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Autore: nightmerd    29/03/2012    2 recensioni
𝐢𝐧 𝐟𝐚𝐬𝐞 𝐝𝐢 𝐫𝐢𝐬𝐜𝐫𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞...
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dio è nato con l’Universo. Un bambino bellissimo, folti capelli bianchi, pelle diafana e occhi color ghiaccio. Un bimbo albino.

Lucifero è nato dopo. Come due gemelli, uno nasce prima e uno nasce dopo no? Lucifero nacque con le stelle, nacque dalla luce. Era identico a Dio solo che con la pelle abbronzata, i capelli neri e gli occhi grigio scuro, come il cielo in tempesta. Lui però, al contrario del fratello, aveva due ali sulla schiena.

Possedevano la stessa saggezza, la stessa intelligenza ma non la forza. Dio era il più forte e quando creò gli angeli, divenne automaticamente il “capo”. Nonostante questo, Lucifero era il suo prediletto. Lo considerava un esempio che gli altri angeli avrebbero dovuto seguire. Lucifero era un angelo e oltre a Dio, era la creatura più perfetta. Fu proprio la sua perfezione a portarlo dritto all’Inferno.

Lucifero all’epoca non aveva un nome ma Dio decise di chiamarlo Luzbel, “portatore di luce”. A lui non piaceva quel nome ma si limitò a sorridere.

Luzbel, era inoltre l’angelo prediletto di Dio, anche se erano fratelli. Anche per questo lo nominò arcangelo. Il primo arcangelo, e a seguire Mikael. Il minore dei due gemelli dimostrava sempre molta sottomissione e obbedienza al cospetto del fratello.

-Sai Luzbel-, gli disse un giorno l’albino. –Voglio creare una razza a nostra immagine e somiglianza-.

-Perdonami, ma non capisco-.

-Come degli angeli, ma senza le ali e con meno poteri. Un maschio e una femmina, così potranno riprodursi e ingrandire la specie-.

L’arcangelo stette zitto, senza sapere cosa dire. –Tu che ne pensi?-, lo riscosse il fratello.

-La mia opinione non conta-, disse semplicemente.

Dio gli poggiò una mano diafana sulla capigliatura nera e arruffata. –Conta eccome. Sei mio fratello, Luzbel, la tua opinione è la più importante-.

-quindi tu non ami gli angeli allo stesso modo?-.

-Gli angeli sono tutti diversi, fratello mio-.

 
 
 

Arrivò il giorno in cui Dio decise di creare quella razza, che avrebbe fatto vivere nel Giardino dell’Eden, controllato dall’arcangelo Uriel.

Lucifero assistì alla creazione. Per prima cosa, l’albino creò un uomo dalla polvere. Sembrava proprio un angelo maschio, solo che senz’ali.

-Che nome gli darai?-, chiese Lucifero.

-Adamo. Prima di creare la donna voglio vedere come procede questa creazione-.

-Mi sembra giusto-.

Poco tempo dopo, Dio notò che Adamo si sentiva tremendamente solo così decise che era ora di creare la donna. Ancora una volta, Lucifero assistì alla creazione, avvenuta anch’essa dalla polvere.

Lucifero non aveva mai visto donna tanto bella. –Come la chiamerai?-, chiese.

-Lilith-. Che bel nome. Però io gliene avrei dato un altro…, pensò l’arcangelo.

-Tu come vorresti chiamarla?-, lo riscosse Dio.

-Non ha importanza-.

-Luzbel, ne abbiamo già parlato-.

Il moro sospirò. L’avrebbe chiamata o Arianna oppure il nome che adorava di più di tutti… -Heléna. L’avrei chiamata Heléna. Ma le dona molto di più Lilith-.

-Anche Heléna le dona. Ma se preferisci Lilith d’accordo-.

La nuova arrivata era un po’ più bassa dei due gemelli, nuda, con capelli castani piegati in morbidi boccoli e gli occhi di un intenso azzurro elettrico.

-E’ bellissima-, mormorò Lucifero. Dio sorrise. –Vero. Portala da Adamo-.

