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Autore: Book    25/10/2006    4 recensioni
E qui si arriva a dei ricordi pieni di rimpianti. Perchè come tu di certo sapevi, Cappello, per me non c’è mai stata speranza, perchè fin da quando quegli occhi maliardi mi hanno catturato sul treno, al mio primo anno, da allora, da quell’istante, io ho avuta la certezza che l’avrei seguita per sempre e dovunque. Anche sulla via di Voldemort.
Genere: Malinconico, Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix, Lestrange, Narcissa, Malfoy, Regulus, Black, Rodolphus, Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avrei dovuto saperlo, cappello, fin da quell’istante

 

Disclaimers: Tutti i personaggi e i luoghi citati in questa fanfiction appartengono alla Rowling o a chi ne detiene i diritti e io non ci guadagno nulla nell’usarli.

 

Note:

- Il rating è dovuto principalmente al linguaggio scurrile e ad alcune scene di violenza.

- Vi consiglio di leggere questa one-shot ascoltando “Yuor Star” degli Evanescence.

 

Buona lettura!

 

 

                             “All that I’m living for”

 

Avrei dovuto saperlo, Cappello, fin da quell’istante. Fin da quell’istante in cui hai pronunciato quella parola – il nome della mia casa -, avrei dovuto sapere che il mio destino era segnato.

 

Dio ero così orgoglioso, felice di essere stato smistato a Slytherin, ma bada non pensavo a tutte le cavolate che dicono ai primini delle altre case per farli stare lontani da noi –s ai, che gli Slytherin sono subdoli, ma che ottengono tutto ciò che vogliono, che è la via degli magia nera, dei maghi oscuri... -, Cristo, no, niente di tutto questo, ero un ragazzino cazzo, i bambini non calcolano queste cose, i pregiudizi sono roba da grandi.

 

Ero orgoglioso e felice perchè quando sei bambino ti sembra che i genitori siano Dei scesi in terra e fai di tutto per assomigliargli... Poi li vedi piangere, e, cazzo, ti accorgi che non è così,  capisci che ti hanno ingannato, ti arrabbi e diventi uno stupido adolescente con la faccia da schiaffi.

 

Ma quando mi hai smistato Cappello, avevo undici anni, mia madre era una Dea, mio padre un Dio ed entrambi erano stati a Slytherin.

E poi c’era lei Cappello, quella bambina dagli occhi maliardi, con il nome ed il sorriso di una stella, i capelli scuri e la pelle di neve, a cui era bastato stringere la mia mano tra le sue, sul treno, per farmi perdere la testa.

Così, Cappello, quando mi hai detto che ero perseverante, coraggioso e intelligente, che mi potevo permettere il lusso di scegliere tra Griffindor, Ravenclaw e Hufflepuff, io ho scelto Slytherin.

Non avevo altri motivi se non quegli occhi maliardi di bimba che mi fissavano ansiosi dal tavolo verde argento e il fulgido esempio dei miei Dei personali – sangue marcio e sangue puro non erano questioni che mi toccavano -.

Scelsi di andare a Slytherin solo per loro, per quella bambina dai capelli di corvo e per i miei genitori: l’affetto che vedevo nei loro gesti quando si sfioravano, la quieta passione con cui si baciavano: quella per me era la rappresentazione della felicità, volevo trovare anch’io il grande amore, una persona solo mia da abbracciare, baciare...

Ma, in realtà, quella persona, l’avevo già trovata, Cappello: quando finalmente urlasti quella parola maledetta – Slytherin! - e lei mi sorrise, capii, in quel momento e per tutta la mia vita, che sarei stato suo, anima e corpo, cuore e cervello.

Dio che desiderio da checca.

Lo so Cappello, hai provato ad avvertirmi: dicevi che gli Slytherin sono ambiziosi, che una volta che hanno uno Scopo nella vita sacrificano tutto pur di raggiungerlo, che per quelli come me, passionali, con l’animo bruciante come una stella, Slytherin era la via dell’autodistruzione...

