Recensioni per
E dei remi facemmo ali al folle volo VII
di sacrogral

Questa storia ha ottenuto 10 recensioni.
Positive : 10
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
17/05/21, ore 13:39

Caro messere vogliate perdonare questa dama che gli impegni della vita hanno fortemente limitato la lettura e il recensire.
Ho recuperato in questi giorni e con gran diletto avete rallegrato il tempo trascorso in compagnia vostra.
Caro Gral le tue storie scorrono tra i tanti personaggi, ognuno necessario a raccontare un mondo diverso. Un mondo dove non esistono solo i buoni e i cattivi in toto ma esiste un confine che non può essere superato, l'Amore va sempre rispettato così come il bene. Ad ognuno viene data la possibilità di compierlo e questa linea di demarcazione che delinea tutta la storia.
L'idea più bella è la descrizione di un certo matrimonio che oltre agli sposi renderebbe felici in molti.
Lieta di poter leggere la tua prosa aspetto il prossimo capitolo.
Un grande abbraccio

Recensore Veterano
17/05/21, ore 09:43

Stendhal direbbe che monsieur le Marquis è “uno strano essere, quasi sempre in tempesta”, qui invece lo si osserva simil distante da ogni amarezza, ogni cruccio e ira e clamore e parola offensiva e ogni sorta di cattiveria, immerso com’è nel beato disincanto dei “giusti” e a contemplare, addirittura, il possibile perdono di quel credo a cui non si è mai affidato, quasi inammissibile! Stato poco metafisico e che, anzi, quello stato, trascende per negazione e difetto, solo manifestazione empirica della forza appagante dell’amplesso di carta e inchiostro ghermito nella carne.
Accade allora che sia proprio lui, monsieur le Marquis, che abita i “castelli in aria” degli altri, pensieri colpevoli e timori di quello che si vuole essere eppure non si vuole, che pur non si osa e che allora si osserva da fuori e a distanza, come cosa altra da sé, più rassicurante che viverli di persona e abitarli davvero, albergandoli in una casa con il nome sulla porta.
È uno scritto microcosmo della vita macroscopica dell’Eden, una veglia a occhi chiusi del lento e indolente risveglio sonnambulo e periglioso della coscienza, dell’avvento minaccioso della conoscenza che strappa dall’ignoranza di dannazioni, di pentimenti e di dubbi insopportabili che, a quell’Eden, ruberebbero l’altrimenti perfetta esistenza.
Il luogo dove le rassicuranti braccia di quella stessa ignoranza   stringono ancora possessivamente un po’ dell’innocenza che tutti vogliono, facendone brandelli per poi raccoglierne un velo e rivestirsi del rattoppo.
Accade quindi che, tutto d’un tratto nell’attimo sfuggevole che non esiste, nella dimensione che tutto colora e scolora, ci si ritrovi adulti, si afferrino realtà impossibili e nuove e che si riceva in dono il cuore che si possiede già. 

Dark, drammatico, onirico e assolutamente bellissimo.

A presto, 
Minaoscarandre 

Recensore Junior
15/05/21, ore 19:48

Mio carissimo Gral, dopo l’enumeratio, carrellata esplicativa del mio commento precedente, approfitto ancora dell’eloquenza di tropi e figure per restituirti il mio pensiero anche su questo volo.
Riparto dall’eironeía, strumento stilistico, motore di tutti i tuoi voli e figura che descrive al meglio il tuo marchese, personaggio il cui solo nome qualifica.
È certamente antonomasia personificata, la sua fama e il suo nome lo precedono, ma qui viene mostrato nel suo lato più ironico e auto ironico, un’antifrasi, un pazzo al confronto del mondo di savi in cui vive e che, per anticatastasi, tenta di rimettere a posto.
Mi piace la sua modernità che strizza l’occhio alla narrativa del Novecento, un personaggio non unitario ma sfaccettato e che sa infilarsi nei meccanismi dell’animo umano, sia esso di altro personaggio di fantasia o di persona vera.
Lo strumento stilistico e il personaggio, qui, diventano necessità strutturale, forse un filo conduttore interno su cui poggiano giudizi e condanne oppure proprio un punto di sutura tra possibilità e realtà antitetiche. 

