Ciao Marti,
avevo già adocchiato questa storia da un po’ e quindi sono felice di aver avuto l’occasione di leggerla, visto che il cliché che hai utilizzato come presupposto di partenza è qualcosa su cui ammetto di essermi spesso interrogata e trovo che si presti bene a qualsiasi personaggio, ma a Moody in particolare – considerando tutte le peripezie che ha attraversato nella sua vita.
Adoro la costruzione che hai dato alla storia: abbiamo Alastor che riesce a focalizzarsi solo su tre quarti della propria esistenza, inizialmente crediamo che sia per via del poco tempo che gli resta, ma poi capiamo che il quarto restante è semplicemente troppo doloroso; di contro abbiamo Doll che si ritrova a fare i contri proprio con il quarto che Alastor non ha affrontato e che ora ricorderà ogni giorno, semplicemente entrando nell’ufficio che ha tanto faticato per raggiungere.
Trovo che tu sia una delle autrici più brave a dirci così tante cose, utilizzando così poche parole, le tue storie sono spesso piuttosto brevi – eppure sanno andare dritte al punto e essere concise, senza lasciar indietro dettagli fondamentali. Qui, in particolare, riviviamo tantissimi momenti cruciali nella vita e nell’evoluzione di Alastor, eppure è proprio in quelli che lui sceglie di non mostrare che scopriamo l’entità del legame che lo legava alla sua Bamboluccia – non credo di avertelo detto prima, ma trovo che questo soprannome si addica particolarmente a Doll e che sia piuttosto credibile che ad affibbiarglielo sia stato lui. Scopriamo quindi che Dolores era con lui, anche se non sempre in modo palese, in ogni momento della sua vita: c’era quando era un giovane Serpeverde, che organizzava un giro di compiti rubati e partecipavano al ballo del LumaClub; era presente al Ministero, quando lui faceva avverare il suo sogno, e lei tentava di perseguire il proprio; non mancava nemmeno nei momenti in cui hanno finto di non essere nulla l’una per l’altro – consapevoli di mentirsi.
Credo che sia innegabile che entrambi i tuoi personaggi siano ben caratterizzati all’interno di questa storia e più in generale, nelle altre storie che hai dedicato a loro; in questa lasci emergere i loro punti di forza, assieme alle fragilità che gli hanno impedito di abbandonarsi alla felicità che la loro relazione gli avrebbe donato. Non sono coraggiosi, e non parlo di duelli e di affrontare i Mangiamorte come Alastor deve fare ogni giorno, ma parlo del coraggio di ammettere ciò che provano; quel tipo di coraggio probabilmente preferiscono lasciarlo a qualcun altro, finendo con il perdersi e il ritrovarsi solo quando è ormai troppo tardi.
Sei riuscita ad attribuire un senso meno macabro e tanto commovente alla sottrazione da parte di Dolores dell’occhio di Moody; nella tua storia non è uno sfregio alla sua memoria, come possiamo intendere dalla saga, bensì una scelta consapevole – e dolorosa – che le ricorderà ogni giorno ciò che ha perso. Trovo che questo abbia arricchito la tua storia, attribuendo un nuovo significato al cliché prescelto, perché non ci parli solo Moody che rivive tre quarti della sua vita in punto di morte, bensì anche di Dolores che rivive continuamente il quarto mancante e rimpiange ciò che ha perso. Visti tutti i miei sproloqui, è ovvio che trovo il titolo davvero perfetto per la storia e trovo anche che sia particolarmente accattivante.
Come sempre poi, riesci a farmi adorare un personaggio che non mi è mai andato a genio e una coppia così particolare e così tua che se la dovessi veder scritta da qualcun altro passerei sicuramente oltre per timore che rovinino gli headcanon che hai condiviso con noi.
Un abbraccio e alla prossima,
Francy |