Recensioni per
E dei remi facemmo ali al folle volo XII
di sacrogral

Questa storia ha ottenuto 20 recensioni.
Positive : 20
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
15/01/23, ore 21:43

Colpevole di non aver letto prima queste pregevoli storie, ho rimediato alla mia mancanza e devo fare i miei più sinceri, se pur tardivi, ringraziamenti al loro autore. Mi ha infatti regalato delle autentiche perle in quanto a inventiva e non indifferente maestria nello scrivere. Saluti e complimenti!

Nuovo recensore
15/07/22, ore 18:32

Ho scoperto le tue storie da poco le ho quasi lette tutte ,uno stile nuovo ironico e le tue storie vanno oltre il confine ma sono bellissime e le ho lette tutte molto volentieri

Nuovo recensore
06/08/21, ore 17:35

Bel finale! Soprattutto il secondo, con questo misterioso autore che finalmente compare a brindare coi suoi sei personaggi alla Disperazione! Viene voglia di farci un salto anche a me! Bravo Gral!

Recensore Veterano
05/08/21, ore 13:44

Eccomi qui, che dire?
Mi è piaciuto questo finale, luminoso come, ormai per consuetudine, da te ci si attende. Anzi, forse ancora più luminoso del solito, con André che ha recuperato la vista e quel bacio tra lui e Oscar, come tradizione fiabesca del lieto fine vuole. Noto forse qualche citazione shakespeariana nei riferimenti al sogno?
Bella anche l'idea del secondo finale dove ti sei preso la meritata soddisfazione di essere festeggiato dai tuoi personaggi... Ora che hai concluso la tua prima long, potremo avere il piacere di leggerne delle altre?
Questa storia mi ha lasciato con il desiderio di assaggiare un calice di Maudit (quello buono, non quello maledetto) alla locanda della Disperazione in compagnia dei tuoi personaggi... Del resto, sono stata apertamente invitata, no?
Allora ti ringrazio per questo piacevole viaggio, o meglio Volo, che ci ha regalato emozioni e che ci ha portato in un mondo altro, tra sogno e illusione, ma non per questo meno vero e sincero.
Un caro saluto e alla prossima,
fennec

Recensore Master
02/08/21, ore 19:12

Caro Gral, perdonate questa dama che solo oggi ha potuto leggere e rileggere questo vostro delicato ed eccelso finale.
La gioia è la felicità sono assai difficili da descrivere ma sei stata superlativo, non una parola di troppo non una di meno e avete rallegrato il cuore e donato allegria.
Mi sono vista con voi alla Disperazione a bere un bicchiere di vino rosso, ad ascoltare la vostra poesia, felice per l'accoglienza a voi tributata meritatamente. In questo mondo il lieto fine aiuta ad andare avanti e aver fatto felice una donna di sole e il suo fidato cavaliere non ha prezzo.
Un caro e grande abbraccio ragazzo luminoso.

Nuovo recensore
02/08/21, ore 16:12

La resistenza è il frutto della disciplina.
Impiego di tecniche. Creare attriti o subirli in vista di uno scopo.
Quale?
Sopravvivere, galleggiare, proteggersi. E quando la resistenza non ce la fa subentra l’abbandono.
E’ come nuotare. Bracciate nell’acqua. Sforzi. Mete da raggiungere. Ti illudi di divorare il mare, di resistergli. E quando non hai più le forze ti abbandoni ad esso. Al disordine subentra la calma. Alla frenesia la pace.
Fleur Jaeggy

Insomma, m’ero messa il vestito migliore, quello a fiorellini, estivo, sandaletti abbinati, sciarpetta al collo anche se l’aria condizionata non funziona, il copione stampato stretto tra le mani, una pennetta in tasca da porgere in fretta.
E niente.
Come al solito ho atteso che uscissero tutti dalla sala, gli occhi a riadattarsi alla luce fioca che lasciava riemergere il solitario palco vuoto ove ancora rimbombavano le gesta e i gesti, le battute e i battiti, le camminate e i cambi di scena, i silenzi, i Voli, quelli della morte, quelli pindarici, quelli della fantasia e anche della realtà, di quel realismo fantastico che sa trarre le favole dalla vita e sa regalare alla vita il senso delle favole.

