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Autore: giobrach    29/03/2012    2 recensioni
Inserire accenno alla trama della storia (breve riassunto o anticipazione) e/o citazione dal testo. No linguaggio SMS, No tutto maiuscolo, No Spoiler! NON C'E' BISOGNO DELL'HTML PER ANDARE A CAPO IN QUESTA INTRODUZIONE.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ancora un altro colpo, e la porta avrebbe ceduto.
La confusione gli impediva di sentire le urla battagliere dei compagni, il polverone sollevato dai nemici in fuga gli impediva di respirare. Ma poco interessava.
Coi compagni si fece forza e diede l’ultimo colpo, furioso, al portone d’accesso: i cardini cedettero, e con un rumore assordante i grandi battenti rovinarono a terra. Il ragazzo non esitò un momento, sguainò la spada di bronzo e scattò avanti. Nessuna sentinella riusciva a resistere alla sua forza, un impeto disumano che non risparmiava nulla, che non si sarebbe fermato nemmeno davanti all’innocenza di un bambino; un impeto più potente delle fiamme che divampavano intorno, divorando ogni cosa, incenerendo le grandi travi del tetto.
Osservò la scena: le nuore e le figlie del re erano agli altari, e correvano da tutte le parti, spaventate; anche Priamo stesso era presente: era vicino a sua moglie, stanco e spaventato, ma comunque immobile davanti al fragore che permeava la città, sgomento. Pirro si gettò verso di loro, con la forza di un leone, e conficcò il bronzo nel candido petto di una troiana, dalla cui bocca sorse un rivolo di sangue scarlatto. Le altre, fuggenti, gridarono orripilate e si diressero verso la piccola porta laterale; ma ormai non potevano salvarsi, le loro anime stavano già scivolando nella casa dell’Ade. La pietà per quelle povere donne, riluttanti alla vista delle proprie case polverizzate dal fuoco, nemmeno sfiorò il potente figlio d’Achille; molte altre caddero trafitte dalla sua forza, sotto alle stelle che si intravedevano oltre il solido muro di calore.
Ma proprio quando era in procinto di trucidare l’ennesima giovane terrorizzata, i suoi occhi caddero su Priamo, che afferrò una vecchia spada nella confusione, disperato e furente, e si diresse verso di lui. La moglie, dietro, piagnucolò, tra le fiamme incandescenti dell’incendio, lo implorò, «Priamo, torna! La morte ti attende là, resistere sarebbe vano; anche il mio Ettore non si allontanerebbe, rimarrebbe qui con me, al riparo di questi altari!». Così dicendo, afferrò il vegliardo e lo prese con sé. Un ghigno di derisione apparve sul volto del giovane Pirro, che scoppiò in un’agghiacciante risata. “Ecco, la sua gloria muore così, da vecchio, nella città in fiamme; come può questo debole essere il potente Priamo, il vincitore delle Amazzoni?” pensò maligno.
Con la furia che si riaccendeva nel suo petto come il fuoco circostante, si scagliò nuovamente sulle figlie dell’anziano regnante; tra queste vide un uomo, ferito, un principe, che tentava di fuggire, zoppicando, verso i genitori. Con un colpo nel torace gli sottrasse la vita, e lo lasciò cadere nel suo sangue, di fronte ai loro sguardi raccapricciati.
Il vecchio gracile non resistette, si liberò dalla stretta della moglie e irato sbraitò, «Giovane crudele, gli dèi un giorno ti puniranno duramente per le tue azioni impietose!», ormai solo gli dèi poteva richiamare, quello sciocco, «Nemmeno tuo padre, sebbene potente come te, fu tanto spietato quel giorno in cui andai a richiedere il corpo del mio defunto figlio; benché fossi suo acerrimo nemico, ebbe compassione e pianse con me, e mi lasciò andare!». Zoppicò verso il ragazzo, agitando la spada con le ultime forze rimaste, ma tutti i colpi andarono a vuoto. Allora Pirro parlò, per la prima volta, con voce potente e bestiale, circondato da una corona di fiamme.
«Allora vai, vecchio ingenuo, di’ a mio padre che non sono come lui, digli che sono diventato ancora più forte, che ti ho ucciso prima di ogni altro Acheo, digli che suo figlio è stato più uomo di lui! Ed ora è giunto per te il momento di precipitare nella casa dell’Ade».
Detto questo, lo prese per un braccio e lo portò vicino all’altare, trascinandolo insensibile in mezzo al sangue del figlio appena morto. Sollevò l’arma letale. “Ora tutti i compagni vedranno la vera gloria dell’ultimo dei Pelidi, vedranno finalmente che cos’è davvero capace di fare”, si prefigurava. Ma mentre avvicinava la punta affilata della spada all’addome del vecchio, qualcosa scattò nel suo profondo, una sensazione inspiegabile che lo pietrificò all’istante.
Era in un campo, il sole era alto nel cielo. Passeggiava calmo, con la mano nella mano di un anziano signore, che riconobbe come suo nonno. Gli stava parlando, gli insegnava con esperienza come essere un giusto signore. «Ricòrdati, figlio, che quando un re vede la sua patria morire davanti ai propri occhi, farà di tutto pur di salvarla dalla rovina. Ecco, se ne incontrerai uno, abbi pietà di lui, perché sarà stato un grande re».
I prati sfumarono, il calore della stanza ritornò improvvisamente a premere sulla sua pelle. Era rimasto basito di fronte a ciò che aveva appena visto. I suoi occhi caddero nello sguardo impaurito di Priamo, affondarono nelle sue pupille, videro il suo dolore immane. Ma la sete di gloria sbraitò dentro il giovane, lo divorò, entrò nel suo braccio e affondò la spada nel fianco di Priamo; era la stessa temibile arroganza che aveva spinto Diomede a sfidare Apollo e suo padre a contrastare Xanto, una malattia oscura e inguaribile che si impadronisce del proprio corpo e della propria mente, e impedisce qualsiasi forma di resistenza. Appena la vita di Priamo scivolò nell’Ade, il mostro sembrò placarsi lentamente, come se una superficie ruvida fosse piallata e lucidata.
Ancora sgomento per l’inspiegabile squilibrio emozionale, si fece forza e si allontanò dal tempio, da Ecuba piangente e dalle sue figlie e nuore ancora vive, e si gettò nuovamente nella furia della battaglia. Era l’ultima notte di Troia.
   
 
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