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Autore: fiammah_grace    30/03/2012    9 recensioni
[RufusxTifa]
Rufus Shinra, giovane ed arrogante ex-presidente della Shin-Ra corporation. Tifa Lockheart, dolce e tenace membro AVALANCHE. Lei odia la Shin-Ra, Mako, SOLDIER e tutto ciò che vi riguarda. Lui è il maggior esponente di tutto questo. Eppure...
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rufus Shinra, Tifa Lockheart, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Advent Children
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CAPITOLO.19
 
 
 
 
Dopo più di un anno, il centro di ristrutturazione di Edge e recupero di Midgar, chiuse i battenti per tempo indeterminato.
 
Era questo ciò che era stato detto ai lavoratori e alla gente. Ma era fin troppo ovvio che, dopo quanto accaduto, sarebbe stato difficile vederlo riaprire
 
Per diverse settimane la situazione fu nel caos più completo. Rufus Shinra era stato ben abile nel celare la situazione e davvero in pochi erano a conoscenza dei ‘fatti’ reali.
Tuttavia, nonostante la sua abilità nel gestire la situazione, e i suoi validissimi collaboratori e avvocati, su di lui era stata nuovamente stampata l’immagine del Rufus Shinra come quel potente proprietario della multinazionale.
 
La situazione agli occhi della gente era esattamente questa: Il signor Shinra aveva sventato sì l’attacco dei ribelli, evitando così di inquinare ed avvelenare Edge.
Tuttavia quel giorno doveva essere inaugurata la nuova filiale, dunque perché far correre un rischio simile alla città se era ben a conoscenza dell’attentato e della presenza del gas nocivo nelle tubature?
 
Era evidente che qualcosa non quadrava e per Rufus ci volle davvero poco per vedersi piombare di nuovo addosso gli stessi occhi indagatori e diffidenti che, al contrario, sperava finalmente veder sparire.
 
Nell’ultimo piano dell’azienda, Rude ed Elena esaminavano la situazione. Rude piegò appena le veneziane della finestra per intravedere la gente pronta a puntare, ancora una volta, il dito contro di loro.
La bionda ex membro turk, invece, era seduta di fronte una scrivania e rifiutava categoricamente quel che stava succedendo.
 
Si guardò attorno nostalgica e in nessun modo riuscì a celare i suoi sentimenti.
 
“C’è così tanto silenzio…” disse a malapena incrociando le braccia e allontanando lo sguardo da Rude.
 
Rude la guardò. Probabilmente condivideva i suoi sentimenti. Si ritrovò così ad annuire per poi riprendere a fissare al di la della finestra.
Elena intanto riprese a parlare.
 
“Fino a ieri era tutto regolare e adesso? Siamo di nuovo noi. Da soli. Di nuovo punto e accapo…”
 
“La storia della nostra vita, insomma.” Irruppe la voce sarcastica di Reno. Elena sobbalzò nel vederlo entrare così di soppiatto.
 
“Reno!” disse sorpresa poi, vedendo Tseng apparire oltre la porta subito dopo di lui, arrossì e abbassò immediatamente la voce. “Signor T-Tseng..!”
 
Reno andò a prendere una sedia che portò accanto a Rude, poi poggiò violentemente i piedi sulla scrivania in cristallo.
 
“Dunque è vero che chiuderemo i battenti?” chiese Rude con fare distratto.
 
“U-uh.” Annuì Reno accendendo una sigaretta e riempiendo velocemente di fumo l’intero ufficio.
 
A quel punto, Tseng poggiò una ventiquattrore sulla scrivania e, prima di aprirla, con un gesto veloce scaraventò via i piedi di Reno, che per poco non cadde perdendo l’equilibrio.
 
“Probabilmente, sono riuscito a ottenere un passaggio di proprietà. Dunque non sarà necessario chiudere. Ma ovvio che per il presidente non ci sia più molto da fare qui.”
 
“Vuoi dire che molla?” disse Reno, gettando una soffiata di fumo dalla bocca.
 
“Partirò con lui stesso domani. La nostra destinazione è Junon.” Gli rispose Tseng apatico. Aprì la valigetta ed estrasse dei documenti che cominciò a sistemare. “Ho dato le mie dimissioni. Ho solo bisogno di portare a termine le documentazioni lasciate in sospeso.”
 
Era fin troppo chiaro che Tseng sarebbe andato con Rufus. Da quando Rufus si era ripreso dall’attacco di Omega Weapon, gli era sempre rimasto accanto e così avrebbe continuato a fare. Del resto, anche a lui non rimaneva più molto, da quando non esisteva più la Shin-Ra corporation. L’intera esistenza di chi aveva lavorato lì era legata completamente a quel mondo. Senza, non avevano più un luogo, dove andare.
 
“Oh, cazzo. Ti sembra il modo di avvisare? E noi quando diavolo facciamo le valigie per Junon, non ci avevi pensato?” disse Reno scherzoso. Tseng lo guardò perplesso, alzando il sopracciglio.
 
“Non siete automaticamente inclusi in questo discorso.”
 
“Beh, hai pensato male, se contavi di liquidarci a qualcun altro così. Staremo uniti come buoni amichetti fino alla fine, mi spiace.” Gli rispose con fare ovvio.
 
Tseng annuì appena. Seppure i modi di Reno lo seccassero, ne apprezzò le parole. Del resto, quei quattro erano una vecchia squadra da sempre.
 
“Mio malgrado non posso impedirtelo. Voi concordate, suppongo.” Disse rivolgendosi anche agli altri due ex-turk.
 
Regnò per qualche istante il silenzio, poi Rude si rivolse a Tseng.
 
“Certo che però…non stava andando poi così male. Valeva la pena giocarsi questa carta ancora per un po’.”
 
“Giusto!” intervenne Elena. “Perché non abbiamo lasciato che inalassero quel gas? Vittime del loro stesso attacco! Il presidente non avrebbe rischiato nulla se rimaneva saldo sulla sua posizione!” irruppe Elena. “Perché ha parlato?”
 
Elena guardò Tseng non comprendendo affatto quel che era accaduto realmente e perché.
L’azienda aveva ancora tutte le carte in regola per reggere il gioco ancora. Invece Rufus aveva praticamente confessato platealmente, affondando la nuova azienda con le sue stesse mani.
 
Tseng distolse lo sguardo e si avvicinò anch’egli alla finestra. Loro non sapevano nulla di quel che era accaduto nel profondo. Nel profondo dell’animo di quel ragazzo.
Era accaduto un qualcosa che era andato oltre il successo, l’ambizione, i piani legati all’azienda.
 
“Lui ha voluto semplicemente evitare che Tifa Lockheart corresse dei rischi.”
 
Perché Rufus si era innamorato di quell’AVALANCHE.
 
Gli altri lo guardarono perplessi, meno che Reno, che già aveva avuto modo di capire che qualcosa stesse bollendo in pentola.
 
“Eh, già. La Lockheart era lì. Un vero peccato…” disse giocherellando apaticamente con la sigaretta.
 
 
[…]
 
 
Forse avrebbe dovuto supporlo fin da subito.
Non ce l’avrebbe mai fatta. Aveva perso tempo inutilmente.
Sperava che provarci fosse almeno una possibilità, e forse una parte di lui ci aveva creduto veramente. Tuttavia le cose erano andate così.
 
L’uomo dai capelli biondi stava sbrigativamente sistemando i suoi effetti personali in valigia.
 
Mentre finiva di controllare gli armadi, guardò fuori dalla sua finestra. Raramente gli capitava di trovare il tempo per riflettere, per questo gli sembrò strano sentirsi nostalgico proprio in quel momento. Si rese conto quanto gli sarebbe mancato quel luogo.
Una volta distrutta la sua famiglia, Rufus non aveva più avuto un posto dove andare. O almeno un posto che potesse essere il suo rifugio, la sua casa…
La Shin-Ra era stata tutto, a quel tempo.
Ricordava di essere spaesato, e abbattuto a quei tempi. Poi Tseng gli aveva trovato quel luogo: Healin Lodge. Un quartiere abbastanza lontano dalla città di Edge, era stato il posto ideale per lui.
Sia per indagare sulle cause delle problematiche di Edge (tra cui il geostigma), che per evitare a chiunque di creare altro scompiglio per causa sua.
 
Era un vero peccato abbandonare quella casa, pensava. Dopotutto, vi abitava da malapena un anno, e con quelle mura aveva condiviso forse i momenti più sofferti e sentimentali della sua vita.
 
Una parte di sé era piena di rabbia e di timore verso il futuro. Esattamente come ‘allora’, quando non sapeva bene cosa fare.
Aveva perso tutto, eppure alla fine era uscito allo scoperto e aveva fondato la sua nuova azienda.
Così aveva continuato a ricostruire Edge in maniera ancora più partecipe.
Non solo, si era ripromesso di sistemare la periferia e di recuperare quanto più fosse possibile della vecchia Midgar city.
 
E adesso…tutto si era ripetuto. Era di nuovo in quella straziante posizione iniziale.
Forse il suo traguardo era ancora lontano e si scorgeva a malapena, ma, ad ogni modo, ora non aveva più tanta importanza pensarci su.
 
Con l’aiuto di Tseng e collaboratori vari, era riuscito a non chiudere tutti i contratti con le altre aziende, sicché era riuscito a cederla a patto che fosse lui stesso a dimettersi.
 
Sorrise, non sapendo se tutto quello che stava accadendo fosse frutto dell’ironia o della sua arroganza.
 
Guardò i biglietti del treno.
Era diretto a Junon e ci sarebbe andato la mattina del giorno seguente.
 
Rufus aveva sempre vissuto a Midgar, tuttavia affiancava il padre come vice-presidente già dall’età di quindici anni, dunque viaggiare o cambiare dimora rimanendo più volte lontano da casa, gli aveva reso difficile aggrapparsi alle proprie radici.
Non che in realtà l’avesse mai avuta, una casa…
 
Infondo, era consapevole da tempo che oramai ad Edge non c’era più bisogno di lui.
Forse solo dei suoi soldi. Era tutto quel che aveva sempre potuto fare, nel suo status.
 
Non si sarebbe tirato indietro nel lenire il dolore arrecato, il fatto era che lui voleva contribuire in maniera ancora più concreta.
Ma a quanto pareva, aveva preteso troppo.
 
Si rassegnò quasi all’idea che, se per davvero voleva essere un sostegno pratico per Edge, doveva prima di tutto sparire.
 
Junon sarebbe stata l’ideale per lui. Li avrebbe potuto per davvero ricominciare da zero.
Lì le tensioni con la Shin-ra erano meno tese.
 
Posò i biglietti dentro la giacca e si diresse nelle vicinanze dell’ingresso.
Osservò divertito il suo vecchio dark nation annusare le valige e guardarlo con occhi diffidenti, ma curiosi. Del resto, aveva sempre trovato quella bestiola parecchio intelligente.
Sembrava quasi costatare che ci fosse qualcosa che non andasse in giro, come a dirgli ‘si parte di nuovo?’.
Lo accarezzò appena, portando la sua testa vicino le ginocchia.
 
“Ah…Darkie. Anche tu oramai ci hai fatto il callo, eh?” parlò ironico.
 
Dalla tasca estrasse un accendino e portò una sigaretta alla bocca.
Si allontanò da Darkie e prese a fumare quella sigaretta così intensamente che dovette accenderne un’altra di lì a pochi minuti.
Guardò, nel frattempo, l’orologio che aveva sul polso e notò che Tseng era in ritardo. Lo attendeva già da un quarto d’ora in verità, così si affrettò a chiamarlo.
 
Nonostante la nostalgia, nonostante l’amarezza, anche lui, arrivato a quel punto, voleva sparire il più presto possibile.
Non ne poteva più.
 
La porta, proprio in quel momento, bussò e Rufus posò la cornetta sospirando.
 