Nel frattempo, nell’attesa di volare anche con il prossimo, ti anticipo che del consiglio dello scrittore non mi fido! Ho deciso infatti di “credere” alle cose assolutamente vere che questi personaggi “dicono alle spalle della gente”. Sarà che la narrazione è convincente!

Ti abbraccio di nuovo, sempre solo tua di fuoco e fiamma.

Fiammetta.

Recensore Master
14/05/21, ore 19:55

Ciao Sacrogral, è la prima volta, dopo tanto ma tanto tempo che lascio una recensione a qualcuno, quindi scusa la mia goffaggine.
Ho letto i capitoli di questa tua storia e volevo già lasciarti un commento all'inizio ma la curiosità di scoprire cosa avessi in serbo per questi personaggi ha avuto la meglio e quindi eccomi qua.
All'inizio, trovando quest'ultimo capitolo e pensandolo indipendente agli altri non capivo niente o almeno capivo poco. E a dirla tutta non ero preparata ad una lettura con uno stile di lettura simile.
Ma ovviamente sbagliavo. Ho recuperato i capitoli e anche i precedenti tuoi scritti, ed ero molto indecisa se lasciarti un commento per i motivi scritti sopra, però alla fine mi son detta che non potevo non lasciare due parole, banali ma pur sempre di apprezzamento a ciò che scrivi e che hai scritto.
Quindi, eccomi qua a dirti che il tuo modo di scrivere mi ha catturata, mi intriga e mi affascina. La storia mi piace ma i personaggi di più. No forse non è vero, mi piacciono a pari merito. Il modo in cui parli di loro, non solo di Oscar e Andrè dei quali ritrovo una fedele rappresentazione, ma soprattutto degli altri. Come si potrebbe rimanere indifferenti di fronte a Foret o a Sanson. Non so, li vedo di fronte a me mentre leggo e provo un miscuglio di sensazione che non saprei dire.
E poi lui, il divin marchese , inutile forse dirti che hai acceso in me la curiosità di leggere suoi scritti, cosa che di sicuro farò non appena passerà la sessione estiva :')
Detto ciò, se non si fosse capito, ti faccio i complimenti per un sacco di motivi, alcuni detti e altri omessi, ma soprattutto per aver suscitato in me quella rinnovata gioia di leggere storie di questi due personaggi immortali da cui mi ero allontanata.
Quindi nulla, credo di aver detto anche troppo, spero di non essere stata prolissa o di non essere scesa nello stucchevole.
Grazie ancora e spero alla prossima :)
Gio

Nuovo recensore
14/05/21, ore 09:15

Passavo davvero di corsa…
Correvo in Rue de la Chaussèe d’Antin, così, perché ogni tanto mi piace tornarci.
Scorrendo alle porte un poco sbrecciate, lungo la fila di casacce, gli occhi all’insegna, mi sono detta che dovevo fermarmi.
Mi spiace non averlo fatto prima.
L’odore, dentro, sa di buono, sa di conosciuto, qualcosa che risale alla memoria di secoli perduti, entro un luogo incrociato per caso ma scolpito dentro, assieme alla stretta della mano che là mi aveva condotta.
Gli avventori non erano tanti ma mi è stato concesso un tavolo in disparte, anche se poi, ad ascoltare (origliare che quelli parlavano mica tanto a voce alta) mi sono detta ch’era meglio non ordinare vino.
Qui, alla Disperazione, conviene davvero abbandonarsi all’ascolto dei suoni evocati da una scrittura fitta, composta da sequenze di nomi e nomignoli, strade che si incrociano per mano divina oppure per puro caso, ordito che appare piano piano anche se non sempre i fili sono tutti compatti e ben tesi, qualcuno sfugge e impone di rallentare e fermarsi, magari senza avere il tempo di farlo.
Nella bettola ancora vuota – o volutamente tenuta tale - quando ancora gli avventori sono al lavoro e allora c’è un poco di freddo, appena punto dall’acuto sentore del vino, ecco che i nomi si animano e divengono folla di ribelli - o davvero rivoluzionari - che si armano, chi di penna d’oca o brace di carbone, chi d’un boccale di birra o d’un bicchiere Legrande, chi di crocifisso di legno, chi di nulla che non siano i propri sogni e chi neppure di quelli ma semplicemente di se stesso, pulcino che intenerisce ma sorprende, come sorprendono tutti i mocciosi, come la neve in primavera.
Sono loro i ribelli della scrittura, quelli che ribaltano il gioco e strappano gli altri protagonisti, quelli che tutti conosciamo, al ruolo da sempre immaginato.

