Bellissima questa metafora che intreccia la natura con l'animo umano e le sue insicurezze, i suoi desideri. E apprezzo il fatto che questo Enunciato della terra si concluda con un «forse» che lascia aperta una questione fondamentale, alla quale ognuno potrà dare una risposta differente: quale sarà la giusta via di quelle radici?

Un caro saluto

Nesia

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Mi ha riempito di gioia l'aver potuto leggere una poesia sulla natura, così fresca e spontanea, proprio la Giornata Mondiale della Terra. E che questa poesia sia stata scritta da una mano femminile ricca di sensibilità, visto che oggi è anche la Giornata Nazionale per la Salute della Donna.
Contiene un'immagine potente, originale: le radici come rami diversamente sviluppati volti verso il basso.

Commovente quel volersi identificare con la natura e sforzarsi "di conoscere quei nodi".
Ma il tentativo fallisce, è percepito quasi come un atto di violenza.
Perché - secondo me - l'essere umano non può, non deve, non vuole avere radici.

Mi sovviene una frase di Gianluca Gotto, in Le coordinate della felicità: "Ricordati anche che non siamo alberi: non abbiamo radici, se vogliamo possiamo mollare tutto e andarcene dall’altra parte del mondo".

Sono i piedi che ci rendono liberi, mani diversamente sviluppate volte verso il basso.
Mossi anche dalla fantasia e dalla poesia.

Grazie per aver condiviso questa poesia, fonte di fascino e di riflessione.

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Avrei voluto leggerti prima perché sento che sei un talento.
Quanta bellezza in queste immagini. Alla prima strofa si aggancia l'idea che le radici ci definiscano come una condanna dalla quale non si scappa. Eppure gli uomini sono in evoluzione, hanno diritto di diventare altro.
E il modo migliore per superare i limiti è proprio accettarlo. Ecco che la seconda strofa mostra tutta la tua maturità. Il non affrettare le cose, il mostrarsi pazienti.
Forse, non c'è bisogno di strapparle, queste radici. Basta solo tracciarne la direzione per fiorire verso l'alto.


Mi piace moltissimo, brava!
- Rachel.

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