Niente, l’autore non s’è fatto vedere. Dev’essere timido. Pessima idea vestirsi così, sarebbero stati meglio tuta mimetica e anfibi.

Ho provato a intrufolarmi dietro le quinte. Il luogo sospeso per eccellenza, corde penzolanti, fondali statici che odorano di polvere e sogni, leve e pulsanti, faretti abbandonati, assi scricchiolanti sotto il peso dei piedi ansiosi dei mille attori che tremano nell’istante che precede l’entrata in scena, perché è lì, in quel luogo senza tempo, ove muta il cuore, l’attore diviene personaggio e il primo dimentica se stesso per essere altro.
Niente…
I soldatini si son messi di guardia per trattenere le dame.
Bei filibustieri quelli! Han cambiato compagnia e casacca nel giro d’un anno. Peggio che al Palio dell’Assunta. Ma se stanno bene qui, perché dargli torto? Nell’altra sceneggiatura c’era davvero troppa tensione, secondo me ne avevano le scatole piene!

Allora sono uscita speranzosa, mi sono messa in attesa, che fuori era appena piovuto e l’aria era freschetta, ancor peggio di quella condizionata.
Un poco distante, come impongono oggi le regole del vivere civile.
Ho atteso, in punta di piedi, ho sbirciato.
Li ho visti uscire gli attori della Compagnia del Volo, ad uno ad uno, ma le dame erano davvero in tante e tutte lì, un poco di rabbia per via di quelle regole del vivere civile saltate via, a pigiare il cordone di Soldati della Guardia che tentavano di trattenerle.

Foret, Thèrése e Lorraine sono usciti per primi, stavano appiccicati a Gobemouche, si capiva ch’erano un poco intimoriti, mentre annuivano, e il bambino tirava su col naso, e le bambine salutavano timidamente e Joss appoggiava loro una mano sulla spalla, e se le stringeva sempre pronto a proteggerli e ad aprirgli la strada, che quelli non avessero rischiato di finire ingoiati dalle ragazzette urlanti che chiedevano un selfie (ormai gli autografi son passati di moda).
Il poeta era sorpreso del successo, chissà se adesso penserà finalmente a pubblicare le sue poesie anziché recitarle a braccio seduto s’una botte al pubblico della Disperazione?
No, forse i versi più belli sono quelli affidati alle parole, alle gocce di vino abbandonate sui tavoli, alle dita nere che raspano il legno, in cerca d’una soluzione per portare la cena in tavola alla famiglia. Quei dannati versi che regalano speranza ai volti di chi ascolta, perché in fondo quello spetta alla poesia.

Ecco Monsieur Sanson, colui che spezza il legame tra l’anima e il corpo, accanto a Fra Etienne, che invece riallaccia quel legame, prima e dopo la scure, a passi decisi, gli sguardi un poco trasognati ma severi.

La Morte no, quella non s’è fatta vedere, si presume per necessità di sceneggiatura.
Ma forse il Dottor Lasonne avrà pensato di declinare l’invito d’uscire in pubblico a braccetto con quella, perché la scienza ci prova sempre a spuntarla sull’altra. Non sempre ci riesce ma alle volte sì. E allora nell’un caso o nell’altro, uno dei due si ritrova sempre una punta d’invidia e di rabbia addosso. Si sopportano ma si guardano in cagnesco.

Il normanno, il sacerdote, il contadino bruno…
Salutano, anche quelli timidi ma soddisfatti, in fondo hanno ragione, son loro quelli a cui è toccata la parte più difficile, insinuare il dubbio che la Terra sia avida, che la Natura sia matrigna da compiacere.
Non è facile passare per superstiziosi di questi tempi, ma nemmeno poi tanto difficile.

