Recensioni per
Sacrogral ha una penna in mano
di sacrogral

Questa storia ha ottenuto 12 recensioni.
Positive : 11
Neutre o critiche: 1 (guarda)


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Recensore Veterano
04/01/23, ore 23:15

Ma come ho fatto - mi chiedo - a non accorgermi di questo! Deve essere accaduto perché non mi avventuro quasi mai fuori della sezione " Lady Oscar" . E invece magari dovrei farlo più spesso.
Oh, sì, si fa presto a dire "smetto", ma poi non è possibile. Quasi mai.
Che dire? I personaggi (anche "in autonomia") funzionano, accidenti se funzionano, benché , certo mentirei se negassi che un po' lei mi manca. Cioè, loro. Ma anche in questo caso, magari, può darsi che l'ultima sigaretta non sia proprio l'ultima. Io lo spero, questo va da sé.
E sì, al di là di qualsiasi altra considerazione riesce davvero difficile immaginare una tortura più spaventosa del " divieto assoluto di possedere una penna, un po’ di inchiostro, un foglio di carta" o tutto ciò che a queste cose può essere assimilato.
Leggerti è sempre un gran piacere.
A presto.
Octave

Recensore Master
27/11/22, ore 20:50

Chissà a quale " Silvia " era dedicato questo scritto? Ne conosco più di una.
Visto che non sei rimasto ai patti, cavaliere dei miei stivali, visto che l' Amministrazione sembra esser diventata completamente assente e indifferente a più di qualche reclamo, vengo pure io a romperti le scatole e finalmente dirti che fai pena, che i tuoi componenti sono orripilanti e che dovresti toglierti di mezzo assieme a tutti i tuoi consimili e farci respirare aria pulita che questo clima è davvero inquinato.
Con dispregio totale. Chiara.
P.S. Risposta degna di un gentiluomo ma conosco bene le" metamorfosi "
(Recensione modificata il 27/11/2022 - 09:45 pm)

Recensore Veterano
18/11/22, ore 19:21

Chi scava il verso incontra l’essenza degli dei ma essa è sfregiata arte, squarcio nell’alto rilievo del bello e cicatrice nutrita dal sangue dei miracoli.
Spesso velata dal basso rilievo del tempo ritardatario eppure inconciliabile, è trionfo della poesia sulla carnalità dell’essere che si vendica, a sua volta, ripagandola con la moneta colorata della stessa umana mostruosità.
Succede allora che il miracolo del parlare e lagrimar insieme si compie tardi e forse nella maledizione dell’Inferno o beatitudine del Paradiso, ancor più vero per chi ha sofferto arso da più fuochi di quanti non ne abbia accesi. 
Scritto che respira della grande filosofia, che riflette su quello che l’uomo ha sempre fatto per vivere più sicuro della propria esistenza, che si pone fra i rousseauniani fantasmi e l’unità di stato dell’uomo foscoliano che non ammette la possibilità degli uomini senza una specie qualunque di letteratura, scritto che, non ultimo, rilancia all’individuo il quesito sulle lettere e le scienze che avrebbero corrotto l’uomo.
Intenso e profondo anche al di qua delle noti giardini.
Grazie, 
Minaoscarandre