“E’ aperto. Tseng. Sai dove tengo i libretti. Provvedi da solo, vengo subito.” Disse mentre aveva la sigaretta bloccata fra le labbra.
 
“Veramente…io non sono Tseng.” Disse una voce femminile al che Rufus si girò aggrottando le sopracciglia.
 
Si girò e vide Tifa alle sue spalle, sul ciglio della porta.
Rimase a fissarla qualche attimo senza dir una parola. I loro occhi si andarono ad incrociare e la donna non fece nulla per deviare quel contatto.
 
 
[…]
 
 
 
 
La notte prima.
 
 
 
Tifa si era alzata più volte durante la notte, non riuscendo a prendere sonno.
La mattina si sentì così spossata che le fu difficile mostrarsi diversamente davanti ai clienti del Seventh Heaven o ai suoi amici.
Non che si aspettasse di un’improvvisa parola che le illuminasse la giornata.
Sapeva invece che qualsiasi parola in merito a ciò che le era capitato sarebbe stata una miccia pronta a farla esplodere.
 
Strofinò i bicchieri così forte che si ritrovò a buttarne un paio. Poco le importò, comunque. Aveva tutt’altri pensieri per la testa.
Da una parte sentiva come se tutto quello che l’aveva circondata negli ultimi mesi non fosse mai accaduto. Questo perché quella mattina stessa lei si era alzata ed era lì, al Seventh Heaven, a servire drink, nella sua solita routine quotidiana.
 
O almeno, quella di un tempo.
 
Gettò l’ultimo bicchiere che le si era spaccato in mano, e si allontanò dai banconi per prendere posto sul divano.
 
La coltre di nebbia che la devastava da quando aveva cominciato a lavorare per Rufus si stava dissipando o era divenuta più fitta di prima, ora che tutto era finito?
Era questo ciò a cui non sapeva dare una risposta.
 
Rufus era stato per lei un oblio profondo che l’aveva completamente alienata da qualsiasi cosa. Ora che invece sarebbe sparito dalla sua vita, le sembrava come se non fosse mai esistito.
 
Non riusciva a capacitarsi di avere una sensazione simile addosso.
Prese una birra e bevve un sorso. La testa di colpo prese a girare. Guardò il cielo ed effettivamente di mattina era davvero da k.o. bere una birra. Prese un altro sorso e sospirò intensamente.
 
Rufus...
Quel nome l’aveva sentito così tante volte che le sembrava così difficile, ora, da cacciare dalla mente.
 
Si era scontrata così tante volte con lui che alla fine qualcosa si era finito per smuovere. Era questo ciò che l’aveva poi fatta crollare?
Forse, anche in una situazione non analoga a quella, le cose sarebbero andate comunque così?
 
Continuava a ripetersi che le cose dovevano andare così. Perché le loro differenze, alla fine, avrebbero comunque preso il sopravvento.
 
“E finita…uno prima o poi si sveglia, no?” bevve. “Di che mi sorprendo?”
 
Socchiuse gli occhi e guardò dinanzi a sé con uno sguardo apatico e distratto.
Era colpa sua?
In parte sapeva che le cose non stavano così.
Sentiva che non aveva fatto nulla di male, eppure questo non leniva il suo senso d’inquietudine.
 
“Cazzo! Io volevo fargli smettere di agire così! Di dimostrargli che ci sono altre vie! Ma non…” abbassò la voce di colpo. “Ma non volevo che…finisse così.”
 
Chiuse gli occhi e avvicinò alle labbra la lattina, ma l’allontanò da sé subito.
 
Di certo bere non l’avrebbe aiutata a stare meglio.
 
Si alzò e si affacciò fuori dalla finestra.
 
Con un gesto fulmineo, scattò e si diresse verso l’uscita.
Aveva…aveva bisogno di capire.
 
 
 
La chiesa del settore cinque.
 
 
 
Tifa arrivò lì quasi di corsa.
 Aveva il fiatone e aspettò qualche attimo prima di entrare nella chiesa.
Lì dove tutto era cominciato.
 
Fece per poggiare la pallida mano sull’antico portone in legno, ma non ebbe il coraggio di inoltrarsi.
 
Associava a quel luogo il mondo che l’aveva così tanto cambiata.
 
Vedere la chiesa, ora a posto, le sembrava così strano.
Lo scopo di tutto quel tempo passato in azienda era proprio quello che adesso aveva davanti agli occhi. Eppure sentiva che non avrebbe mai voluto che quel tempo finisse.
 
Voleva che quella coltre di nebbia che l’aveva completamente alienata da tutto, continuasse ad accompagnarla. Così da trovare, forse, il coraggio per ammettere a sé stessa ciò che Tifa Lockheart non avrebbe mai potuto fare.
 
“Sono stata così cieca?” disse a sé stessa.
 
Un rumore di passi di colpo attirò poi la sua attenzione. Si girò, non appena si rese conto che quei passi si erano attenuati proprio nelle sue vicinanze.
 
Quasi come un curioso gioco del destino, vide dietro di sé l’ex-turk Reno.
 
Una scena che le sembrò un Deja Vu.
 
Il respiro, per un attimo, le si fermò in gola.
 
Reno strizzò le spalle e portò le mani in tasca.
 
“Non volevo interromperti, Tifa.” Disse lui scherzoso, poi si portò affianco a lei. “Avevi avuto già modo di vederla finita?” parlò, indicando con gli occhi la chiesa sconsacrata ora messa a nuovo.
 
“Più o meno…” rispose lei con un filo di voce.
 
Reno e Tifa rimasero in silenzio, l’uno accanto all’altra.
La ragazza guardò il rosso e si sorprese di vederlo così assorto, lì con lei, fra i suoi pensieri.
 
Accorgendosene, Reno sorrise.
 
“Infondo è probabile che proviamo la stessa cosa, no?” le disse all’improvviso, col volto allegro, ma ancora assorto.
 
“Cosa intendi..?” gli chiese lei insicura, distogliendo gli occhi d’impulso.
 
Reno rise appena, poi levò una mano dalla tasca per portarla dietro la nuca.
 
“Ah, beh. Quando diventi uno di noi, anche se per poco, assorbi tutta l’energia che c’è dietro. Dietro noi della ‘Shin-Ra intendo, se vogliamo ancora darci questo appellativo.” La guardò. “Sei stata nella nostra azienda, ora sai cosa significa questo.”
 
Solo allora Tifa comprese.
 
I turk, il presidente…
 
Davano l’ anima per il loro lavoro.
Questo perché, una volta, lo facevano per la vecchia multinazionale.
 
Rufus non aveva altro adesso, oltre il lavoro.
Per questo vi dava tutto se stesso, nonostante ci rimettesse persino la sua salute, che era persino cagionevole per via dei forti stress.
 
Forse per Reno e gli altri il discorso era analogo.
 
Persino Tifa, che aveva lavorato lì per così poco, si sentiva quasi strana nell’essere ora la normale barista di sempre.
 
Reno riprese a parlare.
 
“Però…alla fine è soddisfacente. È venuta bene, non trovi?”
 
“Sì. È vero.” Disse lei e le si stampò sul viso un leggero sorriso.
 
Debole, ma sincero.
 
Di colpo tirò un sospiro e si rivolse a Reno seria. “Chiuderete, quindi?”
 
“U-uh.” annuì lui.
 
“E…Rufus?” azzardò con un filo di voce. “Non sto seguendo molto il caso in televisione. Ma so che non verrà processato.”
 
“Cosa vuoi sapere?” le chiese.
 
“Cosa…farà, credo.” Gli rispose.
 
Reno si sgranchì un po’ e prese a camminare appena per il vialetto circostante. Tifa lo seguì con lo sguardo, col cuore che le prese a palpitare sempre più velocemente.
 
“Quello è un figlio di puttana, se la sa cavare.” La guardò beffardo il rosso. “Poi siamo da sempre una equipe eccellente, noi, che ti credi? Ricordati che il nostro lavoro di turk era molto più duro! Nascondere due cosette è più che semplice, rispetto a bei vecchi affari sporchi della Shin-Ra.”
 
Tifa si sentì infastidita dal quel discorso, ma non poté dargli torto, dopotutto. Reno era sempre abbastanza sfacciato. Infondo apprezzava che non avesse peli sulla lingua, anche nel ricordare la vecchia Shin-Ra. Sarebbe stato un segno di ipocrisia non ammettere certe cose.
 
“Mi fa piacere…” Disse lei infine, tagliando corto. “Sotto questo punto di vista allora posso dire che è in ottime mani.”
 
Reno a quel punto la guardò.
 
“Perché, ti ‘farebbe piacere’? Non era proprio ‘cacciare il gatto fuori dal sacco’ il tuo scopo?” le rispose lui schietto, sapendo dei sospetti che Tifa aveva nutrito verso di loro fin dall’inizio.
 
Lei distolse lo sguardo e non seppe cosa rispondergli.
Non aveva tutti i torti.
Augurarsi il meglio per Rufus, essere in pensiero per lui, in quel momento stonava abbastanza.
 
In parte era vero. In parte era tutta una bugia.
Non sapeva cosa, fra la verità e la menzogna, la stesse spingendo in quell’oblio insopportabile.
 
Le sue labbra presero a muoversi quasi da sole.
 
“A me…piaceva quell’uomo che mi ha aiutata a ristrutturare la chiesa. Perché, dopotutto, non aveva intenzioni così diverse dalle mie. Ma quello stesso uomo aveva il nome di Rufus Shinra. Così stanno le cose.”
 
Gli rispose così, di getto.
 
Strinse le spalle con le mani, avvertendo un forte gelo addosso.
 
 
 
 
Amava un uomo incarnato in due completi estranei. Uno che amava e uno che odiava.
 
Quale dei due era vero?
Quale dei due l’aveva soggiogata?
 
 
 
 
Reno, dal suo canto, si ritrovò ad osservarla. In parte la comprendeva, in parte per nulla. Tifa era una donna che gli era sempre piaciuta.
Non solo per le sue belle curve, come scherzava con Rude. Tifa era tosta, determinata. Sebbene con atteggiamenti non sempre cortesi, aveva sempre dimostrato di dare il cuore per tutto ciò che aveva di più caro.
 
“Reno…dopotutto ti devo ringraziare, mi sa.” Disse all’improvviso Tifa, sorridendo, leggermente malinconica. “Non so se sia stata un’esperienza più piacevole che altro, però…so che un po’ mi mancherà.”
 
“Bah! Certo che sei strana..!” le disse lui sentendosi leggermente in imbarazzo.“Ti conviene allora spendere due parole anche al boss o potrei sentirmi troppo coinvolto!”
 
“Cosa dovrei mai dirgli?” gli rispose irritata. Supponeva che Reno sapesse perfettamente che non potesse più avvicinarsi a lui.
 
Giusto o no che fosse, gli aveva voltato le spalle.
 
Lei non avrebbe mai potuto fidarsi di lui. Lui non avrebbe mai potuto fidarsi di lei.
Non erano fatti per stare assieme.
 
“Che ne so. Voi femmine siete brave con le parole. Siccome andrà via presto, pensavo avessi qualcosa da dire.”
 
A quelle parole, Tifa sgranò gli occhi.
 
“Rufus partirà?”
 
Reno annuì.
 
“Ovvio. Oramai ha gettato le carte in tavola e ha perso. Un buon giocatore sa quando è ora di pagare il conto e andare via.”
 
Ma Tifa non riuscì più a prestare la dovuta attenzione a Reno.
 
 
Rufus stava andando via. Questo significava che non lo avrebbe più rivisto. Questo significava che la coltre di nebbia sarebbe andata via con lui.

Rufus…sarebbe sparito? E con lui, anche ogni momento passato assieme? Ogni timore, ogni certezza?

