[Otabek/Yuri]
“Raccontami qualcosa di stupido,” replica, nascondendo una smorfia.
Otabek comincia a discorrere e Yuri serra le palpebre, immaginando che, almeno in quel momento, la lontananza non esista e che il suo ragazzo sia esattamente di fronte a lui, a sfiorargli la fronte con la propria e a baciargli il naso.
Fa fatica ad addormentarsi quella sera, la mente affollata di pensieri e una strana sensazione di malessere nel petto, una che non ha mai provato prima.
Una che gli fa paura.

[Otabek/Yuri]
Non ci sono storie che tengano: Yuri Plisetsky è assolutamente innamorato dei suoi lunghi capelli biondi ed è abbastanza sicuro di poter uccidere a mani nude chiunque possa minacciare di accorciargliergli – ragion per cui Lilia non trova neanche più un paio di forbici in casa.
In cuor suo, però, Yuri sa che c’è un’unica persona al mondo che potrebbe fargli cambiare idea, se solo glielo chiedesse. Anche se, in realtà, spera davvero che non glielo chieda mai.
In cui Otabek fa finta che i lunghi capelli biondi del suo ragazzo siano un grosso problema (spoiler alert: in realtà non lo sono).

[Otabek/Yuri]
“Tutto bene, Yura?”
“Insomma,” disse Yuri quasi tristemente. “Oggi è stata un giornata abbastanza tremenda e… mi manchi più del solito,” ammise con un respiro profondo.
Otabek sentì il cuore stringersi nel petto... cielo, se lo capiva.
“Anche tu mi manchi. Mi sono bastati gli scatti che mi hai lasciato nel rullino fotografico per ridurmi in quello stato, pensa un po’.”
“Finalmente le hai trovate, pensavo di dovertelo dire chiaro e tondo!”
“Sei un idiota, Yuri Plisetsky.”

[Otabek/Yuri]
“Beh? Che succede?” dice, senza riuscire a frenare la propria curiosità.
Otabek sospira di nuovo e lo guarda un po’ titubante. “Temo dovremmo cambiare il programma per il fine settimana.”
“Intendi quello di alzarci da questo letto solo per mangiare e basta?”
“Proprio quello.”
Yuri sbuffa. “E perché?”
Otabek si morde il labbro e Yuri riconosce nervosismo nei tratti del suo volto. “E’ una faccenda un po’ lunga da spiegare, ma…”
Fa una pausa, si passa una mano tra i capelli e sospira. “Ti andrebbe di conoscere la mia famiglia questo fine settimana?”

[Otabek/Yuri]
Dal samovar, sistemato al centro, esce un odore di tè dolciastro e profumato. Attorno ad esso sono disposti il piatto di bliny e diverse ciotoline che contengono alimenti che non conosce, ma che hanno un aspetto delizioso.
“Quindi... a cosa devo l’onore?” chiede Otabek, facendo un cenno verso tutto quel ben di Dio.
Yuri impiega qualche secondo a spostare la propria attenzione da pensieri poco casti, ricordandosi di tutto ciò che hanno sotto il naso.
“Al fatto che Lilia ieri abbia fatto la spesa per un esercito, mi abbia concesso casa sua e io stamattina mi sentissi molto…” si lecca le labbra e lo guarda malizioso prima di completare la frase. “Grato.”
“Vorrei ben dire,” replica Otabek, alzando un sopracciglio divertito.
“Per cui ti ho cucinato la tipica colazione russa!”

[Otabek/Yuri]
A quel gesto, Otabek deglutisce a fatica. Yuri sta davvero per fare quello che pensa stia per fare?
Ha la risposta nel momento esatto in cui il ragazzo biondo si infila una mano sotto i pantaloni della tuta e comincia a toccarsi, mentre l’altro palmo si tiene ancora premuta la stoffa della tuta sul naso.
Va bene, forse è giunto il momento di chiudere la videochiamata, spegnere il pc e fare finta che tutto ciò non sia mai successo.
Otabek porta la propria mano sul mouse e il cursore sulla x rossa in alto a destra, ma la sua forza di volontà viene annullata dal mormorio che ode dagli autoparlanti del computer.
“Beka… Otabek…”
Quindi, ricapitolando: il suo ragazzo, che non vede da ben due mesi, si sta masturbando di fronte ai suoi occhi utilizzando la sua felpa, mormorando il suo nome, e lui dovrebbe persino chiudere la videochiamata e ignorare il tutto?
Eh, no. A tutto c’è un limite.

