È una poesia affascinante sotto molti aspetti, compreso quello formale.
Niente rime stavolta, ma una grande fantasia di versi, di tutte le lunghezze, senza aver paura di avvicinare versi lunghi a versi di una sola parola, o qualcuna in più.
Ricorri due volte all'anadiplosi: "cose. / Cose caotiche che… ", "paura. / La paura di...".
Tutto ciò riveste alla perfezione, come un guanto, il movimento del pensiero.
Parte da un'azione materiale, penosa: mi è capitata l'esperienza piuttosto sconvolgente di aprire - con anima e mente fragile - cassetti rimasti chiusi per anni. È come aprire un vaso di Pandora. Da lì il pensiero vola con volute sempre più larghe e più alte.
Dapprima rapportandosi a se stessi nel ritrovare calligrafie non più riconosciute. Si prende coscienza che si cambia.
Poi con qualcuno che ci ha fatto molto male, gli aggettivi adoperati sono duri, "indegno e cinico". Brucia il ricordo di un avvelenamento e di un calpestamento.
Rapportandosi infine col mondo intero.
Vengono alla luce, con la voglia di liberarsene, due emozioni che non vorremmo, non dovremmo, mai provare.
Paura, che è l'opposto dell'amore. Vergogna, che non dovrebbe mai esistere.
"Sono due i principali ostacoli alla conoscenza delle cose: la vergogna che offusca l'animo, e la paura che, alla vista del pericolo, distoglie dalle imprese. La follia libera da entrambe. Non vergognarsi mai e osare tutto: pochissimi sanno quale messi di vantaggi ne derivi." (Erasmo da Rotterdam, in Elogio della follia).
Ostacoli che abbatti scrivendo e condividendo questa bella poesia. Con quel pizzico di follia che caratterizza il vero poeta.
Un abbraccio e alla prossima. |