Oh Cappello, ti chiesi allora ingenuamente, come può l’Amore, il sentimento bello e puro che mi sta invadendo i sensi, bruciarmi e farmi del male?

 

Ma il mio Amore non era ne bello ne puro, come tu ben sai Cappello, era un Amore contorto, ombroso, bruciante, delirante, che mi faceva bruciare di febbre quando Lei mi guardava, sussultare quando Lei mi sfiorava e pregare costantemente che rivolgesse quei Suoi occhi infuocati su di me;

era un Amore egoista, che mi faceva smaniare, mi faceva ficcare le unghie nei palmi delle mie mani e contorcermi insonne nel mio letto per la gelosia, che mi rendeva sordo e cieco a tutto il resto del mondo, un Amore insano, folle e senza speranza, perchè anche Lei era una Slytherin, e sapevo che quello a cui ambiva più di ogni altra cosa non era certo il mio Amore, che considerava solo una cosa ridicola e sciocca da sfruttare a Suo piacimento.

 

E qui si arriva a dei ricordi pieni di rimpianti.

Perchè come tu di certo sapevi, Cappello, per me non c’è mai stata speranza, perchè fin da quando quegli occhi maliardi mi hanno catturato sul treno, al mio primo anno, da allora, da quell’istante, io ho avuta la certezza che l’avrei seguita per sempre e dovunque.

 

Anche sulla via di Voldemort.

 

Ma c’erano altri, come me ma non irrimediabilmente perduti, che avrei potuto salvare.

 

Narcissa, per esempio, la piccola bambola di porcellana, con le mani da fata, mi perdonerai mai per non averti mai detto che l’uomo che adoravi in silenzio, pur amandoti più di se stesso, non ti avrebbe mai anteposta al suo Scopo di ampliare e ingrandire l’impero economico della sua famiglia? Che per raggiungere il suo Scopo sarebbe stato disposto a diventare un assassino, un mangiamorte, a rischiare tutto per unirsi a qualcosa di infinitamente più grande di quello, che lui, allora appena ventenne, poteva sperare di controllare?

E potrai perdonarmi, infine, di quando ti ho lasciata seguire il tuo Lucius sulla via Oscura, perchè preferivi essergli complice negli omicidi, piuttosto che macerarti ogni sera nel dubbio che non potesse più tornare?

 

O tu, Regulus, ragazzino dallo sguardo perennemente triste e sfuggente, che guardavi tuo fratello Sirius ridere e scherzare con i suoi amici Griffindor, pregando silenziosamente di poter essere al loro posto un giorno, li sul prato a sorridere insieme a tuo fratello mentre il sole tramontava sul lago...

Tu, che quando Sirius ed il suo amico James Potter ti insultavano, prima li ripagavi con la stessa moneta, ma poi piangevi a bassa voce, all’ultimo banco, durante le lezioni, mi perdonerai mai per non averti detto che diventare mangiamorte non ti sarebbe servito a soffocare l’Amore che provavi per tuo fratello?

Che quell’Amore-ossessione, tanto diverso e al tempo stesso tanto simile a quello che provo io per Lei non si cancella accettando passivamente una dottrina d’odio che non si comprende realmente, non si elimina soffocandolo nel sangue di persone innocenti?

 

Grazie a Dio, Cappello, questo, Regulus l’ha capito da solo, ha preso coraggio e ha abbandonato la via Oscura prima che gli si dannasse l’anima, e dopo una vita in sordina, passata a nascondere i suoi sentimenti, per dare una possibilità al piccolo di James Potter, al figlio dell’uomo che aveva più odiato ad Hogwarts perchè Sirius lo chiamava fratello, mentre chiamava lui con un semplice, freddo e sprezzante, “Regulus”, per salvare le chiappe a quel marmocchio, che Dio solo sa perchè l’Oscuro c’e l’ha tanto con lui, ha fatto un tale casino (no, non so bene cosa ha fatto, Cappello, dopo l’Oscuro era talmente arrabbiato che neanche quella sguaiata di Alecto ha avuto il coraggio di muovere un muscolo, figurarsi chiedere spiegazioni), ma un tale casino che invece di imbastire il solito “incidente” che architettavamo per i traditori gli è toccato, molto, molto peggio.