 
Lo sapeva. Lo sapeva fin dall’inizio, dopotutto, che sarebbe andata a finire così.
Nel nulla più assoluto della sua mente, si era aggrappata ad un filo che non l’avrebbe mai potuta sorreggere.
Aveva costruito delle forti basi nella sabbia e tutto era inevitabilmente crollato.
 
Perché loro non avrebbero mai potuto stare assieme.
 
“Quindi…parte.” Ripeté con voce bassa.
 
“Sì.” Annuì di nuovo, distrattamente.
 
“Avrei la possibilità di incontrarlo lì, in azienda?” chiese.
 
Doveva dirgli qualcosa, che non avrebbe mai potuto funzionare.
Dirgli che probabilmente quello non era amore, e che era meglio per tutti quella situazione.
 
Anche se erano una bugia…
Sporche e comode bugie…
 
Anche solo per poter litigare con lui, un’ultima volta…
Anche solo per potersi riflettere nei sui delicati eppure pungenti occhi blu, ancora un’ultima volta.
 
“Prova, non si sa mai. Però è un po’ imprevedibile, lo sai com’è.”
 
Tifa annuì appena per poi chinare lo sguardo.
Forse era giusto che finisse tutto lì, nell’agenzia dove lo aveva imparato a conoscere.
 
***
 
Quella stessa mattina non era solo Tifa ad essere irrequieta.
Un biondo ragazzo dai capelli a punta leggeva il giornale frettolosamente, sfogliando le pagine fino a strapparle quasi.
 
“Se ti ci metti anche tu, sarai più d’intralcio che di aiuto, lo sai?” disse Aerith poggiando un vaso pieno di fiori sul tavolo.
 
Erano entrambi da soli a casa della ragazza. La bella fioraia cercò di far calmare il biondo, ma non ci fu verso. Già era complicato avere a che fare con Cloud. Se in mezzo c’era anche Tifa, la situazione diveniva addirittura insostenibile.
 
Cloud Strife, al contrario di Tifa, aveva seguito accuratamente il susseguirsi delle vicende che erano ruotate attorno al caso dell’ex- presidente Shinra.
Era adirato perché non poteva sopportare che quell’uomo arrogante e meschino avesse messo le mani addosso a Tifa.
Sebbene si fosse più volte scontrato con lui, non aveva ancora avuto modo per farsi sentire in modo soddisfacente.

 
Per di più ora stava per andare via e sparire per sempre.
Voleva che si levasse di torno, certo, ma non in quelle circostanze.
 
Non poteva andarsene così dopo quel che gli aveva fatto passare, sopratutto con Tifa.
Guardò Aerith che sembrò felice di essere finalmente ricambiata.
 
“Che ore sono?” le chiese.
 
“Sono le 7:00. Sei venuto parecchio presto, stamattina. Infatti, io…”
 
Cloud la costrinse ad interrompersi perché si alzò di scatto dalla sedia e, infilando un giubbotto in pelle, uscì senza dire una parola.
 
Aerith lo guardò a bocca aperta.
Quel ragazzo era davvero così problematico.
Si affacciò appena fuori dalla porta mentre lo vedeva andare via.
Una volta sparito del tutto, prese posto sulla sedia dove era seduto il biondo fino al minuto prima e prese a sfogliare il giornale.
 
Sospirò. Sebbene la critica ci fosse andata decisamente pesante, con le parole d’accusa nei suoi confronti, non era ben capace di giudicare. In quel momento l’unica cosa che la preoccupava erano i sentimenti di Tifa.
 
Aveva corso un grande pericolo nell’inoltrarsi in quell’ambiente da sola e vedere Rufus inginocchiarsi per il suo bene era stato un qualcosa che non si sarebbe mai aspettata di vedere da parte dell’ ex-presidente della Shin-Ra.
 
Tuttavia quel che era accaduto…quel gas nelle condutture…
Avevano comunque dimostrato la sua grande scaltrezza.
 
Aerith prese in mano il cellulare e guardò fisso lo schermo.
 
Cosa mai avrebbe potuto dire a Tifa?
Se l’amica le avesse chiesto un consiglio, cosa le avrebbe dovuto dire?
 
Seguire il cuore in certi momenti della vita era complicato. Ma Tifa amava Rufus. Quell’uomo, dopotutto, si era guadagnato il suo rispetto.
 
In quel momento si decise finalmente a premere i pulsanti del suo telefono e chiamò al Seventh Heaven, ma non ottenne risposta.
 
“Tifa…” disse fra sé.
 
 
***
 
 
Quella mattina, Rufus era venuto in azienda fin dalle primissime ore del giorno.
 
Guardò il suo ufficio.
Era ben illuminato, come pronto a far partire l’azienda, come ogni giorno.
Ma quel giorno Rufus non avrebbe aperto.
 
L’azienda era al momento chiusa e sarebbe tornata in moto solo quando lui se ne sarebbe andato via.
 
Per certi versi si ritenne persino fortunato.
Aveva delle persone in gamba attorno a sé e i suoi avvocati, profumatamente pagati, erano stati abili nel divincolarlo da quella situazione così sfavorevole.
 
“Mi chiedo se sono ancora qualcosa all’infuori di questi…” Disse guardando i suoi libretti di assegni.
 
Stava facendo così tanto per Edge che spesso chiedeva a sé stesso come facesse a far tornare i conti.
Fiumi di soldi sparivano come un niente, e nonostante questo, si ritrovava sempre punto e accapo.
 
Nessuno gli aveva mai riconosciuto nulla.
 
Si poggiò appena sulla scrivania ed incrociò le braccia.
 
Sapeva che gli sarebbe mancato tutto quello.
 
Dalla penombra fuori l’ufficio poi, intravide la porta aprirsi. Con un gesto lento, ma deciso.
Il dark nation si mise subito in difesa, cominciando a digrignare i denti minaccioso.
 
“Allontana da me quel mostro o non avrò scrupoli nel colpirlo.” Disse secco il giovane uomo che si presentò di fronte a lui.
 
Rufus accarezzò appena il capo del dark nation e questi subito si sistemò alle spalle di Rufus, continuando comunque a ringhiare.
 
“Strife. Non saprei dire se questa sia una visita piacevole o meno, vista la mia attuale situazione.” Disse sarcastico.
 
“Mi sembra tu abbia poco da ridere, visti i pessimi rapporti che hai con la maggior parte delle persone.” Rispose lui freddo.
 
In tutta risposta, Rufus rise appena, trovando irritanti quelle parole. Purtroppo, però, erano vere.
 
“Cos’è che vuoi?” gli chiese, preferendo tagliare corto. “Le tue visite non sono mai di piacere. Nel caso…accomodati.”
 
Indicò con gli occhi la sedia in pelle, ma Cloud non gli diede affatto corda.
Gli si avvicinò e fulmineo lo afferrò per il colletto della camicia.
Rufus rimase a guardarlo, in silenzio, con fare indifferente.
 
“Tu sei proprio una merda.” Disse Cloud, vedendolo così disinteressato. “Dietro tutto questo ci sono stato io! Quel qualcuno che ha voluto regalare alla sua amica il giocattolo che tanto desiderava sono stato io. Ma quel ‘giocattolo’ era la speranza di rendere felici delle persone e tu, maschino quale sei, ne hai approfittato.” Avvicinò Rufus a sé. “Questo non te lo perdonerò mai.”
 
Rufus, dal suo canto, non disse una parola.
 
Non ritenne opportuno spendere del tempo a spiegare a Cloud mesi di lavoro dove, anche con la sua preziosa Tifa Lockheart, era successo di tutto.
 
Cosa mai avrebbe potuto capire solo da poche parole?
 
No…
Ne Cloud, ne nessun altro avrebbe mai potuto comprendere ciò che c’era stato fra loro.
 
L’alchimia che si era generata dopo tanti contrasti e disaccordi.
 
Sarebbe stato inconcepibile per chiunque. Per chiunque tranne che per loro che avevano vissuto sulla loro pelle tutto quello, passando entrambi per quello stato di inquietudine, di incertezza, di odio…fino a capovolgere totalmente quegli stessi sentimenti, che inspiegabilmente però continuavano a legarli.
 
Sì, perché l’avversione e le loro diversità erano quegli stessi elementi che invece li avevano portati a legarsi.
 
Solo lui e Tifa avrebbero potuto ricordare quei mesi, consapevoli di ciò che lentamente era cambiato fra loro. In verità con una spontaneità illogica, questo sì.
Ma il tutto in modalità così naturali che persino loro non se ne accorsero subito.
 
 
Rufus…si era innamorato di Tifa. Realmente.
 
 
Lui che non aveva amato nemmeno i suoi genitori, aveva amato lei. La sua “ex-nemica”.
 
La ragazza del suo nemico.
 
Il membro AVALANCHE che aveva cercato di uccidere in una camera a gas come capro espiatorio.
 
La ragazza che lo aveva sempre guardato con odio.
La ragazza che non faceva che rinfacciargli i mali della Shin-Ra.
La ragazza che aveva dato un senso alla sua voglia di ‘rinascere’ e di essere un nuovo Rufus Shinra.
La ragazza, il cui bacio, il cui sguardo, il cui corpo, la cui mente, lo avevano ammaliato, più di quanto lui stesso non fosse capace di fare con gli altri.
 
Tifa lockheart…un solo nome. Una donna come tante.
E che invece aveva fatto tutto questo.
 
Si ritrovò così a sorridere.
 
Intanto Cloud sbottò.
 
“Cazzo, dì qualcosa!” disse spazientito, scaraventandolo via.
 
Rufus emise diversi colpi di tosse.
Non aveva preso i suoi medicinali, quella mattina, e il colpo di Cloud, sebbene non particolarmente violento, era stato sufficiente per smuovere la sua salute cagionevole.
 
“Cos’è che vuoi sapere, Strife? Se mi sono divertito con la tua amichetta? O magari… vuoi sentirmi dire che la amo?” gli disse beffardo, ma Cloud non stette fermo nel vederlo sogghignare e gli sferrò un colpo immediatamente.
 
Rufus barcollò.
Tuttavia non reagì, si limitò ad osservarlo con i suoi gelidi occhi azzurri.
Cloud era furente di rabbia nei confronti di quell’uomo, si chiedeva cosa lo trattenesse nel colpirlo ancora e distruggere ciò che aveva creato in quell’azienda.
Ma ancora di più, ciò che lo mandava in escandescenza, era che si trattava di Tifa.
Era di lei che stavano parlando e mai avrebbe dovuto permettere che uno come lui le si avvicinasse.
 
“’È di Tifa che stai parlando! Non dimenticartene mai! Quella stessa che ora ti ha gettato nella polvere! Non mi risulta che uno che vuole giocare si lasci far cadere da un pupazzo!” gli urlò con gli occhi pieni di rabbia.
 
Rufus era un vero diavolo. Un uomo senza scrupoli. Un uomo che stentava a credere che potesse riuscire ad ingannare persino una donna come la sua amica d’infanzia.
 
Tuttavia era ben conscio di ciò che lui provava per lei.
Perché Cloud si era perfettamente reso conto dei sentimenti che Rufus nutriva nei riguardi di lei, Tifa.
 
Rufus infatti non aveva esitato, nemmeno un istante.
Non aveva giocato la sua carta vincente, il suo asso nella manica.
 
Aveva invece gettato le carte in tavola ammettendo la sconfitta.
Ammettendo di preferire l’incolumità di lei alla sua rovina.
 
Gli sferrò un pugno che Rufus riuscì a deviare, questa volta.
Fece frettolosamente un veloce cenno al suo Darkie perché non attaccasse il biondo.
Al suo posto, fu lui stesso a girarsi di scatto e a colpire in pieno viso Cloud il quale si ritrovò quasi a terra.
Solo allora Rufus gli mostrò le nocche delle dita, facendogli vedere il tirapugni di ferro che aveva con se.
Cloud si pulì la bocca guardandolo con disprezzo, ma in qualche modo felice di potergliele suonare ‘alla pari’.
Rufus mantenne un atteggiamento freddo.
Questa volta non si lasciò andare al suo solito modo di fare beffardo. Fu pronto a ricevere il contrattacco di Cloud, che fermò prontamente, nonostante non fosse abile nel combattimento come lui.
 
