Arriva una storia di Kan sul Silma! E su uno dei personaggi che amo di più, per giunta!
Che fare? Metterla nella (lunga) lista delle storie da recensire per bene, rischiando di far passare ere, o buttare giù a caldo le mie impressioni, rischiando di non riuscire a esprimere al meglio tutto quello che mi ha comunicato?
Questa volta scelgo la seconda! E quindi parto subito col dirti che questa nuova versione mi è piaciuta ancor più del racconto originale, ed è tutto dire.
Innanzitutto ho apprezzato molto l’alternanza del punto di vista. In Sette Anni tutto era filtrato dallo sguardo di Haleth, mentre ora possiamo vedere le cose anche dal punto di vista di Moryo… e io ADORO vedere le cose dal punto di vista di Moryo – ma che cosa te lo dico a fare?
Altro cambiamento che ho apprezzato moltissimo è il fatto che Haleth sia ancora più avanti con l’età, perché rafforza ancora di più il concetto che ciò che Moryo prova per lei non è dovuto al suo aspetto esteriore, ma – usando le sue stesse parole – al fuoco che la anima (tra parentesi, bello il richiamo Andrethiano alla falena e alla fiamma, a parti invertite).
In questo contesto è significativa – oltre che bellissima – la frase di Moryo: «Non vedo nessuna vecchia qui. Nelle tracce in questa stanza, e nella donna davanti a me, vedo solo Haleth»
Per Moryo, le rughe sul viso di lei, i suoi capelli grigi, il suo fisico indebolito, non sono che inevitabili segnali del tempo che passa, ma dietro quei segnali, ai suoi occhi, lei è rimasta la stessa. È interessante notare come, nonostante il tempo non abbia lasciato tracce altrettanto evidenti sul suo corpo, sia Moryo quello che sente di aver subito il cambiamento maggiore, e non per il meglio.
Sempre restando in questa prima parte, mi ha incuriosito il fatto che lui “chiama” sé stesso Moryo. Dato che nel Beleriand lui è Caranthir, ci si aspetterebbe che pensasse a sé stesso come Carnistir, da cui Caranthir deriva. Invece si identifica col nome che gli ha dato il padre. È un simbolo dell’accettazione al destino lasciatogli da Fëanáro? O è un inconscio distaccarsi dalla visione, certamente benevola, che aveva di lui sua madre e di cui non si ritiene più degno? O, più semplicemente, è rimasto attaccato al nome che – forse – hanno usato in molti per riferirsi a lui fin dalla nascita? O qualcos’altro? Sono curiosa! E siccome tu sei tu, so che c’è dietro una scelta ragionata e non vedo l’ora di conoscerla.
E già che siamo in tema di curiosità, eccone un’altra. Quando Haleth chiede a Moryo: «Sei qui perché non trovi nessun’altra che ti interessi?», lui pensa per un attimo di spiegarle che gli uomini Eldar non sono come gli Edain. Ti riferivi al fatto che gli Eldar sono più capaci di tenere a bada le proprie passioni, mentre gli Edain sono più inclini a lasciarsi andare, o ho capito male?
Altra cosa che mi è piaciuta è stato l’accenno alla moglie. In SA, tramite gli occhi di Haleth, il riferimento al fatto che Moryo fosse sposato aveva necessariamente una connotazione più neutra, quasi superflua, mentre qui si percepisce chiaramente quanto sia stata importante per lui la sua consorte.
E infine, lasciami dire che Moryo che fa battute di spirito è impagabile. Ti fa capire quanto si senta a suo agio con Haleth – ora come allora, appunto – e quanto il loro incontro lo metta nelle condizioni di dimenticare per un attimo le angosce che lo assillano, una leggerezza d’animo che non gli capiterà mai più in nessun'altra occasione, temo. Sigh.
Ma passiamo alla parte in cui il punto di vista è quello di Haleth.
Che meraviglia, Kan!
Una scena d’amore di una dolcezza infinita.
Ho letteralmente adorato la delicatezza con cui Moryo tratta la sua amante. Ho provato la paura di Haleth di non essere all’altezza delle aspettative. Ho trovato molto ben descritto il risveglio del desiderio in lei, che si contrappone al timore che aveva avuto di non riuscire più a provare certe sensazioni.
E infine un piccolo particolare che mi ha fatto sciogliere di dolcezza, quello delle parole mormorate in elfico. Ah, Moryo, sono certa fosse l’elfico che non parli più da anni, quello di quando tutto era ancora possibile, anche momenti di gioia pura.
E visto che parliamo di piccoli particolari… bella la scelta del titolo! “Ora come allora” fa riferimento ai sentimenti inalterati dei due protagonisti dopo tanti anni di separazione, ma può anche riferirsi alla tua storia, che dopo tanto tempo torna a dire qualcosa di nuovo.
Concludo. Grazie per tutte le emozioni che mi hai fatto provare con questo racconto. Sinceramente non mi aspettavo che una riedizione mi avrebbe coinvolto così tanto, e invece… mi hai sorpreso! La metto nelle preferite e tornerò a leggerla ogni volta che la Prima Era mi schiaccerà con le sue tragedie, perché pur essendo permeata di malinconia, narra di un incontro insperato che ha donato un breve momento di amore e di dolcezza a due personaggi che, per motivi molto diversi, pensavano di non poterne vivere altri. E per essere ambientata nel Beleriand è dir tanto.
Grazie ancora e a presto,
Los |