Non ho chiesto vino, come ho detto, ch’era troppo presto, appena pomeriggio, e quegli strani discorsi non è che mi sian proprio piaciuti, seppur mi è giunto all’orecchio il racconto basso, un poco sorpreso, dei pochi avventori, a loro volta stupiti dell’evolversi estraneo degli eventi per via d’un vino o forse di ciò che quel vino induce a credere e a fare.
Non sia mai che la mente dei parigini finisca per deformarsi in quella dei patetici “muschiatini” ammaestrati da Orphée d’Amblanc - mesmerista dall’intelletto persuasivo come quello del vecchio De Sade - forse i due potrebbero essersi incontrati nella vecchia Bicêtre?

Sta che ci si ritrova non in una sola narrazione bensì presi da narrazioni, come rette parallele al momento, che chissà quando e come e dove forse si incontreranno per intrecciarsi e stringersi attorno al lettore costringendolo ad accelerare la lettura e poi prendere fiato per poi lasciarlo libero, pure di sorridere e illudersi d’aver compreso e d’esser stato più furbo dell’autore.
Difficile dirlo – d’esser riusciti a scovare davvero il filo - inutile chiederselo. Meglio lasciarsi condurre!
Le parole s’incatenano una all’altra, come una sorta di sentiero che s’inerpica e impone attenzione a particolari, monologhi, pensieri, brandelli di ricordi sparsi nel flusso della narrazione che rimbalza dal piano dei protagonisti, a quello del narratore, e persino a quello del lettore che deve metterci del suo per immaginare e comprendere.

Prima ci sono il poeta, l’oste, il prete, il bambino, il medico, il boia e la Morte (e tutti quelli che lambiscono i pensieri e la storia ci ciascuno) che quella non chiede mai il permesso e s’accomoda sempre, bisogna tenerla in grande considerazione e trattarla bene.
Poi ci sono Oscar e André, tratteggiati e colti entro istanti rubati dagli occhi attenti del poeta e del narratore, inseguiti in quella vita che giunge lenta e meditata – lieve, disincantata, ma alle volte messa a dura prova da scelte che a loro non spettano - fino allo strappo e poi fluisce oltre e a fatica si ricompone in un equilibrio precario, forse dolente, per via del ritrarsi di André che ha commesso un grande errore e della presa di coscienza di Oscar che quell’errore ora lo vede in tutta la sua magnifica disperazione.
Centellinare le loro immagini, anche solo entro mezza riga, esalta la loro presenza, li rende protagonisti, pur nel mezzo della folla di caotici ribelli.

Non ci sono eroi, nessuno in fondo lo è, ma al tempo stesso lo sono tutti.
Eroi del Volo, esseri che diventano tali perché acquistano spessore, riga dopo riga, dignità di esistere nell’immaginario di ogni lettore.
Non eroi di carta, di una storia originale o di chissà quale Storia, ma eroi del lettore.

