Ciao Vale,
mi spiace di averci messo così tanto a passare ma spero nella tua indulgenza.
Il genere storico, per quanto mi riguarda, è tosto da affrontare, ragion per cui sono rimasta impressionata - anche spaventata, a dire il vero - nel vedere il lavoro che c’è dietro ad ogni capitolo (perché io mi ricordo quello schema con le date e avvenimenti). Non si tratta solo di creare un contesto storico attendibile, dove la cronologia corrisponde alla realtà, ma anche di ridarci il ritratto di personaggi che sono vissuti in un’epoca completamente diversa dalla nostra, che hanno pensato e vissuto in un modo che forse ci appare quanto di più lontano esista.
Inoltre la famiglia che ti sei scelta - gli Asburgo - non ha avuto vita facile, è stata perseguitata dalla sfortuna e dalla tragedia.
Come ti ho già detto tante volte, non sono un’esperta di questa dinastia. So quello che ho appreso a scuola e quello che il buon Alberto ci insegna grazie al suo programma, tutto qui.
Devo dire che sono rimasta affascinata dal personaggio di Max, personaggio sul quale non mi sono mai soffermata. Ma tu mi hai mostrato un uomo, un secondogenito, che ha cercato di realizzarsi, di combattere per quello che ambiva e di come sia stato trascinato nella polvere per questo.
È impossibile nominare Max senza ripensare al fratello maggiore, l’imperatore. In questo capitolo mi è sembrato di percepire ancor di più la malinconia e i rimpianti. Non rimpianto nel senso che Max si sia pentito di qualcosa - ci hai detto che non è stato così - ma del fatto che non fosse mai il primo, per quanto ci provasse, che fosse sempre messo in ombra.
Infatti credo che il desiderio di lasciare Vienna e salpare verso il Nuovo Mondo, imporsi come imperatore di un altro stato, sia stato un tentativo di rivalsa verso quelle catene che lo hanno imbrigliato fin dalla nascita. Nella storia abbiamo visto che solo uno, nelle famiglie regnanti, è destinato a brillare, l’altro deve guardare in silenzio e in disparte.
Ecco, mi immagino che Max abbia cercato di cambiare le carte in tavola, di dimostrare agli altri e a se stesso che poteva essere pari a Franz, che entrambi erano Asburgo nati per imprimere il loro nome nel tempo.
Mi è piaciuto anche l’accenno all’arciduchessa Sofia. Me la sono sempre immaginata come una donna rigida, amante dell’etichetta, ma credo che abbia amato i suoi figli, con un occhio di parte per il minore. Sicuramente avrà fatto del suo meglio per fare il modo che gli Asburgo e la monarchia sopravvivessero ma penso che abbia cercato anche, per quanto possibile, di lenire il fardello che il figlio minore si trascinava addosso dalla nascita.
Probabilmente ti starai chiedendo se ho battuto o meno la testa, eppure io vedo questo dal tuo scritto: un uomo ambizioso ma giusto, che ha cercato di essere coerente con se stesso fino alla fine e che, anche dopo la morte, non ha ricevuto il riconoscimento di queste qualità.
Tornando a Sissi, ancora una volta ci hai riportato quello che il popolo pensava di lei: che fosse bella. Di una bellezza straordinaria, rappresentata da quei capelli folti e lucidi, gli occhi scuri e la pelle candida.
Qua ci hai mostrato una contrapposizione evidente nella coppia reale: Franz odiato e Sissi amata dal popolo ungherese ma non solo. C’è anche il lato politico - incarnato dall’imperatore -, dell’uomo che si è ritrovato alla guida di più paesi e che cerca di tenerli insieme, nonostante le tensioni e i fermenti di ribellioni, che cozza con quello più emotivo e semplice di una donna che ama il suo popolo - perché credo che per lei fossero tutti uguali, nonostante qui spicchi la sua preferenza per gli abitanti di quella terra che le aveva portato via la sua primogenita - non per dovere ma per scelta.
Inoltre è palese che i due, con il tempo, si siano allontanati.
