Recensioni per
Alone
di Donatozilla

Questa storia ha ottenuto 2 recensioni.
Positive : 2
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
08/10/22, ore 01:22
Cap. 1:

Stronzo io che recensisco sempre in differita.
Allora, onestamente non ho potuto fare a meno che rivedermi in certi passaggi, perché non è questa una situazione comune? Ritrovarsi a letto e non riuscire a dormire ripensando a tutte le cagate che hai fatto nella tua vita e rabbrividire al cringe che ti assale? Beh a me capita spesso. Naturalmente qui non si tratta propriamente di cringe, è una situazione peggiore di non sapere dove sbattere la testa, un'incomunicabilità Kafkiana, hai presente? Forse no, ma è normale che due geni giungano alla stessa conclusione. Giustamente non può parlare agli umani per mantenere il suo segreto, ma mi colpito il fatto che non possa comunicare con suo padre perché non ha semplicemente idea di quali parole usare per spiegargli il problema e si senta solo non per una semplice mancanza di persone, ma per la mancanza di contatto con esse. Anche potendo interagire con tutti quelli che vogliamo la solitudine persiste se quello che abbiamo dentro non può uscire, vero? Passano e vanno, lasciandoci con i morsi dentro senza saperlo, non siamo neppure in grado di fargli notare che soffriamo. Siamo dei vasi che si riempiono e vanno svuotati in altri e se non possiamo svuotarci trabocchiamo. È quello che Dz passa, la continua tentazione per non cadere nella violenza. Forse è per questo che i kaiju sono sempre incazzati, perché sono soli? Okay, non divaghiamo. Che poi, non so, in quanto stiamo parlando del tuo avatar letterario, quanto di quello che hai descritto si applichi a te e non voglio azzardare troppo.
Questa storia, estemporanea alla principale, introduce un altro conflitto dentro il nostro protagonista. Ora non solo è in contrasto al padre perché non vuole diventare il kaiju alfa ma pure perché, sotto sotto, smettere di essere umano suona attraente. In fondo è così difficile far credere agli altri di essere qualcosa in cui non si è nati. Per quanto forte possa essere, questa paura sociale di passare per diverso sarà più forte di lui. Sentirsi un impostore non dev'essere bello, mentire a tutti quelli che si amano e insomma crescere in un contesto in cui non si è nati, dopo aver passato millenni in tutt'altro ambiente e dovendo riabituarsi daccapo. A ben pensarci vorrebbe dire tenersi bassi per tutta la vita, restare umile quando potresti dominare il mondo. Forse la parabola da Superman te l'ho già fatta ma è bello ritornarci.
Comunque noto che a livello di punteggiatura stai adoperando le virgole con maggior precisione per puntualizzare le pause.

"Ciò non significava che, anche se abituato, ci fossero giorni in cui..."

Magari potrei dirti che vai troppo a capo, ma ci sta per questa volta. Continua così. Ah, tra l'altro noto che stai evitando le ripetizioni e usi un vocabolario più espanso, bravo. Carini poi i monologhi interni vecchia scuola in corsivo, mi riportano indietro alle prime storie. Non in senso negativo, penso che sia una cosa che devo recuperare, che abbandonai dai tempi di "Codici" o giù di lì, in favore di uno stile più rigoroso e indiretto. Tu invece hai questo stile così infantile, ma non stupido, è un infantilismo nel senso superumanistico nietzschiano del termine, di qualcuno che non scrive con nozioni letterarie frutti di studi ma mettendo su carta direttamente quello che si vede in testa, senza fronzoli o studiandosi un tema per sembrare più sentimentale, ma lasciando parlare i sentimenti senza tentare di ricostruirli. Okay, riconosco che sembra una supercazzola, quindi fammi fare un'esempio tratto dal testo.

"Eccolo lì.

Quel volto così famigliare ma allo stesso tempo sconosciuto.

Il suo guardarlo lo faceva stare ancora più male.

‘Smettila di guardarmi.’

Continuava a fissare lo specchio.

‘Ho detto smettila.’

Tuttavia continuava.

‘Smettila ho detto, ti prego, ti prego, ti prego.’

Continuava imperterrito.

‘Ho detto SMETTILA!’.

Non si rese conto che quell’ultima parola sembrò un ruggito.

Diede un pugno allo specchio, rompendolo."

Lo vedi? Se uno del settore dovesse leggerlo ti direbbe "perché vai così tanto a capo? Non usare le maiuscole in questo caso. Ti ripeti troppo. Si scrive -familiare-, non -famigliare-". Ad essere onesti è quello che penso anch'io ogni tanto, quando mi scordo di godermi la storia. È un flusso di coscienza il tuo, specie quando scrivi

‘Zitto, zitto, zitto, non voglio ascoltarti, sono contento qui, sono contento con gli umani, non voglio tornare, non voglio tornare, zittozittozittozittozittozitto!’

Vedi? È quasi onomatopeico. È bello nella sua semplicità che ti fa rende cristallina ogni condizione, il che è ironico considerando che si parla di incomunicabilità in questa storia.
(Recensione modificata il 08/10/2022 - 01:34 am)
(Recensione modificata il 08/10/2022 - 01:34 am)

Recensore Master
26/09/22, ore 22:21
Cap. 1:

L'Horror body, se così posso descrivere sta storia, sempre stato un bel tema da analizzare. Soprattutto perché in questo caso la prigione come dice alla fine, se la sta creando da solo, ironicamente una cosa molto umana.
Mi piace. Qualcosa di grosso e distruttivo come un kaiju con problemi normalissimi, senza bisogno di città devastate o mostri alieni.
Alla prossima.

-La Follia mi scorre nelle vene.