La resistenza è il frutto della disciplina.
Impiego di tecniche. Creare attriti o subirli in vista di uno scopo.
Quale?
Sopravvivere, galleggiare, proteggersi. E quando la resistenza non ce la fa subentra l’abbandono.
E’ come nuotare. Bracciate nell’acqua. Sforzi. Mete da raggiungere. Ti illudi di divorare il mare, di resistergli. E quando non hai più le forze ti abbandoni ad esso. Al disordine subentra la calma. Alla frenesia la pace.
Fleur Jaeggy
Insomma, m’ero messa il vestito migliore, quello a fiorellini, estivo, sandaletti abbinati, sciarpetta al collo anche se l’aria condizionata non funziona, il copione stampato stretto tra le mani, una pennetta in tasca da porgere in fretta.
E niente.
Come al solito ho atteso che uscissero tutti dalla sala, gli occhi a riadattarsi alla luce fioca che lasciava riemergere il solitario palco vuoto ove ancora rimbombavano le gesta e i gesti, le battute e i battiti, le camminate e i cambi di scena, i silenzi, i Voli, quelli della morte, quelli pindarici, quelli della fantasia e anche della realtà, di quel realismo fantastico che sa trarre le favole dalla vita e sa regalare alla vita il senso delle favole.
Niente, l’autore non s’è fatto vedere. Dev’essere timido. Pessima idea vestirsi così, sarebbero stati meglio tuta mimetica e anfibi.
Ho provato a intrufolarmi dietro le quinte. Il luogo sospeso per eccellenza, corde penzolanti, fondali statici che odorano di polvere e sogni, leve e pulsanti, faretti abbandonati, assi scricchiolanti sotto il peso dei piedi ansiosi dei mille attori che tremano nell’istante che precede l’entrata in scena, perché è lì, in quel luogo senza tempo, ove muta il cuore, l’attore diviene personaggio e il primo dimentica se stesso per essere altro.
Niente…
I soldatini si son messi di guardia per trattenere le dame.
Bei filibustieri quelli! Han cambiato compagnia e casacca nel giro d’un anno. Peggio che al Palio dell’Assunta. Ma se stanno bene qui, perché dargli torto? Nell’altra sceneggiatura c’era davvero troppa tensione, secondo me ne avevano le scatole piene!
Allora sono uscita speranzosa, mi sono messa in attesa, che fuori era appena piovuto e l’aria era freschetta, ancor peggio di quella condizionata.
Un poco distante, come impongono oggi le regole del vivere civile.
Ho atteso, in punta di piedi, ho sbirciato.
Li ho visti uscire gli attori della Compagnia del Volo, ad uno ad uno, ma le dame erano davvero in tante e tutte lì, un poco di rabbia per via di quelle regole del vivere civile saltate via, a pigiare il cordone di Soldati della Guardia che tentavano di trattenerle.
Foret, Thèrése e Lorraine sono usciti per primi, stavano appiccicati a Gobemouche, si capiva ch’erano un poco intimoriti, mentre annuivano, e il bambino tirava su col naso, e le bambine salutavano timidamente e Joss appoggiava loro una mano sulla spalla, e se le stringeva sempre pronto a proteggerli e ad aprirgli la strada, che quelli non avessero rischiato di finire ingoiati dalle ragazzette urlanti che chiedevano un selfie (ormai gli autografi son passati di moda).
Il poeta era sorpreso del successo, chissà se adesso penserà finalmente a pubblicare le sue poesie anziché recitarle a braccio seduto s’una botte al pubblico della Disperazione?
No, forse i versi più belli sono quelli affidati alle parole, alle gocce di vino abbandonate sui tavoli, alle dita nere che raspano il legno, in cerca d’una soluzione per portare la cena in tavola alla famiglia. Quei dannati versi che regalano speranza ai volti di chi ascolta, perché in fondo quello spetta alla poesia.
