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Autore: sistolina    27/03/2012    7 recensioni
“Il termine tecnico è Schizofrenia Ebefrenica di Tipo Disorganizzato, ma per comodità la chiameremo SED” per comodità un paio di palle, è uno sfigato con l'accento da college prestigioso che non vuol far sentire come diventa plebea la sua erre mentre dice “ebefrenica”. E forse anche perché ci godeva alla grande che io fossi una sigla, così non avrebbe dovuto ricordare come mi chiamo, perché odio Via Col Vento anche se lo riguardo almeno una volta alla settimana, perché scarto i cavoletti di Bruxelles anche se mi piacciono, perché non scrivo mai il mio nome con la penna rossa, o non riesco a guardare l'orologio senza sentire il bisogno di uscire dalla stanza. Ci sono scritte quelle cose, DOC, sul fascicolo spesso come la Costituzione Americana che avrai letto sul cesso 'stamattina. Ci sono scritte un sacco di porcherie su di me che nemmeno io so, eppure ha deciso che basta chiamarmi SED perché l'intero Universo conosciuto possa arrogarsi il diritto di parlare di me
Genere: Drammatico, Satirico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Giuls, perchè non c'è follia che io mi vergogni di condividere con lei...

 

Riflessi in uno schedario blu

Alla fine scegliete di marcire, di tirare le cuoia in uno squallido ospizio
ridotti a motivo di imbarazzo per gli stronzetti viziati
ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi.
Scegliete un futuro, scegliete la vita.
Ma perché dovrei fare una cosa così?
Io ho scelto di non scegliere la vita, ho scelto qualcos'altro...
(Trainspotting)
 
 
“Osservo il pizzo della sua camicetta di chiffon oscillare, avanti e indietro, seguendolo con maniacale precisione: agli atti Iperattività, nel lungo autunno della mia prima elementare, Disturbo dell'Attenzione in terza media, quando per sbaglio ho quasi cavato un occhio a Miss Riddle, la gobba professoressa di latino, Sindrome Ossessivo Compulsiva nel 2000, quando c'era quella cosuccia del Millennium Bug, e il più tranquillo fra noi preparava il fucile da caccia per svaligiare supermercati.
C'è da dire che mio zio Phil, non so se avete presente mio zio Phil, quello con l'occhio di vetro e la barba, che si vestiva come un mezzo vaccaro del sud anche se era di Portland e aveva sposato una clandestina messicana di vent'anni più giovane per farle avere la carta verde...beh, mio zio Phil non pensava fossi scemo. E non fate quella faccia da stronzi mentre leggete, perché non è che tutti hanno parenti che aspettano solo il momento per mandare una lettera ad Harvard o ordinare il gazebo di rose bianche per farvi accollare la vicina di casa con la tv al plasma. Ci sono anche parenti che pensano tu sia scemo, e non ne fanno nemmeno mistero alle cene di famiglia, quando tutti ti guardano con l'occhio lucido e scuotono la testa mentre tua madre si è fatta il culo sei ore per cucinare un fottuto tacchino del cazzo che “Oh Amelia che splendore, ma sono a dieta”, o “Robert, quel tuo cazzo di figlio strambo è un frocio che non mangia nemmeno il tacchino?”, o, la mia preferita “Questo essere vegani (con tanto di storcimenti di naso rifatto il giorno prima dal chirurgo evasore fiscale marito della cugina di secondo grado del parrucchiere) è curabile o...”. Nessuno vuole veramente il tacchino ragazzi, fatevene una ragione, sono lì solo per guardare me e aspettare che faccia qualcosa di assurdo come rotolarmi a terra o spararmi una sega lì davanti a tutti. Non che non l'abbia fatto. L'ho fatto, sono qui principalmente perché la gente si era rotta di vedermi tirare fuori il pisello una volta sì e l'altra pure. Non che mi tirasse, ovvio, parliamo di zia Marge, andiamo, vestiti a fiori e cappello con la veletta?! Nossignore, niente fantasie megalomani su zia Maggie.
Comunque oscilla, dicevamo, l'orlo scucito dal polsino di chiffon di quella camicia di merda costata 150 dollari e ore di lavoro sottopagato a qualche immigrato rinchiuso in quattro metri di cantina puzzolente, oscilla nell'aria artificiale dei condizionatori, pacificamente, come se avesse tutto il tempo del mondo per starsene lì a penzolare mentre quella povera frustrata di mezza età che comunemente la gente chiama “madre” si torce le dita scheletriche laccate di un merdosissimo color pesca che mi fa venire in mente le pareti della mia camera al St.Leonard. Sì avete presente, vomito marcio, quel colore lì. E si tortura le mani come se stessero per rivoltare lei come un cazzo di calzino. Manie di protagonismo da menopausa.
Mio padre è troppo medio borghese per essere nervoso, dovrebbe impiegare troppe delle sue energie da oppressore di classe operaia e immedesimarsi in qualcun altro, me, nella fattispecie, ma chi cazzo glielo ha mai chiesto? Non è quel genere di persona che legge il “Manuale del buon padre” prima di mettersi a letto. Il Wall Street Journal magari, o l'inserto per vecchi pervertiti di Play Boy con le ragazze giapponesi rifatte vestite da cartoni animati. Ma la verità è che alla fine io non ne so un cazzo di mio padre, la metà di quello che lui sa di me come minimo. Io, almeno, non ho un fascicolo su di lui con appuntata ogni fottuta scoreggia dal 1994 ad oggi; il che gli concede un vantaggio di una media di diciannovemila scoregge o giù di lì...”
 
