Ciao!
Che bello che tu abbia deciso di cimentarti nell'introspezione di Tom! Senz'altro è uno dei miei personaggi preferiti, uno di quelli che maggiormente ha catturato la mia attenzione, trainando spesso il mio interesse verso la serie e le vicende dei personaggi con cui si è relazionato andando avanti.
Ecco, forse di primo acchito Tom viene in mente proprio in base alle relazioni che instaura nel corso dello show e questo mi fa subito concordare con la tua considerazione in nota: Tom è costantemente definito più dall'esterno - che siano ideali o persone poco cambia - che dall'interno. Lo è da subito, anche quando la lotta di classe che prova a portare avanti sembra farlo spiccare di alienata originalità rispetto al mondo in cui è immerso e di cui noi, in quanto spettator*, dobbiamo appassionarci. Anche in quella sua prima fase l'adesione alle battaglie degli oppressi è sì un fattore identitario interno, ma solo fino a quando gli oppressi non fanno qualcosa che è perfettamente in linea con i principi generali delle loro organizzazioni ma che a lui fa storcere il naso, cosa che lo getta in un vortice di sconforto e di dubbio che per essere spazzato via avrà bisogno di più di una persona ad aiutarlo e di tanta forza di volontà atta a riconquistare sé stesso.
Alla luce di questo, ciò che ho probabilmente apprezzato di più di questa drabble è che Tom è solo Tom. Non ci sono Sybil, Matthew, Mary o Henry a definirlo, a metterlo sulla giusta strada per comprendersi e per poter arrivare a dire di essere sé stesso. Tom è solo - inteso come singolo, come uno - con i suoi dubbi e con i suoi meccanismi di difesa - tenersi impegnato per non pensare, per non confrontarsi con la propria identità è un atteggiamento di sicuro molto umano e che gli abbiamo visto mettere in pratica più di una volta da quando il suo ruolo sociale legato al proletariato comincia a imborghesirsi. Tom è solo quando si rende conto di essersi perso, e questa è forse l'unica vera condizione fondamentale perché possa avviare il suo percorso di crescita e di autodeterminazione. A suo modo, già in questa presa di coscienza Tom inizia a definirsi veramente dall'interno, facendo leva su sé stesso e sulle proprie sensazioni, anche se inizialmente sono soltanto negative, ma riconoscersi come un estraneo, per quanto destabilizzante, è comunque un riconoscimento, un riferimento necessario per poter invertire la rotta. E credo che tu abbia colto e reso benissimo questo concetto: "eppure andava avanti certo di doversi ritrovare" è una frase che mi è piaciuta tantissimo, perché, pur nell'ignoranza di sé, Tom non ha mai perso di vista l'obiettivo di raggiungere quell'identità che si vede negata. E' un processo lungo, fatto di tentativi ed errori, ma lui è capace di portarlo a termine e di arrivare a dirsi finalmente Io proprio perché non ha mai smesso di lottare per sé stesso, anche quando non era sicuro di esser-ci. Questo è forse il più grande dei messaggi positivi che la serie fa passare attraverso il suo personaggio: la capacità di rialzarsi dopo grandi battute d'arresto fa di lui una persona forte, in grado di ricominciare e di crescere anche quando tutto sembra crollargli addosso.
Non posso che ringraziarti per aver scritto di Tom in questo modo, davvero. E' un personaggio complesso che può regalare tante riflessioni e tante emozioni, e tu sei riuscita a trasmettercelo in tutta la sua essenza in una storia così piccola ma enorme allo stesso tempo. La tua abilità di rimanere in 110 parole e tratteggiare universi per me è sempre strabiliante e anche stavolta non sei stata assolutamente da meno! Complimenti vivissimi!
Un abbraccio,
Menade Danzante |