Credo questa sia la seconda tua storia che recensico e devo dire che, ancora una volta, la tua prosa mi ha sollevata da terra e stritolata fino a rompermi tutte le ossa per poi farmi ricadere morente a terra. La amo.
Il tuo stile è magnifico, la maniera in cui incastri parole e metafore come se provenissero dalle viscere della parte più oscura- quella più nascosta- di Shiho ti catapulta senza paracadute in quel vuoto che riprende il titolo e te lo fa vivere come se ti venisse strusciato addosso, sulla pelle, per lasciarti paralizzato mentre in un sottofondo ovattato tutti gli altri riescono a muoversi e ti passano accanto ma non ti vedono, e tu non hai altra scelta che lasciarti divorare da esso.
Shiho è devastata e si porta ancora addosso le cicatrici del suo passato, un passato che per quanto lei cerchi di ammanettare al Giappone (per far sì che rimanga ancorato là e non la perseguiti più) sa per certo che ristagna in continuazione dentro il suo animo, e per quanto cerchi di scappare o dimenticarlo quelle ferite rimangono lì, dentro di lei, e il tempo passa e lei arranca e si trascina in quella gara che è la vita senza mai scorgere il traguardo.
Shiho respira, cammina, mangia e vive a metà, fa così fatica che quel baratro oscuro che le si para davanti- la morte- non fa nemmeno così paura. Anzi, è quasi più allettante perché in realtà lei il vuoto l'ha già sentito, l'ha già provato, ed è sempre stato la sua vita.
Ho adorato la metafora del mare, quella dell'angelo (che diventa mostro nella misura in cui si associa ad esso la morte della sorella e il trauma che ha costituito tale evento per lei), e la contrapposizione che hai fatto tra le personalità di Shiho e Shinichi.
Entrambi geniali, ma come hai scritto tu in questa bellissima parte:
"I ragionamenti di Shinichi sono puliti come lenzuola bianchissime e sono puliti nella teoria quanto nella pratica – aloni, macchie, pieghe (mai ci sono).
Per Shiho logica è solo lavoro – tutto il resto è caos."
Ci risulta ben chiaro come sia questo il motivo per cui Shinichi non riesce a comprendere la scelta del suo cliente, mentre Shiho si immedesima in lui. Il detective segue i fili della sua logica e continua a non vederne che i precisi numeri e le sensate connessioni che formano tra di loro, mentre Shiho- che vive arrancando con le mani al buio forse nello stesso modo in cui anche quel cliente viveva- lei no, non è piena di vita come lui, non riesce a lottare con la sua stessa forza nonostante anche Shinichi a volte sembri spezzato a "metà". E Shiho è sempre stata colpita da questa sua qualità, l'ha sempre forse anche "invidiata", perché vorrebbe essere come lui e combattere i mostri ma le sembra di finire sempre per scappare e nascondersi, e per questo si odia.
Mi ha fatto venire in mente la puntata dell'autobus, dove appunto- proprio come nella tua fic- lei è ad un passo dal baratro. Solo che lì Conan riesce a strapparla dalle braccia del vuoto, mentre qui no. Si accorge, lo sa, che se ne è andata per un motivo diverso da quello che racconta. Forse si accorge anche che è turbata, ma non potrà mai riuscire a comprendere quello che davvero lei sta vivendo dentro di sè, e lei non riesce a spiegarglielo, e ancora una volta si ritrova a fronteggiarlo da sola.
Hai reso la sua depressione in maniera magistrale, e il modo con cui hai diviso i vari pezzi della storia, tutti collegati tra loro dal tema centrale e dal ripetersi delle uscite serali tra i due, è stata super d'effetto. Ho adorato la storia (che finisce subito tra le preferite), in particolar modo l'introspezione del personaggio, e ti rinnovo nuovamente i miei complimenti, Shiho è anche il mio personaggio preferito e non credo di aver mai letto una fanfiction che la inquadrasse meglio di questa.
Detto questo, ti saluto e spero di leggere presto qualcos'altro di tuo su questo fandom!
LostRequiem |