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Autore: F l a n    28/03/2012    4 recensioni
È una normalissima notte quella in cui Blaine trova una sorta di strano umanoide accasciato per terra, nel parco. Blaine ha sempre creduto nelle forme di vita extraterrestri, ma presto dovrà rendersi conto che Kurt Hummel non è semplicemente quello che lui crede "un Alieno" dalle sembianze umane.
Come farà Kurt Hummel a tornare da dov'è venuto?
E, precisamente, da dove proviene?
Un alternate Universe tendente allo sci-fi.
***
Estratto dal capitolo 2:
"Il ragazzo, o quello che era, si scostò velocemente da lui, per poi cadere nuovamente sulle ginocchia, evidentemente troppo debole per qualunque movimento.
“Chi sei?” chiese Blaine, avvicinandosi ancora a lui, ricevendo solo uno sguardo diffidente, contrariato. I suoi occhi blu brillarono.
Blaine tese una mano in avanti, ma l’altro si scostò ancora, camminando sulle ginocchia. Stranamente la sua tuta, pur essendo bianchissima, non era né sporca di terra né di erba. Blaine ne concluse che quello che stava indossando doveva essere un tessuto particolarmente speciale.
“Sei umano?” chiese ancora, accucciandosi su di lui, fino ad essere al pari del suo viso, “non voglio farti del male."
[Klaine scritta per il BigBangItalia]
Genere: Romantico, Science-fiction, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note d'inizio capitolo:  Sì lo so, sono impredonabile: vi ho fatto aspettare moltissimo, un po' perché ultimamente avevo davvero poco tempo (ed ho poco tempo) un po' perché, per quanto corto, questo capitolo mi ha causato un bel po' di scompensi mentali. Sono ad un punto particolare della storia che spero riuscirete comunque ad apprezzare per quanto intriso d'angst.
Ed a proposito, preferisco mettervi un bell'avvertimento grosso: questo capitolo è un concentrato di rivelazioni angst, ma vi prego di "sperare" perché il finale della storia è positivo. Sto solo gettando le basi per riuscire a farla finire bene, anche se può sembrare il contrario.
Detto questo, ringrazio la mia beta, nacchan, e vi lascio alla lettura!


15. Miles Away


“Di nuovo tu.”
La donna che era al bancone del Lima Bean si spostò verso Blaine, guardandolo dall’alto in basso. Non era riuscito a sfuggire al suo sguardo gelido.
La donna stringeva tra le dita il cappuccino che aveva appena ordinato, la sua espressione era ancora ostile, ma forse meno rispetto a poco prima.
Blaine prese un respiro profondo cercando di non far caso a tutta quella tensione: doveva rimanere rilassato. Non aveva fatto e non stava facendo niente di male, anche se ogni fibra del suo corpo sembrava volergli dire il contrario.
Era come se ci fosse un inconscio presentimento in fondo a tutta quella storia, qualcosa che gli faceva presumere che… qualcosa non andasse poi così bene. Che quella ricerca fosse profondamente sbagliata.
Una volta Kurt gli aveva parlato di come gli umani non dovessero 'venire a contatto con’ gli avvenimenti nelle altre dimensioni, né stravolgerli in alcun modo. Forse stava andando tutto male a causa di quel motivo, magari non era destino che Blaine incontrasse il Kurt della sua era.
“Posso farti una domanda?” finalmente la donna parlò, la sua voce era comunque molto fredda. Blaine annuì, quasi spaventato.
“Perché cercavi Kurt Hummel?” chiese, afferrando la sedia libera davanti a lui ed accomodandosi, come se fosse scontato che le avesse dato il permesso. Blaine la fissò per qualche secondo senza sapere cosa rispondere: doveva forse dire la verità?
Blaine si morse il labbro inferiore, per un attimo inquietato da quella domanda. Come doveva rispondere?
“E-era un mio amico…” improvvisò. La donna lo guardò più severamente, sicuramente doveva aver toppato qualcosa in quella risposta.
“Mh? Sì? E dove vi siete conosciuti?”  Blaine bevve un sorso del suo cappuccino, nervosamente.
“A… a scuola,” rispose, netto. Ma mentiva, e Blaine non sapeva mentire.
La donna rise, sorprendendolo. Ma era una risata amara e per niente divertita, era una risata fredda e distaccata, colma di disagio.
“Non credo sia possibile, sai?” rispose, poi, con improvvisa calma, “ma se non mi dirai per quale motivo stavi cercando Kurt Hummel, io non ti dirò niente.”
Blaine si morse il labbro inferiore ed i loro sguardi s’incrociarono un’altra volta. Picchiettò le dita contro il bicchiere ricolmo ancora del cappuccino, rimasto praticamente intatto.
“È troppo complesso da spiegare,” ammise Blaine, infine, “non posso raccontarle i dettagli, ma posso dirle che per me era una persona importante…”
La donna annuì, tirando un sospiro.
“Io sono Rose Williams,” allungò una mano verso quella di Blaine per stringerla, il ragazzo la afferrò, “e sono… o meglio ero, la zia di Kurt Hummel.”