I due continuarono a farsi guerra, attraverso pugni e giochi di sguardi minacciosi.
 
Alla fine, sfiniti, ed entrambi col sangue alla bocca, si guardarono in cagnesco.
 
Rufus poggiato contro il muro, piegato quasi a metà, ansimante.  
I suoi capelli solitamente perfetti, ora ricoprivano buona parte del viso.
Cloud invece era premuto contro la scrivania, contornato da tutte le carte di lavoro del biondo presidente, oramai inesorabilmente in disordine.
 
Dopo il lungo momento in cui stettero a guardarsi, senza dire una nulla, fu il ragazzo dai capelli a punta a prendere parola.
 
“Ti disprezzo…”
 
“Lo so, Strife.” Rise Rufus, ancora affannato.
 
I due non spezzarono quel contatto visivo per nessun motivo.
 
D’improvviso Rufus vide Cloud chinare il viso e fare per rimettersi in piedi. Il presidente sentì di poter abbassare la guardia anch’egli, così lo imitò e si sollevò anche lui.
Il ragazzo dai capelli a punta gli diede le spalle e stette in silenzio per qualche attimo, poi girò il viso e lo guardò in cagnesco.
 
“Falla soffrire ancora… e sappi che sarò la tua persecuzione una vita intera.” Gli intimò. Rufus sapeva che non scherzava affatto.
 
Dapprima sorpreso per quelle parole, il presidente quasi subito ne afferrò il loro senso.
Chiuse gli occhi e chinò il capo. Poi rise leggermente. Per qualche motivo, quelle parole gli avevano fatto piacere, in un certo senso.
Tuttavia…oramai era troppo tardi.
 
I suoi occhi tornarono a incrociarsi con quelli del biondo.
 
“Suppongo questo sia il momento degli addii.” Gli rispose, poi lo guardò. “Non avremo il tempo di perseguitarci a vicenda, Strife.”
 
A quel punto si inoltrò nell’ombra, al di la della scrivania, e vi prese posto. Poggiò i gomiti sui braccioli e girò la sedia per rivolgerla verso la grande vetrata che affacciava su tutta Edge. Sebbene le veneziane abbassate, riusciva ad intravederla abbastanza bene.
 
“Domani partirò. Tifa non lo sa. Non lo sa quasi nessuno. Così chiuderò questo lungo capitolo.” concluse.
 
“Così fuggi con la coda fra le gambe, Shinra?” Lo provocò Cloud.
 
“Forse…” ammise Rufus, non mancando questa volta del suo innato sarcasmo.
 
 
 
Tifa avrebbe sofferto?
Forse sì.
 
Ma il dolore sarebbe stato lenito, prima o poi.
 
Rufus, rimanendole accanto, non avrebbe fatto altro che rendere la voragine nel suo cuore sempre più profonda fino a separarli in maniera irrimediabile.
 
Non avrebbe mai preteso che lei lo seguisse.
E questo al di la di come erano andate a finire le cose.
 
 
 
 
 
Tifa…
Sembra imbarazzante pensare certe cose, ma il mio cuore si è inaspettatamente aperto a te.
 
Non avrei mai potuto credere che potesse succedere anche ad un uomo come me.
Un uomo che non ha mai dato grossa importanza a certe cose.
A certe cose…come l’amore.
 
 
 
Nonostante le nostre rispettive divergenze, il mio lato sentimentale, che credevo oramai morto, ha creduto potesse funzionare.
Il mio orgoglio mi ha spesso portato a dire che stavo solo ‘giocando con te’.
Che ci siamo ‘divertiti’, che è stato un ‘momento’.
 
Tuttavia, posso prendere in giro persino me stesso fino a questo punto?
 
 
 
Ti amo.
 
 
 
Sì…
Perché nonostante tutto…io continuo a desiderarti incessantemente.
 
 
 
Entrambi abbiamo amato condannare le nostre vite a vicenda.
Entrambi inspiegabilmente non siamo riusciti a capire cosa stesse succedendo, eppure è successo.
 
Ed è per questo…che me vado.
…Ti amo a tal punto da preferire lasciarti andare.
 
 
 
Dio, non avrei mai creduto di poterlo fare.
Io che ho sempre lottato per avere a tutti i costi ciò che desideravo. Qualunque cosa essa fosse.
 
Invece, ecco che me ne vado e ti lascerò per sempre.
Perché riconosco che saresti più felice senza di me.
 
 
Il mio cuore è a pezzi.
Sento come se avessi perso una parte di me.Una parte che credevo perduta, oppure che non fosse addirittura mai esistita.
E quella parte l’avevi composta tu.
L’avevi composta in un uomo che ha costruito la sua intera esistenza lontana dai sentimenti e non conosceva niente di tutto questo.
 
 
Per questo…preferisco lasciarti.
 
Niente addii, niente parole…
Voglio conservare per sempre il tuo ricordo, e spero che anche tu possa conservare il mio.
Almeno quel poco di buono che riuscirai a ricordare, eh, eh…
 
 
 
Sembra che io non sia destinato ad avere qualcuno accanto…
 
 
 
Addio.
 
 
 
 
***
 
Cloud si inoltrò fuori l’azienda, e si ritrovò presto a ciondolare per il viale di ghiaia che la contornava.
Aveva ancora la mente assorta nei suoi pensieri quando in lontananza, nei pressi del cancello, vide Tifa.
 
Tifa era ferma e sembrava averlo già notato da un po’.
Si avvicinò alla lucente moto nera dell’amico e attese che Cloud la raggiungesse.
 
“Tifa.”
 
“Ciao, Cloud.” Si fermò. “Ehi…ma che ti è successo?” disse vedendogli la faccia segnata dai lividi.
 
“Niente. Lascia stare” tagliò corto lui, ovviamente
 
Tifa portò con le dita una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Cloud era sempre così, inutile insistere.
Poi gli si rivolse con fare leggermente esitante.
 
“Rufus è qui, vero?” chiese. “Ho parlato con Reno, mi ha detto che forse sarebbe venuto.”
 
Cloud sembrò tentennare, poi sospirò appena e, montando sulla moto le rispose.
 
“Non c’è. Suppongo abbia il suo bel da fare. Avrai sentito in che casino si è cacciato.”
 
Cloud preferì mentire.
 
Sapeva benissimo che Rufus era nel suo ufficio, ma non era sicuro che incontrarlo sarebbe stata la cosa migliore per Tifa.
Tifa sembrò quasi capire che Cloud gli stesse nascondendo qualcosa, ma Tifa non aveva visibilmente voglia di indagare oltre.
 
“In verità no..” disse lei. “Non ho avuto il…cioè, non ho trovato il tempo per informarmi molto.” Poi aggiunse. “Immaginavo non fosse qui, non avrebbe nemmeno tanto senso.”
 
Cloud annuì appena.
 
“Vuoi un passaggio?”
 
La ragazza scosse la testa, sorridendogli. Lasciò dunque il ragazzo per la sua strada.
 
Nel cuore, avvertiva ancora una forte pesantezza.
Tifa aveva lasciato andare Cloud senza indagare troppo perché era fin troppo evidente il perché fosse giunto in azienda a quell’ora e proprio quel giorno.
Le sue azioni avevano spiegato più delle parole.
Che Rufus fosse davvero lì o meno, non lo sapeva. Poteva immaginare, però, cosa avesse spinto Cloud a mentirle, nel caso.
Non trovò il coraggio di entrare.
 
Ritornò così al Seventh Heaven, scossa e all’improvviso uno strano tremolio la pervase.
 
“Stu…stupida! Che mi prende?” disse a sé stessa, portando una mano sulla fronte, e in quel momento si rese conto di non essere sola in casa.
 
Marlene era seduta su uno dei divani del bar. Tifa la guardò con gli occhi sgranati mentre lei faceva per chiudere un libro per bambini e dirigersi verso di lei.
Tifa rimase immobile, poi all’improvviso si smosse e si rivolse alla ragazzina.
 
“Marlene..! Non sapevo fossi in casa.” disse, attonita.
 
La piccola la guardò quasi infastidita.
 
“Io leverei quella faccia fossi in te.” Le disse.
 
“Quale faccia?” chiese negando l’evidenza.
 
Tifa si sforzò di sorridere e fece per dirigersi ai piani superiori, dove era la sua camera da letto. La voce di Marlene la bloccò.
 
“Papà non mi ha voluto dire niente, ma la Tifa che conosco io è la persona che ha sempre saputo dirmi cosa fare quando avevo paura di sbagliare.” Alzò gli occhi e Tifa la ricambiò girandosi verso di lei. “Quindi sappi che io penso che tu sia capace di fronteggiare qualsiasi cosa! Non so che cosa succede a voi grandi, ma so chi sei! Quindi non essere così triste.”
 
Gli occhi di Marlene di colpo si fecero umidi. Era fin troppo ovvio che la bambina, vivendo con Tifa da quando non aveva nemmeno quattro anni, avesse imparato a conoscerla. Negli ultimi mesi era stata così distante. Il lavoro l’aveva sommersa e Rufus…
Non aveva avuto il tempo di pensare a quelle persone così care come, appunto, la dolce figlia di Barrett.
 
Tifa si inginocchiò di fronte a Marlene e l’abbracciò con un gesto così saldo che la piccola se ne sorprese.
 
“Marlene...” sussurrò. “Non sono la persona forte che credi. Ci sono cose…difficili. Ci sono cose difficili da fare.”
 
Marlene ricambiò il suo abbraccio.
 
“Ma tu fai tante cose difficili…” le rispose.
 
“Pensi che potrei riuscire sempre?” le chiese quasi ingenuamente. Era come se una parte di lei volesse le parole innocenti di un bambino. Aveva il forte bisogno di qualcuno che le dicesse che avrebbe trovato la forza per affrontare qualsiasi situazione.
 
“Certo!”
 
Marlene le sorrise e allora anche Tifa la ricambiò. La giovane si sorprese di vedere quella che considerava quasi una super eroina, scoppiare a piangere.
 
Era solo un inganno della sua mente che Rufus fosse sparito dalla sua vita.
 
Sebbene le cose non fossero andate verso un lieto fine, avrebbe voluto trovare tanto la forza di parlare, di trovare quelle parole giuste che al momento le sfuggivano completamente.
 
Quella bambina, però, la fece quasi sentire più forte. Sentì che forse valeva la pena per davvero sentirsi potenti e sicuri per non crollare.
 
Non esisteva un modo giusto per dire addio a Rufus, o per guardarlo negli occhi senza paura.
 
Tifa si riabbandonò in quel dolce abbraccio, sperando per davvero che quelle lacrime facessero sparire il lato insicuro di sé per far spazio ad una Tifa ‘rinata’.
Sperava che potesse per davvero essere la donna che vedeva Marlene e che fosse solo lei a non rendersi conto di quanto fosse forte in verità.
 
Dall’angolo delle scale, intanto, Barrett stava guardando la scena.
Era irritato, eppure inquieto e triste nel vedere Tifa in quello stato.
Vedendola con Marlene, aveva preferito non intervenire. Del resto, Marlene, la sua bambina, forse aveva trovato persino delle parole migliori delle sue.
 
Osservò Tifa, quella ‘bambina’ che vedeva quasi come una figlia, e gli sembrò strano quanto soffrisse per quell’uomo, Rufus.
Nei giorni che erano passati dall’attacco all’azienda, l’aveva vista apatica e disinteressata, sebbene si fosse sforzata molto per nascondere il suo forte disagio.
 
