Angels Fall First
Una leggera brezza fredda, tipicamente autunnale, faceva muovere delicatamente le foglie leggere degli alberi: soffiava con dolcezza, portando con sé un suono malinconico e triste, una specie di musica. Era come se tutto cantasse, in quel luogo di pace, illuminato soffusamente dalla luce tra il rosso e l’oro del sole, che si accingeva proprio in quel momento a tramontare.
Il giovane uomo stette per un momento immobile, assaporando quella calma ultraterrena, prima di cominciare ad inerpicarsi su per la collinetta: la sua meta, il suo traguardo.
Lassù la vegetazione non era così rigogliosa, non c’erano alberi: ma l’erba era di un verde quasi scintillante ed emanava un profumo intenso, e qua e là vi si potevano scorgere alcuni fiori, piccoli e timidi, ma vivacemente colorati.
Peccato che un luogo come quello, così ameno e bello, dovesse racchiudere in sé così tanta tristezza e paura.
Anche se, ripensandoci, ormai non esiste un luogo dove la paura sia bandita rifletté il ragazzo, scotendo la testa.
Arrivato proprio sulla vetta della collina, rimase incantato nel vedere lo spettacolo che gli si parava davanti: il pendio scendeva dolcemente fino ad un certo punto, poi, sotto forma di ripida scogliera si gettava nel mare azzurro, dove il sole intanto stava cominciando ad annegare, tingendo l’immensa distesa d’acqua di rosso.
Numerose volte era stato lì, sempre in quel particolare momento della giornata, ma in ogni occasione non poteva fare a meno di stupirsi nel vedere quello spettacolo, che a molti invece sarebbe risultato bello, sì, ma anche assolutamente comune. Ma questo non valeva per lui: quello era il luogo dove riposava la persona che più aveva odiato e che più aveva amato in vita sua, che rendeva tutto meraviglioso e splendido.
Distolse gli occhi dalla morte del sole, e gli posò su un tratto di terra semi brulla: ancora non vi era cresciuto niente, anche se con il tempo si sarebbe uniformata al resto della vegetazione. Una croce bianca svettava in cima a questo tratto, svelando l’esistenza di una tomba.
Il ragazzo si inginocchiò lentamente, incurante dell’erba che avrebbe sporcato i suoi pantaloni, senza distogliere lo sguardo da quella croce, semplice e senza alcuna foto o ornamento, e dalla candela posata alla sua base, che ardeva di un fuoco inestinguibile. Un fuoco impossibile da spegnere, il fuoco dell’anima del ragazzo che vi era sepolto.
Quel ragazzo che per sei lunghi anni aveva odiato e disprezzato, aveva invidiato, deriso e sbeffeggiato, ed era stato anche cordialmente ricambiato. Non c’era mai stata una parola di amicizia tra di loro, ai tempi della scuola: prese in giro e scontri magici, quasi sempre finiti con la sua sconfitta. Se l’era sempre cavata bene con le parole, ma quanto ai fatti…in ogni caso, non avrebbe mai sprecato i suoi talenti per uno come lui.
Il sesto anno forse fu il peggiore per loro: tra nasi
spaccati, pedinamenti, mancate Cruciatus e perfetti Sectumsempra…non si poteva
dire che non si fossero dati da fare.
E infine, quella terribile notte:
l’ingresso dei Mangiamorte a scuola, proprio durante l’assenza di Silente, il
tradimento di Piton, la morte così triste e violenta del preside,
la fuga.
Non sarebbe mai riuscito a togliersi dalla mente le
immagini vivide di quel giorno, e neanche di quelli dopo.
Draco Malfoy era stato latitante, insieme a Severus
Piton e agli altri, per lungo tempo, prima di trovare il coraggio di tornare
dal loro Signore. O meglio, lui il coraggio non lo aveva mai trovato, era stato
semplicemente trascinato dal suo professore davanti a Lui.
Aveva segretamente sperato che, nonostante non avesse
ucciso di persona Silente, Voldemort sarebbe rimasto comunque soddisfatto dalla
riuscita generale delle azioni del ragazzo.
Ma non era così.
Lo aveva torturato a lungo ma con “premura”, evitando
di farlo impazzire e ignorando le sue urla che lo supplicavano di ucciderlo, e
poi, dopo averlo stremato, lo aveva rinchiuso nelle segrete del suo castello. E
da qui, il biondo era scappato.
