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Autore: goldfish    23/10/2006    14 recensioni
"Hermione alzò lo sguardo. Nel vederlo sbucare dal nulla sbiancò e si appoggiò all’auto, giusto per non sbattere per terra. “M-M-Malf…?” Due vite possono imboccare strade diverse. Ma a volte capita che le strade si incrocino di nuovo.
Parte da una One-shot, il seguito di 'Arrancare', che ho scritto mesi fa dopo le turbe da fine sesto libro (quindi mi giustifico così!).
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO

 

Stava seduto davanti alla finestra spalancata di un appartamento decisamente squallido, coi piedi appoggiati al davanzale, e guardava fuori. Era pallido, Draco Malfoy, aveva la barba un po’ sfatta e i capelli gli ricadevano sulla nuca e sulla fronte, nascondendo in parte gli occhi stanchi, di chi non riposa bene da troppo tempo.

Era un inizio giugno bollente, ma in lontananza si sentiva tuonare e si vedevano dei nuvoloni neri carichi di pioggia avvicinarsi. Stava arrivando un temporale.

Estrasse il pacchetto che aveva in tasca. Erano quattro anni che faceva quella vita ormai, e l’unica cosa che aveva imparato ad apprezzare era il vizio del fumo. Probabilmente era per via di quel messaggio, IL FUMO UCCIDE.

“Me lo prometti?” si disse da solo leggendo la scritta stampata a caratteri cubitali, e si accese una sigaretta.

Era schifato. Aveva passato i suoi primi ventitre anni a cercare di diventare qualcuno e guadagnarsi il rispetto degli altri; gli ultimi quattro, invece, li aveva passati così, nascondendosi tra i babbani come un vigliacco. Non era mai riuscito a concludere nulla, sapeva solo scappare. Forse era davvero un vigliacco.

Tirò qualche boccata avida di fumo.

“Ma come facevo a stare senza prima? Non pensavo che i babbani potessero avere delle idee così illuminanti in fatto di autodistruzione” commentò con sarcasmo mentre il vento tipico delle burrasche estive gli spettinava i capelli. Una bella sensazione. Chiuse gli occhi.

Era quello, morire? Beh, non era poi così male. Come galleggiare nell’ovatta. Cominciava anche a sentire sempre meno dolore.

Aspettate! Ma non aveva urlato. Aveva a malapena aperto la bocca. Tanto le ombre se ne erano andate, e anche le voci. Lo avevano lasciato indietro. Non che gli importasse, poi, stava cominciando a diventare quasi piacevole, l’ovatta. Bastava solo lasciarsi andare… lasciarsi andare invece che aggrapparsi a quel briciolo di vita rimasta. Affondare nell’ovatta.

Affondare. O Vivere.

Una figura, un ultimo pensiero lucido, prima di affondare.

O prima di vivere.

Stupido, stupido catorcio! Proprio adesso doveva mollarmi a piedi! Merda!”

Questa frase lo riportò alla realtà: giù in strada una ragazza stava imprecando contro la sua auto. Del resto è noto che le macchine si aggiustano insultandole. Malfoy si sporse a guardare, incuriosito da quello sfogo; cominciavano a cadere le prime gocce di pioggia.

“Perfetto! Anche la pioggia ci mancava. grandioso!” Esclamò stizzita la giovane donna.