A Tifa…piaceva per davvero ‘quello’?
Non poteva accettarlo, assolutamente!
 
Avrebbe tanto voluto ritrovarselo davanti per fare di lui una poltrona da mettere in salotto come trofeo.
 
Ma Tifa gli voleva bene. Lei voleva parlargli.
Probabilmente, sapeva anche del suo fallimento.
Sebbene non avesse seguito i notiziari con loro, probabilmente aveva già intuito che per lui la situazione non era affatto facile.
 
Barrett abbassò lo sguardo e si rese conto che avrebbe dovuto fare un passo indietro.
Non era quello, purtroppo, il momento in cui chiedere spiegazioni. Non era quello il momento per sapere cosa era accaduto e cosa provasse Tifa.
 
***
 
Era stato così che, quello stesso pomeriggio, Tifa aveva deciso che sarebbe andata da lui. A casa sua, ad Healin. In azienda non ci era riuscita e alla fine era andata via non trovando il coraggio di affrontarlo.
 
Tuttavia aveva bisogno di guardarlo in faccia per l’ultima volta, o di tentarci almeno.
 
Incoraggiata da Marlene, aveva ritrovato la forza per rialzarsi e comprendere che Rufus non poteva sparire così dalla sua vita.
 
 
[…]
 
 
….e Rufus era effettivamente lì.
 
Tifa era entrata e, trovando la porta aperta, se lo era trovato dinanzi, intento a sistemare casa.
 
Guardandosi attorno, notò i tanti pacchi posti all’ingresso.
Rispetto l’ultima volta che aveva visto casa di Rufus, ora dava un’impressione completamente diversa.
 
Era vuota, senza quel tocco che la rendeva una casa moderna e perfetta per uno come lui.
Non c’era più nulla, gli scaffali erano vuoti, e vi erano tanti scatoloni d’imballaggio.
Sul suo volto si disegnò una nota di malinconia e capì che quel che stava vedendo rispecchiava la realtà dei fatti: Rufus stava per davvero lasciando Edge.
 
Vedere tutto questo con i suoi occhi le fece affrontare la realtà in maniera così tangibile, che Tifa si sentì quasi presa alla sprovvista.
 
Rufus intanto era lì, a fissarla, in parte sorpreso, in parte curioso.
Non si fece molte remore nel rivolgersi a lei.
 
“Tifa. La tua visita mi lascia senza parole. In tutti i sensi.” Poggiò una mano sul comodino che aveva affianco a sé. “Sul serio. Mi chiedo il perché di questa tua visita.”
 
Rufus non si avvicinò, come era abituata a vederlo fare, né le sorrise o prese a beffeggiarsi di lei.
Il tono della sua voce era ironico, ma assolutamente serio e senza alcuna voglia di fare inutili giri di parole.
Tifa posò nuovamente lo sguardo sugli scatoloni, poi, gli si rivolse.
 
“Ho saputo che vai via.” Tentennò un attimo. “Per questo sono qui.”
 
I suoi occhi si andarono a incrociare con quelli del ragazzo, che sembrava per davvero non comprenderla.
Accattivante, lui prese a camminare verso di lei, con quel suo atteggiamento irritante e irresistibile.
 
“Sii sincera, tesoro. Cos’è che ti aspettavi, venendo qui? Pensavi avessi voglia di parlarti? O che…avessi qualcosa da dirti?” sorrise appena. “Gli addii di circostanza mi sembrano inutili, se non irritanti, Tifa.”
 
“Addii di circostanza? Che vai dicendo!? Ovvio che sarei venuta, non ti sembra?” gli rispose con toni alti, risentita da quell’atteggiamento e da quelle parole.
 
“Perché dovrei aspettarmi i tuoi saluti? Tu che non mi hai lasciato nessuna scelta, d’avanti alla tua folle azione!”
 
Rufus sembrò rispondere assolutamente irritato, come raramente lo aveva visto fare. Non aveva un volto costruito, ma era sincero. Era sinceramente arrabbiato.
 
“Ti avrei messo io con le spalle al muro, adesso?” gli urlò lei di getto. “Sarò stata anche impulsiva, ma non è colpa mia! Tu avevi una scelta! Per la tua cara Shin-Ra, potevi benissimo lasciar…”
 
“Non c’era una scelta.” La interruppe lui fermo, guardandola dritto negli occhi.
 
Il suo sguardo era glaciale e distante come non mai.
A Tifa sembrò quasi come trovarsi davanti ad uno sconosciuto.
 
Anzi no.
 
Conosceva quel tipo di sguardo, da parte sua.
Era lo sguardo che aveva sempre visto dietro il suo volto beffardo e arrogante. Lo sguardo di un uomo che si era sempre rifiutato di sbattere la testa a terra.
 
Rufus adesso era crollato, ma non era ancora capace di chinare il capo. Non era capace di mostrare a Tifa l’orgoglio della sua famiglia vacillare.
 
Il biondo fece per prendere una valigia posta vicina a lui, ma un improvviso capogiro lo fece un po’ traballare. Lei lo affiancò immediatamente.
 
Notando lo sguardo di Rufus perplesso, che la guardava sistemandosi dopo quel piccolo malore, Tifa si rese conto di quel che aveva fatto e si sentì a disagio.
 
Lei si preoccupava ancora molto per lui.
 
Chiuse la bocca stringendola quasi come una morsa.
Avrebbe voluto dirgli di prendersi più cura di sé. Voleva dirgli di consultare un dottore che non gli desse medicinali così potenti…o forse, desiderava solo dargli le sue solite ‘strigliate’.
Perché avrebbe tanto voluto che sapesse quanto pensasse ancora a lui.
 
Rimasero di fronte l’uno all’altra per un po’, distogliendosi a vicenda lo sguardo.
 
“Lo sai, no? Lo sai che non abbiamo più granché da dirci.” Le disse, con voce rauca, lui.
 
Tifa annuì, continuando a tenere il capo chino.
 
“Io…ho saputo che eri qui, in attesa di sistemare le cose in azienda.” Disse, poi.
 
Rufus annuì e abbozzò sulle labbra un aspro sorriso.
 
“Sistemare le mie cose, ah? Cosa dovrei sistemare più in azienda?”
 
Tifa lo guardò perplessa. Rufus strinse le spalle trovando Tifa persino divertente.
Lei si accorse di questo suo atteggiamento e se ne risentì.
 
“Qui è tutto pronto, oramai. Anzi, levarmi di torno è stato semplicissimo.” Riprese a parlare il biondo. Guardò Tifa e quasi la costrinse a ricambiarlo. “Da come sono andate veloci le cose, suppongo che la mia assenza giovi a molte persone. Ah, ah!” disse, non trattenendo, alla fine, una risata maligna. Una risata che racchiudeva tutta l’amarezza della frase da lui stesso pronunciata.
 
“Smettila! Come puoi parlare così! Con tanta gente che ha creduto nei progetti fatti!” gli urlò lei, stanca di quelle parole.
 
“Come te..?” gli rispose lui fulmineo.
 
Lo sguardo di Rufus era sempre può sinistro e il suo sorriso era irritante e pungente.
Tifa sentì molte sensazioni invaderla, in quel momento. Prese a tremare.
 
“Sei....” disse con tono basso. Poi urlò. “ Sei stato solo vittima di te stesso! Ora non puoi prendertela se qualcuno ti biasima!”
 
Il presidente la guardò con sprezzo. Si chiedeva come Tifa potesse dirgli quelle parole. Lei che sapeva i dietro le quinte più di chiunque altro.
Non stette a rifletterci troppo, comunque.
 
Si avvicinò all’imboccatura delle scale, allontanandosi da lei.
 
“Inutile parlare, allora. Piuttosto rasserenati, domani non sarò più un tuo problema.” Disse secco avviandosi all’ingresso.
 
Tifa si girò di scatto.
 
“Perché domani?” gli chiese, leggermente sulla difensiva.
 
Rufus rise di nuovo.
 
“Non te l’hanno detto? Domani vado via da qui.”
 
A Tifa le si gelò il sangue.
Tutta la cattiveria che li per li aveva nutrito per Rufus all’improvviso sparì.
 
 
Rufus partiva così presto?
Non l’avrebbe più rivisto..?
Era il loro ‘addio’ , quello?
 
La sua vita… sarebbe tornata definitivamente quella di sempre…
 
Tutto sembrò sparire.
 
Sia Rufus che Tifa si abbuiarono. I loro occhi si spensero e, con essi, anche ogni loro emozione, sebbene i loro rispettivi cuori battevano più forte che mai, consapevoli che quello non fosse l’epilogo giusto della loro storia.
 
“Allora… per davvero non abbiamo più molto altro da dirci.” Gli disse lei, infine.
 
“Eh, già...” le rispose lui, e sospirò.
 
 
[…]
 
 
Ecco che la vita prendeva ancora una volta una piega diversa.
 
Rufus, un uomo di grande ambizione, per l’azienda e per se stesso, pur di non preferirsi morto si era rialzato e si era fatto avanti. Era stato pronto a redimersi e ricominciare in qualche modo. Eppure niente gli aveva negato quel terribile destino a cui sarebbe inesorabilmente andato incontro.
 
Tifa aveva cambiato, in qualche modo, le cose.
Si erano scontrati e lui aveva fatto di tutto per demolirla. Ma, forse, a furia di colpirla, qualcosa invece si era scalfito. Forse persino più in lui che in lei.
 
L’amore e l’odio.
Erano stati entrambi i fattori.
 
Era stata un’inesorabile conseguenza?
O faceva parte anche quello del gioco?
 
Loro erano solo un ex-presidente e una ribelle avalanche. Cosa c’era da illudersi?
 
No…
Non si possono cambiare le regole di gioco.
Una partita può essere migliore di un’altra. Ma le regole rimangono sempre le stesse.
 
Invece, ironia della sorte, quello stesso inganno avrebbe portato nuova sofferenza e devastazione.
Avrebbe portato altra solitudine per quello stesso gioco che avevano accettato di fare pur sapendo del pentimento in agguato.
 
 
“Rufus…provi la stessa cosa?”
 
 
Altrove, Rufus era nel buio della sua casa proprio come Tifa. A riflettere. Forse…aveva persino paura.
 
Paura verso il futuro. Avvertì di nuovo quell’inquietante sensazione che lo faceva sentire in colpa di essere ancora vivo.
Portò le mani sul capo, rannicchiato in quell’angolo di casa.
In realtà, c’erano tante cose che balenavano nella sua mente, in quel momento.
Forse per via della sua giovane età, o della sua testa piena di idee spesso assurde. Ma aveva la sensazione in corpo che, invece, non era così che dovevano andare le cose.
Una parte di sé si convinceva sempre di più che era un illuso a credere che quella situazione era più grande di lui e che sarebbe stato molto meglio non dirsi nulla più.
Rufus volle credere a questo.
Tuttavia riconosceva che in quel momento egli stava ingannando persino se stesso.
 
Nello stesso tempo, Tifa alzò gli occhi al cielo, nel buio della sua stanza.
 
 
“Io…cosa provo, invece?”
 
 
Tifa scosse la testa, cercando di prendere sonno. Ma era anche quella una copertura. Era ancora vestita, con canotta bianca e gonna corta nera. Non c’era da prendere in giro nessuno. Non aveva bisogno di dormire.
Così come non aveva bisogno di tutto quell’odio.
 
Quell’odio…
Quello che provava per Rufus….
 
Era solo una convenzione.
 
Lo odiava perché era convenzione che fosse così. Perché le saliva il cuore in gola se diceva il contrario.
Ma, del resto, quando mai le cose giuste erano state anche le più facili da accettare?
 
Alzò lo sguardo verso l’orologio e lesse che erano già le cinque di mattina.
Eppure era ancora buio.
 
Si alzò e si diresse fuori.
 