Resta il dubbio (a me lettrice, ovviamente) se davvero per De Sade loro – Oscar e André - siano soltanto nomi (insegna nominalismo logico alle giovani vendemmiatrici, ci si domanda se sposi Ockham ossia i nomi sono solo tasselli di un discorso?) oppure il marchese non si sia illuso di vederli e volerli individui?
S’apprende che De Sade, indubbiamente materialista, diffida di tale dicotomia, santi e diavoli, Dio e Satana, Bene e Male e darebbe la vita pur di distruggere una dicotomia che ritiene essere la dannazione dei popoli ma quando gli attribuiscono il Male – chissà se nel vino contaminato dalla sua velenosa vena nichilista e nominalista– solleva la propria ira contro quelli che non gli credono, contro quelli che, nel pregiudizio del suo nome, lo ritengono colpevole.
Essere immaginato colpevole, a prescindere, non gli piace e finisce per inzozzare lo strano e squilibrato rapporto che i tre sembravano aver costruito.

Avrei immaginato dunque che quel manrovescio avrebbe colpito più forte e che quelle mani si sarebbero davvero strette attorno al collo, in nome del materialismo che De Sade professa, così che la materia, il corpo, sarebbe stata attraversata dall’ultimo respiro di vita.
S’intuiscono i “limiti” intensamente necessari che consentono al Volo di proseguire, così da consentire al lettore di rincorrerlo.
S’intuisce la sceneggiatura oscura che aggroviglia i fili del destino, che gioca sull’ignoranza di sé e l’ignoranza dell’altro, su cui De Sade ci sputa sopra, perché l’ignoranza di se stessi, dell’essere donna, o innamorata, o amante, o quel che si è, non è ammessa.
Dunque non ci sono eroi e forse l’unica redenzione è diventare – ciascuno di loro – consapevole di se stesso.

Mi perdonerà l’autore per aver scritto tanto e non aver detto niente. O aver detto quello che non serve.
Deformazione personale è cercare sempre un filo conduttore che non mi è facile scovare e neppure mi è facile ammettere che forse non c’è, oppure che non è quello che penserei d’aver scovato.

Grazie per questo Volo a cui mi affido, con lentezza e in silenzio.

Capo Rouge

Recensore Veterano
11/05/21, ore 20:56

Allora, la Vera scrittura non lascia mai il lettore tale e quale era prima, lo rende migliore, sporca la sua anima, gli fa desiderare di ritrovare quelle emozioni.
La Vera scrittura quando la si scopre, è incanto e magia.
Cede al sonno il Marchese, ferito nell'orgoglio da chi pensava sapesse guardare nel cuore, oltre i pregiudizi di coloro che giudicano i suoi scritti, i suoi pensieri senza conoscerli davvero. Aveva quasi sperato, il Marchese, che quel silente amore così evidente persino al suo sguardo cinico, potesse essere vissuto alla luce del sole.
Aveva sperato che potesse essere, per una volta, accettato per ciò che semplicemente egli era: un essere umano come gli altri.
Tanta era stata la delusione del Marchese, aveva reagito con furore, umiliando lei, provocando lui.
È pronto a un chiarimento, è pronto al quasi perdono verso i suoi ospiti. Ben sapendo, il Marchese, che il Maudit altro non è che un buon vino.
Lui che, tornato dal suo sogno, pronto anche a uccidere per lei, vuole solo ritrovare lei.
Lei che, sola, finalmente ammette che senza di lui non vi sarebbe vita, che lui sa amare senza chiedere nulla in cambio. Che ripensa a quei baci, impossibili da dimenticare.
Cede al sonno e al sogno lei, che è visione di un tempo felice, di un luogo amato.
Di risate e riflessioni, dove lei ha capito verità che il suo mondo dorato cela dietro il velo ipocrita del privilegio.
In quella vivida visione di un momento felice, lei rivede se stessa mettere alla prova lui. Il lato oscuro che si cela in ogni animo, emerge, chiede una prova d'amore al giovane innamorato.
Che non può amare sacrificando la sua anima a lei. Lui, l'uomo adulto, è pronto a soddisfare la sua richiesta, pronto a tutto per lei.
Lei vede lui morir contento e innamorato.
La realtà riporta lei in quella stanza, dovrà ascoltare le richieste dei tre uomini del Marchese per poter capire il sogno. Per poter capire il mistero.
La lunga notte non è finita. Che il folle volo non abbia fine.

