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Autore: ViolaNera    24/03/2012    5 recensioni
«Digli addio anche tu. È al limite.»
Non vorrebbe darlo a vedere, ma sussulta a quelle parole.
Addio.
Dire addio.
Non vuole dire addio. Non può farlo. Non è... pronto.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Danimarca, Islanda, Norvegia, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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«Noregur...»


Il ragazzo alza il viso verso il fratello che l'ha chiamato, non mostrando alcuna emozione particolare. Si guardano brevemente negli occhi, prima che Islanda interrompa quel contatto e gli faccia un cenno, appoggiando le spalle al muro e incrociando le braccia, strette, come a tenersi insieme da solo.

«Digli addio anche tu. È al limite.»

Non vorrebbe darlo a vedere, ma sussulta a quelle parole.

Addio.

Dire addio.

Non vuole dire addio. Non può farlo. Non è... pronto.

«Nore, ti prego, fallo.»

Volta leggermente il viso, ma Islanda lo coglie con la coda dell'occhio e fa la stessa cosa per prevenire di essere visto, impedendogli di guardare le lacrime che scendono, lente, sulla pelle chiara.

Islanda sta piangendo. È troppo.

Anche se in quella camera da letto, oltre la porta bianca accostata, c'è tutto quello che non riesce ad affrontare, a quel punto si decide a muoversi, perché quelle lacrime sono una vista insopportabile. Sono l'espressione di ciò che prova lui stesso, ma che fatica a mostrare. Se cedesse ad esse, come potrebbe fermarsi? Sono il dolore straziante al cuore, i ganci dilanianti allo stomaco, il peso opprimente che gli rallenta i respiri fino a fargli mancare l'aria.

Islanda sta soffrendo oltre ogni dire, ma il fratello condivide una parte del proprio personale dolore. Lui...

Senza una parola, senza un singolo suono, Norvegia si dirige con passi malfermi alla porta e la sospinge.


Danimarca è sdraiato completamente, le morbide coperte ben tirate su a ripararlo dal freddo. Non ce n'è, la casa è ottimamente riscaldata, ma ciò non significa che lui non lo senta fin dentro le ossa.

E il gelo di Norvegia? Non esiste nulla al mondo che possa ridurre quegli spifferi terrificanti che gli scorrono dentro, corrompendo fino all'ultima goccia di sangue.

L'unica cosa che potrebbe farlo sparire, quel gelo fastidioso, è un miracolo.

Un miracolo che non avverrà, perché Danimarca è al limite.

Un miracolo che non esiste.

Nel suo aspetto, non c'è molto che possa far supporre la gravità della situazione. È bello come sempre, tolte le profonde ombre scure sotto gli occhi ed i colori sbiaditi. Sembra semplicemente malato, steso a quel modo ed immobile, con le palpebre leggermente abbassate su occhi privi della solita scintilla vivace, calmo e silenzioso con le mani abbandonate vicino ai fianchi.

Norvegia prova l'irrazionale impulso di afferrarle e salire sul letto, chinarsi e gridare con quanta voce ancora gli rimane in corpo di combattere, di guarire, di non azzardarsi a lasciarlo.

Non può farlo, Danimarca. Ci sono ancora tante cose che non sa e che devono fare, insieme. Cose da dire, cose da recuperare, cose da...

«No... Nor», sussurra, dopo una prima pausa per deglutire, sentendolo giungere accanto a sé e sforzandosi di aprire meglio gli occhi.

Norvegia non risponde al suo richiamo, allunga soltanto un dito e glielo posa sul dorso della mano più vicina, scivolando su e giù in una strana carezza timorosa. Ha paura di romperlo, forse. Ha paura di toccarlo davvero, di scuoterlo troppo, di fargli male, di non sentire il calore che ha sempre emanato con la stessa intensità del profumo della sua colonia.

Non abbandonarlo, vita. Tienilo con me, ti darò qualsiasi cosa.

«Sei... arrabbiato con me», tossicchia cercando di sorridere. Però, è una smorfia sofferente quella che gli attraversa il viso.

Era una domanda? Oppure una constatazione? È così sfinito da non riuscire a porre il giusto tono nelle frasi?

Lo odia. Lo sta davvero odiando. Non può lasciarlo. Non è contemplabile, non è autorizzato a lasciarli indietro. Odia persino il modo in cui non riesce a udire il suo respiro che i primi mesi era raschiante e riconoscibile.

