Recensioni per
L'Arrocco
di syssy5

Questa storia ha ottenuto 3 recensioni.
Positive : 2
Neutre o critiche: 1 (guarda)


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Recensore Master
12/09/11, ore 16:02
Cap. 1:

Ed eccomi a distribuire i premi :)
Devo dire che questa storia nasce da una buona idea. E' bello, infatti, il pensiero di un giovane uomo che riesce a superare la barriera creata dal lavoro e quella creata dall'età iniziando a giocare a scacchi con un anziano che, presto o tardi, morirà. Ho visto molta umiltà, nel personaggio di Maurizio, mentre credo avresti potuto approfondire quello di Antonio. Per cui, dicevo, lo spunto mi piace, ma è lo sviluppo che trovo un po'...disomogeneo. Hai dedicato gran parte della narrazione alle azioni quotidiane di Maurizio, molte delle quali, se inserite in una semplice one-shot, erano superflue e poco interessanti. Arrivando alla fine e leggendo che ti sono servite per il concorso, ho capito come mai le avessi inserite, ma a quel punto mi sono chiesta perchè non avessi ampliato anche la parte del rapporto dei due uomini. Cioè, la storia è incentrata su quello, ma non gli dedichi l'importanza necessaria.
Credo che questa sia la pecca più evidente della storia. Non che vi siano altre particolari critiche da muovere, solo qualche errore di grammatica, ma nulla di grave. Solo, come ti dissi anche per la storia partecipanti al mio concorso, avresti dovuto approfondire e caratterizzare meglio.
Spero di non esserti sembrata troppo severa :)
Alla prossima!

Recensore Junior
13/07/11, ore 15:00
Cap. 1:

ho bhe, che dire, questa storia mi ha colpito ^^ veramente mi è piaciuta tanto ed infatti ha ottenuto un ottimo punteggio nei contest, solo c'è un piccolo errore che non ho capito bene (forse sono io che sbaglio spiegami tu ^^" sono un po' ritardata XD ) 
"L'acqua calda che usciva dal telefono  "per il resto l'adoro (quanto mi è dispiaciuto per Antonio!)
dritta nelle preferite! :D

Recensore Junior
16/06/11, ore 09:39
Cap. 1:

TRAMA

Devo dire che l'Arrocco non mi ha del tutto convinta.

Lo spunto narrativo, di per sé, è piuttosto semplice e, forse proprio per questo motivo, ricco di potenziale. L'amicizia tra il giovane infermiere e l'anziano paziente è davvero molto affascinante, perché apre le porte a diverse considerazioni, non necessariamente legate all'età e alla malattia ma, più generalmente, alla natura dell'amicizia stessa e soprattutto alla solitudine. Mi è piaciuta l'immagine di questo infermiere solerte, che si ferma fino a tardi, quando può, per giocare a scacchi con l'anziano paziente terminare che nessuno va a trovare. Mi è piaciuto anche il fatto che, in realtà, i due personaggi vivessero quelle che si potrebbero definire due solitudini parallele: anche Maurizio, nonostante sia - al contrario di Antonio - giovane e nel pieno delle forze, non è riuscito a legare con nessuno, all'ospedale; mangia da solo, vive da solo, dorme da solo. La metafora scacchistica dell'arrocco, poi, è molto suggestiva, e secondo me ben si presta al tipo di atmosfera che ci si aspetterebbe da un racconto del genere. Mi è piaciuto anche l'incontro tra Laura e Maurizio alla fine: non è un vero e proprio happy end, ma è sicuramente un elemento di speranza, nell'economia del racconto, una sorta di continuità affettuosa, che non lascerà Maurizio da solo anche adesso che Antonio se ne è andato.