*

Kurt fu sorpreso di vedere che Artie era davvero riuscito a riaggiustare quell’oggetto che sembrava ormai da cestinare. Forse poteva avere qualche risposta, o anche solo un semplice indizio. O magari sarebbe stato solo un ritrovamento inutile.
Non sapeva cosa pensare. Si morse il labbro inferiore, mentre teneva in mano il dispositivo.
“Cosa aspetti a verificarne le funzioni?” gli chiese con curiosità.
“Ho paura che non possa darmi quello… quello che cerco,” rispose, con un tremito nella voce.
Artie annuì, anche se non riusciva a comprendere in pieno il perché di quella risposta.
“Se lo vorrai sono sicuro che te lo darà,” rispose poi, con una semplicità disarmante.
Kurt crucciò la fronte per un attimo e poi avviò il dispositivo: una serie di immagini veloci cominciarono ad apparire sullo schermo, tanto veloci che né lui né Artie riuscirono a capire di cosa trattassero.
Passò qualche rapido secondo e finalmente la sequela si fermò, mostrando un’unica immagine fissa. Una foto con una donna, un uomo ed un bambino tra le braccia. Lo schermo lampeggiava leggermente, oscurando e rendendo più luminosa l’immagine a tratti, ma Kurt ed Artie riuscirono perfettamente a vederla.
“Ma quella…” cominciò Artie.
“Quella è la madre di Blaine, e quel bambino…” sussurrò Kurt, identificandola solo a quel modo. Tutto tornava. Quella era sua madre, quello era Blaine e fin lì non c’era niente di nuovo.
Provò un senso di amarezza misto a delusione: una foto era un indizio inutile per qualcosa che già sapeva dentro di sé, era solo un’inutile conferma.
“Vuoi dire che… la signora Anderson era la persona che stavi cercando? Ma sai bene quanto me che è morta,” disse lo scienziato, cercando di capire la posizione dell’amico. Kurt scosse la testa.
“No, non è questo… io cercavo proprio suo figlio.”
Sul volto di Artie apparve un’espressione cupa.
“Kurt, dovresti sapere meglio di me che… è coinvolto in questioni che potrebbero non essere le migliori del mondo.”
“Solo perché sua madre era una politica famosa e molto influente?” chiese, “ormai è morta, probabilmente il figlio avrà ereditato i suoi poteri e niente più.”
“È stata assassinata, Kurt. Lo sai meglio di me che sono faccende con cui non scherzare,” rispose, rigido. Kurt si strinse nelle spalle, “Stai giocando con qualcosa che è più grande di te. Non puoi nemmeno sapere se… suo figlio è ancora qua oppure sia scappato altrove. Sinceramente, nella sua posizione io me la sarei data a gambe. Gli intrighi politici della nostra era sono molto pericolosi,” Artie si voltò, tornando ad aggiustare un apparecchio su cui stava lavorando poco prima che il ragazzo arrivasse.
Kurt fissò lo schermino, in parte intenerito da quella foto ed in parte arrabbiato; aveva solo bisogno di qualche informazione più rilevante di quella. Solo di qualche parola in più.
Strinse i denti, tentato di buttare via l’apparecchio elettronico, finché non riprese a frusciare intensamente ed il rumore metallico venne a sua volta sostituito da una voce, una voce di donna:

“Figlio mio… queste saranno le mie ultime parole per te. Questo è il mio testamento ed il mio ultimo giorno. Ho scoperto il piano dei Supremi, vogliono uccidermi. Tu devi scappare, devi andare da tuo padre. Oggi ho una conferenza, l’ultima della mia vita. Lì mi assassineranno, è una trappola e non posso non andare… se non andrò, faranno cose più terribili, se non mi sacrificherò rischierò di mettere in ballo la tua vita e quella di tuo padre.
Devi essere forte Blaine, devi esserlo per me, devi prendere tutto e scappare. Vai a Westerville, Blaine. Vai a Westerville. La tua mamma ti vuole bene e te ne vorrà sempre, ricordalo. Nonostante le nostre liti, nonostante…” per un attimo il file audio riprese a frusciare e la voce della donna sembrava rotta dal pianto, “nonostante tutto. Blaine, la mamma ti ama. Ricorda solo questo, d’accordo? E prenditi cura di papà… Addio, Blaine. Distruggi questo registratore non appena avrai sentito il messaggio.”
Il file si chiuse con un fruscio ed il dispositivo si spense di botto facendo un piccolo ‘scoppio.’