Ragazzino mio, Regulus Alaphard Black, cosa hai mai fatto per meritarti di morire per mano stessa dell’Oscuro, dopo che per più di due ore, anche se torturato, ti sei  rifiutato di dire dove avevi nascosto non so cosa?

 

Ricordo quel giorno come se fosse ieri.

 

Narcissa tremava singhiozzando silenziosamente dietro di me, Lucius, l’algido e impassibile Lucius, pallido come un cadavere guardava fisso il pavimento, stringendo convulsamente i pugni e persino Fenrir Greyback era attonito e sgomento davanti a tanta ferocia.

Lei invece rideva soddisfatta guardando il suo stesso cugino contorcersi per terra piangendo e gridando per il dolore dei continui “Crucio!”.

 

In quel momento Cappello, ho desiderato solo morire.

 

Ma ti eri sbagliato, evidentemente, quando mi hai proposto di andare a Gryffindor.

Sono codardo, troppo anche solo per tagliarmi le vene e addormentarmi.

Le paure dettate dall’Amore insano e folle che provavo per Lei me lo hanno impedito.

 

Con il coltello già sul polso mi sono bloccato a pensare ai Suoi occhi, al modo in cui, adoranti, fissavano l’Oscuro quando ci dava i suoi sanguinosi ordini, e quella stessa strisciante e intossicante gelosia che mi aveva fatto passare tante notti insonni a Hogwarts, tornò di nuovo più potente che mai. E nonostante sapessi che per Lei, in confronto a lui io contavo meno di niente, che se lui Le avesse ordinato di uccidermi, Lei, la mia sposa, la donna che amavo, l’avrebbe fatto senza battere ciglio, non ho saputo far altro che prestarmi a loro gioco, Cappello, sapendo che ogni omicidio, ogni crucio, mi avrebbero fatto guadagnare un altro giorno al fianco di Lei.

 

Per starle accanto ho lentamente soffocato la mia anima, e tutto quello che c’era in me di bello e puro.

 

Mi sono divelto il cuore dal petto per non provare pietà delle mie vittime.

Mi sono colmato le orecchie della Sua voce per non sentirle urlare.

Mi sono saturato gli occhi della Sua bellezza per non vederle sanguinare.

 

Per Lei ho dato alle fiamme la casa in cui avevamo torturato e ucciso Caradoc Dearborn, auror, probabilmente membro dell’Ordine della Fenice, in modo che neanche il suo cadavere venisse mai ritrovato.

 

Per Lei ho guardato in silenzio Fenrir che faceva a pezzi e divorava un altro auror, Benjy Fenwick, mentre era ancora vivo.

 

Per Lei ho torturato e assassinato Edgar Bones, dopo aver ucciso, sotto i suoi occhi sua moglie ed i suoi figli, ancora troppo piccoli per andare a Hogwarts.

 

Per Lei ho torturato sino alla follia Alice Paciock, nonostante ci fosse il figlioletto di neanche un anno che piangeva disperato nel sentire le urla della madre.

 

Per Lei ho varcato le porte di Azkaban senza un briciolo di esitazione o rimpianto.

 

Per Lei ho sopportato tredici anni di cella di isolamento totale.

 

E ora, Lei, Bellatrix Black Lestrange, la donna che amo e odio, la bambina dagli occhi maliardi che ha afferrato la mia anima su quel fottuto treno, giace morta tra le mie braccia.