Odia quella situazione e odia la malattia che ha aggredito la nazione, consumando il corpo forte e pieno di energie che è sempre stato solito stritolarlo all'improvviso, scatenando proteste e spintoni infastiditi.

Per uno di quegli abbracci, ora, sarebbe disposto a cadere in ginocchio ed implorare, cedere ogni ricchezza che possiede.

«Non sono arrabbiato con te», risponde, lasciando che all'indice si aggiungano anche le altre dita, per posare definitivamente la mano su quella rilassata di Danimarca. Non crede ai propri occhi quando la vede girarsi e stringere la propria con una forza inaspettata.

Forse è la prima vera volta da quando è diventato adulto, ma Norvegia ricambia il gesto.

Brividi. Ah, quei maledetti brividi che rischiano di farlo crollare da un momento all'altro, incrinando una superba facciata che ha sempre meno senso.

«Ti... ti mancherò? Puoi dirmelo.»

Norvegia sta tremando e si detesta quando perde la visione nitida del viso pacato, stanco e grigio di Danimarca, quando tutto diventa confuso e distorto e l'umidità improvvisa degli occhi non lo aiuta minimamente a sfogare il dolore e il senso di impotenza, né a soffocare la lama conficcata in gola. La acuisce soltanto.

«Sei un idiota», riesce a rispondere chinando la testa. «Non hai il diritto di dire certe cose.»

Un verso strano, diverso da tutto ciò a cui l'ha sempre abituato, ma comunque simile ad una risatina, scuote il danese. La mano che tiene la propria rilascia la presa, ma solo per muovere meglio il pollice in una serie di piccole carezze.

«Ho detto... a Is... che deve abbracciarti più spesso, perché tu... a te piace», riprende faticosamente. «Io non po... non posso farlo più... 'spiace.»

«Smettila.»

«Nor-»

«Smettila!», esplode sporgendosi su di lui. «Tu non stai morendo! Non te lo lascerò fare! Mi ascolti? Non ti muoverai da questo mondo schifoso, resterai qui ad infastidirmi fino allo spegnimento del Sole! No, ben oltre!»

C'è una dolcezza infinita nello sguardo di Danimarca, mentre lo osserva e lo lascia sfogare come se quelle parole non fossero una sorpresa, come se la rabbia fosse naturale e prevedibile.

Aspetta con pazienza che si calmi, che si zittisca respirando avidamente, poi si lecca le labbra. «Jeg elsker dig, Norge», sussurra con voce limpida.

«Che... che cosa-»

«Farvel, min ven.»

«D-Dan...»

Le palpebre di Danimarca si abbassano occultandogli le brillanti iridi azzurre in via di spegnimento. Se ne sta andando, si arrende, ha resistito solo per...

«Dan? Dan! Tu, idiota! Aspetta!»

Jeg elsker dig, Norge.

No. Un momento. Solo un dannato, fottutissimo momento. Non può andarsene, non ora, non in quel modo. NO.

«Jeg... elsker... deg», sussurra, tremando dalla testa ai piedi, non vedendo praticamente più nulla. «Mi senti? DANMARK!»

Continua a gridare che lo ama, grida così forte da spaccarsi qualcosa dentro, da perdere la voce e finire a rantolare sul letto. La gola brucia ed implora pietà, mentre continua ad accarezzargli spasmodicamente il viso immoto e rilassato, ignorando tutto il resto, inveendo contro un guscio vuoto.

«Jeg elsker deg... Jeg elsker deg... ti prego, t-torna da me.»

Affonda il viso nel suo petto e il terrore lo avvolge completamente quando capisce che non c'è battito né respiro, che Danimarca se n'è andato e non sentirà più la sua voce stupida che sapeva anche essere calda e profonda e mai, mai più proverà a fargli una carezza sulla testa che verrà allontanata con malagrazia dopo qualche secondo.

La sua mano. Dov'è.

Norvegia scivola in ginocchio accanto al letto e gli prende la mano posandosela sulla testa. Si abbandona con la guancia sul materasso e lo inzuppa di lacrime bollenti.

«Jeg elsker deg», sussurra, buttando fuori ogni sillaba mai pronunciata ad anima viva, con sofferenza straziante.

Vorrebbe essere ascoltato, ora, con tutto se stesso.

Vorrebbe che Danimarca potesse sentirlo e rispondergli ancora.

Teme di essere stato lui stesso a finirlo, dandogli quello che aspettava, quello che ancora lo teneva legato a questo mondo.

   
 
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