Non mi hanno convinta un paio di cose. Ho visto che, per obbligo di bando, eri costretta a inserire determinati elementi narrativi, come "la pizza, il vento, il sapone, Venezia". Ho letto i giudizi che ti hanno lasciato: il primo mi è parso un po' superficiale ("dovevi inserire qualcosa in più, ma non so cosa"? °_°). Voglio provare a spiegarti cosa, secondo il mio punto di vista, non funziona del tutto nell'economia del racconto. Essenzialmente, i paragrafi dedicati alla pizza e a Venezia sono superflui. La strada che Maurizio fa per tornare a casa, la pizzeria dove si ferma prima di rientrare e il regalo della sorella sono scene senza scopo. So che questa etichetta ha un suono orribile ("senza scopo" è davvero una definizione freddissima) ma questo è il loro termine tecnico. Cerchiamo di sviscerarlo insieme, in modo da capire quale sia il problema e trovare insieme una soluzione :)
Un racconto breve, rispetto al romanzo, è caratterizzato da una certa "densità" del contenuto: in una manciata di pagine (che raggiunge al massimo la decina) bisogna condensare una trama che sia autosufficiente, autoconclusiva e pienamente sviluppata. Il che, diciamocelo, non è facile. Un racconto non è un romanzo riassunto, è un tipo di narrativa autonomo e a sé stante, dominato da determinate regole che ne sviluppano la profondità. Più asciutto è un racconto meglio è: il lettore deve focalizzare l'attenzione sui dettagli importanti della storia. Con 'importanti' non intendo, ovviamente, che ogni singolo paragrafo del racconto debba essere pregno di avvenimenti drammatici e ricco di colpi di scena, ma deve contenere dettagli che siano funzionali alla trama. I dettagli funzionali alla trama possono svolgere diverse funzioni: narrative (e quindi aiutare a procedere con la trama) e descrittive (e quindi aiutare a caratterizzare meglio i personaggi o a approfondire l'atmosfera). I paragrafi sovrabbondanti, quelli senza scopo di cui dicevamo sopra, sono quelli dove, essenzialmente, i dettagli sono "in più"; non svolgono nessuna funzione, né narrativa né descrittiva, sono semplici "parole" che fanno numero e se ne non ci fossero il racconto filerebbe bene lo stesso. Il fatto che, ad esempio, Maurizio si fermi in pizzeria prima di tornare a casa non ha una vera e propria utilità nell'economia del racconto. Non caratterizza meglio Maurizio, non ci illumina nuove sfaccettature del suo carattere e non ci introduce nessuno spunto per capire meglio gli avvenimenti che verranno dopo. Il lettore registra l'elemento della pizza, lo ricorda, ma man mano che procede nel racconto si rende conto che in realtà quell'elemento era superfluo: la pizza non c'entra niente e avrebbe potuto non memorizzarla. Non mi ricordo più chi lo dice, ma questa mi sembra una citazione azzeccata al contesto: «Se nella prima scena compare un fucile, quel fucile prima o poi dovrà sparare». I dettagli devono essere SEMPRE funzionali alla trama. Questo si apre la strada alla seconda cosa che non mi ha convinta al 100%: l'importanza che hai dato a determinate scene. Facendo un breve conto, hai dato più spazio ai dettagli inutili (la pizzeria, la strada per tornare a casa, la scena del quadro) che non alla scena della morte di Antonio. Questa scelta anche quantitativa lascia un po' spiazzati: il lettore giudica infatti molto più importante la reazione di Maurizio alla morte di Antonio che non la strada che Maurizio fa per tornare a casa.

Secondo me è questo che, con altre parole, ha cercato di dirti il giudice del concorso, con un riassuntivo "serve qualcosa in più (che non so cos'è)". Quel qualcosa in più, a mio modesto parere, è l'approfondimento del vero nodo focale del racconto: la morte di Antonio e la realizzazione da parte di Maurizio del valore che ha avuto la loro amicizia nella sua vita.

