È uno sfogo, dici nella presentazione.
È un desiderio di liberarsi da parte di un'anima, ipotizzi.
Molto pallido, però, lo trovo, il tuo sfogo.
È vero, si sente un urlo, immerso per giunta nel silenzio, roba da fare rabbrividire.
Ma è remoto, qull'urlo, nello spazio ("lontano") e nel tempo (verbi al passato). È vissuto in terza persona. Perde di efficacia.
Sono tentato di avvicinarmi a quel qualcuno che sta soffrendo.
Non so bene perchè.
Forse per semplice curiosità. Forse per farmi investire da quel "mezzo gaudio" di chi scopre un "mal comune". Forse per un normale desiderio di aiutare.
Ma non riesco, la poesia manca di riflessi più intimi.
E rimango, un po', indifferente. |