Recensore Master
11/05/21, ore 11:35

Mio caro Cavaliere,
anche questa volta la vostra fantasia e la vostra penna ci hanno donato momenti nei quali la mente può perdersi a fantasticare ma anche riflettere.
Come al solito ho deciso, di lasciarmi trasportare dalle ali del volo, che sonda le menti dei vari protagonisti della vostra appassionante e appassionata storia. Un racconto, sì corale, ma che questa volta ci dona due sguardi direttamente nella mente del caro Marchese e della nostra eroina bionda Oscar.
Il Marchese, perso a scrivere a lume di candela, si è fatto trasportare lontano dai suoi stessi pensieri, favoleggiando, e non andando troppo lontano dalla realtà, sul legame che unisce il giovane soldato alla donna comandante. A lui, che ha l’attitudine a voler sgretolare gli animi più temerari, è parso evidentissimo ciò a cui il bel comandante biondo non è ancora disposto a credere. Lui, nel suo sogno bislacco dovuto ai fumi del suo vino, forse, già li vede convolare a giuste nozze, infischiandosene della classe sociale, del generale che potrebbe subire un affronto dal quale difficilmente potrebbe rialzarsi e altre amenità di questo genere. Lui ha l’occhio lungo e una mente preparata ad accogliere anche l’imprevedibile. Come per esempio il cazzotto in pieno viso da parte di un André infuriato che, avendo raggiunto il limite della sopportazione, cerca la sua Oscar per salvarla dalle grinfie dell’infido marchese.
Poi, questo racconto si sposta nuovamente nel mondo onirico, dove Oscar sta vivendo il suo sogno, e nel quale si accorge di determinate cose, che però ancora stenta ad ammettere siano la verità, sepolta proprio in fondo al suo cuore e che la mente, per uno strano scherzo del destino, le sta proponendo come l’unica reale verità possibile. Lei e André insieme da sempre e per sempre, senza se e senza ma. Lei, indietro nel tempo, che tenta letteralmente un giovane André, il quale già a quell’età le dà una lezione su cosa sia il vero amore. Rivedendo loro stessi da giovane, comprende di che pasta fosse fatto già allora il suo compagno di mille avventure, mentre si stupisce per la folle richiesta che nel sogno gli aveva fatto, dandosi della pazza per aver osato tanto! Il risultato è rigurgitare una strana sostanza verde, che deve essere attribuita sicuramente al vino che l’hanno costretta a bere a forza, prima di essere separata da André e lasciata a vagare in un mondo fatto di ricordi e sensazioni, che vengono a bussare alla porta della mente ponendole domande alle quali ora sa che dovrà cercare una risposta.
Tentare di sondare la profondità di Oscar è un impegno decisamente importante, ma quanto mai accattivante, poiché è un personaggio dalle mille sfaccettature, tutte ben nascoste sotto l’algido comportamento che è stata abituata a tenere, ma che la vostra bravura, poco a poco sta portando alla luce sia di noi lettori, che un po’ la conosciamo, che a se stessa che, forse, non ha mai scavato tanto in profondità.
Un volo quindi che procede ad ali spiegate, sempre più intrigante, anche per questa dama d’altri tempi che coglie l’occasione per salutarvi, nell’attesa della vostra prossima apparizione, aggiungendo ulteriori tasselli al mosaico che, con tanto impegno e piacere, state disegnando. A presto!