Non credeva ai suoi occhi. “Questa poi…” pensò, e un attimo dopo, inspiegabilmente, il ragazzo uscì di casa.

~~~~~~

“Ecco, tu guarda quel cretino! EHI, LO  STOP!”

Hermione si spostava spesso in automobile; viveva in una città piena di babbani, mica poteva smaterializzarsi e materializzarsi a destra e a sinistra indisturbata. E poi non poteva fare molto facilmente a meno di certe cose, come l’elettricità o gli elettrodomestici.

Era diventata guaritrice, ma da qualche anno si era trasferita negli Stati Uniti e aveva deciso di dedicarsi alla ricerca di nuove pozioni e incantesimi. Sì, come giovane donna di ventisette anni, la sua vita la soddisfaceva. Era indipendente, aveva un buon lavoro, degli affetti e degli amici.

“Ora che succede?” Il motore la stava abbandonando. “No, non fare così, piccola, su! Non morire così… oh porca vacca!” accostò di fretta mentre l’auto emetteva gli ultimi rantoli, e scese.

Stupido, stupido catorcio! Proprio adesso doveva mollarmi a piedi! Merda!” inspiegabilmente si mise a imprecare contro la macchina; si sentiva un po’ stupida, sapeva che le macchine non si aggiustano così, però prima ci stava pure parlando, quindi era giustificata.

“Perfetto! Anche la pioggia ci mancava. grandioso!” Brontolò stizzita, mente sentiva le prime gocce d’acqua bagnarle il viso. Si sarebbe inzuppata e sarebbe arrivata in ritardo. Ottimo!

Si guardò in giro, non c’era nessuno nelle vicinanze.

“Ma sì, dai, non c’è nessuno. Non posso rimanere in panne sotto la pioggia.” Afferrò la borsa e ne estrasse la sua bacchetta con fare furtivo.

Reparo” bisbigliò, nascondendosi alla meglio. Tutta soddisfatta rimise la bacchetta a posto.

“Granger, non ti facevo così sprezzante delle regole. Avrebbero potuto vederti. Io ti ho vista.”

Quella voce. Assurdo.

Hermione alzò lo sguardo. Nel vederlo sbucare dal nulla sbiancò e si appoggiò all’auto, giusto per non sbattere per terra.

“M-M-Malf…?”

“Mi ricordavo una ragazza più eloquente.”

“Ma tu… da dove…” balbettò la ragazza.

“Si dà il caso che abbia sentito una voce familiarmente irritante imprecare contro un’auto.” Sembrava divertito Malfoy, aveva il suo solito ghigno compiaciuto stampigliato sulla faccia.

“Quattro anni…” disse con un filo di voce Hermione.

“Mi sposto spesso. Tu, piuttosto, che ci fai qui?” ma lei non rispose nulla, era troppo sconcertata. “Ci stiamo inzuppando, te ne rendi conto?” disse lui con una smorfia, vedendo che la ragazza lo fissava lì impalata.

“Cosa? Ah sì… sali.” Detto ciò aprì la portiera dell’auto e i due si ripararono dentro, anche se ormai erano già mezzi fradici. Ci fu qualche attimo di pausa, o qualche minuto, il tempo necessario alla ragazza per riprendersi dallo shock. Poi fu lui a parlare per primo.

“Cosa ci fai negli Stati Uniti, dunque?” le chiese con un’assurda sbadatezza, come se quella fosse una normalissima conversazione tra due vecchie conoscenze, sfilando una sigaretta dal pacchetto e portandosela alla bocca.

“Lavoro qua da un paio d’anni, sono ricercatr- ehi! Non fumerai nella mia macchina, spero!”

Malfoy la guardò di sbieco e si accese la sigaretta.

“Apri il finestrino, almeno.”

Si voltò verso di lei e soffiò fuori il fumo con prepotenza. “Sta piovendo.”

“E chi se ne frega, se vuoi fumare, tiri giù il finestrino e ti bagni! Tanto ormai…” ribatté. Malfoy alzò un sopracciglio, ma alla fine obbedì. Granger era sempre Granger.

I due restarono qualche momento in silenzio, poi Hermione parlò per prima.

“Perché continui a nasconderti? La guerra è finita poco dopo che tu…” ma le parole le morirono in bocca. Lui rimase zitto a fissare fuori, mentre la pioggia entrava a inzupparlo ulteriormente dal finestrino un po’ abbassato.

“Mi piove in macchina.” Hermione gli strappò di mano la sigaretta, spazientita, e poi la buttò fuori.