GRAMMATICA

Ti segnalo qualche errore, che mi sembra non ti abbiano fatto notare nei due giudizi che hai ricevuto:
[1] in quei sessantaquattro spazi i pezzi si muovevano, ognuno a modo suo, in una danza che aveva fine solo quando il re sarebbe caduto.
in una danza che avrebbe avuto fine solo quando il re fosse caduto.
[2] Era ricoverato da tempo immemore come malato terminale, ma la sua malattia sembrava prendere in giro anche la sua vita, oltre a tutti i medici che ogni giorno lo visitavano con la speranza di un miglioramento.
Era ricoverato da tempo immemore come malato terminale, ma la sua malattia sembrava prendere in giro anche la vita stessa, oltre che tutti i medici eccetera eccetera.
[3] Da lui aveva ereditato la passione per gli scacchi e con quel rapporto di infermiere/paziente era nata la loro amicizia.
e da quel rapporto
[4] Sentiva spesso giovani ragazzi o casalinghe uscite a far spese, affaticarsi salendo anche solo pochi gradini e lui non voleva ridursi così
Niente virgola tra soggetto (ragazzi o casalinghe uscite a far spese) e il verbo di riferimento (affaticarsi).
[5] era incartato con un involucro giallo, simile alla carta-paglia,
era incartato in un involucro
[6] Maurizio lo aveva portato solo qualche giorno prima e Antonio aveva sinceramente apprezzato quel gesto così da averlo sempre davanti a sé in quel posto così monotono.
Maurizio lo aveva portato solo qualche giorno prima e Antonio aveva sinceramente apprezzato quel gesto così tanto da volerlo avere/tanto da volerlo avere sempre davanti a sé in quel posto così monotono
[7] La prima partita fu vinta dall'infermiere che temendo fosse stato agevolato aveva chiesto di fare il bis, pregando l'amico di giocare seriamente.
La prima partita fu vinta dall'infermiere che, temendo di essere stato agevolato, aveva chiesto di fare il bis, pregando l'amico di giocare seriamente.
[8] Uno scorcio di Venezia faceva capolino sul muro della camera da letto. Maurizio lo aveva portato solo qualche giorno prima e Antonio aveva sinceramente apprezzato quel gesto così da averlo sempre davanti a sé in quel posto così monotono. L'infermiere lo aveva appeso accantonando momentaneamente un'immagine sacra, posta ora nella sala degli infermieri.

Come ogni giorno giunse il suo compagno di giochi che tirò fuori la scacchiera dall'armadietto del malato. L'appoggiò sul tavolino che spesso fungeva da tavolo da pranzo – quando chi era ricoverato aveva la possibilità di alzarsi dal letto – e lentamente iniziò a tirare fuori i pezzi. Nell'aria il solito profumo di sapone con cui si lavava sempre le mani prima di mettersi a giocare. Aveva quasi una venerazione per quelle statuine e non voleva rovinarle toccandole con mani sporche.
C'è un problema di consecuitio temporum: il periodo comincia con un "faceva  capolino", lasciando intendere che Maurizio si trovi già nella stanza di Antonio - tanto che può ammirare il quadro - ma subito dopo passi al passato remoto, per descrivere tutto quello che Maurizio fa entrando nella stanza.

SINTASSI

Spesso non è chiaro chi sia il soggetto, a causa della brutta mania di non ripetere due volte il nome dei personaggi a distanza ravvicinata.

Come ogni giorno giunse il suo compagno di giochi che tirò fuori la scacchiera dall'armadietto del malato. ["Il suo compagno di giochi" presumo sia Maurizio, il "malato" è sicuramente Antonio] L'appoggiò [Ad appoggiare deduco sia Maurizio] sul tavolino che spesso fungeva da tavolo da pranzo – quando chi era ricoverato aveva la possibilità di alzarsi dal letto – e lentamente iniziò [Sempre Maurizio] a tirare fuori i pezzi. Nell'aria il solito profumo di sapone con cui si lavava sempre le mani prima di mettersi a giocare. Aveva quasi una venerazione per quelle statuine e non voleva rovinarle toccandole con mani sporche. [Maurizio o Antonio?]