Ecco Monsieur Sanson, colui che spezza il legame tra l’anima e il corpo, accanto a Fra Etienne, che invece riallaccia quel legame, prima e dopo la scure, a passi decisi, gli sguardi un poco trasognati ma severi.
La Morte no, quella non s’è fatta vedere, si presume per necessità di sceneggiatura.
Ma forse il Dottor Lasonne avrà pensato di declinare l’invito d’uscire in pubblico a braccetto con quella, perché la scienza ci prova sempre a spuntarla sull’altra. Non sempre ci riesce ma alle volte sì. E allora nell’un caso o nell’altro, uno dei due si ritrova sempre una punta d’invidia e di rabbia addosso. Si sopportano ma si guardano in cagnesco.
Il normanno, il sacerdote, il contadino bruno…
Salutano, anche quelli timidi ma soddisfatti, in fondo hanno ragione, son loro quelli a cui è toccata la parte più difficile, insinuare il dubbio che la Terra sia avida, che la Natura sia matrigna da compiacere.
Non è facile passare per superstiziosi di questi tempi, ma nemmeno poi tanto difficile.
Ecco Donatien-Alphonse-François de Sade.
Si fa strada, i capelli ravvivati all’indietro, la faccia soddisfatta, l’interpretazione ha inciso sul pubblico.
Il marchese l’ha costretto a fermarsi, il suo pubblico, persino a disprezzarne i gesti – lo schiaffo a Mademoiselle poi è stato uno schiaffo al pubblico, chissà quanti si son sentiti solidali con Mademoiselle e quanti invero con De Sade, come avessero voluto anche loro scagliarsi contro di lei, per fargliela pagare a quella e ai suoi bei pensieri conformisti e ciechi.
Insomma, non si è capito se davvero lo volesse o gli fosse uscito spontaneo, ma il nobile lì ha fatti ragionare quelli che lo seguivano, a chiedersi da che parte sta davvero il male, se i benpensanti sono davvero il bene oppure sono semplicemente intimoriti da quel che non conoscono, da quel che dicono di non poter fare, perché ne hanno paura.
Le sue entrate ad effetto poi. Si è saputo che ci aveva lavorato per anni…il passo, il respiro lungo, la battuta sospesa in attesa che il silenzio calasse a regalargli il tempo di incidere le coscienze, a convogliare tutta l’attenzione su di sé.
Si pensa abbia lavorato con Hopkins…e sicuramente ha studiato Shakespeare, lì forse ha compreso la tempistica teatrale.
Anche lui ad un certo punto si guarda attorno…forse attende Albert…o le due ragazze pallide e la signora nera o quella giovinetta rossa…vai a saperlo!!
Sono così tanti! Davvero un capolavoro tenerli in scena, dev’essere stato incredibile scrivere questa storia!
Continuo ad attendere ma niente, dell’autore neppure l’ombra.
Insomma, mi sa che quello, tra un saluto e un brindisi con la compagnia, se l’è filata, per non rischiare la folla, perché poi alla fine quel che conta è quando si scrive e come e perché, mica chi scrive.
Ecco…
Diavolo secondo me è quello col passo lesto, l’andatura veloce, il berretto in testa, chi se lo ficcherebbe così il berretto in testa con questo caldo, anche se sta piovendo?
Sorpasso il passo, gli giro attorno come una specie di predatore e gli balzo davanti, il copione in mano, in bella vista, che magari è timido e si spaventa e pensa pure che voglia rapinargli qualche battura o qualche citazione.
Capirà?
Che vuole?
Una firma…un autografo…lei è l’autore del Volo?
Sii…ma…la storia è terminata…
Non si fa vedere in faccia e nemmeno io m’azzardo a spingermi a presentarmi.
Lo so…posso comprendere come ci si sente. Un po’ come se un’amante se ne fosse andata. C’è nostalgia…chiedo scusa…ho il brutto vizio di divagare e parlar troppo. Ma è per questo che le chiedevo un autografo…se non ha piacere…
No ci mancherebbe…vuole una dedica? A chi devo scrivere…il nome?