 

Stavamo correndo, dopo una breve incursione al Ministero, verso la piazza dove avevamo istallato una passaporta – siamo costretti a ritirarci in questo modo da quando Scrimgeuor ha piazzato un area di non-materializzazione attorno al Ministero -.

Lei come al solito era ultima: faceva sempre fatica a ritirarsi da una battaglia, il combattimento la eccitava troppo.

 

Mi sono voltato e Lei era a terra.

Così.

Un attimo prima correva dietro di me con un ghigno sadico dipinto sulle labbra, un attimo dopo era stesa, immobile.

Tuttto il suo ardore, la sua ossessione per la Causa se ne era andato, il suo spirito infuocato era volato via fiammeggiando ruggente un grido che ormai solo gli altri morti potevano sentire.

E io in tutto questo ero a pochi metri da Lei, ma non l’avevo vista cadere, non sapevo se aveva sofferto, se era stata consapevole, un momento prima di cadere, che la morte l’aveva afferrata con le sue mani rapaci, non sapevo se aveva avuto paura, non sapevo neanche chi esattamente l’avesse uccisa.

 

Non avrei mai più sentito la sua voce.

Non avrei mai più sentito i suoi occhi di ossidiana trafiggermi la pelle.

Non l’avrei mai più baciata.

Non  avrei mai più sentito il suo calore al mio fianco svegliandomi la mattina.

 

Morta. Cinque lettere, una parola, un significato.

 

Questo è stato tutto quello che sono riuscito a pensare.

 

Poi  ho sentito Rabastan che appellava il corpo di Bella, e la mano di Lucius che mi afferrava per il polso e mi trascinava verso la passaporta.

 

Ora siamo qui, in uno dei nostri tanti nascondigli. Son seduto contro la parete con Bella tra le braccia, e finalmente ho la certezza che i Suoi bellissimi occhi, pur essendo vuoti e freddi, ora fissino solo me.

 

Oh Cappello,  a questo dovevamo arrivare perchè finalmente si degnasse di guardarmi senza disprezzo?

Ci voleva la Sua morte per liberarmi dalla morsa della terribile gelosia che mi ha incatenato a Lei per tutti questi anni?

 

Tutti gli altri mi stanno fissando, come se si aspettassero qualcosa da me.

Improvvisamente capisco.

Lucius, Narcissa, Rabastan, Astor, Mcnair, Avery, Rockwood...

Siamo andati tutti ad Hogwarts negli stessi anni, abbiamo mangiato, riso, pigliato per il culo i Griffindor insieme per sette anni, siamo stati ragazzi normali e sereni per sette fottuti anni, per poi sempre insieme entrare nei mangiamorte, con tutta l’incoscenza, la voglia di cambiare il mondo e la stupidità dei ventenni.

Siamo diventati assassini, torturatori, rifiuti della società, abbiamo buttato alle ortiche la nostra innocenza, la nostra giovinezza, forse la nostra stessa anima per seguire i delirii di onnipotenza di un pazzo.

Ma ce ne siamo resi conto troppo tardi.

Poi quel pazzo è svanito nel nulla, forse  morto, forse ridotto ad un fantasma.

Abbiamo tirato un sospiro di sollievo.

Ma la tregua è durata poco, la profezia di Bellatrix a Crouch si è avverata, l’Oscuro è tornato e ha tirato fuori Lei, me e Rabastan da Azkaban.

Ma gli altri? Quelli di noi che sono rimasti fuori da quell’inferno, che si sono ricostruiti un vita?

 

La verità e che di tutti noi, l’unica che credeva veramente nei progetti dell’Oscuro era Lei, e che ora che Lei è morta, una di noi, di quel gruppo che è sempre stato unito nel bene e nel male, fin dal primo anno, tutti si stanno chiedendo se valga davvero la pena di continuare questa farsa, se non è troppo tardi per strisciare in qualche buco e far franare l’ingresso alle proprie spalle, per uscire solo quando tutto questo sarà finito.