Ecco Donatien-Alphonse-François de Sade.
Si fa strada, i capelli ravvivati all’indietro, la faccia soddisfatta, l’interpretazione ha inciso sul pubblico.
Il marchese l’ha costretto a fermarsi, il suo pubblico, persino a disprezzarne i gesti – lo schiaffo a Mademoiselle poi è stato uno schiaffo al pubblico, chissà quanti si son sentiti solidali con Mademoiselle e quanti invero con De Sade, come avessero voluto anche loro scagliarsi contro di lei, per fargliela pagare a quella e ai suoi bei pensieri conformisti e ciechi.
Insomma, non si è capito se davvero lo volesse o gli fosse uscito spontaneo, ma il nobile lì ha fatti ragionare quelli che lo seguivano, a chiedersi da che parte sta davvero il male, se i benpensanti sono davvero il bene oppure sono semplicemente intimoriti da quel che non conoscono, da quel che dicono di non poter fare, perché ne hanno paura.
Le sue entrate ad effetto poi. Si è saputo che ci aveva lavorato per anni…il passo, il respiro lungo, la battuta sospesa in attesa che il silenzio calasse a regalargli il tempo di incidere le coscienze, a convogliare tutta l’attenzione su di sé.
Si pensa abbia lavorato con Hopkins…e sicuramente ha studiato Shakespeare, lì forse ha compreso la tempistica teatrale.
Anche lui ad un certo punto si guarda attorno…forse attende Albert…o le due ragazze pallide e la signora nera o quella giovinetta rossa…vai a saperlo!!

Sono così tanti! Davvero un capolavoro tenerli in scena, dev’essere stato incredibile scrivere questa storia!

Continuo ad attendere ma niente, dell’autore neppure l’ombra.
Insomma, mi sa che quello, tra un saluto e un brindisi con la compagnia, se l’è filata, per non rischiare la folla, perché poi alla fine quel che conta è quando si scrive e come e perché, mica chi scrive.

Ecco…
Diavolo secondo me è quello col passo lesto, l’andatura veloce, il berretto in testa, chi se lo ficcherebbe così il berretto in testa con questo caldo, anche se sta piovendo?
Sorpasso il passo, gli giro attorno come una specie di predatore e gli balzo davanti, il copione in mano, in bella vista, che magari è timido e si spaventa e pensa pure che voglia rapinargli qualche battura o qualche citazione.
Capirà?

Che vuole?
Una firma…un autografo…lei è l’autore del Volo?
Sii…ma…la storia è terminata…

Non si fa vedere in faccia e nemmeno io m’azzardo a spingermi a presentarmi.

Lo so…posso comprendere come ci si sente. Un po’ come se un’amante se ne fosse andata. C’è nostalgia…chiedo scusa…ho il brutto vizio di divagare e parlar troppo. Ma è per questo che le chiedevo un autografo…se non ha piacere…
No ci mancherebbe…vuole una dedica? A chi devo scrivere…il nome?
Non a me, ma ai suoi attori, a tutti i suoi personaggi!

Senta…io non ho tempo da perdere, sono di corsa…che razza di dedica…chi è lei…forse ha sbagliato persona. Se cerca la ragazza bionda, insomma, chiamiamola col suo nome, Oscar François de Jarjayes e quell’altro, il Cavaliere innamorato, sono usciti da un’altra parte. Sa com’è, di solito il pubblico vuole loro, sono gli attori principali, i protagonisti.

No, no, affatto! Loro li conosco già. Ne ho già letti abbastanza di copioni su quelli. Sa li disegno pure quei due. Io cercavo proprio lei. Mi piacerebbe una dedica ai suoi stessi attori…lo trova sciocco?
No…però...
Allora un poco conformista, va bene, ma vorrei ringraziarla per la lettura e per il tempo trascorso a scardinare i muri del tempo e le convenzioni sociali, a fondere il reale con il sogno, una tessitura degna d’una manifattura Gobelins!
Avrei fatto questo? Non me ne sono accorto! - Ma guarda questa che scocciatrice!

