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Autore: Giulls    01/04/2012    8 recensioni
Un incidente distrugge le vite di Isabella ed Edward, ma in un modo o nell'altro, in un mondo o nell'altro, loro riusciranno a stare insieme, per sempre.
«Signor Cullen?» lo chiamò il dottor Black.
«Non ho i soldi per pagare l'intervento di mia moglie.»
«Mi dispiace.» gli disse solamente, ma non c'era bisogno di dire altro.
Senza soldi, non avrebbero fatto quel trapianto di fegato a Isabella.
Senza soldi, lei sarebbe morta.
«La prego…» lo supplicò Edward e sebbene il dottor Black avesse voluto con tutto se stesso dirgli di sì, non poté fare niente.
Isabella venne spostata nella sala rianimazione, con un respiratore attaccato alla bocca in attesa che il suo cuore cessasse di battere da solo.
Edward raggiunse la moglie e pianse come un bambino, terrorizzato dall'idea di vederla morire.
«Amore mio, ti prometto che ovunque andrai, io ti seguirò. Perché io non posso vivere senza di te.» le disse con le lacrime agli occhi e, impossibilitato dalla presenza del respiratore, le baciò l'angolo della bocca, come era solito fare dopo aver fatto l'amore.
All'improvviso l'unico suono nella stanza fu un continuo beep.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Together forever