L’arcangelo rabbrividì. E’ vero, era la compagna di Adamo. La prese per mano e la guidò verso il suo compagno. Si piacquero subito.

 
 
 
 
 

-Cosa c’è che ti turba?-, chiese Dio, appena Lucifero aveva finito di pregare.

-E’ l’amore-.

-E perché ti turba così tanto?-, si accovacciò per guardarlo bene negli occhi. L’arcangelo abbassò lo sguardo, per quanto sarebbe stato perfettamente in grado di sostenerlo, non gli sembrava corretto.

-Luzbel, la luce ti ha creato con due occhi bellissimi, mi piacerebbe che mi guardassi con quelli-, sorrise l’albino. Allora il fratello sprofondò i suoi occhi grigio tempesta in quelli color ghiaccio, profondi e penetranti, di Dio.

-Fratello, l’amore mi turba perché… Non è lo stesso che lei prova verso di me-.

-Non capisco-.

-Amo Lilith. Ma non come lei ama tutte le creature viventi, compresi gli angeli. Lei ama tutti allo stesso modo, ma io amo lei più di tutto-. Quelle parole turbarono l’albino che si rialzò.

-Mi ferisci, Luzbel. Perché non sai dividere il tuo amore con tutto quello che ti circonda?-. Lucifero non rispose ma pregò ancora.

 
 
 
 
 
 
 

-Mio Signore, io volevo parlarvi di un problema che aggrava me e Adamo-, disse un giorno Lilith al cospetto di Dio.

-Dimmi-.

-Vorrei essere considerata al pari del mio compagno, non voglio essere sottomessa-. Adamo, accanto a lei, sbuffò scocciato.

-Non puoi, Lilith! Sono stato creato prima io, ho tutto il diritto di non essere sottomesso da te-, esclamò l’uomo.

Cominciarono a litigare e Dio sospirò. –Lilith, ha ragione Adamo. Sei tu quella che deve essere sottomessa-.

La donna sgranò gli occhi e scoppiò in lacrime mentre fuggiva via.

Raggiunse il deserto.

 
 
 
 
 
 

-Luzbel devo assegnarti un incarico-, disse l’albino mettendogli le mani sulle spalle.

L’arcangelo annuì e Dio continuò. –Sei l’angelo più forte di tutti, il più intelligente, il più di tutti, per questo devo chiederti di andare a recuperare Lilith nel deserto-.

Il cuore di Lucifero fece un salto di gioia ma si contenne e annuì.

Uscì dal Paradiso e si recò nel deserto. Lì trovò Lilith, in ginocchio, che alzò la testa nel vederlo.

-Sei l’angelo che ha assistito alla mia creazione?-, gli chiese mentre lui si fermava di fronte a lei.

-Sì-.

-Come ti chiami?-.

-Luzbel-.

-Anche tu sei una creatura di Dio-.

-Sono suo fratello-, la corresse dolcemente.

-Ah, già. Vedo dalla somiglianza-. Lucifero tacque per qualche istante. –Torna al Paradiso, Lilith-.

-Per essere di nuovo sottomessa? No grazie-.

L’arcangelo stette in silenzio ancora una volta. La donna si alzò e gli dedicò un sorriso dolcissimo. –Mi trovi bella, Luzbel?-.

-Sono un angelo. Per me è tutto bello-, mentì.

-Stai mentendo-, lo canzonò accarezzandogli i capelli.

-Sono un angelo-, ripeté. –Non posso mentire-.

Lilith sorrise. –Allora, appena mi hanno creata Dio ti ha chiesto come mi avresti chiamato. Mi chiameresti ancora con quel nome?-.

-Heléna è il nome che adoro di più in assoluto-.

-Per questo hai deciso di darlo a me?-, chiese lei, suadente.

-No-, rispose freddo. Non poteva farsi corrompere da lei. Era bella, certo, ma non poteva farsi trasportare dai sentimenti. –Te l’avrei dato perché altrimenti non l’avrei dato a nessun altra-, le dedicò un ampio e luminoso sorriso, che fece venire la pelle d’oca a Lilith.