Kurt aveva gli occhi spalancati e se lo lasciò sfuggire dalle mani. Il suo cuore era stretto nel petto, si sentiva oppresso, intristito dal sentire quelle parole. E oh, la voce di quella donna, così cupa, così piena di amarezza.
Come poteva una persona sacrificarsi con così tanta  ‘facilità’, Kurt tremava, spaventato e confuso.
“Kurt?” la voce di Artie cercò di risvegliarlo, ma il ragazzo scosse la testa, con gli occhi pieni di lacrime.
“Io…” balbettò, insicuro. Non sapeva nemmeno lui perché si sentiva così, sapeva che si stava immischiando in qualcosa di più grande di lui e forse era proprio quell’eventualità a spaventarlo così tanto: Blaine era ancora vivo? Sarebbe riuscito a trovarlo? O forse sarebbe andato a Westerville facendo solo un buco nell’acqua? Non riusciva a rispondersi veramente.
Si strinse nelle spalle; era arrivato fin lì e sarebbe andato fino in fondo. Avrebbe risposto a tutte le domande che gli assillavano la mente: il padre di Blaine era ancora vivo? Che significava il discorso che sua madre gli aveva fatto? Chi erano i Supremi?
“Kurt?” la voce di Artie lo risvegliò una seconda volta, “Kurt chi è quel Blaine? Perché è a lui che sei interessato, non è così?”
Il ragazzo annuì, cercando di non tradirsi oltre con le lacrime.
“È il ragazzo che ho conosciuto nel presente, Artie. Volevo… gli ho promesso di ritrovarlo nel nostro tempo,” spiegò, brevemente, con le guance arrossate, “ma a questo punto non so nemmeno più se è vivo… o se è morto. Non so nemmeno come arrivare a Westerville… e soprattutto non so come trovare casa sua, non c’era alcun riferimento al dove abitasse,” sussurrò, guardando il dispositivo che era caduto a terra.
Artie si spostò solo un secondo per aprire un cassetto e porgergli un oggettino tondo, con uno schermo scuro.
“È una cartina virtuale. Un navigatore, è un modello un po’ vecchio ma è molto preciso, può portarti ovunque,” gli disse con calma, accendendolo. Digitò ”Westerville” sullo schermo ed immediatamente comparve una lucettina rossa – un laser – che puntava davanti a loro.
“Posso assicurarti che non esiste guida più sicura di questa,” disse lo scienziato, “e puoi prendere la metro che parte da Lima in ogni caso, l’unico problema è che è un po’ costosa…”
“Non sarà un problema. Aiuterò mio padre in officina per qualche giorno. Ed ho qualche risparmio nella mia cassa virtuale.”
Artie gli sorrise, “allora sei pronto per partire.”
“Forse,” rispose, stringendosi il navigatore al petto.
Aveva paura di così tante cose che la sola idea gli faceva tremare il cuore nel petto: aveva paura di trovare Blaine diverso, totalmente diverso, e temeva di non trovarlo.
E cosa gli avrebbe detto anche se ci fosse riuscito?
Kurt non lo sapeva, poteva soltanto sperare di riuscirci.


