Mi trascino a fatica alla fine del giorno,
con le spalle curve, ad occhi chiusi,
tiro avanti finché il sole non muore.
La sua mancanza mi piega di più,
e sotto questo peso questa vita, sospesa
all’alba di un nuovo giorno, annaspa.
Mi strappo la lingua, mi lascio affogare
dallo zampillo di ferro che mi scende in gola.
Questo caldo liquore di vita solo mi disseta,
se eguaglia le lacrime che mi scottano il viso.
Il mio corpo di bambola non avrà vene
a sufficienza, infine sarò dunque dannata.