Anche se questa parola non può decisamente descrivere
la realtà: Draco fu praticamente lasciato andare, altrimenti non sarebbe mai
riuscito a fuggire da quell’antro di malvagità.
E allora era ancora in
fuga, di nuovo. Finchè qualcosa, qualcuno, non lo aveva trovato, praticamente in fin di vita, nei paraggi di Malfoy Manor.
Un qualcuno che non ebbe per niente piacere nell’incontrarlo nuovamente, ma che si sforzò di prestargli le dovute cure, portandolo al San Mungo e vegliandolo fino al suo risveglio.
An angel face smiles to me
Under a headline of tragedy
That smile used to give me warmth
Quando aprì gli occhi, Draco si ritrovò a fissare un
viso che aveva un qualcosa di etereo, bellissimo,
paragonabile solo alla grazia angelica; credette di essere morto e sepolto, vedendo
quella creatura sorridere, riscaldando un po’ il gelo del suo cuore.
“Sono morto?” chiese, tanto per avere una conferma alla
sua ipotesi.
“No” fece l’angelo, smettendo improvvisamente di
sorridere.
Il biondo si accigliò leggermente: quell’angelo non
aveva decisamente il tipo di voce che si era
immaginato…anche se però gli era vagamente famigliare.
Sbattè le palpebre per mettere a fuoco l’immagine
davanti a lui: il suo stupore fu enorme, vedendo che l’angelo
altri non era che un mago dai neri capelli spettinati e gli occhi
verdissimi celati da occhiali rotondi. Decisamente non
un angelo. E neanche paragonabile, visto che non era
esattamente una gran bellezza.
“Potter…non è possibile” esclamò, cercando di rialzarsi
su un gomito ma senza successo “come puoi impormi la
tua presenza anche quando sono in fin di vita? Sei davvero fastidioso”
Harry inarcò un sopracciglio: “Per prima cosa, Malfoy,
non sei in punto di morte, anzi, ti assicuro che tra un po’ godrai di ottima salute: e secondo, visto che sono stato io a
trovarti, non potresti mostrare un minimo di gratitudine verso di me? Non
chiedo poi molto”
“No, infatti, chiedi l’impossibile” ribattè acido il
biondo, girandosi dall’altra parte.
Era così che era iniziato tutto. Dapprima fu soltanto
uno scambio di battutine sarcastiche, con Draco che si lamentava per ogni cosa
e Harry lo rimbeccava: quasi come una madre alle prese con un figlio
indisciplinato. Poi, appena si fu rimesso, cominciò a collaborare con l’Ordine
della Fenice, anche se all’inizio era decisamente
contrario. Alla fine, però, rivelò loro tutto quello che sapeva, tanto il suo
destino era ormai segnato: anche se fosse tornato da Voldemort implorando il
suo perdono, questa volta Lui non sarebbe stato altrettanto clemente e lo
avrebbe ucciso senza stare a pensarci troppo. O
almeno, questo era quello che credeva.
Lo Sfregiato, insieme alla Mezzosangue e Lenticchia,
spariva per lunghi periodi, e così non era costretto a sopportare il magico
trio, oltre che a quel pezzente di Lupin e tutti gli altri strampalati che
facevano parte dell’Ordine. Ma queste assenze dopo un
po’ cominciarono a farsi davvero pesanti per Draco: senza Potter non c’era
divertimento, non poteva fare un po’ di sarcasmo, lì al quartier generale,
senza che nessuno lo guardasse con aria sospettosa e addirittura truce.
Qualcosa in lui stava cambiando.
E infatti, a poco a poco, una strana amicizia, fatta di punzecchiamenti e sberleffi, era cresciuta tra loro e, proprio prima della fine definitiva di tutto quel breve periodo di felicità, si era trasformata in amore: un amore anch’esso insolito, ma puro e intenso, che non aveva mai avuto l’occasione di essere dimostrato da nessuna delle due parti. Non se lo erano mai confessato, ma entrambi sapevano bene cosa provasse l’altro nei suoi confronti.