Sì glielo leggo in faccia che sta pensando questo, che gli sto scompaginando i piani, che ha fretta…

E poi…degno della Rosa…ridere…sorridere…vivere…è questo ciò che distingue il bene dal male, e questo che esce dalle sue righe e dalle battute! E’ questo che segna il confine…

No…ecco… - questa non ha capito niente! – Ma quale confine…

Troppo modesto come al solito! Sa, io purtroppo non sono brava con le recensioni, non m’azzardo. Ma quel che dico è che le sue parole sono armi.
E poi le battute, i silenzi, persino i sogni o i ricordi, i cambi di scena, i primi piani e dietro, sullo sfondo, il racconto che viaggia in parallelo…insomma la regia…poi lo dico sinceramente non è che ho compreso sempre tutto…
Non lo dica a me…alle volte mi sono perso anch’io…
Ah è così? Allora davvero ci si perde…e…come si fa a tenere la rotta di una storia, di un Volo?

Si schiarisce la voce, mica risponde…
Mi sono spinta troppo oltre…
Le chiedo scusa, prego…

Gli porgo la penna…
Che sfoglia il copione per trovare un lembo dove scrivere…

Ma è pieno di scarabocchi! E queste faccette qui…che roba eh?
Appunti! E illustrazioni!
E lei prende appunti sulle storie degli altri?
Certo, lo fanno in tanti! Gliel’ho detto che ogni tanto non riesco a comprendere certi…passaggi…e le citazioni poi…mi scusi sa…ci si deve ragionare su e con i tempi risicati della vita d’oggi giorno…allora mi appunto i dubbi. E dove non sono d’accordo, mi immagino la spiegazione. Non è molto corretto. E mi piace immaginare la faccia dei personaggi.

Ma anche lei scrive?
Un poco…ma non sono così brava, le mie parole per fortuna, non uccidono!
Ah…e disegna?
Un poco…ma anche lì…nulla de ché (come se dice a Roma)!
Insomma…

Insomma le chiedo scusa per averla disturbata, e per aver tentato “d’addomesticare” la sua scrittura. Rileggerò il suo Volo, lo farò davvero, perché una storia rivive ogni volta che la si legge e ogni volta sarà una sfumatura diversa, una digressione altra ch’era sfuggita. Grazie per avercelo regalato questo Volo e spero potremo assistere presto ad altre rappresentazioni. La sua Compagnia è davvero degna, come la pioggia in una calda giornata d’estate.
Mi pare esagerato!
Gliel’ho detto che a recensire faccio proprio schifo. D’accordo quindi…io cancello!?

Che storia!

Capo Rouge

Se sognare un po’ è pericoloso, il rimedio non è sognare di meno ma sognare di più, sognare tutto il tempo.
Marcel Proust

Recensore Junior
29/07/21, ore 09:53

Mio carissimo Gral, sapevo che non avresti fatto le cose in piccolo neanche stavolta e sono contentissima di ritrovarmi a commentare il finale lieto di questa storia di cui ho amato ogni locuzione, ogni “ingombrante figura”, ogni scarto e artificio ma anche la l’importante semplicità del punto e della virgola.
Lo scioglimento è tutto nell’ironia di quel sintagma verbale minimo e reiterato, faremo finta di aver sognato”, preterizione, perifrasi e complessa litote di quel che non si può dire eppur si vorrebbe, in fin dei conti una reticenza, affermazione, in cortocircuito, del correlativo del sogno, una duplex negatio affirmat ma di pensiero. Ed è uno scioglimento vero e concreto, un finale chiuso dove, guidati, tutti, personaggi compresi, convergiamo nelle parole dello scrittore finché non ci resta che ritrovare il "finto" perduto. 
L’ornato vigoroso di un eloquio “scandito” in tempo cairologico è rafforzato dall’antitetica potenza ossimorica di quelle “ore che durano secoli” e dall’ironia pungente che buca e investe il reo confesso libertino della possibilità di essere divorato sul finir della tenzone, e vabbè, prima o poi dovrai pur spiegarmi cosa ti ha fatto, perché confesso che ormai simpatizzo per lui!
L’anafora ripetuta è invece strumento di ritmo che mantiene alta la tensione narrativa culminante nell’apostrofe dello scrittore “incastrato” a Rue Saint Lazare e nella vera e propria canzone di fede e devozione ritrovata in una cartellaccia.
Canzone che André riconosce subito, inno alla vita che lui ha condotto in assoluta libertà di volontà, e all’amore che quella vita ha mosso e governato. 
Non un ripensamento ma un rafforzamento di sentimenti e di ideali che adesso, alla fine di questo lungo Volo, hanno  trovato il giusto compimento.
In barba al purismo intransigente del libertino, metto da parte emistichi e settenari e, nella segreta speranza di fargli un rispettoso dispetto, ti restituisco, mentre ti stringo con il mio bel calice in mano, ciò che è di nuovo tuo.