“... a lui non recriminava i rapporti che aveva intrattenuto con la Contessa Potocka o con qualsiasi nobil donna”
Ma noi sì, vero Vale?
Tornando un attimo serie, pur circondata da un clima di gioia e festa, Sissi non riesce a dimenticare il suo fardello, la mancanza di un erede maschio a cui tramandare il nome del marito. Mi è piaciuto che in questo contesto pomposo, gaio, come può essere un’incoronazione, tu non ti sia lasciata sfuggire la possibilità di sottolineare questa sfumatura del suo carattere.
Nemmeno a un mese di distanza, Sissi è costretta a vedersela di nuovo con la morte. Credo che sia straziante e logorante cercare di consolare qualcuno che amiamo tanto. Forse perché il suo dolore diventa un po' anche il nostro, penetrandoci dentro con la forza di più coltellate, e in più c’è anche la consapevolezza di non poter fare molto. Certo, gli si può stare vicino, stringerlo, mormorare parole dolci e affettuose ma che altro? Le persone che ci hanno lasciato non si riportano indietro, per quanto lo vorremmo.
Inoltre penso che questo lutto l’abbia lasciata così esausta perché ha toccato la sua famiglia d’origine. Non fraintendermi, credo che fosse sinceramente affezionata a Max, come tu dici, e che amasse la piccola Sophie ma che li ritenesse delle perdite che avevano colpito gli Asburgo. Per cui, quando la sofferenza l’aveva sopraffatta, aveva cercato un angolo di pace nella famiglia bavarese, considerandola quasi un porto sicuro dalle sciagure della vita.
Invece la morte non le ha dato tregua. L’ha colpita sia a Vienna, nei palazzi della capitale, sia nella campagna in cui ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza, dando a quelle figure capaci di suscitare ricordi dolci di un tempo passato una sfumatura tetra e grigia.
Sì, forse sto delirando di brutto ma è quello che penso. Spero solo di aver trasmesso in modo comprensibile. Secondo me lei aveva cercato di tenere separati i suoi mondi perché, anche se uno crollava, l'altro l'avrebbe sostenuta.
Sul rapporto tra Sissi e Franz non so che pensare, abbiamo una visione differente. Però concordo con te quando sostieni che Franz poteva sentirsi in colpa. Credo che l’avesse amata profondamente e che non si fosse reso conto di cosa le avesse chiesto di sacrificare quando l’aveva chiesta in moglie.
Quindi, sì, concordo quando dici che poteva ritenersi responsabile per quella malinconica sofferenza che affliggeva la moglie, perché era lui che l’aveva trascinata a percorrere quella strada, fatta di etichette, regole e sentimenti da imbrigliare.
Non mi soffermo sulle amanti perché altrimenti mi viene voglia di tirargli dietro una delle crocs che porto.
Anche la nascita di Rudolf non ha portato serenità in famiglia. Perché, sì, c’era finalmente un bambino ma lei era inquieta nel vedere che cosa gli altri si aspettavano da lui e concretamente lungimirante nel rendersi conto che non si sarebbe mai seduto sul trono del padre.
Il conte Andrássy. Qua non so cosa pensare.
Perché lei mi sembra palesemente considerarlo un amico. Si dimostra educata, calorosa e gentile. Lo ritiene qualcuno di cui fidarsi, senza preoccuparsi della distanza imposta dall'etichetta.
Lui è molto più nebuloso. Vedo rispetto, delicatezza e dolcezza ma mi è sembrato scorgere altro dietro la promessa che si sono fatti. Mi sembra che ci sia qualcosa di più compromettente - se mi permetti di usare la tua stessa parola - da parte del conte, come se quasi la considerasse l’oggetto del suo amor cortese.
Vale, ti chiedo ancora scusa per il ritardo. Spero comunque che questa recensione sia riuscita a dirti quanto apprezzo te, come scrittrice, e il tuo lavoro di districarti nel fandom storico.
Ti mando un grosso bacio.
Con affetto,
Eli
Ps: non so se l'hai fatto apposta ma temo che si veda la mia cattiva influenza. Ho notato che pure tu utilizzi il termine “baratro” con una scioltezza invidiabile xD |