“Patrick...” ha mormorato mia madre, lo smalto viola prugna, lo stesso colore della sua faccia cavallina. È sempre così fottutamente melodrammatica, buon sangue (irlandese) non mente.
Il Dottor McFarland non è irlandese, e guai a ricordargli che sua nonna era del Missouri, zappaterra di merda, come piace dire al mio vecchio da dietro un giornale repubblicano come i massacri in Kossovo, perché dal suo accento marcato Princeton non si può togliere neanche una zolla di terra rossa. Quello, la terra, la concepisce solo con la lettera maiuscola.
Porca puttana se stiamo divagando gente. Il dottor, oh 'fanculo, DOC, tanto qui piace chiamare tutti con una bella sigla nemmeno fossimo boccette di sperma, ha sfogliato l'ultimo brillante capolavoro della mia mente malata con quel cipiglio a metà fra il costernato e il soddisfatto. Cento dollari a botta glieli pagano quei temi alla Facoltà di Scienze Psichiatriche Sperimentali a quello sciacallo di merda, altro che Magna cum Laude.
Pidocchio.
“Flusso di coscienza 'sto cazzo, titolo interessante” ha tossicchiato platealmente rileggendo il titolo scarabocchiato a fronte della cartelletta, nemmeno fossimo al David Letterman Show a raccontarci cazzate “di certo non si può dire che suo figlio non abbia il senso dell'umorismo” certo che non si può dire sanguisuga, ti pare che sarei ancora qui sennò?
Quella che per comodità chiamerò MiMA (Madre in Menopausa Acuta) ha stretto un sottilissimo labbro inferiore sotto i denti, costernata di come la terribile tragedia di avere un figlio spostato si fosse abbattuta sulla sua famiglia e su tutti gli strafottuti specialisti fra cui rimbalzo dalla prima elementare, pronta a bersi la prossima diagnosi peggio di Whoopi Goldberg. Sì lei, tanto cara e simpatica, un'alcolizzata del cazzo.
Mio padre, che per comodità chiameremo CS (Chiappe Strette), non ha battuto ciglio invece, se non per raddrizzare un soprammobile a forma di Arco di Trionfo, kitsch come pochi, reo di essere leggermente spostato verso sinistra rispetto all'asse terrestre, probabilmente.
“Ci dica cos'ha dottore” ha mugolato lei. Dico davvero, sono fuori come uno zerbino, vi pare che potrei mentirvi su una cosa così? Ha mugolato davvero quella donna idiota. Quanto vorrei che le avesse detto che stavo morendo, magari con l'espressione costernata di un oncologo alla centoventimillesima diagnosi catastrofica, falso come il completo Armani tarocco della sua segretaria ossigenata e platealmente cocainomane.
No ho cambiato idea. Non scorrete la pagina con quell'espressione da gente impegnata che ha altro da fare: posso cambiare idea, sono i miei pensieri del cazzo! Volevo che le dicesse che non ero io, era lei, il Complesso di Edipo irrisolto che mi porto dietro dalla fase fallica, i french toast a cui faceva tagliare via la crosta, i vestiti piegati col righello, e le sere che davano il Don Giovanni a teatro e io avevo le coliche. Erano le cene in silenzio ad ascoltare i discorsi di Bush alla tv, e il tovagliolo rigorosamente a destra anche se sono mancino. Non ero io ma la società moderna falcidiata dall'automatismo della produzione e l'anomia, il sesso promiscuo e il Prozac. Non io ma il bullismo, la pressione, l'ansia da prestazione, il buco dell'ozono, il negazionismo e il revisionismo storico. Non ero io ma la tv, quegli sporchi programmi pieni di messaggi subliminali, il fumo, le droghe, i comunisti e i terroristi. Non Patrick O'Hara, ma Al Quade, le bombe al fosforo e l'AIDS, i bambini soldato e quell'antisemita pervertito di Walt Disney.
Ma mi sa che ero io.