Mentre guardava le strade deserte e sentiva sulla pelle l’aria di primo mattino, si sentì quasi stupida di trovarsi lì. In quel momento.
 
“Rufus…chissà se sei già andato via..” si chiese, con voce bassa.
 
Sorrise, sentendo quasi che, una parte di sé, fosse pronta a correre a casa sua, alla stazione, stesso a Junon…pur di dirgli quello che davvero voleva dirgli.
 
Tentennò un attimo e avanzò di qualche passo, ma il suo super-io era così potente che la fece bloccare.
 
Lentamente, si diresse di nuovo al Seventh Heaven.
Mentre faceva per chiudere la porta, un malessere interiore la pervase nuovamente. Tuttavia sigillò nuovamente i suoi sentimenti nel suo cuore e rientrò.
 
 
[…]
 
 
“Tifa! Svegliati!”
 
“Eh? Co…sa?”
 
Tifa aprì gli occhi. Si era addormentata sul divano e affianco a lei c’era Aerith. Sembrava preoccupata. Difatti l’aveva svegliata piuttosto bruscamente.
 
“Guarda che Rufus sta andando via! L’hanno detto prima in televisione!” le urlò.
 
Tifa aveva ancora la vista annebbiata ma, a quelle parole, subito si smosse una reazione.
Guardò l’amica con gli occhi sbarrati e l’espressione tipica di chi non crede alle proprie orecchie.
Di colpo però ritornò mogia e poggiò nuovamente la testa sul bracciolo del divano.
 
“Cosa dovrei fare?” disse con tono spento.
 
“Non credo a quello che sto sentendo!” disse Aerith, disapprovandola enormemente. “Io non sono allenata come te e rischierei un collasso, ma se fossi in te sarei corsa a dirgli qualcosa!”
 
Tifa la guardò a malapena. Sentiva una forte apatia in corpo.
 
“Per dirgli cosa, scusa? Mi odia…e io odio lui.”
 
La ragazza in rosa si alzò.
 
“Non ci credo!”
 
“Cosa non credi?”
 
Aerith portò le braccia sul petto e le incrociò.
 
“Se lo pensassi davvero, saresti già corsa a dirglielo!”
 
“Perché mi dici questo?” il cuore le prese a battere forte. Poi di colpo, sbottò. “Credi forse che sia impazzita? Ovvio che vorrei urlargli contro ancora parecchie cose! A quello Shinra bastardo! Ovvio che non pensavo sarebbe partito così! Ma cosa posso fare, ora?!”
 
Alla bruna vennero quasi le lacrime agli occhi.
Era finita.
 
Nonostante tutto, loro erano già giunti al capolinea. Perché avevano cominciato a camminare senza rendersi conto di essere praticamente alla fine.
 
Entrò Cloud nel bar.
 
Tifa lo guardò smarrita.
 
Lui non la degnò di uno sguardo e, noncurante, prese gli occhiali da sole dalla tasca e li indossò.
 
“Su muoviti.” Disse.
 
Tifa lo guardò perplessa.
 
“Guarda che sto parlando a te.” ripeté, con un volto parecchio scocciato.
 
“E perché?” disse lei in tutta risposta, completamente smarrita.
 
A Cloud sembrò persino ridicolo che fosse lui, in quel momento, a dare spiegazioni. Lui che non era affatto pratico di sentimentalismi .
 
“Ho una consegna da fare vicino la stazione e mi accompagni.”
 
Tifa lo guardò contrariata mentre faceva per alzarsi.
 
“Io non ti accompagno da nessuna parte! Non sono nemmeno pronta! Non indosso nemmeno le scarpe!”
 
Il biondo, in tutta risposta, fece per uscire. Poi, non vedendo ancora Tifa affianco a sé, si girò di scatto.
 
“Come sarebbe a dire non sei pronta?” di colpo alzò la voce. “Non c’è bisogno di essere pronti. Scattare! Al mio tre voglio vederti lavorare con quelle gambe e muoverti qua!”
 
“C-che atteggiamento alla Wallace è?!” gli urlò, portatosi di fronte a lui prima che Cloud cominciasse per davvero a contare. “Tu non urli mai! Perché ora lo fai?”
 
“Perché vedo che ha funzionato.” Disse soddisfatto.
 
Tifa sgranò gli occhi.
 
Cosa doveva fare a questo punto?
 
Vide intanto Cloud prendere posto sulla moto e attenderla impazientemente.
Quando l’amico prese di nuovo a parlare a mo’ di generale dell’esercito, Tifa scattò e si andò a sistemare dietro di lui.
 
“Che poi tu eri un soldier! Non un comandante!” gli urlò, mentre Cloud metteva in moto e faceva per dirigersi a destinazione.
 
“Lo so, ma avevo la stoffa.” Disse.
 
Tifa si sentì quasi presa in giro, ma il lungo silenzio che le serbò Cloud da quel momento in poi, fu l’ottima scusa per riflettere. Al che di colpo si illuminò.

Di colpo, capì il perché della presenza di Cloud in quel momento.

 
“Cloud! Tu non vorrai..?” disse sorpresa.
 
“Io non voglio proprio niente.” Le rispose visibilmente seccato. Forse neanche lui credeva a cosa stesse facendo…
 
“Cloud…” disse, senza parole.
 
Con una moto come quella di Cloud le ci sarebbero voluti pochi minuti per arrivare alla stazione. Una volta arrivata lì…
 
Sarebbe corsa, forse sarebbe arrivata in tempo, ma poi?
Cosa poteva mai dire a Rufus?
Non aveva molto tempo per pensarci e forse aveva persino paura.
Avrebbe preferito rintanarsi a casa sua. Evitare di affrontare quella situazione.
 
“Te ne pentiresti, fidati.” Le disse improvvisamente il biondo, infine.
 
“Pentire?” gli chiese.
 
“Siamo arrivati.”
 
La moto si fermò di colpo.
Tifa era con Cloud di fronte la stazione di Edge.
 
A Tifa sembrò strano pensare che proprio qualche giorno prima aveva solcato quella stessa stazione con Rufus.
 
All’improvviso, un avviso rimbombò nella stazione.
 
Era l’avviso della partenza del treno diretto a Junon.
 
Tifa rimase immobile, impietrita. Guardò le sue pantofole e toccò appena i capelli, che non aveva nemmeno pettinato.
 
“Cloud io non..!”
 
Cloud riaccese le moto.
 
“Io vado. Decidi tu che vuoi fare e pensa dopo ad affliggerti.”  Le disse il biondo dai capelli a punta.
 
Pur contrariato, ciò che Cloud aveva voluto dare a Tifa era una ‘carta’. Una ‘mossa’ che avrebbe potuto almeno lenire in parte il dolore e l’angoscia che l’avrebbe afflitta.
Poi avrebbe deciso lei cosa fare, ma almeno doveva tenere quella carta in mano, e decidere se giocarla o meno.
La sua carta, quella che lui le aveva dato, era quella di essere lì. Ed avere la possibilità di incontrarlo, almeno. Rufus Shinra…
Così Cloud rimise in moto la fenrir e si allontanò. Da quel momento in poi, la partita era di Tifa.
 
Lei lo guardò andare via e allora cominciò a guardarsi attorno. Si sentiva smarrita.
Cosa doveva fare? Dove doveva andare?
E se non avesse fatto in tempo?
Con tutta quella confusione sarebbe stata capace di trovare Rufus? E parlargli? E cosa diavolo gli doveva dire?
 
“Il treno diretto a Junon è in partenza con ritardo di tre quarti d’ora. Ci scusiamo con i passeggeri per il ritardo. Il treno diretto a Junon è in partenza con ritardo di tre quarti d’ora. Ci scusiamo con i passeggeri per il ritardo…”
 
“Cazzo!” urlò Tifa e, presa dalla fretta, si accorse che per davvero non aveva nemmeno un secondo da perdere.
 
Si ritrovò così a correre per la stazione, senza curare la gente che la guardava perplessa mentre avanzava. Non sapeva se era il momento o no di chiedersi tante cose e, in verità, la testa le si annebbiò a tal punto che non ci fece più troppo caso.
Sapeva solo che doveva correre e raggiungerlo.
 
All’improvviso sorrise.
 
“Certo che…facciamo sempre tutto di corsa, eh?”
 
Cominciò a sentire il fiatone soffocarla sempre di più, ma non accennò minimamente a rallentare la corsa.
 
Rufus…doveva vederlo.
Un’ultima volta. Ci doveva riuscire.
 
Non riusciva effettivamente a rendersi conto come Cloud avesse preso una decisione simile. Perché l’avesse portata lì.
Aveva visto qualcosa che lei non vedeva?
In verità credeva che a tutti, maggior ragione per lui, facesse piacere quell’epilogo in cui avevano deciso di lasciarsi.
 
Invece ora era lì.
 
Rifletté a quanto fosse buffo il fatto che aveva avuto lo stesso pensiero alle cinque di mattina. Lì certo avrebbe avuto tutto il tempo necessario. Si, anche per prepararsi.
 
Rise fra sé pensando che, vedendo Tifa in quello stato, Rufus avrebbe potuto perfino spaventarsi.
 
Lo aveva negato fino all’ultimo. Aveva negato da sempre la loro esistenza. L’esistenza dei suoi stessi sentimenti.
Aveva detto a se stessa e a tutti che era meglio così. Che le cose non potevano che andare in un’unica direzione.
 
 
Era una bugia.
 
Erano tutte una squallida bugia.
 
 
Non era vero che Rufus l’aveva accecata, raggirata.
Tifa sapeva fin dall’inizio lui chi era. Sapeva fin dall’inizio dei suoi piani e della sua ambizione.
 
Si era solo nascosta dietro quella facciata, affinché le fosse stato più facile, un giorno, allontanarsi da lui.
 
 
Scese le scale e arrivò nei pressi di un binario, che trovò vuoto.
Si bloccò di colpo e le si gelò il sangue.
 
“Anf…anf…è già…andato?” disse, scioccata.
 
Aveva ancora il fiatone, che le rendeva quasi impossibile parlare, tuttavia cercò comunque di guardarsi attorno, senza perdere la calma.
 
“Da quanto tempo è partito il treno per Junon?” chiese ad una persona a caso.
 
L’uomo la guardò perplesso.
 
“Non è ancora partito. Parte nel binario qui dietro, a momenti.”
 
“Non è ancora partito? Davvero?” disse illuminandosi all’improvviso. Corse di colpo via, ringraziando l’uomo che la ricambiò perplesso.
 
Non era ancora partito! Il treno era ancora li. Aveva solo sbagliato binario.
Si sentì rasserenata, ma non era ancora detto tutto. Doveva ancora raggiungere il treno prima che tutti i suoi sforzi fossero stati vani.
Era stanca, tantissimo. Correre a perdifiato in quella circostanza, con il cuore a mille e senza un benché minimo preavviso, era  insostenibile. Ma Tifa dovette ammettere che Cloud aveva avuto ragione.
Era un qualcosa che doveva fare o se ne sarebbe pentita per sempre.
 
***
 
Rufus intanto aveva parlato già più volte con il capotreno, stanco e irritato di quel terribile ritardo.
 
Gli avevano detto che era una questione di pochi minuti, ma Rufus era troppo altolocato per sopportare un trattamento simile.
Si mise sulla poltroncina e guardò l’orologio nervoso.
Era da tre quarti d’ora che gli dicevano che il treno sarebbe partito a minuti.
E poi era lui che apparteneva ad una famiglia di imbroglioni.
Rimase diversi minuti fermo, senza pensare. Del resto, aveva pensato fin troppo, in quegli ultimi giorni.
 
All’improvviso quella catenina dorata attirò la sua attenzione.
La catenina era appesa al suo collo e solo allora si ricordò che, da quel giorno, non l’aveva più tolta.
 