Si stanno chiedendo se in questi anni non hanno giocato troppo con il fuoco e se non è troppo tardi per farla finita e trovare un modo meno pericoloso per raggiungere i loro Scopi.

 

Idioti. Ovviamente è troppo tardi per fare queste cose, a meno di essere disposti a morire.

Sai Cappello, il giorno della sua morte, Regulus rispose lo stesso alla chiamata dell’Oscuro, nonostante sapesse di star per essere torturato e ucciso.

Ma non si presentò vestito da mangiamorte, ma con un mantello molto bello, di velluto grigio-azzurro, lungo fino ai piedi e foderato di seta.

Ho scoperto solo dopo che apparteneva a Sirius.

 

Alecto trovò la cosa molto divertente.

Tolse quel bellissimo mantello dal cadavere di Regulus, lo ripulì e da allora, iniziò a mandarlo a tutti i traditori il giorno prima della loro esecuzione.

Lo soprannominammo “La cappa del tradimento”.

 

Ho bruciato il mio mantello di mangiamorte, Cappello, e ho indossato quello di Regulus.

Sto camminando per i corridoi del Ministero, con una decina di auror imbecilli che mi seguono, dopo che ci hanno messo una ventina di minuti buoni per capire che ero veramente io e non uno che mi somigliava, nonostante la mia foto sia appesa in tutte le bacheche riservate ai ricercati più pericolosi d’Inghilterra.

 

Voglio soltanto che qualcuno mi ascolti, Cappello, che qualcuno capisca che nessuno di noi è un mangiamorte perchè è un essere diabolico che uccide le persone per divertimento.

Voglio soltanto che qualcuno mi ascolti e che capisca che siamo semplici esseri umani, che soffriamo, amiamo e cadiamo come tutti gli altri.

Voglio soltanto che qualcuno ascolti la mia confessione e mi dica “hai sbagliato, ma capisco come tu sia diventato un assassino”.

 

Poi, Cappello, chiederò di essere condannato al Bacio.

Perchè se in una prossima vita dovessi rincontrare Bellatrix, sarei di nuovo Suo schiavo e non voglio.

La amo e la odio, non so come questo sia possibile, ma è così, questi sentimenti mi ottenebrano i pensieri, mi lacerano il cuore e mi strappano l’anima.

Non voglio più che il mio Amore cieco e sordo alle altre bellezze della vita deturpi nuovamente il mondo.

Non voglio più che il mio Amore storpio e insano mi porti ad annullare me stesso per compiacere Lei.

 

Voglio essere libero Cappello, anche se solamente per l’attimo in cui quell’essere schifoso mi Bacerà.

 

Ma non posso ingannare me stesso Cappello.

So benissimo, e lo sai anche tu, che ho il coraggio di morire, di liberarmi delle catene che mi legano a Lei solo ora che non c’è più.

 

Morta. Cinque lettere, una parola, un significato.

 

Non sentirò mai più la sua voce.

Non sentirò mai più i suoi occhi di ossidiana trafiggermi la pelle.

Non la bacerò mai più.

Non  sentirò mai più il suo calore al mio fianco svegliandomi la mattina.

 

Non avrò mai più la Stella attorno alla quale ruotava il mio universo, ora sono libero, ma alla deriva, senza più una ragione per esistere.

 

Addio Cappello.

 

“Addio Rodolphus”.

 

 

 

 

Wow, ho finito di scrivere la mia prima fanfiction!

Per favore ditemi che cosa ne pensate e soprattutto, se dalla recensione non siete linkabili perchè non siete iscritti al sito o altro, scrivete il vostro indirizzo e-mail, altrimenti non vi posso ringraziare!

 

Bacioni e grazie mille anche se avete soltanto letto.

 

Book

 

 

 

 

 

 

 

  
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