“Il termine tecnico è Schizofrenia Ebefrenica di Tipo Disorganizzato, ma per comodità la chiameremo SED” per comodità un paio di palle, è uno sfigato con l'accento da college prestigioso che non vuol far sentire come diventa plebea la sua erre mentre dice “ebefrenica”. E forse anche perché ci godeva alla grande che io fossi una sigla, così non avrebbe dovuto ricordare come mi chiamo, perché odio Via Col Vento anche se lo riguardo almeno una volta alla settimana, perché scarto i cavoletti di Bruxelles anche se mi piacciono, perché non scrivo mai il mio nome con la penna rossa, o non riesco a guardare l'orologio senza sentire il bisogno di uscire dalla stanza. Ci sono scritte quelle cose, DOC, sul fascicolo spesso come la Costituzione Americana che avrai letto sul cesso 'stamattina. Ci sono scritte un sacco di porcherie su di me che nemmeno io so, eppure ha deciso che basta chiamarmi SED perché l'intero Universo conosciuto possa arrogarsi il diritto di parlare di me. “Stanza 23, il SED” che suona molto più come “lo stronzo” ma non sono uno che se le lega al dito; devo conservarlo attivo per tamburellare a ritmo del quarantacinque giri dei Creedence Clearwater Revival dell'anteguerra che raschia sul giradischi della Sala Relax. Dopo la duecentesima volta che mandano Proud Mary di rilassante c'è solo la fantasia di suicidarmi, parola mia.
Ma tant'è, da allora sono SED, che è un nome fico se uno ci pensa, molto latino, molto da proverbio saggio pieno di verità intrinseche e ispirazione, da podcast dell'autorilassamento colto del venerdì pomeriggio della combriccola di pilates di MiMA (mia madre, per chi fosse stato disattento l'ultimo flusso di coscienza del cazzo fa).
DOC si è alzato, e così hanno fatto anche gli altri due, stringendosi tutti la mano con affettata solerzia (non ditelo, scuole superiori private, Dio le benedica) mentre io me ne stavo a dondolare i piedi sulla sedia girevole, grattando il linoleum con la punta delle mie scarpe da ginnastica dal colore indefinibile con le cuciture a vista, così a vista che devo cambiarmi le calze tutti i giorni se non voglio che la gente pensi che sono una zecca, oltre che un fottuto esaurito.
“Direi che un ricovero di 30 giorni può essere un buon inizio. La terapia farmacologica combinata con la consulenza psichiatrica dovrebbero darci un quadro più chiaro della situazione di partenza. Dal ricovero in poi, sarà tutto nelle mani di suo figlio” mi ha sorriso, magari era anche fiero di aver riconosciuto il mio status all'interno della famiglia come determinante della mia identità, anziché chiamarmi semplicemente SED. Buon per lui. Se io lo avessi chiamato cazzone, quale status di merda gli avrei riconosciuto per la costruzione della sua traballante identità di succhia-soldi fallito?
E così mi sono preparato all'accogliente color vomito marcio delle pareti del St.Leonard, pronto ad essere carino e accondiscendente, a non masturbarmi davanti a più di due persone e a togliermi sempre l'insalata dai denti con il dito che non uso per scaccolarmi.
C'era il sole quella mattina, me lo ricordo, filtrava dalle tende acriliche dello studio mentre si alzavano per effetto dell'aria finta dei condizionatori. C'era il sole e mi sentivo come se potessi fotterli tutti di nuovo, come nell'estate della terza media, quando al campo estivo con gli scout i miei genitori avevano preferito il ricovero forzato. Ma allora, effettivamente, l'avevo fatta grossa. E poi chissenefrega degli scout? Sono fascisti di merda.
Come dicevo, dondolavo in una pseudo condizione di tranquillità osservando il nocciolo frondoso fra la finestra e il tetto della casa a fianco.
Ma quello era prima, prima che succedesse tutto...
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Angolo della delirante autrice: spero che non abbiate grandi aspettative per quanto riguarda questa cosa (motivation mode onXD) perchè è così incredibilmente folle che potrei non finirla mai, tanto per parlare di flussi di coscienza. Ci penso da mesi, senza trovarle mai una connotazione ideale al mio modo di vedere e affrontare una cosa delicata come la malattia mentale. Ho pensato che per versarci sopra lacrime amare, basta guardarsi un film (consiglio Ragazze Interrotte e Qualcuno volò sul nido del cuculo, tanto per gradireXD), perciò la si prende come si vuole, anche per i fondelli (la ff, non la malattia mentale ù__ù)
Se c'è qualcosa che ho scritto, detto, citato o simili che non avete compreso fatevi avanti, perchè viene troppo lunga a elencarle tutteXD

 

   
 
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