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Autore: Hotaru_Tomoe    01/04/2012    5 recensioni
Ispirata all'episodio "Even a worm 15", riprende il dialogo tra Gojyo e Hakkai sulla possibilità di riportare in vita chi è morto. Perchè Hakkai sta pensando a Kanan, ovviamente.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cho Hakkai, Sha Gojio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimers: Saiyuki appartiene alla cara Minekura-sensei e a Ichijinsha. Questa fanfiction non ha alcuno scopo di lucro, ci mancherebbe altro.
Ambientata durante il sesto volume del Reload, è una specie di missing moment/filling moment (esiste?) dell’Act 28 - Even a worm 15.
Diciamo che ho espanso, rielaborato e rimpolpato il dialogo tra Gojyo ed Hakkai sulla scorta dei miei deliri mentali. Le frasi che ho tratto direttamente dai dialoghi del manga sono colorate in verde (inizialmente erano segnate con un asterisco). Ringrazio molto Clown che mi ha dato questo suggerimento e mi ha fatto notare l'eccesso di virgole. Buona lettura.
 

AMICI NEL VENTO

La locandiera dagli occhi gialli era ferma da dieci minuti a chiacchierare con un’amica davanti al portone di un palazzo.
Un gruppo di ragazzini, il più grande dei quali poteva avere dieci anni, attraversò di corsa la strada, schiamazzando e ridendo, per poi sparire in un vicolo stretto. Un vecchio seduto fuori della bottega del barbiere li rimproverò per l'eccessivo chiasso, con tuttavia, l'aria paterna di un nonno che in gioventù si era comportato esattamente allo stesso modo.
Seduto sul davanzale della finestra della locanda, Hakkai guardava quella scena di vita quotidiana scorrere davanti ai suoi occhi, mentre accarezzava pigramente il suo draghetto addormentato.
Sdraiato sul letto, intento a un solitario a carte, Gojyo poteva vederlo sollevare a tratti le spalle e rilasciare un impercettibile sospiro, gli occhi fissi sulla gente in strada ma vacui, segno che la sua mente era lontana migliaia di chilometri da lì. Gli bastò alzare un po' il collo e dare a sua volta una sbirciata fuori per intuire i pensieri del suo amico.
Di riflesso, anche il mezzodemone esalò un breve sospiro: ultimamente Hakkai ci pensava più di prima, l’aveva capito.
Giocherellò con una carta, facendola passare rapidamente tra le dita, sapeva bene che quella particolare ferita dell’amico non era mai guarita del tutto.
Come le cicatrici che rigavano il suo volto: potevi imparare a conviverci e ignorarle per la maggior parte del tempo, ma essendo sempre lì, era normale pensarci, di tanto in tanto.
Quando poi ti si parava davanti un esorcista in grado di resuscitare i morti, il pensiero era quasi inevitabile.
Ma comunque non meno deprimente.
E se c’era una cosa che detestava, ancor più del carattere lunatico di Sanzo e delle lamentele di Goku, erano quei momenti di cupa depressione di Hakkai.
Girò le ultime tre carte: donna di fiori, sette di cuori e tre di fiori. Nulla, il solitario non era riuscito.
Sollevò le lunghe gambe dal letto e si alzò con un movimento felino, afferrando la giacca. "Vado a comprare i viveri." annunciò.
Hakkai parve come ridestarsi da un sogno "Aspetta - appoggiò con delicatezza Hakuryu sul suo letto - vengo anch'io."
"Se te la senti. - Gojyo gli piantò in viso i suoi occhi scarlatti, ad avvisarlo che, se fossero andati insieme, avrebbero parlato - Altrimenti, se preferisci restare qui, fai pure: sono capace di fare la spesa da solo." proseguì, lasciandogli la possibilità di scegliere. Che non si dicesse che lui metteva gli altri con le spalle al muro, quello era tipico di Sanzo.
"Ah, non se ne parla, compreresti un sacco di cose inutili." commentò l’altro con un sorriso garbato.
"E allora? - chiese il mezzodemone prendendo la carta di credito del monaco - Tanto non paghiamo noi."
Hakkai si grattò la testa "Hn, ho paura che prima o poi i Sanbutsushin finiranno per tagliarci i fondi." 