“Ma che…?”

“Ti ho fatto una domanda.”

“Ho sentito, non sono sordo.”

“Senti, se è per le conseguenze…”

“MA NON CAPISCI?!” fece all’improvviso lui, voltandosi così di scatto che la ragazza sobbalzò sul sedile per lo spavento. “Il mio problema non è certo la paura di Azkaban! Chi se ne frega! Sono io che mi faccio troppo schifo, con che faccia pensi che potrei rifarmi vivo dopo tutto questo tempo, eh?! E poi ti creerei solo altri problemi.”

Hermione lo fissò, immobile. “Ti credevamo morto. Tutti lo credevamo…” Balbettò. Non c’era molto altro da aggiungere, dopotutto.

“Probabilmente non eravate solo voi a crederlo. O magari, per lui ero un problema di cui occuparsi dopo. Ma non essendoci stato nessun dopo… “

“Malfoy…” cominciò, ma lui la interruppe, evidentemente arrabbiato. Con se stesso. Parlava come se non avesse aspettato altro per tutti quegli anni, come se avere un interlocutore fosse una scusa per sputare fuori tutto quelle cose che gli affollavano la mente.

“Volevo solo essere rispettato, dimostrare di valere qualcosa. E adesso guardami. Guarda come mi sono ridotto. Ti sembro forse una persona da rispettare? Sono anni che continuo a scappare, scappo dal mio passato, scappo dal  mio futuro. Scappo dal vigliacco che sono. E tu mi dici di fami vivo…”

Lei tentò di dire qualcosa, tentò di fargli notare che forse stava esagerando, che dopotutto aveva chiuso col suo passato, ma non c’era molto da dire. Per la prima volta nella sua vita, Hermione non trovava le parole, e decise che era meglio ascoltare.

Come se le potesse leggere dentro, lui scrollò la testa.

“In passato non mi è mai importato di chi avesse ragione o torto, volevo solo diventare qualcuno e ho scelto la strada più semplice per me, anche se era quella sbagliata. Poi, la vita mi ha regalato una seconda possibilità, senza che me la meritassi tra l’altro, e io cosa faccio? Quello che ho sempre fatto. Scappo. Scappo perché ho paura, scappo perché è più facile aggirarli, i problemi, piuttosto che affrontarli.”

Hermione lo guardava, lo guardava perché non poteva fare altro. Si concentrava su quei lineamenti che non avrebbe mai potuto dimenticare, neanche volendolo. Su quello sguardo freddo e distaccato che adesso, però, sembrava più che altro stanco, disilluso.

“Sei ingiusto con te stesso. Eri cambiato, e lo sappiamo entrambi.”

“Non sono stato io a ribellarmi, è stato il caso ad avermi concesso una gentilezza…”

Era più giovane, ma anche più sola e più stufa di vivere di adesso. Era schifata dalla guerra, da tutte quelle persone che amava ma che continuavano a morire, proprio come quella notte. Gli scontri avevano assunto dimensioni più imponenti, ossia, c’erano più corpi senza vita a terra.

“Andiamo, ormai non c’è più nulla da fare per dei guaritori…” disse con tono piatto un suo collega più anziano, rialzandosi sconsolato dal corpo di qualcuno che fu un Auror. Hermione si guardò attorno, mentre gli altri si smaterializzavano poco a poco verso il San Mungo. Era davvero disgustata, da tutto. Poi un lamento, debolissimo, poco distante. Si avvicinò, voltò il corpo e si trovò davanti due occhi grigi che la morte non aveva ancora opacizzato. Non era possibile. Lui.

“Hermione…”

Hermione? E da quando? Uno sguardo, un veloce incantesimo di emergenza e poi…

Non sarebbe mai stata in grado di spiegarsi il perché di quel suo comportamento, ma afferrò il braccio del Mangiamorte e si concentrò su casa sua. Stava commettendo un crimine.

Tornò la voce dell’uomo a riportarla al presente. “E comunque, avrei potuto riscattarmi un minimo, collaborando, ma ho preferito fare quello che so fare meglio: me la sono data a gambe. Che schifo.”

Malfoy era letteralmente lacerato. Hermione sapeva che in fondo non era realmente malvagio: era stato il desiderio di affermarsi a portarlo a fare quello che aveva fatto, non una vera convinzione, e ora stava pagando per tutti gli errori commessi.

