Ok, già alla seconda riga avevo il magone. Perché, sì, posso sapere quanto voglio perché John stia male, vista la presenza dell'avvertimento spoiler, ma quella frase sull'astinenza mi ha colpita.
Watson è una persona razionale e come tale ragiona e pensare ad una mancanza così forte come astinenza è davvero da lui.
I suoi sensi, il suo intero corpo è focalizzato lì, [...] lo riempiono.
Se c'è una cosa che mi piace, nelle tue one-shot introspettive (prendo ad esempio "Violino") è il modo in cui descrivi le sensazioni. Sono fisiche, razionali, eppure non posso fare a meno di annuire, capendo come si deve sentire il personaggio. In un certo senso, sono molto più potenti di qualsiasi metafora lirica.
Il resto è poetico senza essere melenso e tutto è vuoto, mancanza, il dolore sordo e continuo, l'impossibilità a muoversi, il non trovare un senso alla propria esistenza, tutto ricorda il lutto, senza essere eccessivo o melodrammatico.
Fa male, ma ne è dipendente. [...] Perché è una conferma, una prova tangibile che è vero, che è successo davvero.
Ecco, da qui in poi invece c'è la ricerca di una conferma della presenza di Sherlock, la cui assenza ferisce, la cui assenza è ovunque. Mostri come, però, sembra esserne valsa la pena. Il dolore ha un senso, perché sa che Sherlock è esistito.
Ed è meraviglioso e toccante come, alla fine, John voglia restare in quel limbo, almeno per un po' di tempo in più. Forse è sottinteso che prima o poi tornerà alla propria vita, un giorno, forse sono solo io che ci spero. In ogni caso, è una storia bellissima e profonda e finisce tra le preferite. |