Fecero la spesa con calma, parlando del più e del meno, discutendo solo un paio di volte su cosa acquistare, tipo "No, Gojyo, quattro stecche di sigarette sono decisamente troppe, tu e Sanzo dovete limitarvi, per la vostra salute." e poi si erano diretti nuovamente verso la locanda che li ospitava per la notte.

Giunti all'altezza di un ponte che scavalcava il fiume, Gojyo aveva appoggiato le borse a terra e si era appoggiato alla balaustra del ponte osservando la folla. Hakkai, che gli stava dietro di pochi passi, si era immobilizzato sul posto un secondo e poi lo aveva imitato, girandosi nella direzione opposta per guardare distrattamente lo scorrere delle acque sotto di lui.
“Chissà che fine faranno le persone che vengono resuscitate.” chiese in un sussurro il demone.
Che si potesse trasferire impunemente l’anima di un demone dentro il corpo di un essere umano era già di per sé una magia inconcepibile.  Sperare che gli effetti di quel trasferimento fossero permanenti sinceramente pareva un po’ troppo fantasioso. Magari, passato qualche mese o qualche anno, le anime avrebbero nuovamente abbandonato quei corpi dentro ai quali erano state così innaturalmente trasferite.
Insomma, tante implicazioni etiche per un risultato quanto mai incerto.
Gojyo aspirò una lunga boccata di fumo dalla sua sigaretta “Mah... meglio non pensarci troppo.”

"E' solo che le osservo vivere in pace e penso che nessuno abbia il diritto di porre dei limiti alla vita umana." cercò di giustificarsi Hakkai. Non era assolutamente d'accordo con i metodi di Hazel e non considerava le anime dei demoni come semplici strumenti per resuscitare gli esseri umani: le vite di Goku, Gojyo, Yaone, gli erano altrettanto care. Ma vedendo quella giovane locandiera che grazie ad Hazel poteva prendersi cura dei suoi bambini, proprio non riusciva a pensare che resuscitarla fosse stato un atto sbagliato.
"Io ho rinunciato a rimuginare su tutta questa dannata faccenda, è troppo complicata per me e le mie povere meningi." sentenziò Gojyo rompendo il pesante silenzio tra di loro.
“Eh?” Hakkai voltò leggermente il capo verso di lui con un’espressione interrogativa.
“Dico che è inutile angosciarsi troppo su quello che sarebbe potuto accadere. Se, se, se... non serve, tanto le cose sono andate come sono andate, no? - disse con un'alzata di spalle - Prendi queste persone: resuscitate o no, ciascuna di loro potrebbe vivere cent’anni o morire domani per un incidente o l’attacco di un demone. Per questo io preferisco vivere alla giornata.”
Hakkai stese le labbra in un bonario sorriso di rimprovero “Non si può dire che tu sia uno che perde il sonno programmando il proprio futuro.”
“No, decisamente no.” ribatté placidamente il mezzodemone, come a dire che non ci trovava nulla di male nella sua scelta di vita.
“Mh.” sospirò Hakkai in tono neutro. “Probabilmente quando tua mamma cerca di aprirti la testa con un’ascia, preferisci concentrarti su ogni minuto che ti è stato dato da vivere, senza preoccuparti di altro.” constatò tra sé. Vergognandosi di se stesso, provò una punta di invidia per la leggerezza (sì, leggerezza, non superficialità) con cui Gojyo affrontava la vita, come una foglia portata dal vento. In fondo gli sarebbe piaciuto staccarsi definitivamente dal rimorso verso Kanan e librarsi nell'aria allo stesso modo.
Il mezzodemone si accorse che il discorso era deviato rispetto al punto di partenza, e si premurò di rimetterlo sui giusti binari “E tu che ne pensi?”