Seicentoquattro mila ottocento secondi.
Diecimilaottanta minuti.
Centosessantotto ore.
Sette giorni.
Era da una settimana che a Forks, città situata nella penisola di Olympia, stato di Washington, pioveva ininterrottamente e ancora il tempo non voleva accennare a dare tregua a quei poveri cittadini.
Tutti gli Americani erano preoccupati per questo, ma i cittadini di Forks no. Forks era considerata la città più piovosa d'America e questo era un'ennesima sfida che stava a sottolinearne il suo primato in questo campo.
Il presidente degli stati Uniti d'America George W. Bush voleva intervenire, spaventato da tutto questo, ma il sindaco di Forks Nedra Reed, denominata anche “la donna con le palle” quando lo sentii al telefono scoppiò a ridere e gli disse che Forks se la sarebbe cavata benissimo e dopo averlo salutato, interruppe la conversazione.
La signora Reed non era un'amante dei Repubblicani.
Dodici ore dopo quella telefonata il temporale cessò e tutti i cittadini ricominciarono ad andare avanti con le proprie vite, incuranti del pericolo che si celava nella calma dopo la tempesta.
Lei stava guidando la sua utilitaria, dopo che il suo amato Chevy aveva esalato il suo ultimo respiro a metà strada tra Port Angeles-Forks, ed era diretta verso casa. Come sempre quella stronza di Jessica Stanley era arrivata tardi a darle il cambio e di conseguenza lei era stata costretta a partire verso casa con un ritardo di venticinque minuti.
Suo marito probabilmente questa volta l'avrebbe ammazzata, ma lei non poteva fare altrimenti: non poteva lasciare ventotto bambini di diverse età – dai 3 ai 5 anni – da soli solo perché il suo turno sarebbe finito venticinque minuti prima.
Guardò prima l'orologio e poi il contachilometri: erano le quattro e mezza e la lancetta segnava ottantacinque chilometri orari in una strada in cui era consentito al massimo fare i settanta.
Ormai sono già in ritardo, pensò, è meglio rallentare un po'. Minuto in più, minuto in meno non farà la differenza. Rallentò e raggiunse il limite di velocità consentito; la sicurezza prima di tutto.
Lo squillo del suo cellulare interruppe il silenzio presente dentro la vettura e dopo essersi infilati gli auricolari fu pronta per parlare.
«Si può sapere dove diavolo sei?» le domandò suo marito mentre si premeva le tempie per non urlare.
«Jessica è arrivata tardi ed io non potevo lasciare soli i bambini.» rispose sbuffando e in quel momento spinse il piede sull'acceleratore «Sto per arrivare, altri dieci minuti.»
«Non importa, ormai l'appuntamento è saltato.»
«Mi dispiace.» sussurrò lei col groppo in gola, ormai prossima al pianto. Era la terza volta che per qualunque motivo l'appuntamento con l'assicuratore veniva rimandato: una volta questo era malato, un'altra il Chevy aveva deciso di non volerne più sapere di partire, e ora questo.
«Non preoccuparti, tesoro. Abbiamo l'appuntamento tra due giorni.»
«Due giorni, certo.» replicò la donna abbozzando un sorriso «Possiamo farcela. Dobbiamo solo evitare di morire in queste quarantotto ore.»
«Isabella, non sei simpatica.» la rimbeccò serio, ma anche lui era divertito da quella innocente battuta.
Isabella e Edward erano sposati da un paio d'anni. Si erano conosciuti al liceo, dopo che lei si era trasferita dall'Arizona per passare un po' di tempo con suo padre, lo sceriffo Swan, che l'aveva lasciata a causa di un tumore al cervello otto mesi dopo il suo matrimonio e con un sacco di debiti da coprire.
Nessuno dei due navigava nell'oro – Edward aveva interrotto i rapporti con la sua famiglia perché questi, milionari snob con la puzza sotto il naso, non riuscivano ad accettare Isabella, definendola più volte una “arrampicatrice sociale”, e aveva da poco perso il suo impiego presso la tavola calda per i tagli sul personale – ma erano felici perché si amavano alla follia ed erano certi che avrebbero trovato un modo per arrivare ad avere un'assicurazione che potesse permettere loro di possedere di una minima copertura medica, bastava solo pazientare un altro paio di giorni.
George Newton, fratello maggiore di Mike, uno dei migliori amici di Edward Cullen, li avrebbe senza dubbio aiutati.
«Tra quanto sarai a casa?» domandò Edward mentre apriva il frigorifero per cercare la birra.
«Quindici minuti.»
«Avevi detto dieci.» la rimbeccò sorridendo.
«Avrei detto qualunque cosa pur di non farti incazzare.» rispose lei sorridendo a sua volta.
«Guida piano, ci vediamo qui a casa.»
«Lo farò, ma cercherò anche di arrivare a casa il prima possibile, ho…sai, ho notato di essere ingrassata di un chiletto e mi chiedevo se volessi darmi una mano a smaltirlo.»
Lui rise di gusto per il giro di parole di sua moglie, perché ogni volta si inventava qualcosa pur di non dire “voglio fare sesso”.
«Sarò ben lieto di aiutarti. Indossi la camicia?»
«Sì, perché?»
«Perché te la strapperò di dosso prima ancora di lasciarti entrare in casa.» le rispose suadente.
Lui, al contrario di lei, era sempre schietto.
Isabella arrossì e tossì.
«Ci vediamo tra poco.»
«Ti amo, Bells.»
«Ti amo anche io, Ed.» lo salutò e quando la chiamata terminò, Isabella accese la radio per distrarsi dall'eccitazione che l'aveva colpita al bassoventre nel sentire quelle parole dette da suo marito.
Il cartello indicava tre chilometri all'uscita per Forks e nessun altro percorreva quella strada oltre a lei, se non qualche camion che, indisturbato, la sorpassava.
Di certo non poteva sapere che sarebbe stato proprio quel camion che la stava sorpassando, quello che trasportava lastre di metallo, a costarle la vita.
Tutto accadde tanto, troppo velocemente.
Il camion era entrato nella seconda corsia per superarla e in quello stesso momento una Aston Martin a sua volta stava effettuando una manovra di sorpasso. L'Aston Martin rientrò nella seconda corsia tagliando la strada al camion e il camionista, preso dal panico, sterzò verso destra.
La coda del camion non aveva ancora superato Isabella e lei non fece in tempo a rendersi conto di tutto che già si era trovata schiacciata tra il muretto e il camion.
Perse immediatamente i sensi.

 