Nel ripensare a quei momenti il ragazzo sorrise, un sorriso triste e stanco, prossimo al pianto, ma pur sempre un sorriso: aveva avuto ben poche occasioni di farlo, ultimamente, e si era quasi dimenticato come si faceva. Solo in quel luogo riusciva a ritrovare un po’ di se stesso: lì, dove veniva a salutarlo ogni volta, per dirgli addio, nella speranza poi di morire presto per poterlo vedere nuovamente.
Farewell
- no words to say
Beside
the cross on your grave
And
those forever burning candles
Lacrime argentee cominciarono a rigare il suo volto pallido: lacrime di paura e di amore, lacrime che non uscivano mai dai suoi occhi chiari se non lì, dove nessuno poteva vederlo e giudicarlo.
Lui non poteva mostrarsi debole agli occhi altrui, specialmente agli occhi del suo Signore. Non aveva paura di essere ucciso, anzi, lo desiderava: temeva soltanto che Lui avrebbe torturato e ucciso le due persone a lui più care al mondo. I suoi genitori, ora praticamente tenuti in ostaggio da quel mostro che era Voldemort.
E Colui Che Non Deve Essere Nominato regnava incontrastato su tutto il mondo magico, un regno tenuto in piedi dalla paura e dalla distruzione. L’unico che avrebbe potuto sconfiggerlo era morto nel tentativo di ucciderlo, in una battaglia che sarebbe rimasta negli annali della storia come una delle più sanguinose.
Erano morti in tantissimi: gente che con il tempo aveva imparato ad apprezzare, e altri che invece conosceva ma disprezzava. Remus Lupin fu uno dei primi a cadere; combattè a lungo contro Peter Minus e riuscì ad ucciderlo, ma le grosse ferite riportate non gli permisero di continuare a vivere. Era morta anche Hermione, per mano di Bellatrix Lestrange, e poco dopo di lei anche Malocchio Moody, sempre per mano di quella pazza furiosa.
Molti altri si erano aggiunti a loro, e anche coloro che sopravvissero a quella fatidica battaglia furono presi prigionieri e in seguito torturati e uccisi.
Draco sospirò tristemente: in qualsiasi posto fossero tutti loro, sicuramente stavano meglio di lui, adesso. E gli ricordavano in ogni momento che, prima o poi, finalmente sarebbe giunta anche per lui la sua ora.
Needed
elsewhere
To
remind us of the shortness of your time
Tears
laid for them
Tears
of love tears of fear
E con tutti coloro che erano morti per salvare il mondo magico c’era anche lui: Harry Potter, il bambino sopravvissuto.
Ancora oggi, a tre mesi di distanza dalla sua morte, Draco pensava che Harry avesse sbagliato tutto. Troppo presto si era avventato contro Voldemort, troppo presto aveva cercato di sopraffarlo. I suoi poteri, che avrebbero potuto essere veramente grandi, non erano ancora abbastanza sviluppati quando aveva attaccato l’Oscuro Signore.
Ma una cosa gli andava riconosciuta: gli aveva dato del filo da torcere, e avrebbe potuto vincere una volta per tutte, se non fosse stato per lui.
Due figure si stagliavano quasi al centro di un enorme
salone, all’interno di un tetro castello: una alta e
scarnificata, dall’orribile aspetto serpentino, l’altra più bassa e con
l’aspetto decisamente più normale, nonostante i capelli ribelli sparati per
aria.
Attorno a loro, il caos: Auror, Mangiamorte, membri
dell’Ordine della Fenice che combattevano, scagliando maledizioni a più non posso. La sala era illuminata ad intermittenza da luci
di vari colori, e il verde era quello che dominava incontrastato. Ormai i
Mangiamorte stavano mietendo vittime, i cosiddetti “buoni”
cadevano come mosche.
Quasi come se la situazione non li toccasse
minimamente, Voldemort e Harry si squadravano senza mostrare alcun segno di ostilità: entrambi ridotti quasi allo stremo, sia delle
forze fisiche che mentali. Non avrebbero saputo dire quanto tempo fosse
trascorso dall’inizio della loro personale battaglia,
ma di sicuro ne erano passate molte, di ore.
Harry aveva visto la metà dei suoi compagni morire,
senza poter fare nulla per salvarli: aveva capito che, per sconfiggere Tu-Sai-Chi, doveva avere la mente sgombra da ogni altro
pensiero. Aveva escluso qualsiasi cosa non fosse
l’essere che gli stava davanti, e aveva cominciato a combattere, ignorando
tutte le velenose battute che ogni tanto Voldemort gli rivolgeva.