Recensore Master
14/11/22, ore 11:27

Mio Cavaliere, caro Sacrogral, sono ben lieta di ritrovarti in un ambiente nuovo, e chissà perché avevo la sensazione che l’addio dato in altro fandom non sarebbe stato definitivo, perché non avresti potuto lasciare orfani del suo creatore tutti coloro facenti parte di quella varia Umanità da te creata e inserita all’uopo in quel preciso contesto. Quei personaggi devono essere venuti a bussare alla porta della tua fantasia e della tua penna, affinché tu potessi dar loro la possibilità di continuare a vivere, a discorrere, a incontrare persone, a riflettere, ad amare.
La “Disperazione” è sembrata animarsi nuovamente e così abbiamo ritrovato, con sommo gaudio, il nostro poeta Gobemuche e l’oste Joss in un incontro che, forse, nessuno dei due avrebbe creduto possibile. Ma per Gobemuche il richiamo della sua Parigi e come quello di una bella donna, o di un’amante esigente che richiede piena attenzione, e non permette di essere abbandonata. E lui ha risposto al richiamo, tornando nella sua amata città e, come prima tappa, è tornato nel luogo che forse sente come casa, dove sa che può sempre trovare degli amici pronti ad ascoltarlo, poiché la Disperazione è un luogo democratico, chiunque può passare, trascorrere del tempo e perfino dire la sua, in quanto ogni opinione è sempre ben accetta.
Mi è parso di potermi intrufolare in quel luogo, con l’atmosfera creata ad arte dalle candele fumose, che formavano dei chiaro scuri, e dove su una parete campeggia il famoso affresco della Signora Morte, il quale sembra parlare in maniera differente a ogni persona che lo guarda, e mischiarmi ai tanti avventori, magari nascondendomi appunto in uno dei tanti chiaro scuri, carpendo parte dei discorsi, che si facevano sempre più personali, con tutta una marea di ricordi che pian piano, parola dopo parola affioravano. Si sono fatti nomi, nomi illustri, si è discorso del destino dell’uno e dell’altro, fino a giungere a non riuscire a nominare “lui”. Lui, che timore e soggezione continua ad incutere.
La curiosità era a mille e, pertanto, avendo compreso di chi si parlasse, ho poi appreso dalla tua penna che il “divin marchese” non avrebbe potuto fare altro che seguirti in questa nuova avventura, la quale magari si districherà fra i nodi della Storia e si intersecherà con le umane vicende dei tuoi personaggi. Dico “Tuoi” perché hai dato loro la possibilità di vivere di vita propria infondendo ad ognuno dei tratti e una personalità difficilmente dimenticabili. Con te si impara sempre qualcosa, in quanto ciò che ho letto subito dopo, aveva il sapore del saggio per porre in evidenza il personaggio e la sua personalità al fine di meglio inquadrarlo nella vicenda che ti appresti a narrare.
Forse ti leggerò in sordina, poiché la tua narrazione è magnetica e la curiosità suscitata è tanta.
Quindi, seduta in un angolino appartato e non troppo in vista della Disperazione, pendo dalle labbra dei due personaggi che, dopo essersi guardati negli occhi, hanno iniziato a discorrere riportando anche le lancette del Tempo indietro a quando, forse, tutto doveva ancora cominciare e non si aveva la possibilità di pensare che le situazioni sarebbero evolute nel modo che loro conoscevano.
Ben ritrovato caro Cavaliere e buona scrittura!
Un affettuoso saluto dalla vostra dama d’altri tempi...

Recensore Junior
14/11/22, ore 10:16

Caro Gral,
felice di leggere un tuo testo in trasferta, lo sono possibilmente di più per aver ritrovato lo scrittore  “incastrato” in Rue Saint Lazare. 
Si torna nel locus inamoenus e non horridus dove si esprimono concetti grandi con parole semplici, dove il pluralismo narrativo esula da un modus legendi unico. La prospettiva del grandangolo nell’ambiente ristretto, raccordando macro narrativa con micro episodi, narra una fiaba moderna in una regia nella regia che parla a se stessa, dove il focus è sul personaggio “nato libero” e rimasto libero nonostante l’uomo ingabbiato, focus che si stringe sulla parola e sul suo potere immortale. 
Per lui nulla di lineare ma complesso, meritevole solo dell’anonimato di un pronome, in logica è enunciato contrario all’opinione comune, antinomia non risolta (?) dal polivalente, problematico,  valore aggiunto.
È daimon spaventoso e platonico, che nessuna logica può fissare con definizione non contraddittoria, che desidera per “mancanza” e che, nel conatus alla completezza, accoglie la contraddizione di se stesso. Spirito libero tra i muri lerci e maledetti di parole che ingabbiano però  solo l’uomo che ne ha paura.
Eccelsa prova di eclettismo narrativo e figurativo, mi è sembrato di essere in un cortometraggio!