[Otabek/Yuri]
Sono in garage, dice la grafia piccola e ordinata sul foglietto stropicciato e Yuri si ritrova a sospirare un po’ annoiato quando collega i puntini.
Otabek ha passato gli ultimi due giorni a ripetere non stop, quasi come se fosse un disco rotto, la frase “la moto fa un rumore strano, prima o poi devo darci un occhio”. Yuri non ci ha dato troppa importanza, anche perché pensava che quel prima o poi si traducesse automaticamente in “quando te ne sarai tornato in Russia e io sarò qui solo e sconsolato senza di te”. Insomma, Otabek è decisamente il tipo da fare pensieri così melensi.
Yuri sbuffa infastidito per innumerevoli cose, tra cui il caldo, il sudore appiccicaticcio sulla pelle e quello stupido kazako che considera più importante la propria moto rispetto a un aitante russo da svegliare nel migliore dei modi.

[Otabek/Yuri]
E’ mattino presto quando Yuri apre gli occhi.
L’appartamento di Otabek non è affatto silenzioso come il suo; c’è il frigo che ogni tanto si lascia andare a qualche rumore metallico, la finestra del salotto è un po’ deformata e spesso il vento fa scricchiolare gli infissi, e i vicini del piano di sopra hanno passato l’ultima mezz’ora a correre avanti e indietro, probabilmente per prepararsi ad affrontare una nuova giornata.
Yuri serra le palpebre, sorridendo quando avverte un paio di labbra baciargli il collo e la stretta attorno al suo petto farsi più salda. Si raggomitola ancora di più e Otabek intreccia una gamba con la sua, senza smettere di far scorrere il naso lungo la sua pelle e i suoi capelli.
Queste sono le mattine che Yuri ama, immerso totalmente nel calore emanato dal corpo del suo ragazzo, mentre la vita scorre fuori dalle finestre e li lascia riposare in quel letto fin troppo comodo che sa di loro.

[Otabek/Yuri] [Victor/Yuuri]
“Mi sei mancato,” è la prima cosa che gli dice Otabek con voce stanca e Yuri si obbliga a stringerlo un po’ più forte, visto che il sentimento nascosto dietro quelle parole lo fa quasi piangere dalla gioia.
Sono stati separati per un mese e mezzo, anche se Yuri ha vissuto quei quarantasette giorni come un supplizio infernale. Dopo il brevissimo, ma intenso fine settimana a San Pietroburgo dello scorso giugno, avevano in programma di rivedersi una volta cominciata la stagione delle gare, con immenso sconforto di entrambi. Poi, però, a Yuri era giunto un invito da parte di Victor affinché lo raggiungesse in Giappone per il festival annuale di Hasetsu e non era proprio riuscito a dire di no. Dopo aver annunciato la sua volontà a raggiungere i due neo-sposini e aver preteso di portare qualcuno con sé con la scusa “Altrimenti poi muoio di noia se ci siete solo voi due”, aveva videochiamato Otabek emozionatissimo all'idea di potersi rivedere dopo così poco tempo.
Quindi, eccoli lì, ad abbracciarsi all'aeroporto di Tokyo, con nove ore di volo sulle spalle, a migliaia di chilometri di distanza da casa e un battito fin troppo irregolare.

[Otabek/Yuri]
Otabek lo fece scostare e cercò i suoi occhi. “Mi ero immaginato mille modi in cui potevi salutarmi, eppure devo dire che l’immobilità seguita da un assalto non l’avevo proprio contemplata.”
Yuri arricciò il naso e controvoglia si staccò da lui, lasciando che anche Otabek si mettesse dritto. “Ero solo sorpreso, Altin. Non tirartela così tanto.”
Otabek alzò un sopracciglio a mo’ di sfida e, all’improvviso, Yuri si rese pienamente conto che erano soli in un posto chiuso in cui non avrebbe potuto interromperli nessuno. Avvertì le guance arrossire, ma si voltò prima che Otabek potesse notarle.

[Otabek/Yuri]
“Buonanotte zhanym, a domani.”
Yuri arricciò le labbra, non capendo bene il termine che aveva appena usato il suo ragazzo, ma si limitò a rispondergli senza pensarci troppo. “Buonanotte, Beka.”
La chiamata si chiuse e Yuri rimase al buio mentre quella parola gli rimbombava ancora nelle orecchie.
Zhanym. Era kazako? Cosa avrà voluto dire?

[Otabek/Yuri]
“Perché, Beka?”
Otabek sorrise e scrollò le spalle, sistemandosi nuovamente con la schiena contro il parapetto.
“Potrei dirti che è perché tutto il romanticismo nell’aria mi ha fatto venire voglia di baciare qualcuno,” mormorò, portandosi una mano tra i capelli. “Potrei dirti che è perché sei particolarmente bello stasera,” continuò, beandosi del rossore che colorò le guance del ragazzo. “Oppure potrei dirti che lo desidero da così tanto tempo che non sono più riuscito a trattenermi,” concluse, lisciandosi la giacca sul petto. “Scegli tu... sono vere tutte e tre le motivazioni.”