Battute che si riferivano tutte a Draco Malfoy, che gli
addossavano tutta la colpa della disfatta dell’Ordine.
In effetti, se erano arrivati fino al covo di Riddle
era soltanto merito suo: solo che, secondo ciò che lui aveva detto, il castello
avrebbe dovuto essere semi-sguarnito, mentre invece avevano trovato ad
aspettarli tutti i Mangiamorte.
Ma Harry non riusciva a
credere a quelle menzogne, e continuava a scagliarsi con rabbia contro il suo
avversario, riuscendo sì ad indebolirlo, ma anche a stancare notevolmente se
stesso.
Adesso, sconvolti dal dolore e dalla stanchezza,
sentivano che l’ora sarebbe arrivata, per uno di loro due; lentamente, quasi al
rallentatore, alzarono le bacchette, pronti a lanciare un ultimo incantesimo
mortale.
E, con la coda
dell’occhio, Harry aveva visto una persona, intenta a combattere contro
Bellatrix, che non avrebbe assolutamente dovuto essere lì; prima di andarsene,
lo aveva Schiantato e legato ad una sedia. Non voleva costringere Draco a
scegliere con chi combattere, dalla sua parte, o da quella di suo padre, che nonostante tutto ancora amava.
Si distrasse solo per una frazione di secondo. Che però gli fu fatale.
Un lampo di luce verde lo colpì in pieno petto,
togliendogli immediatamente la vita. Sembra un angelo, pensò
incongruamente Draco, vedendo l’espressione incredibilmente tranquilla, quasi
sorridente, sul volto di Harry.
Il pesante senso di colpa continuava ad affossare i suoi sogni, continuava ad incrementare ogni suo dispiacere: in un certo senso, era colpa sua se era morto: una delle persone più importante per lui, e di sicuro la persona più importante di tutto il mondo magico, nella quale tutti riponevano le proprie speranze.
Nessuno, dopo la sua morte, aveva avuto più voglia di lottare, si erano arresi quasi tutti. Solo qualche sporadico gruppo di ribelli ogni tanto cercava di vendicare la morte di tante persone, ma senza troppa convinzione.
Era come se Harry, andandosene, avesse portato via con sé tutte i sogni, le aspettative, le chimere di ogni mago: per questo Draco si chiedeva, ogni volta in segreto, per quale stupido motivo le persone come Harry, quasi angeli del cielo, dovessero andarsene per primi.
Bury
my dreams dig up my sorrows
Oh
Lord why
The
angels fall first?
Ma la cosa più
incredibile era che Voldemort lo aveva risparmiato. Forse gli dava il merito di
aver inconsciamente ucciso il suo arcinemico, o molto più probabilmente aveva
capito che la morte per lui sarebbe stata soltanto una liberazione.
Lo aveva ricattato, minacciando di torturare prima solamente sua madre; poi si era aggiunto Lucius nelle sue intimidazioni, visto che lo aveva deluso nuovamente. Ormai non sapeva più che farsene come Mangiamorte, tanto valeva usarlo per spronare quel ragazzo che, senza alcun tipo di “sollecitazioni”, sicuramente si sarebbe tolto la vita.
Il crepuscolo stava in fretta lasciando il posto alla sera; le ombre si facevano più fitte, si allungavano verso di lui, quasi come se volessero ghermirlo. Tra poco avrebbe dovuto andarsene, sicuramente il suo Oscuro Signore aveva qualche lavoretto per lui.
Non riusciva mai a fare niente per lui, senza chiedersi se fosse giusto o no, quello che faceva.
Continuare a servire quel mostro che gli aveva portato via il suo miglior nemico, quella creatura che continuava a infierire su di lui, costringendolo a fare ciò che voleva…era giusto?
Non avrebbe dovuto cercare di vendicare la morte di Harry, il suo sacrificio? Sarebbe stato giusto nei confronti dello Sfregiato e di tutte le persone che soffrivano sotto il pugno di ferro di Voldemort, ma avrebbe sicuramente rischiato la vita dei suoi genitori.
Non sapeva cosa fare, non sapeva cosa fosse giusto. Sperava soltanto che questa sua ignoranza lo avrebbe, prima o poi, condotto alla luce.