È sempre bello trovare un tuo scritto, un abbraccio

Sempre solo tua di fuoco e fiamma,
Fiammetta

Recensore Junior
13/11/22, ore 01:03

Ti sei scelto una musa esigente mio cavaliere. Può tollerare forse un momentaneo distacco ma non l’abbandono. Ed in fondo tenero è il suo giogo che ti riporta a noi.
E poi quale arma ha l’uomo per rendersi immortale? L’arte, nel più alto senso del termine, è ciò che lo distingue da ogni altro vivente. La necessità di trasmettere il pensiero, il suo scopo. Che sia un amico con la sua comitiva, un genitore con suo figlio, un maestro con i propri allievi o uno scrittore con l’umanità.

E allora eccoci tornati alla Disperazione.
Sai io riesco a vederla la bellezza del volto di Gobemouche. La sua asimmetria, i dettagli che sembrano collidere l’uno con l’altro, la sua innata mobilità. Una sfida ai canoni precostituiti. E il suo cuore, poliedrico come il suo viso, è un mondo da scoprire.
Aspetto la sua storia che si intreccerà con la Storia. Aspetto di ritrovare tutti coloro che davanti a quell’affresco hanno sfidato una maledizione. Aspetto di leggere qualcosa che mi sorprenderà e che nello stesso tempo saprà di casa. Aspetto che la mia ragione sia solleticata dalla ricerca di qualcosa che va oltre.

Se l’attesa del piacere è essa stessa piacere, allora io sono già felice.

Recensore Master
12/11/22, ore 23:17

Gran scommessa questa: togliere i protagonisti che ci hanno conquistati in tanti tuoi racconti (ma siamo sicuri che sia davvero esaurito tutto, tutto, ma proprio tutto quel che c'è da dire su Madamigella?, chiede l'avvocaticchia di Berlicche), e ripartire dalla cornice: e che cornice! Solo che, vede, Signor Cavaliere, qui sussiste un problema, un dramma grosso, anzi "gruosso", direbbe Sophia Loren - Filumena Marturano: adesso che ha iniziato, e ci ha stimolato l'appetito, è costretto a continuare a scrivere e a raccontare secondo questo nuovo abbrivio. Deus vult, Dio lo vuole! O forse, solo i lettori: ma che, i lettori sono forse da meno?
Mi verrebbe anche da dire: "I Templari c'entrano sempre". Sai, l'ho sentito ripetere per la prima volta in un bar, nel locale di un un certo Pilade, davanti alla Statale di Milano, una sera fumosa di tanto, tanto tempo fa, quando sembrava ancora di veder salire, a lato del vecchio ateneo, la nebbiolina sottile da via Laghetto, memoria del tempo lontano in cui la stradina era scoperta, e l'acqua scorreva pigra sub Iove. Orecchiavo, da autentica maleducata qual sono sotto la facciata piena di garbo, mentre svogliatamente leggevo "Justine", certi strani discorsi, che intercorrevano fra un tizio, mi pare si chiamasse Balbo, e un tale Casaubon (un filologo sfigato, di sicuro!), e allora ho appreso la vicenda del tizio salito sul patibolo del Cittadino Capeto a gridare, per poi sparire fulmineo: "Jacques de Molay, sei stato vendicato!"; e ho anche appreso che due sono le ipotesi da prendere in considerazione, quando una persona inizia a parlare dei Templari. In verità, ce ne sarebbe una terza, che qui ti sottopongo: che chi parla dei Templari sia un Templare. Possibile? Tu che ne dici? Mi dici di no, come Ditti Cretese?
La Terreur, che momento storico affascinante è stato! Immagino spesso un racconto, ambientato in una casa, in un palazzo decaduto e in rovina, in cui i "dannati aristos" stanno chiusi e asserragliati, sotto falso nome, dopo aver assunto l'identità dei loro valletti e cocchieri, cameriere e governanti, in attesa di trovare l'occasione per fuggire all'estero. Tuttavia, nonostante il rischio, una capatina alla Disperazione la farei fare anche a loro: ne sarebbero edificati, senza contare che ci troverebbero gente stimolante, come l'oste, e Sanson, e Gobemouche, e tutti quanti intenti "a bere e bestemmiare come Templari".
Su "A Silvia", direi che ci sta: quella del racconto è giusto l'epoca adatta per il "vestire alla ghigliottina", no?
D.
(Recensione modificata il 12/11/2022 - 11:37 pm)
(Recensione modificata il 13/11/2022 - 02:32 pm)
(Recensione modificata il 01/12/2022 - 01:09 am)

