente e risoluto del piccolo Ingvarr. Vuole vincere a tutti i costi la gara di disegno. Vuole diventare autista di sommergibili come suo padre.
Bella perchè arricchita di tanti piccoli momenti preziosi: la delusione e il pianto del bambino, il bullismo dei compagni, la voce spezzata della mamma che ripensa Friederich e sa, con tutta se stessa, che è lui il padre; il sostegno della mamma che riesce a rasserenare il povero orfanello.
Viene ovviamente in mente il GesuBambino di Lucio Dalla, anche quello scritto dalla femminile sensibilità di Paola Pallottino. Ma lì il padre moriva esplicitamente ammazzato.
Qui, chissà, quel "rimasto in mare" è un pò ambiguo. Al lettore, catturato dalla storia, viene voglia di costruirci sopra qualche riflessione. Magari dal mare è uscito, magari è diventato uno di quei papà inquadrati con figlioletti per mano e moglie borghesuccia e ha dimenticato, o ha fatto finta di dimenticare... |