Non a me, ma ai suoi attori, a tutti i suoi personaggi!
Senta…io non ho tempo da perdere, sono di corsa…che razza di dedica…chi è lei…forse ha sbagliato persona. Se cerca la ragazza bionda, insomma, chiamiamola col suo nome, Oscar François de Jarjayes e quell’altro, il Cavaliere innamorato, sono usciti da un’altra parte. Sa com’è, di solito il pubblico vuole loro, sono gli attori principali, i protagonisti.
No, no, affatto! Loro li conosco già. Ne ho già letti abbastanza di copioni su quelli. Sa li disegno pure quei due. Io cercavo proprio lei. Mi piacerebbe una dedica ai suoi stessi attori…lo trova sciocco?
No…però...
Allora un poco conformista, va bene, ma vorrei ringraziarla per la lettura e per il tempo trascorso a scardinare i muri del tempo e le convenzioni sociali, a fondere il reale con il sogno, una tessitura degna d’una manifattura Gobelins!
Avrei fatto questo? Non me ne sono accorto! - Ma guarda questa che scocciatrice!
Sì glielo leggo in faccia che sta pensando questo, che gli sto scompaginando i piani, che ha fretta…
E poi…degno della Rosa…ridere…sorridere…vivere…è questo ciò che distingue il bene dal male, e questo che esce dalle sue righe e dalle battute! E’ questo che segna il confine…
No…ecco… - questa non ha capito niente! – Ma quale confine…
Troppo modesto come al solito! Sa, io purtroppo non sono brava con le recensioni, non m’azzardo. Ma quel che dico è che le sue parole sono armi.
E poi le battute, i silenzi, persino i sogni o i ricordi, i cambi di scena, i primi piani e dietro, sullo sfondo, il racconto che viaggia in parallelo…insomma la regia…poi lo dico sinceramente non è che ho compreso sempre tutto…
Non lo dica a me…alle volte mi sono perso anch’io…
Ah è così? Allora davvero ci si perde…e…come si fa a tenere la rotta di una storia, di un Volo?
Si schiarisce la voce, mica risponde…
Mi sono spinta troppo oltre…
Le chiedo scusa, prego…
Gli porgo la penna…
Che sfoglia il copione per trovare un lembo dove scrivere…
Ma è pieno di scarabocchi! E queste faccette qui…che roba eh?
Appunti! E illustrazioni!
E lei prende appunti sulle storie degli altri?
Certo, lo fanno in tanti! Gliel’ho detto che ogni tanto non riesco a comprendere certi…passaggi…e le citazioni poi…mi scusi sa…ci si deve ragionare su e con i tempi risicati della vita d’oggi giorno…allora mi appunto i dubbi. E dove non sono d’accordo, mi immagino la spiegazione. Non è molto corretto. E mi piace immaginare la faccia dei personaggi.
Ma anche lei scrive?
Un poco…ma non sono così brava, le mie parole per fortuna, non uccidono!
Ah…e disegna?
Un poco…ma anche lì…nulla de ché (come se dice a Roma)!
Insomma…
Insomma le chiedo scusa per averla disturbata, e per aver tentato “d’addomesticare” la sua scrittura. Rileggerò il suo Volo, lo farò davvero, perché una storia rivive ogni volta che la si legge e ogni volta sarà una sfumatura diversa, una digressione altra ch’era sfuggita. Grazie per avercelo regalato questo Volo e spero potremo assistere presto ad altre rappresentazioni. La sua Compagnia è davvero degna, come la pioggia in una calda giornata d’estate.
Mi pare esagerato!
Gliel’ho detto che a recensire faccio proprio schifo. D’accordo quindi…io cancello!?
Che storia!
Capo Rouge
Se sognare un po’ è pericoloso, il rimedio non è sognare di meno ma sognare di più, sognare tutto il tempo.
Marcel Proust |