La donna non capiva. Da predatrice stava diventando preda. Così il sorriso di Lucifero le ricordò pian piano un gatto che si lecca i baffi prima di scattare sulla vittima. Scosse la testa. –E invece sai quale nome ti avrei dato io?-, fece una pausa. –O Jacopo o Lucifero. Ma preferisco Lucifero-. L’arcangelo sorrise. Gli piaceva Lucifero come nome e decise di farlo suo.

 

 
 
 

Dio guardava fuori dai finestroni, preoccupato. Lucifero non tornava da giorni ed Adamo era solo.

-Mio Signore, come sta?-, gli chiese Mikael. L’albino sospirò.

-Sono preoccupato per Luzbel-.

-C’è il rischio che sia fatto trasportare dai sentimenti di Lilith-.

-Sì ci ho già pensato-. Mikael rimase in silenzio. Da quando Lucifero era scomparso, era Mikael il capo degli arcangeli.

-Creerò una nuova donna per Adamo, mentre aspetto il ritorno di Lilith-, disse infine Dio. Andò al Giardino dell’Eden e creò una donna, dalla costola di Adamo.

Era una donna minuta e delicata, un po’ timida. –Ti chiami Eva-, le disse l’albino con un sorriso che lei ricambiò. Volve chiamarla Heléna, in onore del nome tanto amato dal fratello, ma non voleva farlo senza il suo permesso. Eva aveva i capelli neri e gli occhi azzurro. Di un azzurro spento. E non era bella quanto Lilith. Ma Adamo la amava più di lei.

 

 

-Mio Signore!-, esclamò l’arcangelo Raphael. Dio si voltò, sorpreso.

-Sono tornati Luzbel e Lilith!-, continuò l’arcangelo, stavolta sorridendo. L’albino rimase serio.

-Non farli entrare subito. Ho bisogno di parlare con Adamo ed Eva-, e andò al Giardino dell’Eden. I due umani lo accolsero con un grande sorriso ma quando si resero conto della serietà di Dio, smisero di sorridere.

-E’ successo qualcosa?-, chiese Adamo.

-Sì. Sono tornati Luzbel e Lilith-.

-Ma è una notizia straordinaria!-, esclamò l’uomo, contento.

-Chi sono?-, chiese Eva. Dio spiegò chi fossero e cosa era successo, e li avvertì:-State attenti a non creare un triangolo con lui o con lei, mi raccomando-.

 
 
 
 

Lucifero entrò a grandi passi nella camera di Dio. –Ti ho portato indietro Lilith. All’inizio non voleva venire ma non è stato difficile convincerla-.

-Come hai fatto?-.

-Mh?-.

-A convincerla-.

-Ah-, rimase un attimo serio poi sghignazzò.

-Luzbel che cosa avete fatto?-.

-Niente, fratello. Ah, una cosa. Non mi va più di essere chiamato Luzbel. Voglio chiamarmi Lucifero-.

-E sia-, consentì Dio. La tensione tra i due era palpabile. Lucifero aveva commesso il suo primo peccato. La Lussuria.

 
 
 
 
 

-Basta Lucifero!-, esclamò Lilith portandosi le mani sulle tempie. –Fai commettere un peccato ad Eva!-.

-Stai commettendo il peccato dell’Invidia-, le fece notare, divertito.

-Ho già commesso il peccato della Lussuria. L’Invidia non mi spaventa-, replicò. Lucifero si strinse nelle spalle e disse:-Va bene, comunque. Farò commettere quel peccato ad Eva. Ma perché sei così gelosa?-.

-Adamo mi piace ancora-. A lui non importava niente e si strinse di nuovo nelle spalle.

 

 
 
 

Dio aveva proibito l’accesso al Giardino dell’Eden a Lucifero e Lilith, per evitare il triangolo. Ma l’arcangelo si trasformò in un serpente e passò tra le gambe di Uriel, a guardia del cancello.