Recensore Veterano
10/05/21, ore 23:16

Caro Sacrogral,
visto che il nuovo capitolo e' uscito proprio oggi, parto dalla recensione di quest'ultimo.
Non deludi mai! Cosa dire di questo "VII Volo"!? Scritto divinamente, come sempre. 
Il Marchese che fantastica sul matrimonio dei Nostri e' semplicemente fantastico, un 'tenerone':
quasi in veste di padrino dei novelli sposi si immagina le reazioni degli altri invitati a fronte della sua partecipazione e imbastisce nella sua testa i possibili dialoghi con i soldati della Guardia. Spassosissimo!
Noto con piacere anche la sua stima nei confronti del Generale che, come lui, si e' imposto contro le convenzioni del tempo crescendo la propria figlia in maniera così originale. 
Non sono riuscita a trattenere una risata alla battuta del Marchese, dopo che Andre' gli ha spaccato il labbro. Povero Andre'! La sua proverbiale tolleranza e' stata messa a dura prova!
Per quanto riguarda la parte più splatter, ossia il sogno di Oscar sotto gli effetti del Maudit, sto
elaborando la mia personale interpretazione, da provetta Freud 🧐. 
Crescono i dubbi sulla composizione del Maudit: pur avendo un tasso alcolico elevato, il famigerato Maudit deve avere nascondere anche qualche ingrediente segreto... altrimenti come si spiegano le visoni dei bevitori e lo strano colore del rigetto?!
Resto quindi  in trepidante attesa dei prossimi capitoli, mentre, nel frattempo, proseguo con le lettura dei precedenti. I miei più vivi apprezzamenti!
Ps: a costo di risultare ripetitiva e noiosa, pure stavolta ho ritrovato il richiamo cinematografico: la cruda e macabra visione di Andre'  che si strappa il cuore dal petto mi ha fatto pensare tantissimo a "Indiana Jones e il tempio maledetto". L'immagine evocata era quella. Forse perché ho rivisto il film proprio pochi giorni fa... O magari devo aver bevuto anche io un po' di Maudit!😉
 
(Recensione modificata il 10/05/2021 - 11:20 pm)

Recensore Master
10/05/21, ore 12:23

Caro Sacrogral,
Posso felicitarmi del fatto che i "giocondi ed appagati coloni" e la meravigliosa Arcadia delle Cantine de Sade siano in realtà solo una "bufala/miraggio/fata morgana/utopia puntualmente irrealizzata"?!
Fossi stata Andrè, io quel "cazzotto" lo avrei sferrato immediatamente, per svegliare prima e meglio il Marchese e, soprattutto, anche perché per certi risentimenti e conti in sospeso non esiste padronanza di spirito che tenga.
Sulla tua Oscar "onirica" non ho niente da eccepire, mi dispiace, invece, per quel semplice e minimale "Tu sei pazza!" proferito dalla Oscar, per quanto sognante, reale. Il patrimonio interiore di questo personaggio difficilmente viene colto nella sua interezza e profondità.
Curioso il fatto che alle "sorseggiatrici" del Maudit accada di rigurgitare una sostanza di color verde.
Osservazione (fatta senza malizia e fuori da ogni intento pedantesco): in un passaggio si nota la presenza consecutiva dell' uso del carattere grafico " - " . Evento insolito, che rende difficile la lettura del passaggio in questione.
Ti ho "letto" con piacere e interesse.
Un affettuoso saluto

Recensore Junior
10/05/21, ore 11:34

Okay, la tua risposta super alla mano alla prima recensione che ti ho fatto mi fa sentire più a mio agio a fartene un'altra adesso. 💪🏻
Il riferimento a De André è un pugno allo stomaco ed è inserito così seamlessly nel sogno di Oscar che è semplicemente perfetto. André il nostro, invece, si meriterebbe una soddisfazione, fosse pure di zittire D.A.F. De Sade, per una volta... O che so, che Oscar realizzi un'idea, per la miseria. Mi spiace per il tono che non esprime assolutamente il tremore angoscioso che il tuo racconto mi ha lasciato, che sento ancora mentre scrivo e che credo esprima meglio all'autore la qualità del lavoro che ha prodotto. Comunque ti prego di creare prestissimo un nuovo "episodio" di questa serie. Un abbraccio~ ❤️