*

“E-era?” Blaine stava per strozzarsi con la sua stessa saliva. Cosa significava era?
La donna aveva gli occhi lucidi e l’aria di qualcuno che stava per piangere.
“Ero. Mia…” Rose si portò una mano al viso, passandosela con disperazione e riavviandosi i capelli, “mia sorella… Elizabeth Hummel, era la madre di Kurt. Entrambi… sono morti in un’incidente d’auto qualche anno fa…” sussurrò la donna, abbassando lo sguardo colmo di agitazione e tristezza. Si portò una mano alla bocca per sopprimere i singhiozzi, ma aveva una gran voglia di piangere.
Blaine spalancò gli occhi, scattando e buttando indietro la sedia. Era come se si fosse visto passare la vita davanti. Kurt era morto… Kurt non c’era, Kurt non…
No, no no no.
Non voleva crederci, non poteva essere vero. Era solo un brutto sogno, si sarebbe risvegliato presto.
“Non è possibile,” sussurrò, con voce strozzata.
“Mi dispiace… mi dispiace. Non so per quale motivo tu stessi cercando Kurt, ma… la verità è questa,” rispose la donna, singhiozzando.
“Io…”
Rose si strinse nelle spalle, guardando il bicchiere del proprio cappuccino e vedendolo sfuocato. Sfilò un fazzoletto dalla borsetta e si asciugò le lacrime, cercando di non pensarci.
“Sono passati anni ormai, ma non riuscirò mai ad abituarmi all’idea che loro non ci siano più…” sussurrò, piano, “sai, Elizabeth era una… una donna tanto cara. Amava la sua famiglia, amava suo figlio e, soprattutto, amava la vita più di ogni altra cosa. Forse più di me,” la sua voce era bassa, sembrava riuscisse a malapena a parlare, “se Kurt fosse ancora vivo… avrebbe più o meno la tua età,” aggiunse, deducendolo dal fisico del ragazzo, “sai Blaine… ogni giorno, ogni giorno spero di poter vedere mia sorella rivivere. Ogni giorno aspetto una sua telefonata, ogni giorno aspetto che… arrivi di fronte a casa mia con Kurt in braccio. Ma lei non arriva. Non arriva mai.”
Tutte quelle parole erano per Blaine delle coltellate al cuore, una dopo l’altra. Aveva risvegliato dei pensieri orribili all’interno di quella persona. Come aveva potuto? Ma come avrebbe potuto prevederlo? Non si aspettava di certo un esito del genere, tutt’altro. Non c’aveva mai pensato.
Tornò a sedersi, guardando la donna con fare comprensivo mentre sentiva lo stomaco accartocciarsi su se stesso.

“Mi dispiace,” sussurrò, piano, perché in fondo che altro poteva dire?
La donna scosse la testa.
“Non è colpa tua, sai? Lo capisco… tu non potevi saperlo.”
Ed in effetti, lui non poteva davvero saperlo.
“Eri un… un vecchio amico di Kurt? D’infanzia?” chiese la donna.
“Diciamo di sì,” rispose, sapendo di mentirle e senza volerlo fare davvero, non amava molto dire bugie, specie dopo aver scoperto quella cosa.
“Sembri un bravo ragazzo, Blaine,” la donna si asciugò gli occhi ed aprì uno specchietto: sembrava una persona davvero molto curata, probabilmente non voleva andare in giro con il trucco tutto sbavato, “mi spiace di averti detto una notizia del genere e di averti trattato così, oggi. Non volevo, è solo che… è una vicenda che mi scuote ancora molto. Non sono del tutto indifferente e non ho davvero superato quella fase.”
Blaine scosse la testa, comprendendo cosa voleva dire quella donna. Ma si sentiva sconfitto, amareggiato e pieno di delusione.
Che chance aveva, adesso? L’unico modo per rivedere Kurt era andare nel futuro, cosa che non poteva fare considerando lo sbalzo temporale.
Doveva mettere una pietra sopra al suo progetto. Poteva sconfiggere delle miglia di distanza ed avrebbe preferito che Kurt fosse stato dall’altro capo del mondo… ma non nell’aldilà.
Si morse il labbro inferiore, pensieroso.
Avrebbe potuto buttare via tutti i suoi appunti, tutte le sue teorie.
Ormai non servivano più.



Note di fine capitolo: Avete istinti omicidi nei miei confronti? vi capisco ma frenateli :D voi non potete saperlo, ma questa fase è assolutamente necessaria per il lieto fine della storia (per quanto sia indiscutibilmente angst e triste.)
In realtà spero che il capitolo vi sia piaciuto perché ci tengo un sacco, è stato uno dei più difficili da sviluppare perché non volevo cadere in qualcosa di banale ed è uno snodo piuttosto importante della storia.
Spero che lo abbiate apprezzato, davvero, e che deciderete di farmi sapere cosa ne pensate.
Tra l'altro, colgo l'occasione per pubblicizzare la mia pagina FB, come al solito: *QUI* nel caso qualcuno di voi voglia lanciarmi anche qualche insulto di persona ;D
E poi volevo comunicare che ho aggiornato anche l'altra mia storia: Love Game per chi la segue :) e provvederò a mettere il nuovo capitolo entro la fine di questa settimana...
Al solito, spero di riprendere gli aggiornamenti settimanali in maniera più o meno regolare, non mi piace non mantenere le promesse!

Al prossimo capitolo,
Flan


   
 
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