Sempre solo tua di fuoco e fiamma,
Fiammetta.

Una canzone libera che si presenta nella forma di cinque strofe composte da un numero non sempre uguale di versi, di uscita diversa e rima irregolare governata da endecasillabi estremi e per lo più dall’assenza di parole ossitone. Con le prime due stanze di undici, la terza di dodici, la quarta di nove e l’ultima di cinque i versi sono posti stilisticamente a decrescere di numero quasi ad esaltare per contrasto il climax di significato.
L’unità dello testo è raggiunta tramite l’uso di anafore all’inizio di ogni strofa, assente però nell’ultima stanza che è sintesi e esplicazione delle prime quattro, e di quelle cinque  epifore, a specchio, che costituiscono sempre il verso di chiusura nella sua interezza. 
È proprio l’uso combinato e schematico delle due figure retoriche, la simploche, che fa di ogni strofa in sé il ritornello della canzone.
Le assonanze, le allitterazioni e la sinalefe, preferita all’uso dell’apocope dell’elisione e dell’anastrofe, costituisco invece il registro musicale del testo contribuendo a renderlo melodioso e scorrevole.

Una prova bellissima prova da cantautore da ripetere al più presto. 
Ti abbraccio

Recensore Veterano
28/07/21, ore 10:18

Considero la vita una locanda, dove devo fermarmi fino all’arrivo della diligenza dell’abisso. Non so dove mi condurrà, perché non so niente. Potrei considerare questa locanda una prigione, perché in essa sono costretto all’attesa; potrei considerarla un luogo in cui socializzare, perché qui mi ritrovo insieme ad altri. Non sono, però, né impaziente né spontaneamente naturale. Lascio a quello che sono, coloro che si chiudono nella stanza, mollemente sdraiati sul letto dove aspettano insonni; lascio a quello che fanno, coloro che conversano nelle sale, da dove musiche e voci
giungono facilmente fino a me. Mi siedo alla porta e imbevo i miei occhi e orecchi dei colori e dei suoni del paesaggio, e canto sommessamente, solo per me, vaghe canzoni che compongo nell’attesa.
Per tutti noi scenderà la notte e arriverà la diligenza. Godo della brezza che mi è data e dell’anima che mi è stata data per goderla, e non mi pongo altre domande né cerco altro. Se ciò che lascerò scritto nel libro dei clienti, riletto un giorno da qualcuno, potrà intrattenerlo nel transito, andrà bene. Se nessuno lo leggerà, né si intratterrà, andrà ugualmente bene” ~ Bernardo Soares ~

Ma intanto leggo e, nello iato di spazio e tempo, felice m’avvio per Parigi dimentica delle perline ormai sparse dall’oro spezzato nel ruggine. Rotolano indolenti e, mentre mi piego sulle ginocchia e raccolgo la sola gemma nel verde cupo dell’unico filo, proseguo sicura senza mai toglier gli occhi e raggiungo la meta, e la vedo finalmente la macchia gialla che è diventata Sole, il tuo. Dipinto come un bambino proprio come lo avrei visto io e forse noi tutti spettatori incantati davanti a un miracolo, una scintilla in una camera di specchi, differente splendore in ogni accecante riflesso.
Al sorso di Maudit, fermo da togliere l’anima e il senno, osservo la prosa indossare le scarpe da ballo della poesia e, immobile e a piedi uniti, finisco nel sogno che recupera quel qualcosa che al vivere difetta ogni istante. Sarà che il linguaggio stesso è fatto di piccoli sogni che a volte risultano meravigliosamente accurati come plausibili pensieri, ma senza l’aiuto dello straordinario, e forse dell’inesistente, saremmo sempre più piccoli. 
Scritto che riesce ad afferrare l’invisibile, a vedere al buio, e che afferra il fantastico e il “pauroso” che convivono con la realtà, le sue ambiguità e tutto il diverso sentire. 