La prese fra le mani delicatamente e la guardò.
Qualcosa si smosse dentro di lui e non provò affatto rabbia. Più…rammarico.
 
Sorrise pensando che era davvero un peccato non averci provato ancora un po’.
Socchiuse gli occhi sapendo che sarebbe stata dura, adesso.
Era stata dura sapere che l’unica persona che a cui si fosse mai affezionato, di lì a poco sarebbe sparita.
 
Aveva solo quella catenina, alla quale assegnava più significati.
 
Un ricordo, un simbolo del loro amore, un simbolo d’addio…
 
Quale vincesse sull’altro non ne aveva idea.
Del resto…quella era la sua Tifa.
 
Si affacciò distrattamente dalla finestra e guardò la gente.
Sentiva un’insolita calma, come se per qualche attimo, in quel momento, si ritrovasse in uno spazio bianco. Di lui adesso non esisteva nulla.
 
Non provava nulla, e per certi versi, si sentì persino rasserenato della cosa.
 
La gente attorno correva, aveva fretta…
Lui invece, per una volta, sentì la calma albergare dentro.
Non essendoci abituato, si sentì strano. Ma si lasciò cullare da quella sensazione, specie sapendo che presto sarebbe finita.
 
E proprio mentre guardava ancora tutte quelle persone che ne vide una particolarmente irrequieta. Guardava ovunque, correva e poi si avvicinò al treno spaventata.
 
“Certo, non mi aspettavo che questa ‘quiete’ sarebbe finita così presto.” Disse mentre sul suo volto si disegnava un sorriso saccente.
 
Guardò Tifa rivolgere domande alle persone e correre perdendo persino di tanto in tanto le pantofole.
Rufus, quando la vide vicina al treno, mentre era intenta a spiare i passeggeri, si affacciò aprendo il finestrone.
 
 
 
 
 
“Miss Lockheart! Hai completamente sbagliato direzione.” Le disse divertito.
 
 
 
 
 
Tifa sobbalzò e lo vide lì, con il suo solito viso beffardo e lo sguardo altezzoso.
 
Rufus…
 
Rimase paralizzata, incredula di averlo trovato.
Era lì, ed aveva il volto che ricordava. Finalmente tornato con quello sguardo saccente e da cretino che aveva visto spento l’ultima volta.
 
“Rufus!”
 
All’improvviso sbottò la ragazza.
Si fermò, avendo ancora il fiatone. Aveva difficoltà a parlare, poi aggiunse.
 
“E perché esci fuori solo ora?!”
 
Rufus portò le braccia sul finestrone e le incrociò fra loro.
 
“E io che quando sono venuto mi aspettavo di trovarti qui pronta a darmi un bacio d’addio. E invece sono proprio l’ultimo dei tuoi pensieri.” Le disse con un finto rammarico, generando l’ira di Tifa che invece aveva i capelli arruffati, gli occhi gonfi, le gambe stanche e il fiatone ancora terribilmente insopportabile.
 
“Vaffanculo!” gli urlò.
 
Rufus rise e trovò inspiegabilmente bello vederla lì, in quel momento.
 
Tifa…la sua odiosissima e amabilissima Tifa Lockeheart.
 
I suoi occhi tornarono luminosi, azzurri, come quelli di sempre. Avevano riacquistato improvvisamente la loro luce.
 
“Sei venuta per dirmi questo?” le disse, deridendola come solo lui sapeva fare.
 
Tifa strinse i pugni per farsi coraggio.
 
“Ovvio che no! Scendi un secondo, ti devo dire una cosa!”
 
Rufus rise di nuovo.
 
“Ma il treno sta per partire. E se lo perdo?” disse scherzoso.
 
“No che non lo perdi! Scendi un attimo.” Gli ripeté stanca.
 
I loro occhi si incrociarono per qualche istante e in loro albergò la stessa sensazione.
Quella di essere felici di ritrovarsi di nuovo l’uno di fronte l’altra.
 
Era come se di fronte a quella situazione, tutti i problemi fossero spariti. Come se non ci fosse più nulla da temere.
Come se di fronte ad un addio tutto sparisse e subentrasse di nuovo quell’emozione. Quella stessa dove Rufus non era più lo Shin-Ra e Tifa non era più una ribelle che non poteva credere in lui.
 
All’improvviso, però, il treno si mise in moto e l’annunciò della partenza rimbombò fra i binari.
Questa volta non era più un ritardo.
 
Il treno stava partendo per davvero.
 
“R-Rufus!” gli urlò lei non sapendo cosa fare.
 
Tifa rimase spaesata di fronte quell’improvviso movimento.
Lo guardò con gli occhi smarriti, rivolgendoli a lui.
 
Rufus, dal suo canto, ritornò serio e prese anche lui a guardarsi intorno. Si rese conto che era fatta. Il treno si stava preparando per la partenza.
 
“Dai, muoviti, Tifa!” le disse. “Anche una cosa carina, falla ora!” provò ad aggiungere, ironizzando la situazione.
 
Ma Tifa sentì il sangue gelarsi nuovamente.
Non poteva urlarli in quel modo tutto quello che voleva rinfacciargli e dichiarargli.
Non potevano parlare così.
 
Semplicemente…non aveva fatto in tempo?
 
Si sentì pervasa da una sensazione di vuoto e Rufus se ne accorse, al che si alzò.
 
“Il treno diretto a Junon è in partenza. Ci scusiamo con i passeggeri per il ritardo. Il treno diretto a Junon è in partenza. Ci scusiamo con i passeggeri per il ritardo.”
 
“Cosa…cosa devo fare?” disse Tifa a sé stessa.
 
Non poteva fare granché.
Aveva fatto in tempo a vederlo, ma non a parlargli.
 
Indietreggiò appena, mentre vedeva il treno mettersi in moto. Aveva l’ansia addosso, sentiva che non era così che dovevano andare le cose.
 
Provò tanta rabbia nei suoi confronti, perché era stata una stupida.
Una stupida piena d’orgoglio.
 
Se non fosse stata così orgogliosa, non sarebbe andata a casa di Rufus per dire quelle bugie.
 
Non avrebbe perso tempo. Un tempo che non sarebbe ritornato.
 
“Ehi Tifa!”
 
Sentì all’improvviso una voce urlare. Sbandò nell’udirla e, girandosi attorno, vide Rufus sul portellone del treno.
Subito corse in sua direzione e lo guardò sbigottita.
 
“Cosa…cosa ti salta in mente di fare? Il treno sta per partire!” gli disse.
 
“Meglio vederci così, che io affacciato dalla mia postazione, no?” le sorrise.
 
Tifa si rese conto che Rufus era di fronte a lei.
Li, proprio come sperava di vederlo.
 
Si sentì così felice che di colpo fu costretta a girare lo sguardo lontano dal suo per non lasciarsi tradire dalle emozioni.
 
“Certo che tu…ne fai di cose strane!” gli disse leggermente tremolante.
 
“Senti chi parla. Poi mi dovrai spiegare quale buon senso, che dici di aveva più spiccato di me, ti ha spinta a venire così conciata in una stazione.” Rise per spezzare il ghiaccio.
 
Tifa strinse le spalle e arrossì appena.
 
“Avevo fretta.”
 
Ai due si avvicinò il capotreno.
 
“Il treno deve partire, chiuda la porta.” Disse.
 
Rufus tentennò, poi guardò Tifa.
 
“Ho bisogno di parlare con questa donna un attimo.” Disse.
 
Tifa rimase a guardarlo.
 
“Devo chiudere, mi spiace. Scelga se rimanere o uscire.” Detto questo, si allontanò per controllare anche gli altri portelloni.
 
 
 
A quel punto Rufus, con disinvoltura, scese dal treno.
 
 
 
“R-Rufus!” gli disse sgomentata Tifa.
 
Rufus la guardò serio, come se trovasse assurdo quello sguardo.
 
Il biondo scosse appena la testa e attirò l’attenzione della ragazza sui suoi occhi.
Perché avevano ora e in quel momento bisogno di parlare.
 
“Tu hai sempre avuto bisogno delle mie dimostrazioni per sapere quanto io ci tenga a te. È per questo…”
 
Si bloccò nel parlare. Il treno chiuse tutte le porte e un assordante fischio avvisò la sua partenza. Quella definitiva.
Il treno cominciò lentamente a muoversi e prese ad allontanarsi dai due.
Solo quando i rumori meccanici terminarono, che Rufus continuò la frase.
 
“…che sono qui, adesso.”
 
Tifa sgranò gli occhi e rimase a guardarlo come sotto shock.
 
“Il treno! Rufus! Avvisali! Guarda che lo stai perdendo!No…lo hai perso!!”
 
Urlò lei all’improvviso.
 
Il treno prese velocità e in pochi attimi fu fuori dalla loro portata.
 
Tifa gli si rivolse di nuovo, non capendo.
Non comprendeva nemmeno perché Rufus fosse così serio, per nulla esterrefatto.
Rimasero poi di fronte. A guardarsi.
 
Rufus…
 Gli era bastato vederla per cambiare completamente i suoi piani?
Lei che non lo meritava affatto?
 
Sentì una morsa al cuore che le strozzò le parole in bocca.
Il suo volto si fece turbato e non poté fare a meno di guardarlo senza riuscire in alcun modo a distogliere lo sguardo da lui.
 
“Tu…” disse con voce velata, ma Rufus la interruppe.
 
Si portò vicino a lei sempre di più.
 
“Cosa dovevi dirmi?” le chiese con una soavità che Tifa non sapeva potesse appartenergli.
 
 
Rufus aveva lasciato il treno per Junon a causa sua e non sapeva nemmeno cosa dirgli.
Non trovava la forza per ragionare e non trovava il coraggio per agire.
 
Lui era lì, a guardarla, e rimase in silenzio in attesa di una risposta che in realtà non aveva bisogno di parole.
Tifa sentì il cuore battere e per quanto si sforzasse non riuscì a fare altro che balbettare.
 
“Io…ehm…” disse specchiandosi nei suoi occhi, incapace di fare altro.
 
Rufus a quel punto addolcì lo sguardo, che divenne più penetrante. Portò una mano sul viso di lei e la sfiorò appena.
L’avvicinò al suo viso e continuò a guardarla. Era quello il momento in cui aveva bisogno di sentirla. Di sentire la sua Tifa più vicina che mai.
 
“Tu pensi che io abbia sbagliato a scendere?” le chiese. “Io non me lo chiedo affatto. Perché so che non lo è.”
 
Tifa socchiuse gli occhi e si sentì completamente scossa da quelle emozioni che riusciva a stento a contenere. Rufus le si avvicinò sempre di più.
 
“Perché lo sai anche tu, vero? Che mi vuoi. Che se ti bacio ora, non te ne pentirai.”
 
Tifa annuì appena, schiudendo le labbra e assecondando il suo bel presidente, che premette la bocca contro la sua.
 
Solo allora Tifa si lasciò completamente alle spalle ogni incertezza per abbandonarsi a quella dolce sensazione.
 
 
 
 
Trovo ironico pensare che, forse, non aveva mai avuto bisogno di altro.
 
 
 
 
Non credeva lo avrebbe baciato di nuovo, non credeva che avrebbero di nuovo raggiunto quell’intesa.
 
Gli portò le mani sulle spalle e lo assecondò ancora, presa da quel momento e sentendosi sempre più alienata da ogni cosa che li circondasse.
 
Rufus, a quel tocco, strinse entrambe le braccia su di lei.
La tenne così stretta che Tifa poté sentire nitidamente la sua passione.
L’ardore che in quel momento pervadeva anche lui.
 
La paura di aver rischiato di perderla per sempre.
 
Tifa sentì di poter entrare nella sua mente e sentire attraverso quel bacio, che da delicato, si fece sempre più intenso e passionale, quanto anche lui avesse sperato di trovarsi di nuovo lì, con lei.
 