Si nascose tra le foglie di un cespuglio di more ai piedi dell’albero proibito. Eva si avvicinò, ignara, per prendere una mora. Qualcosa le si strusciò sulla mano. Un serpente. La donna fece scattare indietro la mano, spaventata, poi sentì una risata soffocata e guardò dietro il cespuglio. C’era un angelo dai capelli neri e gli scuri occhi grigi. Aveva un sorriso divertito. Eva era rimasta incantata dalla bellezza di quell’angelo. Belli come lui non ne aveva mai visti.

L’angelo si alzò e si spolverò. –Mi chiamo Lucifero-, le disse prima di arrampicarsi sull’albero proibito. –Hai mai assaggiato questo frutto?-, le chiese e prese una mela.

-Lui non vuole-. Lucifero finse di essere sorpreso. –E come mai? E’ così buono!-, e lo morse.

-Non ce l’ha detto-.

 

-Beh è un vero peccato. Dopotutto, questo frutto è buonissimo-. Eva rimase in silenzio. Lucifero fece un sorriso sghembo.

-Sai, io sono il fratello di Dio. Potrei cambiare le regole volendo-, fece una pausa e le porse la mela, che tornò intatta. –Tieni. Te la offro-.

La donna non sapeva cosa fare. Davanti a lei c’era l’angelo più bello del Paradiso e le stava offrendo un frutto che le sarebbe piaciuto mangiare.

Lucifero inarcò le sopracciglia, come a incitarla e piegò la testa. Sembrava un gatto, lì, appollaiato su un ramo di quell’albero proibito, con un sorriso a metà fra il sornione e il tentatore.

Alla fine Eva lo prese e lo morse. La terra cominciò a tremare e la donna fuggì via, lasciando cadere il frutto. Lucifero guardò il cielo da sotto la frangia, con uno sguardo truce. Si era stancato di vivere seguendo delle regole. Lui voleva essere libero, commettere tutti i peccati che voleva, seguire solo la propria coscienza e le sue regole. E poi… Perché doveva sottomettersi a Dio? Erano uguali, in fondo. Perché doveva seguire le regole di suo fratello?

 
 
 
 

-Devi vergognarti, Luzbel!-, tuonò Dio. Si alzò un vento freddo, che fece spettinare i capelli e la frangia a Lucifero. L’arcangelo non batté ciglio.

La sala delle conferenze di Dio era piena di angeli, tutti radunati in cerchio intorno ai due gemelli. Adamo, Eva e Lilith erano dietro l’albino. La bruna dagli occhi elettrici era seria, forse una serietà che sembrava beffarda. La mora era preoccupata e l’uomo controllava il suo terrore.

Lilith e Lucifero si scambiavano continue occhiate, poi lui sorrise a Dio. Beffardo e provocatore. –Perché impedire a questi umani di mangiare un frutto tanto buono, Fratello?-. L’albino ridusse gli occhi a due fessure. –Non sei più degno di chiamarmi ‘fratello’-. Lucifero fece un sorriso astuto e provocatore.

-Davvero? Molto bene-, incrociò le braccia con aria beffarda. –Allora non dovrò più seguire le tue regole. Permettimi una domanda-, fece una pausa, tornando serio. –Perché devo sottostare alle tue regole se noi due siamo uguali?-.

Dio rimase in silenzio e Lucifero continuò. –L’hai deciso tu. Senza consultarmi. Hai deciso che mi sarei chiamato Luzbel, hai deciso che sarei stato un arcangelo. Ma hai pensato che a me potesse non piacermi?-.

-E perché tu non me ne hai mai parlato?-.

-Ti sei autoproclamato Signore di tutto e non volevo contestarti perché non volevo arrivare a uno scontro, ma soprattutto perché ti volevo bene-.

-E ora vuoi scontrarti con me per prendere il mio posto?-.

Lucifero sorrise, sornione. –Certo-. Si alzò un brusio nella sala e gli angeli divennero inquieti.

-Quanti dei tuoi ci sono qui?-, chiese ancora Dio. Il moro allargò il sorriso. –Qui, nessuno. Per il momento-.