Grazie per averci accolti nel mondo speciale dei poeti, dove si sogna ancora, si stupisce ogni giorno e soprattuto si ripara il rotto.
Alla prossima, un abbraccio 
Minaoscarandre

Recensore Veterano
25/07/21, ore 14:48

Allora, accade che una certezza diventi granitica realtà, che un momento resti sospeso nel tempo a riempire i vuoti, i silenzi, le ombre. Accade che un momento diventi un attimo di eternità racchiuso in un mondo che sa di magia.
Accade e la certezza diventa fede.
La clemenza, è ciò che vien richiesta da un uomo che, finalmente, ha ottenuto di essere accettato, per quello che è, che ha dimostrato di essere un uomo con degli ideali non lontani da quelli di lei.
Il Marchese comprende che la clemenza è l'unico mezzo per evitare altre ingiustizie, perché sarà la colpa da sopportare, la consapevolezza di essere stati gli artefici di ingiustizie tremende, il giusto castigo per quegli uomini che hanno creduto in una cieca superstizione. Che non hanno saputo distinguere il labile confine tra bene e male.
Il ricordo del sangue innocente versato sarà un duro fardello da sopportare.
Un cavaliere innamorato che ha saputo perdonare, che ha sempre saputo che l'amore non si sceglie, ti sceglie. Che l'amore è racchiuso in un nome, che il tutto e il niente è racchiuso in uno sguardo che ha visto pieno d'amore.
Lui che è semplicemente un uomo innamorato che protegge, "sente", e ama la sua donna. E un brivido di attesa lo scuote, perché il tempo e il momento per certi amori non esistono, e la risposta è lì, è sempre stata lì. Negli occhi che brillano solo per lui.
Lei che finalmente ritrova la leggerezza persa lungo il cammino di una vita che le ha insegnato l'integrità e l'onestà, ma anche la comprensione e la clemenza verso chi agisce nel male in nome del bene.
Lei che ora comprende che "amore" è consegnarsi a qualcuno, perché la resa è conquista. Che "amore" è un uomo pronto a tutto per lei. Che "amore" è desiderare lui. Amore è sempre stato lui.
A La Disperazione vi son entrata infinite volte, seduta al mio tavolo, ascolto Gobemouche declamare la poesia che non capisce. Non sa che parla di un uomo che è forte e saldo come radici di un albero.
Sorrido al pulcino che mi ha sussurrato qualcosa in un orecchio e al Marchese e a Monsieur Sanson a cui ho stretto la mano. Oscar e André sono seduti in un angolo, persi nel loro mondo. L'amore che tace e si svela solo con piccoli gesti.
Osservo i due affreschi e penso ai tanti momenti passati a La Disperazione, a ciò che ho visto oltre le parole, a ciò che ho sentito nell'eco dei silenzi.
Ora la pagina è bianca, dispiegata come le ali di una farfalla pronta a spiccare il primo volo. È lì, in attesa di chi scriver sa, di una nuova magia, io ti aspetto, con quella granitica certezza.
Brindo a te che sai comprendere il vuoto, gli echi, le ombre. A mille voli ancora.
A Gral che mi fa volare sempre.