“A che proposito?”
Non si poteva negare che Hakkai fosse bravo a glissare, quando non voleva affrontare determinati argomenti, ma lui era altrettanto bravo nell’insistere. Mai sottovalutare la vitalità e la cocciutaggine di uno scarafaggio “A proposito di riportare in vita qualcuno che è morto.” Finì di fumare la sua sigaretta e la gettò con noncuranza nel fiume sottostante, spostando il peso da una gamba all’altra per mettersi più comodo, perché fosse chiaro che da lì non si sarebbero mossi.
“Beh, insomma, se perdessi una persona molto cara, senza dubbio desidererei che potesse risorgere. Non credo proprio ne farei una questione morale.”
Kanan.
Il nome della sua amata rimbombò silente ed inespresso.
La persona amata. L'unica donna della sua vita.
“E’ così, lo farei, lo farei io stesso senza esitazione. Potrei arrivare io stesso a rubare un'anima, pur di ridarle la vita." Si passò una mano tra i capelli castani, sentendosi orribile per quel pensiero a cui aveva dato voce.
Gojyo tacque. Non stava dicendo niente e, soprattutto non lo stava giudicando, non lo faceva mai. Questo era il motivo per cui Hakkai sentiva di potergli raccontare tutto e mettere a nudo la sua intera anima, fin negli aspetti più disgustosi, senza ritrosie.
E poi iniziò a sproloquiare di una eventuale prossima ragazza che gli sarebbe piaciuto incontrare: una ragazza sana e dall'indole positiva, con cui fare tanti bambini, lavorando sodo per loro.
Un sogno lontano, una fantasia diafana e senza consistenza, descritta da Hakkai con assai poca convinzione. Il mezzodemone capì che in realtà il suo amico non stava guardando al futuro: quella ragazza, quei bambini che avrebbe voluto avere, tutto quanto riguardava sempre ed ancora Kanan; era certo che Hakkai non avrebbe mai amato nessun'altra donna quanto lei e, sensibile com'era, non avrebbe mai sposato qualcuna che non amasse davvero. Diceva 'la prossima volta', ma intendeva 'nella prossima vita'.
Lo capì, ma tacque ancora, assecondando la falsa allegria dell'amico con una battuta squallida, lasciando che arrivasse da solo a quella realizzazione. Infatti, dopo qualche minuto di silenzio si azzardò a guardarlo e lo vide col capo chino, i capelli spioventi in avanti, la nuca esposta agli elementi; non gli era mai sembrato così fragile.

"Ultimamente ci penso spesso." confessò infine Hakkai. Finalmente il demone staccò gli occhi dal fiume sottostante, appoggiandosi alla balaustra imitando la posa dell'amico. Kanan era sempre morta, il suo corpo disperso tra le rovine del castello dove si era suicidata. Lui non avrebbe mai saputo cosa ne sarebbe stato di loro se fosse stata resuscitata e, la prossima volta che avesse visto Hazel, ci avrebbe pensato ancora.
Non ci poteva fare proprio niente e quindi...? Forse la soluzione prospettata da Gojyo, quella di vivere alla giornata come una foglia in balia delle correnti non era così malvagia. Hakkai sollevò gli occhi fino a incontrare il suo sguardo, buttò fuori un altro sospiro, l'ultimo, e poi gli sorrise.
Parlare di questo con il suo amico era stato come disinfettare una ferita in suppurazione: un processo doloroso al termine del quale, però, sentiva il cuore un po' più leggero. "Ma che facciamo se a quarant'anni dovessimo ritrovarci esattamente come siamo ora?"

"Uffa! - scherzò Gojyo - Perché devo cominciare a pensarci anch'io? Te l'ho detto che a me non va di spaccarmi la testa su queste cose!" il mezzodemone si stiracchiò nella brezza serale e ad Hakkai per un istante parve davvero sul punto di sollevarsi da terra e prendere il volo. "Io sono fatto così - insistette Gojyo - ma se tu un giorno trovassi davvero quella ragazza, non sentirti in alcun modo costretto a continuare a vivere con me."
Hakkai prese le sue buste della spesa "E' un modo gentile per darmi lo sfratto?"
Gojyo ridacchiò e raccolse a sua volta i viveri "No, idiota. E' un modo per dirti di vivere la vita come meglio credi."
"Seguendo l'istinto del momento?"
"Lo trovi così sbagliato?"
"No."
Sospinti dal vento che soffiava alle loro spalle, i due amici si affrettarono verso la locanda.

   
 
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