I vetri delle finestre si ruppero ed entrarono alcuni angeli dalle ali nere. Anche le ali di Lucifero si colorarono di nero e lui prese una spada da un angelo nero. Una spada elegante, dalla lama di diamante e l’elsa d’oro.

Dio sorrise divertito e mise le mani in tasca. –Che cosa vuoi fare, Lucifero figlio dell’aurora? Spegnere la luce così pura che è in te?-.

Anche l’albino prese una spada, identica a quella del fratello. Si misero in posizione. Il moro sorrise. –No. Voglio spegnere la tua di luce. La mia continuerà a brillare, come una stella-.

-Marcirai all’Inferno per questo-, replicò Dio. Lucifero si lanciò sul fratello e le loro spade cozzarono. Nella sala c’era il caos più totale. Gli angeli neri erano tanti, forse tanti quanti gli angeli bianchi.

-Lilith!-, la chiamò Lucifero mentre parava un colpo del fratello. Lei lo guardò piena di preoccupazione. –Ti amo-, le disse mentre toglieva di mano la spada a Dio. Le tenebre erano calate sul Paradiso. Era buio ormai, solo lo scintillio delle spade e le ali luminose degli angeli  illuminavano la sala.

L’albino gridò e divenne molto più grande di Lucifero, che sembrava un pupazzetto in confronto a lui. Abbassò la spada e storse la bocca, irritato.

Dio lo afferrò e lo lanciò sulla Terra, mentre la sua spada si spezzava e cadeva ai piedi dell’albino.

 
 
 
 
 

La Caduta di Lucifero aveva formato una voragine nel terreno e la terra che era stata tolta per il buco, andò a formare una montagna. 
 

<< Io vedevo Satana cadere dal cielo come la folgore >>.

 
 
 

Passarono millenni, forse di più, che Lucifero era lì dentro. Dentro l’Inferno. I primi tempi che aveva passato lì li aveva spesi per creare delle dimore per le anime, per i demoni. E poi aveva deciso di infastidire l’umanità, portandoli a peccare.

Tempo prima, aveva incontrato Lilith…

 

-Lucifero! Quanto tempo!-, lo salutò la donna dai capelli castani. Lucifero sorrise, felice di rivederla e la baciò, come non aveva mai fatto. Lei era la sua prima donna e gli era mancata.

-Dimmi pure, Lilith-, le disse intuendo che c’era qualcosa che non andava. Lei abbassò lo sguardo.

-Ti manca l’Eden?-, continuò lui. La donna scosse la testa. –Questo posto non è come il Paradiso-.

Lucifero le prese i fianchi e l’attirò a sé per guardarla meglio. –Ehi…-, mormorò accarezzandole il viso. –Siamo liberi-.

Lei tenne lo sguardo basso e non rispose. L’angelo ribelle allora le prese il viso fra le mani, costringendola a guardarlo. –Ripensamenti, Heléna?-, la chiamò con quel nome per la prima e unica volta. Lilith sorrise divertita e scosse la testa. –No. Meglio regnare all’Inferno che servire il Paradiso-.

-Però…?-.

-Però vorrei delle ali-. Lucifero fece un sorriso malizioso e gli occhi grigi gli brillarono. –Le avrai-.

 

 

…Ma poi Lilith era morta e lui non aveva più ricevuto visite. Dopo tanti anni di Inferno, cominciava a pentirsi, e anche se le parole di Lilith gli risuonavano per la testa, lui voleva tornare dal fratello.

Chiese più volte perdono ma Dio non glielo concesse. Lucifero aveva bisogno di qualcuno che sarebbe andato al Paradiso per riferire il messaggio all’albino. Ma nessun umano si sarebbe azzardato. Per distrarsi, decise di ricordare il momento in cui era andato a portare un fiocco azzurro a Dio, quando era nato suo figlio Gesù. Aveva conosciuto una donna, Eris, che aveva creato scompiglio fra gli déi con una mela. Proprio come aveva fatto lui. Venne a scoprire che Eris in realtà era Lilith con un falso nome, che era tornata al Paradiso per vendicarsi. Ricominciarono a vedersi e Lucifero tornò felice.