“E’ comprensibile che abbia avuto paura.” Ma la sua voce tradì un po’ di titubanza. Forse lui la stava convincendo? In un certo senso era vero. Avrebbe potuto pentirsi ufficialmente, ma preferì continuare a nascondersi, fino al giorno della sua fuga. Aggirarli, i problemi, piuttosto che affrontarli, parole sue.

“Non tutti scappano davanti alle difficoltà. Tu non sei scappata.”

“Io non…”

“O vuoi farmi credere che prendersi in casa un Mangiamorte, salvargli la vita, nasconderlo, è stata una decisione facile da prendere? Smettila!”

“NON E’ STATO FACILE!” La giovane donna non avrebbe più sopportato che lui la zittisse, nessuno lo faceva. “Io ho solo fatto quello che il mio istinto mi ha detto di fare. Avrei dovuto lasciarti morire? Perché saresti morto se ti avessi ignorato, quella notte!” disse la ragazza al limite dell’esasperazione.

“Avresti dovuto denunciarmi, ne avresti avuto ogni diritto, anzi, ogni dovere.” Le suggerì con una prepotenza assolutamente inutile, al momento.

“Il perché del mio comportamento non ti riguarda, Malfoy.”

“Già… ad ogni modo, come vedi non tutti fuggono davanti alle difficoltà.”

Adesso basta compatirti perché ti senti un fallito!” Hermione sbuffò e si aggiustò i capelli umidi che teneva raccolti con una pinza; i due rimasero in silenzio mentre la pioggia picchiettava forte contro la carrozzeria. Lui sfilò un’altra sigaretta dal pacchetto, ma questa volta la ragazza non protestò per il fumo, o per l’acqua che entrava dalla fessura del finestrino leggermente abbassato.

Dopo qualche minuto ricominciò a parlare, più calmo.

“Sono scappato da tutto, anche da noi.”

Fu certa che il suo cuore perse qualche colpo, sentendolo parlare di quello.

Sono scappato anche da noi.

Non pensava che tirasse fuori quella storia. Non pensava vi avesse mai dato davvero peso. Si voltò lentamente e vide che la stava scrutando, da dietro il suo ciuffo.

“Cos’è questa cosa che ci è capitata, Malfoy?”

“Sei pentita?”

“No. Tu?”

“È la prima cosa di cui non mi sia pentito in troppi anni.”

“E adesso che succederà?”

“Non lo so, Granger…”

Chiuse gli occhi. “Quella è stata una cosa strana… le circostanze in cui noi ci siamo trovati, tutta la situazione in sé… è stata una cosa inaspettata. Coinvolgente, certo, ma senza un futuro.” Cercava di restare distaccata, ma era molto difficile.

“Avrai anche ragione, ma non dirmi che se ne fosse valsa la pena, non avresti lottato. È nella tua indole, combattiva fino in fondo. Per fortuna ho provveduto anche a quello, e ti ho risparmiato la fatica” disse con sarcasmo, lanciando fuori il mozzicone di sigaretta.

Hermione prese un gran respiro, giusto per schiarirsi le idee e ripetergli le conclusioni a cui era con fatica arrivata in passato.

“Non saremmo arrivati a nulla, e avremmo dovuto risolvere solo dei gran problemi. ENORMI. Tu saresti sempre stato un Mangiamorte, un Malfoy, e io…” e fece una piccola pausa, “la mezzosangue Granger.” E inspiegabilmente sorrise.

“Come fai ad esserne sicura?”

“Perché la gente può cambiare, ma certe convinzioni non si sradicano mai totalmente. Prima o poi, avresti pensato di nuovo di essere superiore a me, magari solo per un attimo, ma sarebbe bastato a farti sentire in colpa. E anche io, prima o poi, avrei dubitato della tua indole e ti avrei guardato come un assassino. E saremmo stati entrambi infelici.”

La ragazza si voltò a guardare fuori dal finestrino. Doveva restare calma, impedire che troppe emozioni prendessero il sopravvento sulla sua forza d’animo.

Ti avrei guardato come un assassino.