Recensore Veterano
12/11/22, ore 22:20

Messer Gral, Cavaliere senza macchia,
Ci fa sempre piacere quando, di ritorno da qualche crociata o missione, passi di qua e ci allieti con qualche racconto uscito dalla tua Penna, affilata e temibile quanto la tua spada. E a noi pulzelle il pericolo piace!
“Mondo boia!” mi è scappato, senza voler in alcun modo offendere Sanson, sia chiaro (tocco legno e faccio le corna, per sicurezza).
Non voglio peccar di presunzione, ma quando leggo il tuo racconto riesco a capire quali sono le ultime pellicole che hai visto e in che misura ti hanno colpito… oppure debbo essere internata anche io d’urgenza allo Charenton, perché sono vittima di qualche vaneggiamento. 
C’è tanta storia in questo affresco, e che storia! Un dipinto nel dipinto, in pieno stile caravaggesco, perché questi personaggi con le loro miserie e la loro disperazione sono così vividi e reali (Les Désespérés), umanamente eroici. Era giusto che anche la Disperazione e i suoi personaggi avessero il loro spazio ed il loro tempo. 
Me li immagino proprio Joss e Michel avvolti dal buio del locale, ma colpiti da un fascio di luce (perché il primo atto è il loro) e il Trionfo della Morte sullo sfondo. Lui non c’è, ma è onnipresente, così come la terribile Louisette. Ma per ora siamo solo all’antefatto e con garbo pazientiamo per il seguito, perché la realtà non basta mai ed è per questo che ci piace tanto Sognare. 

«Una cosa è la letteratura, e una cosa la vita. E' pazzo chi confonde l'una con l'altra.»

Una riverenza e un caro saluto,
Galla [o Madeleine, all’occorrenza, per il Divin Marchese 🪶]

Recensore Veterano
12/11/22, ore 20:07

Cavaliere,
è davvero un’emozione grande ritrovarti e ritrovare tutti gli altri che porti con te.
E ritrovare il tuo stile, così familiare a chi ha amato le tue storie.

Tante cose mi sono piaciute di questo tuo ritorno: facciamo uno dei nostri elenchi, che dici?
È lungo, ma è colpa tua, perché lungo è il capitolo.