Però l’arcangelo Mikael scoprì il segreto di Lilith e la uccise. Per questo, Mikael e Lucifero sono in conflitto.

L’Angelo Ribelle si passò una mano nei capelli, ripensando a quell’evento che era successo solo poco tempo dopo dal giorno che lui le aveva dato le ali.

Voleva tornare ad essere quello di una volta, quello che infastidiva l’umanità, così nella notte di Natale, si infiltrò in un appartamento molto grazioso e andò a sbirciare i regali che erano sotto l’albero.

Poi sentì un rumore e si nascose dietro l’albero. Vide una bambina. I capelli biondi come l’oro, piegati in morbidi boccoli, e la frangia che le finiva tra gli occhi. Ma la cosa che lo colpì di più furono gli occhi. Erano di un colore che già aveva visto. Azzurro. Azzurro elettrico.

-Chi sei?-, gli chiese la bambina. Lui sorrise tenebroso. –Il Diavolo-.

Rimase in silenzio e Lucifero si aspettava che sarebbe scappata via urlando. Invece no. –Che brutto nome. Tu non hai la faccia da Diavolo. Ce l’hai da Jacopo!-.

Dopo pochissimo le chiese. –E tu come ti chiami, marmocchia?-.

-Heléna-, rispose con un sorriso. Lilith, pensò il moro sorridendo tra sé. Sei tornata.

Dopo un breve scambio di battute, la bambina gli chiese di raccontarle la Divina Commedia, e lui obbedì con pazienza. Anche se si trattava di Lilith, non riusciva a capacitarsi del fatto che una bambina gli facesse fare una cosa così inutile. Una bimbetta così minuta che gli diceva cosa fare. E lui obbediva pure! Ma a lui non dispiaceva. Lei era Lilith, e stavolta non l’avrebbe persa di vista fino a quando sarebbe stata abbastanza grande da poterle parlare. Così, la marchiò. Con un bacio sulla fronte.

 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 

« Negli inferi è precipitato il tuo fasto,
la musica delle tue arpe;
sotto di te c'è uno strato di marciume,
tua coltre sono i vermi.
Come mai sei caduto dal cielo,
Lucifero, figlio dell'aurora?
Come mai sei stato messo a terra,
signore di popoli?
Eppure tu pensavi:
Salirò in cielo,
sulle stelle di Dio
innalzerò il trono,
dimorerò sul monte dell'assemblea,
nelle parti più remote del settentrione.
Salirò sulle regioni superiori delle nubi,
mi farò uguale all'Altissimo.
E invece sei stato precipitato negli inferi,
nelle profondità dell'abisso! »

 

 
 

« Tu eri un modello di perfezione,
pieno di sapienza,
perfetto in bellezza.
Eri come un cherubino ad ali spiegate a difesa;
io ti posi sul monte santo di Dio,
e camminavi in mezzo a pietre di fuoco.
Perfetto tu eri nella tua condotta,
da quando sei stato creato,
finché fu trovata in te l'iniquità.
Crescendo i tuoi commerci
ti sei riempito di violenza e di peccati;
io ti ho scacciato dal monte di Dio
e ti ho fatto perire, cherubino protettore
,
in mezzo alle pietre di fuoco. »

 
 
 
 
 
 
 
 

ANGOLO AUTRICE: e qui si conclude la mia storia *scoppia a piangere*. Vi prometto che appena finisco una mia fic comincerò subito il seguito di questa U_U ringrazio tutti voi, per aver seguito la storia, per averla apprezzata. Ma anche perché avete cliccato nella sezione della Divina Commedia. Non credevo che qualcuno ci sarebbe mai andato a guardare e invece mi sbagliavo *w* credo che questo sia stato lo sbaglio più bello che abbia mai fatto XD e ne ho fatti troppi e a volte anche piuttosto gravi ^^’

Vi ringrazio di cuore 

LizThompson

 
 
 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

  

  
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