Storia vincitrice nella categoria Miglior regia agli Oscar della Penna 2023
Mi sono approcciata a questa storia senza pregiudizi ma con un timido senso di curiosità nei confronti di due personaggi – Bucky e Steve, il soldato e Capitan America – che, devo ammetterlo, non sono mai riusciti a catturare il mio interesse. A scanso di equivoci, questa non è critica, tutt’altro: se una storia riesce a fare breccia in una persona che solitamente non rientrerebbe nel suo pubblico, questo è solo grazie alla bravura dell’autrice.
Il titolo è di quelli che a primo impatto ti catturano ma il cui significato completo può essere colto solo dopo aver letto la storia. E io, che la storia l’ho letta e l’ho riletta – e spero di essere riuscita a cogliere tutto quello che c’era da cogliere – sono rimasta affascinata dall’immagine di questi due uomini spaccati a metà tra due realtà che non gli appartengono più. «[...] alleati che non hai mai scelto, che faticano giorno dopo giorno per capire il mistero di un uomo che conosce tutte le epoche senza appartenere a nessuna [...]» è, tra tutti, il ritratto a mio parere più convincente di Steve, a metà tra sé stesso e il ruolo che gli hanno cucito addosso, tra passato e presente, a differenza di un Bucky che inizialmente non ha né l’uno nell’altro perché glieli hanno portati via.
Il linguaggio è l’arma di chi scrive, un’arma a doppio taglio perché spesso proprio il linguaggio può diventare un intralcio – ci sono grammatica e punteggiatura e mille altre regole da rispettare. A volte è difficile dire dove finisce la licenza poetica di una scrittrice e dove inizia un’anarchia che, se mal gestita, può intralciare il lettore; questione di gusti, in un certo senso. Qui, personalmente, ho approvato l’idea di piegare la lingua stessa alle necessità di una mente, quella di Bucky, che è una lotta costante tra chi era e chi gli hanno imposto di diventare; mi sembra che il tempo nella sua mente si sfracelli, i ricordi sono tanti pezzettini di carta a cui non riesce a dare una forma concreta.
Hai dimestichezza nel maneggiare la lingua italiana e lo dimostrano scelte non casuali come «basta col buio e il silenzio e l’oblio»: lì dove l’italiano ‘canonico’ vorrebbe una virgola anziché la ripetizione della e, la congiunzione si ripete per trasmettere il caos che regna nella mente di Bucky, un susseguirsi velocissimo di ricordi a cui nemmeno la parola riesce a stare dietro. Forse il mio esempio ti sembrerà banale, ma essendo questa la categoria sulla regia, trovo giusto prestare attenzione ai dettagli. In linea di massima, comunque, ho apprezzato le ripetizioni usate per rafforzare i concetti, il tuo stile mi ha ipnotizzata dall’inizio alla fine.
Una nota di merito anche alla scelta di spezzare la narrazione in tre, mostrandoci prima Steve, poi Bucky, infine Steve e Bucky: a te e loro consegno una meritatissima statuetta! |