Mia cara Fenice,
come vedi non ho mai fretta di recensire le tue poesie. A quest'ultima volevo dedicarmi in un momento di ordinaria malinconia, di debolezza della ragione. Esattamente in quelle "zone grigie / che confondono e sussurrano, / ma dove tutto è ovattato", come sapientemente scrivi tu.
Quando il presente sembra più incerto persino del futuro.
Quando ti guardi dentro e non trovi che vuoto, assenze e mancanze.
Il tempo che perdo con te, leggendo, meditando, e rileggendo, è sempre un prezioso investimento.
Ho amato i tuoi versi. Finalmente, dopo un lungo percorso di avvicinamento, sono riuscito ad apprezzare il modo in cui li crei. Sono versi non protagonisti, che non distraggono il lettore con rime, o accenti in posizioni fisse. Sono versi docili, servizievoli in base al messaggio che contengono. Sono versi che mai vengono a noia. Sono versi, stavolta, ancora più delicati, tutta tenerezza, carezzevoli, femminili.
Non sono riuscito, però, stavolta, a svelare in maniera completa il messaggio che come cosa preziosa avvolgi in morbidi veli. So solo che è un messaggio molto bello, molto importante. Ma invece di trovarmi nel tuo pacato, lindo, salottino con la cuccuma davanti, mi son ritrovato avvolto da eleganti volute di fumo (incenso?), come quelle dell'immagine finale, che formano intensamente un Cuore, con la lettera maiuscola. Tutto in minuscolo, invece, il "tu" di cui parli. Rimango col dubbio se hai voluto arricchire la tua splendida poesia d'amore col senso di una preghiera.
Ho letto con attenzione i due aforismi iniziali. Ho ricercato i contesti dai quali vengono tratti, per essere sicuro di non fraintendere. Il primo, quello di Seneca, è incredibilmente attuale. Siamo circondati da dotti e luminari che pretendono di capire tutto e nulla sanno. Tutti noi sembriamo dotati ormai del dono dell'ubiquità, attaccati a quell'oggettino che teniamo in tasca, o nella borsetta. Siamo informati di tutto, ovunque siamo presenti, ma il nostro vero spazio non esiste più.
Più difficile da capire, per me, il secondo aforisma. Mette la parola Dio in bocca a un personaggio che probabilmente non era credente. Venne tacciato di pornografia agli inizi del secolo scorso. E non esiste contesto, è tratto da "Il libro dei motti e delle riflessioni", al "motto breve" numero 37.
Una negazione della possibilità di confrontarci con Dio, mi appare. E il numero 8 sembra confermarlo. "Qualsiasi rapporto emotivo con Dio è privo di senso, la ribellione non meno dell’adorazione, perché sia l’altare davanti al quale giacciamo nella polvere, sia quello che vogliamo distruggere siamo sempre noi ad averlo innalzato".
Rimane comunque il dubbio, nel pensiero di uno che ha paragonato il dubbio alla fede ("Per quanto in alto pensi di slanciarsi, la fede, commisurata con l’infinito, – in questo caso l’unico metro adatto – rimane lontana da Dio esattamente quanto il dubbio.").
Ovunque e da nessuna parte, appunto.
E lo stesso dubbio rimane al termine della tua avvincente lettura, per uno come me a cui piace scavare nel proprio e nell'altrui animo.
Mi sono abbandonato al tuo mondo magico, dove la sera è "meditativa", e le dita si intrecciano.
Mi sono sentito anch'io "stretto in un abbraccio".
Abbraccio che sentitamente ricambio.
Ti aspetto alla prossima. |