Ciao Uragano Gargano,
ero arrivata nel tuo profilo a sbirciare dove capitolare e ho visto il terzo capitolo. Eccomi, allora. Mi aspettava. Ripeto: mi piace molto questa narrazione in prima persona perché rende l’idea del racconto quasi quello di un “diario”, in cui Carlotta immerge tutti i suoi pensieri, anche quelli che non confesserebbe alla sua mia amica o, comunque, a voce alta. Ogni sua volontà, anche la meno politically correct – come che la sua amica sia una “smidollata” o che vorrebbe frullarle il telefono dentro le grate – viene esplicitata al lettore come se questo fosse, appunto, un oggetto inanimato incapace di “giudicarla”; mi piace molto questa sincerità di pensieri che ne deriva e che la prima persona permette a tutto tondo. Iniziano a delinearsi anche i primi interrogativi che la storia pone e che tu sai delineare benissimo, arrivando sempre a farmi invocare non si può dire chi, quando questi non trovano una risposta nell’immediato e mi lasciano con una suspence che, lo sai, prima o poi ti costerà una bandierina rossa. A parte gli scherzi, penso sia una tua capacità notevole quella di riuscire sempre a lanciare il sasso e nascondere la mano con degli eventi che sono del tutto improvvisi, inaspettati ma che poi vengo lasciati quasi in sospeso, in attesa di trovare successivamente ogni risposta. In questo caso, sto parlando della scritta in rosso comparsa all’improvviso sul suo quaderno. La sua ricerca parla esattamente di quello, ma perché allora ribadirlo lì, su quella pagina, con quell’inchiostro che tanto ricorda il sangue? E chi può essere l’autore della bravata, se di ognuno conosce la calligrafia? E poi, è davvero una bravata? Carlotta non deve pensarla così perché gli incubi che la perseguitano da quel giorno, le hanno tolto il sonno e le hanno messo addosso quella strana angoscia che non sembra volerla lasciare andare. Angoscia che si unisce a quella della comune ansia universitaria ed, in particolare, quella che ti si incolla addosso durante la scrittura di una tesi, soprattutto quando ogni testo letto, ogni documento consultato si accumula nella pila delle cose inutili, da cui non trarre niente di buono. E intanto il tempo ti corre dietro, t’incalza e te fa venì l’ansia, via. Mi è piaciuta la descrizione del Palazzo, quasi un po’ da critico d’arte, che però ti dà l’idea della struttura e della magnificenza dello stesso, in cui Carlotta si ritrova immersa e un po’ spaesata; spaesata come probabilmente è quella facciata in mezzo alle altre che la contornano e la rendono un po’ una nota stonata. Mi è piaciuto molto il contrasto tra la scalinata bianca e le colonne rosso porfirio, in un cromatismo di contrasto molto simile a quello della bianca pagina del quaderno e del rosso della scritta che l’ha attraversata (mamma mia i trip che mi faccio). Un altro contrasto è quello tra la magnificenza della casa e della donna che si trova ad incontrare, la Duchessa, con il modo molto informale in cui si rivolge alla ragazza e con cui rivolge a lei i suoi sospetti sull’omicidio della sua antenata, le cui circostanze nessuno ha mai messo in discussione. C’è qualcosa in Carlotta, e nella sua ricerca della verità, che devono ricordarle una sé stessa giovane, che ha voluto immergersi in quel mistero senza però venirne a capo. Affida quindi alla ragazza il compito di portare a termine quello che le non è stata capace di fare, dandole anche gli strumenti. Con un’altra mente che ragiona diversamente, “dall’esterno”, le cose potrebbero andare molto diversamente. Sono davvero molto curiosa di come si svilupperà il giallo su questa morte e, soprattutto, come questa ricerca ridurrà Carlotta nella ragazza che abbiamo visto, risucchiandole probabilmente tutte le forze ed i pensieri – diventando, sicuramente, più di una semplice tesi.
Ti faccio, come sempre, i miei complimenti per come la storia scorre veloce e per come riesci a creare un’ “aspettativa” (madonna, metto più ansia delle tesi) e una voglia di continuare ad ogni storia, ognuna nel suo particolare modo.
A prestissimo!
Un abbraccio |