1. Questo giro di frase, che mi pare scolpire nella pietra l'aspetto di un uomo: "entrò un uomo alto, magro e con una faccia strana, una faccia mobile che sembrava fatta con pezzi di altre facce, tanto era asimmetrica, e il buon risultato complessivo pareva sfidare le comuni leggi del bello".
2. Il brivido di bere dal bicchiere "che era stato toccato da un uomo a un filo dall’ultimo respiro", ricordo ancora la prima volta che li ho visti, quei bicchieri.
3. Il loquace Joss: quanto è profondo, quanto è saggio? Fa venir voglia di stare lì a pulire bicchieri con lui, a ridere per i suoi grugniti; e mi commuove, perché quest’uomo, che piange, ma forse no, -forse sono solo gli occhi poco abituati alla luce-, è uno dei pochi parigini che non è andato nemmeno una volta a vedere uccidere un uomo.
4. La morte, violenta, delle donne. La violenza che sfigura la bellezza (la regina), la violenza che recide la bellezza (la du Barry), la violenza che atterrisce i vivi (la principessa).
5. Sanson che non c'è ma c'è, cavaliere. E quale grandezza, quale solenne nobiltà in questo boia, -sì, un boia-, che a me pare sempre brillare di innocenza e avere le mani pulite in un mondo in cui altri che hanno le mani pulite dovrebbero in realtà andare a lavarle (come mille Lady Macbeth). E anche Foret, l’ho visto, sai, che il suo nome compare? Ripetuto.
6. Ma questo, cavaliere, questo mi spezza il cuore: "mentre il Delfino giocava con le foglie." Davvero potente, bellissimo.
7. E Michel deve, deve, scrivere. Perché c'è una storia che preme, che spinge per essere raccontata. Anche se è una storia che fa paura, anzi, proprio perché fa paura. Perché fa paura? Perché dobbiamo avere paura delle parole? delle storie?
8. Hai nominato il Sacro Graal, cavaliere. Io aspetto, aspetto perché qui, in questa Disperazione in cui mi pare di vedere gli spettri dei Templari, di sentire le urla e il sangue della Terra Santa, di sentire il cozzare delle spade (brandi), io voglio vedere che cosa succede.
9. Il marchese. Non dico altro.

Insomma, io te lo dico, cavaliere, con questa uscita hai messo le briglie al tempo: nel presente in cui leggevo sono tornata al passato, all’attesa delle tue storie e dei tuoi personaggi, e allo stesso tempo mi hai fatto intravedere un futuro di avventure e di misteri da svelare.

Sai che ti dico? Questa volta sono io che mi inchino ai tuoi piedi, ammirata e contenta,
Settembre

Recensore Master
11/11/22, ore 21:06

Caro Sacrogral,
L' apertura di questo mio commento potrebbe essere il classico: "Tu non puoi nemmeno immaginare..."
Invece no!!!!! Spero, intensamente, invece, che tu sia in grado di ricordare quanto a L MMXV sono sempre stati a cuore la "Disperazione" e il favoloso menestrello di cui hai appena iniziato a raccontare.
Se così non fosse, ebbene, sarebbe una mancanza di riguardo bella e buona da parte tua e una, discreta, coltellata dritta al cuore per me.
Certo... era scritto nel destino che tu ti tirassi dietro, immancabilmente, il (per me, eh!) "poco divin marchese"!
Anche tutta la Rivoluzione ti sei portato... come impedirmi di adorati?!
Che "banchetto" sfarzoso e irresistibile: il mio poeta di strada, la mia Compagnia preferita, la Storia (con la esse maiuscola), il "trittico misterico" più ghiotto di tutti, templari/graal/riti strani ed eventuali...
Io ero arrivata subito (su indicazione di una persona di fiducia) poi metter su cena mi ha chiamata altrove e adesso rimango in attesa. Un' attesa molto intensa... perciò vedi di non tardare troppo...
Tante grazie e molti complimenti e felicitazioni
Un caro saluto

Recensore Veterano
11/11/22, ore 19:36

“Il divieto assoluto di possedere una penna, un po’ di inchiostro, un foglio di carta”, sarebbe una punizione assai crudele anche per Gobemouche o per l’autore, che forse sono la stessa persona, e che per fortuna ha ripreso la penna in mano.

Che Gobemouche voglia scrivere ci credo, credo che proprio non possa farne a meno e che stia lì a sfregarsi nervosamente con le unghie i palmi delle mani, nell’impazienza di iniziare.

