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Autore: Nenelafolle    29/03/2012    3 recensioni
{ Soul X Maka. }
cit./ Guai a te se ti perdi nella Follia, stupida Artigiana! Guai a te se mi abbandoni. Guai a te, davvero, non sai che guai passerai quando tornerai. Maka, torna da me, Maka!
ENJOY ! ☆
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans | Coppie: Soul/Maka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando anche Maka sortì l’effetto del sangue nero, Soul aveva avuto la terribile sensazione di perdere per sempre la sua Meister. Affondando nel lago nero della Follia, l’unica cosa che vedeva di fonte a sé erano gli occhi verdi di Maka. Tutto quel nero e buio, e quel silenzio in qualche modo assordante. E l’aria, poca e sporca, con il gusto amaro che ti lasciava in bocca. Non riusciva a vedere nulla, come se il suo stesso corpo si stesse annullando. Soul voleva piangere, ma non sarebbe stato cool. Trattenne le lacrime con un desiderio quasi disperato. Doveva stringere i denti perché quella non era la vera Follia. La verità era tutta addosso a Maka, e Soul, da Arma e da amico per lei, non poteva davvero non darle appoggio in qualche modo. Decise di farlo così, resistendo e fidandosi ciecamente della Meister.

Appena la circondarono e la sfiorarono, i nervi di Maka cedettero. Gridò. O almeno provò a farlo. Ma non sentiva niente e ci fu solo silenzio mentre quel buio melmoso la avvolgeva.
Si contorse nel tentativo disperato di mettersi supina per poter guardare la luce un’ultima volta, ma era tutto completamente nero intorno a lei, non riusciva nemmeno a capire quale fosse il dritto e il rovescio.
Fin dal primo momento fu una sensazione orribile.
Era una trappola mortale, e dal primo istante Maka sentì un urlo esplodere dentro di lei. Pensò davvero che Soul non l’avrebbe mai tirata fuori, che sarebbe rimasta lì dentro a marcire finché non fosse diventata una cosa, un pezzo di carne bavoso e assente, privo di senno.
Il suo primo pensiero fu provare a vincere. Avrebbe fatto rumore, si sarebbe fatta sentire. Ma persino il mormorio più intenso risultava debole, e ben presto le fece male la gola. Dopo un po’ non sapeva nemmeno se stava ancora borbottando o meno.
Era estremamente difficile scalciare lì dentro, non aveva modo di ribellarsi. Non poteva afferrare nulla con le dita, perché nulla vi era. Non aveva sensazione tattile, né uditiva.
Fu allora che cominciò a realizzare tutto l’orrore della propria situazione. Era al buio. Non poteva vedere. Non vedeva niente. E non sentiva. Il silenzio era talmente profondo, che cominciò a chiedersi se ricordava davvero cosa fosse un rumore.
Nel buio e nel silenzio senza fine, il suo corpo cominciava ad annullarsi.
In lei, intorno a lei, lei stessa, non vi era più nulla.
Era sola nello spazio assoluto, e intorno a lei c’era questo nero nulla, il niente, l’assenza, il vuoto.
Il mondo era scomparso perché non ne aveva percezione. Non se ne era mai resa conto prima d’allora, ma il mondo era i suoi sensi. Non aveva mai conosciuta nulla prima di averne tracciato una mappa dentro di sé, disegnata in base a quello che aveva visto e sentito. E adesso non c’era vista, né suono, né mappa, né mono. Non riusciva a convincere che vi fosse un mondo là fuori –o che esistesse un fuori.
Riusciva a ricordare come era il colore “rosso”? O la sensazione della “seta”?
No. Era stato tutto uno scherzo, o un sogno. Nessuna di queste cose era mai esistita. Questa idea del “tatto” o del “gusto” o dell’”udito” –se li era confezionati lei per sfuggire al vuoto.
Era sempre stata sola nel vuoto. Solo lei, solo M--
Chi era lei? Per un istante le balenò un nome, ma era già sparito. Non aveva un nome.
Non esisteva nemmeno.
Non c’era una persona che stava pensando queste cose. Nessun “io” a parlarne.
Non c’era niente. Niente, niente, niente!
Un grido silenzioso si propagò fuori da lei.
Maka!
C’era una visione nella mente di Maka.
La mente di chi? Non aveva importanza. Forse non c’era nessuna mente, ma solo la visione.
Era un pianoforte, co i tasti bianchissimi, un colore caldo, che lei aveva dimenticato. In un primo tempo l’immagine le risultò piacevole: tutte le corde tirate, il nero lucido, le ricordavano qualcosa, ma poi le si strinse lo stomaco. Mancava qualcos’altro nell’immagine. No, no qualcosa, qualcuno. Delle dita a suonare quel pianoforte.
Maka! Maka, mi senti?
Il pianoforte era solo, abbandonato da tutto e da tutti.. o forse no?
Maka! Oh, Dio, Maka, rispondimi, ti prego. Ti prego, Maka. Maka!
C’era una tetra disperazione in quella voce. La voce di chi? E chi stava chiamando?
Guai a te se ti perdi nella Follia, stupida Artigiana! Guai a te se mi abbandoni. Guai a te, davvero, non sai che guai passerai quando tornerai. Maka, torna da me, Maka! Ti prego, rispondimi, Maka. Sono Soul.
Soul. Un nome che le fece male al petto, all’altezza del cuore. Un nome che diceva tutto, così tanti ricordi da farle venire le lacrime agli occhi. Soul.
Ricordava i suoi capelli bianchi come i tasti di quel pianoforte, ricordava il vestito che indossava la sera della festa della DWMA, ricordava la sensazione che avevano provato quando si erano conosciuti, ricordava tutto.
E le sue mani, le dita che tanto adorava.. lo ricordava perfettamente.
Così come ricordò, un intenso desiderio si formò nel suo animo. Voleva davvero tornare da Soul. E dirgli che non lo avrebbe lasciato, no, e tirargli un Maka-chop dritto in testa per averla chiamata “stupida”. E voleva abbracciarlo. Abbracciare quelle mani bellissime.

Soul era abituato al nero buio e pestilenziale della Follia, un po’ vi era nato, il suo animo da suonatore sapeva ben adattarsi al buio. Soul stesso era buio. Ma Maka era luce, pura e viva, un raggio che penetra sempre più in profondità fino a non poterne più fare a meno. Soul non poteva permettere a se stesso di perderla. Proprio non poteva.
Sentiva il bisogno di farsi abbracciare così forte da fargli male. E quando ce la fece, la sentì, il suo sguardo che a lungo aveva agognato gli parve così innocente e bellissimo da lasciarlo senza fiato.
Le sue braccia furono immediatamente intorno alle spalle della Meister.
« Bentornata. »
   
 
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