Maurizio raggiunse come ogni giorno Antonio nella sua stanza e tirò fuori la scacchiera dall'armadietto degli effetti personali. La appoggiò su un tavolino che avvicinò al letto e cominciò lentamente a disporre i pezzi. Nell'aria aleggiava come al solito il profumo del sapone con cui si lavava sempre le mani prima di mettersi a giocare; aveva quasi una venerazione per quelle statuine e non voleva toccarle con le mani sporche, dopo una giornata passata in corsia.


NON devi avere paura di ripetere il nome proprio dei personaggi! Abitudine profondamente sbagliata ma diffusissima negli autori di fanfiction è l'utilizzo sconsiderato che si fa dei sinonimi per evitare di ripetere nello stesso paragrafo il nome proprio di un personaggio. Il risultato è che Maurizio diventa l'infermiere, il giovane ragazzo, l'amico, il giovane amico, l'altro, quell'altro... Questa abitudine è sbagliata e penalizza moltissimo lo stile di un racconto. Non bisogna aver paura di ripetere il nome proprio di un personaggio. È ovvio comunque che non è necessario farlo fino alla nausea. Per spiegarmi meglio, userò un esempio:

[1] Erica prese una pagnotta. Erica la tagliò e la farcì con formaggio, prosciutto cotto e cetriolini sottaceto.
«Ne vuoi metà?» chiese Erica rivolta a Carlo, porgendogli il panino.
Carlo guardò Erica schifato. «Ma ci sono i cetriolini!» esclamò Carlo. «Io sono allergico ai cetrioli.»

Ecco. In paragrafi del genere è oggettivamente brutto ripetere tante volte il nome di una persona. Attenzione però! Non è brutto perché si ripete tante volte lo stesso nome! Infatti suonerebbe altrettanto male se scrivessi così:

[2] Erica prese una pagnotta. La ragazza la tagliò e la farcì con formaggio, prosciutto e cetriolini sottaceto.
«Ne vuoi metà?» chiese la moretta rivolta a Carlo, porgendogli il panino. Il ragazzo guardò la fidanzata schifato. «Ma ci sono i cetriolini!» protestò il ricciolino. «Io sono allergico ai cetrioli».

Sia [1] che [2] quindi suonano molto fastidiosi. Il problema non è che abbia ripetuto tante volte Erica e Carlo, come nell'esempio [1], o abbia usato tremila sinonimi, come nell'esempio [2]. Il problema è che creo in entrambi gli esempi un testo infarcito di termini INUTILI, che guastano la fluidità del mio racconto. In certi contesti, infatti, si può dare per scontato chi sta parlando o chi sta compiendo un'azione. Si può e si deve, perché alleggerisce moltissimo la lettura, favorendo il ritmo.

[3] Erica prese una pagnotta e la tagliò a metà. La farcì con formaggio, prosciutto cotto e cetriolini sottaceto.
«Ne vuoi metà?» chiese rivolta a Carlo, porgendogli il panino. Lui la guardò schifato. «Ma ci sono i cetriolini! Io sono allergico ai cetrioli.»

Ecco che la lettura diventa improvvisamente più scorrevole! L'unico punto ostico potrebbe essere la parte del “Lui la guardò schifato”. Lì bisogna stare attenti perché si stanno usando DUE personaggi, che interagiscono tra loro, e perciò, per quanto probabile che sia Carlo a guardare Erica, è meglio specificare chi sta guardo chi/cosa.

Ricapitolando: [1] e [2] creano lo stesso problema, perché danno un effetto di ridondanza e di noia. Il lettore dopo un po' si scoccia e pensa “ma sì, ho capito che Erica che sta facendo il panino, basta!” L'esempio però crea un ulteriore disagio, perché è anche confusionario! Erica e Carlo sono caratterizzati rispettivamente da quattro e tre nomi diversi! Finché nella scena ci sono solo due personaggi l'effetto è solo vagamente disturbante, ma la descrizione è ancora comprensibile; quando i personaggi diventano più di due, allora sì che diventa un gran casino!