è quello che sono, in fondo.” Disse improvvisamente Malfoy. “Anche in questo sono stato debole, non ho avuto il coraggio di cercare la mia strada e ho lasciato che altri lo facessero per me, senza preoccuparmi del fatto che forse non era ciò che volevo, ma preoccupandomi solo di raggiungere le mie ottuse ambizioni.”

Hermione lo guardò seria, e scosse la testa. “Eri un adolescente ossessionato dal desiderio di emergere. Hai fatto quello che tutti si aspettavano da te, quello che ti è sempre stato insegnato come la cosa giusta da fare…”

“Eravamo tutti adolescenti.”

E poi nessuno dei due disse più nulla. Hermione guardò il cruscotto dell’auto, erano le sei passate, la aspettavano.

“Devi andare, non ti trattengo più.” Le disse, e fece per scendere. Fuori, la pioggia stava rallentando, quella parentesi si sarebbe presto richiusa.

Aveva già poggiato un piede sul marciapiede quando improvvisamente si fermò, richiuse la portiera dell’auto e si avventò sulle labbra della ragazza. Lei non se lo aspettava minimamente e d’istinto si staccò da quel bacio con gli occhi sgranati.

“Scusa, non…” ma non fece in tempo a finire la frase.

Un indice tremante era andato a poggiarsi sulle labbra del ragazzo. Poi, la mano cominciò a sfiorargli la guancia e negli occhi stanchi ricomparve quel guizzo d’argento vivo che sembrava essersi spento per sempre.

Lentamente, forse troppo, Hermione strinse la presa sulla sua nuca e gli si avvicinò. Sempre di più, finché le punte dei loro nasi si sfiorarono leggermente, come altrettanto leggermente si sfiorarono le loro labbra. E poi chiuse gli occhi, e di nuovo tutte quelle sensazioni che credeva dimenticate a riportarla indietro di quattro anni, quando le loro vite erano così diverse, quando questa persona, questo sapore, era l’unica cosa che non la faceva affondare.

Dopo un periodo di tempo imprecisato, ma prima che fosse troppo tardi, Malfoy si allontanò dalla ragazza, e i due sguardi tornarono a incrociarsi, a fissarsi vicini, vicinissimi, come una volta.

“Eri morto…” disse poi lei, piano, appoggiando la fronte alla sua.

“Forse sarebbe stato meglio. E comunque, non fa molta differenza.”

Ci fu una breve pausa. Un attimo che sembrò un’eternità in cui lei scoprì di nuovo quanto potessero essere taglienti, quegli occhi grigi. Grigi come due lame affilate.

“Te ne stai per andare, vero?” Domanda retorica.

“Addio.”

Detto questo aprì la portiera, ed Hermione lo guardò allontanarsi a mani in tasca dalla macchina, e dalla sua vita.

Cosa sarebbe successo se lui non fosse scappato di nuovo? Cosa sarebbe successo se si fossero rivisti ancora? Non voleva neanche pensarci, era passato troppo tempo ed erano successe troppe cose. Ad ogni modo, era inutile tormentarsi con simili questioni, perché se ne era andato.

Spuntò un raggio di sole.

Anche questo temporale, improvviso come era arrivato, si stava allontanando e lei sarebbe ritornata alla realtà, quella vera.

Quella realtà che aveva due taglienti occhi castani, liscissimi capelli biondi e che la chiamava mamma. Ma che soprattutto, aveva il sorrisetto più impertinente che Hermione avesse mai visto su di una bambina di poco più di tre anni.

Forse non era vero che non aveva concluso mai nulla in tutta la sua vita, Malfoy. Forse l’aveva salvata.

Ma questo, lui non poteva saperlo.

FINE

***

Vi prego non sparatemi, l’ho scritta parecchissimo tempo fa e mi sono decisa solo ora a pubblicarla… io per prima non so che dirne.

L’accenno a una piccola Malfoy vi disgusta? Non convince particolarmente neanche me, un po’ banale e melenso, ma che dire a mia discolpa… ho provato a proiettare un piccolo spiraglio di luce sulla storia, come per dire che dopotutto quello che è successo non è stato tutto inutile e non andrà mai perso.

Che altro, dite la vostra (ma come si chiamano la ship D/Hr e i loro fan? Boh, ditemelo se recensite!)

  
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