Promette a Joss che dopo brucerà tutto. Forse non lo sa, perché ancora non è stato scritto: possono bruciare sul rogo i templari, gli eretici e le streghe, ma “i manoscritti non bruciano”.

Gobemouche scriverà anche di lui, di colui che non può essere nominato? Che poi tra lui ed il Maestro non c’è tutta questa grande differenza. Forse manca solo un gatto, un bel gattone nero “come il carbone o come un corvo, con tremendi baffi da cavalleggero”.

Gobemouche scriverà anche di Jacques de Molay, il Gran Maestro dei Templari, che forse è stato l’ultimo e forse no? Alla Disperazione non si può certo dissertarne ad alta voce. Figuriamoci se si può nominare in pubblico il Graal. Il Sacro Graal. Che chissà di quale sacro catino, di quale santo grembo o di quale reale sangue stanno per confabulare quei due, adesso che Joss sta per sprangare la porta.

L’affresco del Trionfo della Morte, che forse è opera di Caravaggio, o forse no, ma che mi immagino scuro e cupo e crudo come il dipinto di Giuditta e Oloferne, è l’arco scenico di tutto questo.

Gli attori sono in scena. Il sipario si è alzato. Cosa sta per accadere?

(Le luci si sono abbassate. Sono seduta in platea, in prima fila, un po' defilata sulla sinstra. Se giri appena lo sguardo ... mi vedi.).

Recensore Veterano
11/11/22, ore 15:58

Allora, ti aspettavo, sai?
A La Disperazione c’era un’atmosfera strana, guardavo l’affresco e aspettavo.
Mi sono seduta in un angolo, è buio, Joss non accende molte candele, gli piace così.
E non mi aspettavo il ritorno di Gobemouche, lo osservo, ha un fuoco dentro. Quel fuoco che lo spinge a scrivere e creare.
Il tempo è scorso lento a La Disperazione.
Il tempo è scorso immutabile, ha cambiato se stesso e la Storia.
Ha trasformato l’ingiustizia in giustizia, la verità in menzogna, la menzogna in verità assoluta, la giustizia in ingiustizia.
Sul muro, troneggia ancora l’affresco, a proteggere tutti, a rendere tutti uguali.
La Morte è diventata simbolo di uguaglianza, son tutti uguali dinanzi a lei.
Il povero, il ricco, il giusto, l’empio, il carnefice, la vittima, tutti uguali davanti a La Morte.
Tutti trascinati via dal tempo, vivi soltanto nel ricordo di chi ha osservato il tempo che scorreva.
Nel ricordo di Joss che ha visto La Morte cambiare il mondo.
E Charles-Henri aveva sussurrato talmente tante volte all’orecchio di chi la Morte avrebbe accolto, troppe volte, mentre il tempo passava e il mondo cambiava volto, che era sempre lo stesso nonostante tutto.
Un nome aleggia a La Disperazione, un nome che incute paura. Impronunciabile, sinonimo di dolore e crudeltà.
Un nome che non deve essere pronunciato, che riporta indietro nel tempo, che deve raccontare una storia per liberare chi ha vissuto in un mondo che chiedeva di essere cambiato.
Quel nome celato dietro un’aurea di follia, da tenere lontano da ciò che può ferire la morale e il pregiudizio.
Tu mi hai mostrato che il pregiudizio è la maschera dietro la quale si cela l’ipocrisia e la non conoscenza. Mi hai mostrato che, dietro quella maschera, si può celare un uomo condannato senza appello. E che basta avere la mente ‘libera’ per poter guardare dietro quella maschera.
In silenzio resto seduta su quella botte e ascolto un racconto che mi porterà indietro nel tempo, che mi farà ritrovare i personaggi che mi han fatto compagnia, sempre.
Le vedo le tue mani, Graal, le tue mani… e vedo la penna che scorre veloce sul foglio.
Il vuoto, gli echi, le ombre, chi se non tu?