I'll
never understand
the meaning of the right
Ignorance
lead me into the light
Sospirando si alzò a fatica, spostando le sue iridi grigie sulla luna che era appena sorta, grande e piena, che bagnava l’erba con i suoi pallidi raggi argentati.
Si sentiva strano, come se da un momento all’altro dovesse succedere qualcosa: proprio il giorno prima, mentre era lì, il vento gli aveva stretto la mano. Sembrava quasi da pazzi, pensare una cosa simile, ma era questa l’impressone che gli aveva fatto: come se, qualcuno, attraverso il vento, avesse voluto porgergli un saluto.
Probabilmente era stato assolutamente casuale, ma a Draco piaceva l’idea che Harry, in qualche maniera, fosse riuscito a manifestarsi, con quel piccolo segno d’affetto.
Intanto la brezza si era fatta decisamente più fredda; il vento, come se fosse dotato di vita propria, turbinava tra le sue vesti, infiltrandosi un po’ ovunque, un po’ scherzoso, e gli accarezzava dolcemente il viso, adesso duro e asciutto, senza alcuna traccia del pianto liberatorio di poco prima. In fondo, la sua teoria non sembrava poi così assurda...
Sorrise al vento un’ultima volta, prima di voltarsi definitivamente per scendere dalla collina.
Yesterday
we shook hands
My
friend...
Ai piedi di essa lo aspettava una figura incappucciata, completamente vestita di nero. L’unica persona che sapeva della sua amicizia e del suo amore con Harry Potter, l’unico che sapeva perfettamente dove trovare Draco Malfoy quando si assentava per qualche ora, sempre al tramonto. L’unico di cui Draco si fidava.
“Ciao, Blaise, novità?” chiese il biondo, scorgendo i familiari occhi scuri dell’amico, che scintillavano metallici alla luce.
“Dobbiamo andare a sistemare un paio di mezzosangue ribelli…si dice che tra loro si nasconda anche un Weasley” rispose freddamente Blaise Zabini; neanche lui era molto propenso a stare agli ordini di Voldemort, anche se nessuno avrebbe potuto sospettare questo suo astio nei confronti del suo Signore.
“Perfetto” commentò laconicamente il biondo. Non gli era sfuggito il tono di Blaise.
Un’improvvisa folata di vento gli scompigliò i capelli, come per attirare la sua attenzione. Draco scosse impercettibilmente il capo, come per sottolineare che aveva capito l’avvertimento.
Chissà, magari c’era qualcun altro, come lui e Blaise, che non riusciva a sottostare docilmente agli ordini di Colui Che Non Deve Essere Nominato…
Avrebbe trovato le persone giuste, e prima o poi avrebbe affrontato Voldemort, rivoltandogli contro i suoi stessi seguaci: non sarebbe stato potente e riverito per sempre, in fondo. Ma lui non avrebbe fatto lo stesso errore di Harry: sarebbe stato pronto, prima di sferrare il suo attacco.
Solo un pallido raggio di luna solitario riuscì a scorgere il ghigno soddisfatto di Malfoy.
Today
a moonbeam lightens my path
My
guardian...
The End
Ps: Buonasera a tutti! Eccoci qua, siamo ritornate con questa
piccola one-shot, che inverosimilmente, non riguarda i Green
Day! Sorpresi, eh?
Già da tempo ci frullava in testa l’idea di fare una fanfic su Harry Potter, e
oggi, dopo un’intensa giornata di studio, l’ispirazione è arrivata,
folgorandoci sul posto. E pensate, un po’, sempre più incredibilmente, questa storia non è
stata ispirata da una canzone dei nostri amatissimi Green Day, ma da una
stupenda dei Nightwish: sappiamo che molti di voi probabilmente non sapranno
nemmeno chi siano (purtroppo) ma in ogni caso li ringraziamo per averci
involontariamente prestato “Angel Fall First”. La quale, tra parentesi, non è
stata utilizzata tutta, ma solo le parti che si adattavano alla storia.
Un ringraziamento va a tutti
coloro che leggeranno e commenteranno questa one-shot, sempre ammesso che ci
sia qualcuno che lo farà…Speriamo vivamente che vi piaccia, noi abbiamo fatto
del nostro meglio!
Kisses
and Hugs By Embrido e Rhye!!