Riuscì a percepire la sua anima infelice e spezzata, ora ricomposta grazie a lei.
 
Anche lui…non aveva che desiderato altro.
La sua ambizione più grande era stata lei.
 
 
La felicità tanto ambita, altro non era che il desiderio di essere amato. E questo era successo grazie a lei…Tifa.
 
 
Essere di nuovo un tutt’uno con lei…
Solo allora si rese conto della sciocchezza che avrebbe fatto ad andare via. Al disastro al quale sarebbe andato incontro lasciandola, rovinando la sua vita per sempre, senza di lei.
 
Perché senza di lei nulla avrebbe avuto più lo stesso senso.
Lui stesso, non sarebbe più stato nessuno, e sarebbe rimasto accecato solo da falsi ideali… quando l’unica cosa che desiderava era solo questa.
 
Tifa lo strinse forte, condividendo quei suoi sentimenti.
 
Era stata accecata da lui, ma era anche stata quella stessa cecità a farle, invece, vedere cose che non aveva mai visto.
 
Aveva visto delle cose che in Rufus non avrebbe mai creduto di poter vedere.
Cose che l’oblio che contrassegnava il loro rapporto l’aveva sempre fatta scappare.
 
E alla fine, aveva avuto un’esperienza indimenticabile.
 
Era riuscita ad aiutare quei bambini.
Aveva almeno dato loro un posto dove stare.
Aveva lavorato con i suoi ex-nemici, ricredendosi persino su di loro.
Si era divertita molto a scontrarsi con Rufus e alla fine, quasi come un curioso scherzo del destino, si era persino innamorata.
In quel tempo stesso anche molte cose della sua vita erano cambiate.
Nonostante molti pilastri fossero crollati, Tifa era stata completamente coinvolta nella vita del ragazzo.
E nonostante i mille sensi di colpa, questi andavano a svanire quando erano loro due, assieme.
 
…E anche se quei sensi di colpa fossero tornati… oramai aveva compreso che ne aveva bisogno più di qualunque altra cosa.
Perché erano così, Rufus e Tifa.
 
Tifa si allontanò e lo guardò, sentendo i suoi occhi brillare, finalmente.
 
“Ma ora come farai con i tuoi affari a Junon?” gli chiese.
 
Rufus, per la prima volta, le rivolse un sorriso. Un sorriso diverso. Per nulla saccente, per nulla irritante.
Era il vero sorriso di Rufus.
Ed era stupendo.
 
“Oh, non lo so. Penso che Tseng mi riporterà i bagagli e Darkie.” Rise appena. “Sarà entusiasta.”
 
Tifa gli sorrise, e Rufus la ricambiò, rivolgendole la faccia saccente di sempre.
 
“Come pensi che andrà a finire?”
 
“Dipende da come la prende il tuo papà, e anche quell’altro tuo papà. Adesso che mi credevano fuori gioco.” Rispose scherzosamente, ma nemmeno troppo.
 
Tifa rise, non capendo molto bene, ma non riuscì a trattenere quella sensazione che non sperava più di poter provare.
Rufus all’improvviso sfilò la giacca bianca e la mise sulle spalle di lei.
 
“Prenderai freddo. Andiamo su.” Le disse.
 
Tifa strinse la giacca attorno a se e si affiancò a lui.
Lo prese per mano e lo guardò felice.
Rufus la ricambiò, rimanendo sorpreso di quel gesto.
 
“Che hai così all’improvviso?” le chiese. Non era abituato a vedere nei suoi occhi quella felicità.
 
Tifa gli sorrise ancora.
 
Rufus…era qui per lei.
Anche se in quel momento aveva perso tutto. Anche se una parte di lui, forse, non l’avrebbe mai perdonata.
Rufus…
 
Rufus aveva in tutto questo fatto una scelta davanti ai suoi occhi, e questo le sarebbe bastato tutta la vita.
 
“Ti volevo dire che…ti amo.” Disse esitante, ma poi sentì il coraggio giusto.
 
 
 
Lo amava.
 
 
 
Doveva dirglielo.
Almeno una volta.
E ora era finalmente pronta ad ammetterlo.
 
 
 
Rufus rimase senza parole a guardarla, poi corrucciò il viso e distolse lo sguardo come non aveva mai fatto.
 
Tifa si sorprese che…sì.
Rufus stava proprio arrossendo.
 
“Ti sei fatto rosso!” gli disse indicando il suo viso, scioccata. “Si, si! Sei rosso! Chi l’avrebbe detto che proprio tu, che fai tanto il saccente, invece ora sei in imbarazzo! Non l’avrei mai creduto! E se me lo avessero rac..AHIA!!” si interruppe dopo che Rufus le tirò appena un capello per dispetto.
 
“Togli quella faccia, Lockheart. Guarda che riprenderemo a discutere molto presto e a lasciarci una continuazione. Siamo pur sempre un avalanche e uno Shinra, no?”
 
Rufus dapprima la guardò facendo l’offeso, poi le sorrise e velocemente serrò di nuovo le labbra sulle sue.
Tifa sbarrò gli occhi per quell’improvviso gesto, poi comprese.
Comprese che quella era la sua risposta.
 
La loro storia non sarebbe stata facile.
 
Non era stata facile prima ancora di cominciare, figuriamoci cosa sarebbe accaduto ora che erano di nuovo, finalmente, assieme.
 
Tuttavia in quel momento erano immersi nella folla della stazione, e le loro figure andarono lentamente a confondersi con quelle degli altri.
Non erano soltanto un ex-membro AVALANCHE e un ex-presidente della Shinra inc.
In quel momento la loro stessa immagine, di amanti che si baciavano nella folla, faceva comprendere al mondo quanto loro non fossero delle icone opposte e inconciliabili.
Inconciliabili per convenzioni e pregiudizi.
Erano lì, e l’essere immersi in quella parte di mondo, mentre tutto scorreva, faceva comprendere quanto nessuno fosse poi tanto diverso, quando era l’amore a unirli.
 
Perché si deve ascoltare il proprio cuore, quando esso ti chiama.
Perché si deve ascoltare il proprio cuore, quando non si sa cosa fare.
 
Perché non si deve mai dire addio, senza prima ascoltare il proprio cuore.
 
 
 
 
Oblio -Dimenticanza, abbandono da parte del pensiero ma anche da parte dei sentimenti e degli affetti. Annullare il proprio pensiero o la propria attività in qualcuno o in qualcosa. –
 
Annullare ogni arroganza, pregiudizio, contesto…
 
E credere che almeno in quell’istante…
 
 
 

…. sia possibile.

 
 
 
 
….Sia possibile amare, comprendersi, sperare, sognare…
Dimenticarsi di tutto e di tutti in un mondo pieno di convenzioni e trappole pronte a scattare a qualsiasi errore. Pronte a farci crede che esistano cose giuste e sbagliate. Pronte a farci credere che esiste chi perde e chi vince.
 
Abbandonarsi e credere che ci sia qualcosa di meno grande di quel che sembra…
Che ci sia un posto dove semplicemente sia possibile…
 
 
 
 
E alla fine ritrovarsi a pensare che quella sia stata davvero la scelta giusta.
 
 
 
 
 
-FINE-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Signori e Signore…
 
Alla fine, dopo tre anni dalla pubblicazione del primo capitolo di “Oblivion”, siamo finalmente giunti alla fine.
Un finale atteso prima di tutto da me stessa, poiché questa è stata la coppia che per più tempo mi ha fatto fantasticare nella mia vita ‘virtuale’, diciamo.
Sembrerà strano a dirsi (ma anche no), ma il mio amore per Rufus e Tifa è rimasto vivo per anni, e ha fatto  nascere in me il desiderio di far conoscere ad altri utenti quanto una coppia del genere potesse comunicare. Oggi  posso dire con soddisfazione di essere riuscita nel mio intento, e al di la di tutto, sono orgogliosa di poter dire che al mondo, in Italia, esiste una fanfic su di loro scritta da me.^^
Una fanfic nella quale ho messo amore, ma anche tanta razionalità. Perché volevo rappresentare loro, e non solo la mia passione di vederli assieme.
Il mio intento era entrare nelle menti dei due protagonisti e mostrare come potesse muoversi una storia su di loro, costruendo dei presupposti ed elaborando sempre con coerenza e meditazione le loro rispettive azioni.
Perché la storia uscisse quanto più possibile verosimile. Perché ripeto…volevo rappresentare Rufus e Tifa. La loro storia.
O almeno la possibile storia che si potrebbe verificare seguendo gli eventi di Final Fanatsy VII Advent Children, un periodo che fornisce degli interessanti spunti per elaborare il futuro dei nostri protagonisti.
E adesso che ho finito…quanti ricordi…e quante persone nella mia mente che mi hanno accompagnata.
Mi sento commossa davvero.
Essendo una fanfic su un crack pairing, ovvero una coppia inusuale che non ha grossi presupposti nell’opera originale, non mi aspettavo tutto questo,  quando cominciai a scrivere.
E’ doveroso per me, arrivata a questo punto,  fare un tributo a tutti voi che mi avete seguita e sostenuta.
 
Uno special thanks…
 
A coloro che hanno aggiunto questa storia fra le loro preferite:
 Aranel Yukino
 
ChiyoChan8
 
Kasdeya
 
Krisma
 
Lady_Moony
 
Malbethy
 
Marie16
 
Morpheus
nightfox
OrihimeInoue
SheryPon
shining leviathan
Soundofsilence
stuck93
the one winged angel
Tifa_heart
Tifa_Lockheart
Valy1090
yukino_lang08
 
___Chocolate
 
A chi l’ha aggiunta fra le seguite:
Aerithuccia
animalcrossing94
Black_Thunder
ChiyoChan8
La Lady
Natsuko91
RoyalCanadianB
shining leviathan
Soundofsilence
Valy1090
 
A Chihiro che l’ha messa nelle ricordate.
 
 
 
E infine… un GRAZIE VERAMENTE SPECIALE, e a cui devo tutto, è a chi calorosamente mi ha recensita.
 
 
Ricordate…se ho deciso di portare a termine la storia…è stato PER VOI.
Per voi specialmente.
Perché dopo tante opinioni scambiate, tante affettuose parole, e anche critiche, non sono riuscita ad essere indifferente.
Mi avete colpita nel profondo con il vostro affetto e la vostra presenza.
La maggior parte di voi non è mai venuta a mancare, anche dopo i miei scarsi aggiornamenti, e ho potuto sentire dalle vostre parole quanto avete amato questa storia e questa coppia, come me.
 
La cosa mi ha trasmesso una gioia e un entusiasmo che non dimenticherò mai.
 
E’ a voi che dedico questo finale.
 
  
 the one winged angel
 Marie16
shining leviathan
 
Un posticino a parte per loro, che mi hanno seguita fino alla pubblicazione dell’ultimo capitolo, quando oramai non mi aspettavo che dopo un anno qualcuno mi seguisse ancora realmente^^
GRAZIE DI VERO CUORE!!!! Vi Adoro!
 
 Tifa_heart
 yurinoa
Morpheus
Natsuko91
Black_Thunder
thembra 
 
 
Coloro le cui recensioni sono state fra le più costanti! Grazie davvero! Spero che avrete modo di leggere il continuo della storia e sapere che siete stati fondamentali per l’ultimazione della fanfic! Un bacione anche a voi!
 
Tifa_Lockheart
RoyalCanadianB
Aranel Yukino
OrihimeInoue 
 La Lady
animalcrossing94
Valy1090
 piichan
 stuck93
 Isarith
 Shuriken
 Erenwen
 V a l y
 
Grazie anche a voi, che mi avete accompagnata in questa “avventura”!! Grazie mille per il vostro caloroso sostegno!
 
 
 
 
 Con questo…il sipario si chiude.
Grazie per questa bellissima esperienza.
 
Un Kiss
 
Fiammah_Grace
 
 
  
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