Recensore Master
24/07/21, ore 12:13

Mio caro Cavaliere,
e così siamo giunti alla fine di questo racconto, che non è stato solamente un semplice racconto, o il tributo di un appassionato ad una storia che accarezzato in qualche modo il suo animo, bensì è stato un racconto corale che ha permesso al lettore di immergersi in un mondo alternativo a questa realtà complicata e talvolta soverchiante.
Nonostante la storia fosse dichiaratamente indicata anche come “dark”, Vi ringrazio infinitamente per aver voluto donare un lieto fine ai personaggi tutti, con particolare riguardo ai nostri protagonisti che abbiamo visto alternarsi in un palcoscenico decisamente inusuale, in continuo bilico tra sogno e realtà. Sapete quanto sia per me fondamentale avere uno spicchio di luce e con questo finale mi avete reso più leggera.
Sono stata lieta di vedere coronato un sentimento che arrivava da lontano e che, per merito della vostra penna, abbiate dato la possibilità di comprendere a chi ne aveva bisogno. Avete reso la serenità ad un animo che forse l’aveva anelata da sempre, con le parole che avete posato leggiadre sulle labbra di Oscar, la quale per la prima volta chiama “amore” il suo Andrè guardandolo nei suoi bellissimi occhi verdi nei quali avrebbe voluto e potuto smarrirsi.
E poi un accenno a tutti i comprimari di questa storia, ognuno con un suo peso, ognuno con la propria storia, ognuno con un suo vissuto e un personalissimo sentire. E ci avete dato la facoltà di poter ascoltare diverse anime lungo il corso di questo altrettanto lungo volo, che ci ha fatto librare su territori dell’animo umano ancora inesplorati o rimasti volutamente celati.
Due chiusure, una canonica e una un po’ meno, per questa storia, ma conoscendo un pochino lo scrittore che si è nascosto dietro le parole di ogni brano, mi attendevo una sua apparizione in mezzo a tutti coloro che nel frattempo sono diventati amici, con i quali è piacevole scambiare due chiacchiere estemporanee mentre si brinda con un buon bicchiere di Maudit, comprendendo che ogni atteggiamento tenuto, ogni parola scambiata proviene dal cuore, con quella semplicità che solo le persone senza sovrastrutture possono avere. Con le vostre parole li avete liberati tutti dai loro ruoli permettendo loro di muoversi in ambiti sempre più ampi, arrivando direttamente al cuore dei lettori, i quali sono stati ben felici di aprire le porte delle loro menti per sentire cosa avessero da dire e condividere.
Ecco è stato un racconto di condivisione di sensazioni che hanno coinvolto ognuno di loro e noi con loro.
Molto ci sarebbe ancora da dire, ma questa volta mi ero ripromessa di non fare uno dei miei inutili panegirici, per cui mi congedo da Voi e dal vostro pregevole scritto, ringraziandovi ancora per la compagnia che mi avete fatto, per le riflessioni a cui mi avete indotto, ma soprattutto per avermi regalato le ali per compiere questo e magari altri voli.
Nell’attesa che in futuro la fantasia torni a bussare alla Vostra porta, appena mi sarà possibile, tempo permettendo, mi dedicherò a letture che un po’ mi ricordino l’introspezione, la magia e la poesia che ho trovato nei vostri scritti, come alcune opere di Zafon che sto scoprendo.
La vostra dama d’altri tempi Vi saluta con un profondo inchino.

Recensore Veterano
23/07/21, ore 19:32

Caro Sacrogral,
da "C'era una volta a Hollywood" a "E dei remi facemmo ali al folle Volo" il passo è veramente breve. Ho molto apprezzato la tua celebrazione dell'amore dei Nostri.
Da novello Tarantino ci hai regalato la tua personale rivisitazione del capolavoro della Ikeda: il tuo lieto fine mi ha letteralmente alleggerito dopo le giornate del 13/14 luglio, durante le quali gli ammiratori di "Berusaiyu no bara" non possono non incupirsi ripensando alla tragica fine degli amati protagonisti (finale sublime e perfetto, per carità, ma ogni tanto fa bene anche sognare, specie in questo periodo).
Adesso il Marchese può dedicarsi alla "Metafisica araba" (adesso si chiama così?!) e Andrè/Mr Darcy/Macfadyen, ormai  guarito e dopo una delle dichiarazioni più romantiche di sempre, può baciare tutto sognante la sua bella dal "nome da uomo in una donna di Sole". Il trionfo dell'amore, insomma.
E, come se non bastasse, siamo tutti invitati alla “Disperazione” con tutti gli straordinari personaggi usciti dalla tua penna. E ci sono pure i magnifici soldatacci di “Paris”, per non farci mancare nulla.
"E quindi uscimmo a riveder le stelle".
E' stato davvero un bel volo, a tratti un po' folle. Grazie di tutto.
Profondamente commossa e deliziata,
Galla88

Nuovo recensore
23/07/21, ore 13:27

Stupenda, molto bravo!!! Si è conclusa in maniera lieve e struggentemente serena. E poi non c'è niente da fare... sai scrivere, e quando si sa scrivere, succede che ti riesce bene anche una rivisitazione dell'elenco del telefono. Poi che la storia di questi due incredibili personaggi si presti ad essere raccontata con interessanti what if e missing moment, sicuramente aiuta, però se manca la materia prima e vale a dire la capacità di scrivere, arrivando direttamente alle emozioni, al cuore e alla mente, nemmeno Oscar e Andrè ce la possono fare...  Complimenti ancora. Non smettere...crei dipendenza!!!

Recensore Junior
23/07/21, ore 09:09

Caro Gral,
Questa volta la parte più razionale e cinica di me potrebbe contestarti un finale scontato e leggero.
Il mio cuore però gli risponderebbe che, per i tempi che viviamo, impantanati in una società dove impera lo scandalo e il sensazionalismo, ci vuole un coraggio fuori dal comune per scegliere questo “semplice” lieto fine. 
Perché bisogna essere degli impenitenti sognatori per scommettere sulla vittoria del bene, per scommettere sull’amore. 
L’amore si è nascosto realmente nelle pieghe di ogni tua singola parola e ci ha accompagnati in questo splendido viaggio. Mi ritengo privilegiata di poter alzare un calice di Maudit e brindare al lieto fine insieme a te e mi ritengo lusingata di essere stata anche solo una piuma delle ali che hanno sostenuto questo volo.
Mi porterò dentro molte frasi che rimaranno incise nel mio cuore e che come perle di una preziosa collana sgranerò come un rosario nei momenti bui e difficili della vita.
Volevo poi rincuorare Andre’ e soprattutto quel suo demone che mi è diventato particolarmente simpatico. Se una celebre scrittrice inglese dell’Ottocento fa pronunciare la stessa dichiarazione al protagonista del suo romanzo più famoso, tanto fallimentare poi non sarà stata.
Buona vita a te e alla prossima avventura.

Recensore Veterano
22/07/21, ore 23:11

E' un lieto fine rinfrescante come una pioggia d'estate, di quelle che tolgono la pesantezza dell'afa e portano la leggerezza dimenticata chissà dove e chissà quando. Quella che, insieme a tanta ironia (soprattutto autoironia) e ad un pizzico di follia permette di affrontare le avversità quotidiane e spiccare il folle volo della vita. A volte è talmente difficile recuperarla...ma la tua penna ci riesce sempre (e come non potrebbe? Ha ridato la vista ad Andrè!) e fa davvero ritrovare quel tempo in cui tutto sembrava possibile. Non si può pensare di non leggere e di non leggerTi e, anche se credo che certe cose perdute siano impossibili da ritrovare, mi unisco volentieri al brindisi...ti spiace però se mi porto una birra? Rigorosamente non filtrata!
I devoti omaggi questa volta vanno a te, caro Gral, per averci fatto sognare un altro pò.

Nuovo recensore
22/07/21, ore 18:03

Caro Sacrogral come potrei non confermare quello che tu stesso affermi....,."scrivi da dio" e per rafforzare il tuo ego, grazie per aver cavalcato le nuvole e per avermi concesso la possibilità di ritrovare il mio tempo perduto. Con stima Greenlady76

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