«Chiamate il dottor Black, ora!» esclamò l'infermiera Weber, la quale aveva appena finito il suo turno e che all'improvviso si era ritrovata a dover assistere la donna appena entrata dentro all'ospedale, tutta insanguinata.
Il camionista aveva immediatamente chiamato il 911 e venticinque minuti dopo Isabella Swan era stata portata dentro all'ospedale di Forks.
Il dottor Jacob Black, medico chirurgo, raggiunse pochi attimi dopo la donna sulla lettiga.
«Isabella Swan, venticinque anni, sposata con Edward Anthony Cullen. È stata…» elencò l'infermiera mentre seguiva il dottore, ma un uomo appena entrato in ospedale le impedì di proseguire oltre.
«Bella!» urlò Edward e quando vide sua moglie venir trascinata sbiancò.
«Lei è un parente?» domandò l'infermiera Weber mentre tentava di far sedere Edward.
«Sono suo marito.» rispose lui con gli occhi pieni di lacrime «Cosa è successo a mia moglie?»
«Incidente automobilistico. Un camion ha preso in pieno la macchina di sua moglie.»
«E lei ora come sta? Ce la farà? La prego, mi dica qualcosa!»
«Angela, ci penso io a lui.» li interruppe l'infermiera Mallory, che prontamente prese il posto della collega. «Signor Cullen…le probabilità che sua moglie si salvi sono minime, mi dispiace.» Il suo freddo tono da stronza menefreghista non l'abbandonava mai, nemmeno sul posto di lavoro.
«Che vuol dire? Non potete fare niente per salvarla?»
Lauren Mallory sospirò e si alzò in piedi.
«Sua moglie ha bisogno di un trapianto di fegato, ma la vostra assicurazione non copre questa spesa medica. Mi dispiace, ma non c'è niente che possiamo fare.»
«Posso telefonare ai miei genitori per farmi dare dei soldi.» rispose Edward piangendo «Ma la prego, faccia qualcosa!»
L'infermiera Mallory lo guardò compassionevole e gli disse di fare quella telefonata.
Con le mani tremanti Edward chiamò i suoi genitori, i quali gli risposero che la vita o la morte della loro cognata non era affare loro.
«Signor Cullen?» lo chiamò il dottor Black.
Edward sapeva quale sarebbe stata la sua domanda, non era stupido. Era la risposta che gli faceva male.
«Non ho i soldi per pagare l'intervento di mia moglie.»
«Mi dispiace.» gli disse solamente, ma non c'era bisogno di dire altro.
Senza soldi, non avrebbero fatto quel trapianto di fegato a Isabella.
Senza soldi, lei sarebbe morta.
«La prego…» lo supplicò Edward e sebbene il dottor Black avesse voluto con tutto se stesso dirgli di sì, non poté fare niente.
Isabella venne spostata nella sala rianimazione, con un respiratore attaccato alla bocca in attesa che il suo cuore cessasse di battere da solo.
Edward raggiunse la moglie e pianse come un bambino, terrorizzato dall'idea di vederla morire.
«Amore mio, ti prometto che ovunque andrai, io ti seguirò. Perché io non posso vivere senza di te.» le disse con le lacrime agli occhi e, impossibilitato dalla presenza del respiratore, le baciò l'angolo della bocca, come era solito fare dopo aver fatto l'amore.
L'unico suono nella stanza era il continuo beep.

 

Tre ore.
Erano passate tre ore da quando Edward Cullen era tornato a casa e l'aveva immediatamente rovesciata.
Quello che stava cercando doveva esserci per forza, da quando l'aveva comprata non era mai stata usata.
Quando Isabella la vide iniziò a strillare, perché non voleva quell'aggeggio in casa sua, nonostante fosse per difesa. Lui le aveva detto che quando ancora viveva con Charlie ci conviveva, ma questo non riuscì a calmarla. Solo dopo diverso tempo riuscì a farle cambiare idea, ma fu lei a metterla via.
E lui non sapeva dove si trovasse in quel momento.
Aveva girato tutte le stanze mettendole a soqquadro, ma di quella nessuna traccia.
Stava perlustrando la loro camera matrimoniale per la seconda volta, precisamente la scrivania. Tutti i cassetti erano aperti e pieni di varie scartoffie.
Ma niente che potesse essere utile alla sua ricerca.
«Maledizione!» urlò sbattendo un cassetto, il quale fece un rumore strano.
Nonostante fosse sconvolto, Edward se ne accorse e lo aprì, ripetendo una seconda volta il gesto di poco prima.
Lo stesso rumore.
Aprì il cassetto per la terza volta e lo studiò bene, scoprendo ad un certo punto che questo aveva un doppio fondo. Tolse il coperchio e quando trovò l'oggetto della sua ricerca, trattenne il fiato.
La Magnum 2000 era lì che lo fissava, come se volesse sbeffeggiarsi di lui. In quell'esatto momento Edward si rese conto che, se l'avesse presa, non sarebbe più potuto tornare indietro.
Ripensò ai pro e ai contro della sua scelta: avrebbe detto addio ai suoi amici e a Renèe, che si era rivelata una buona seconda madre per lui, ma come poteva vivere in un mondo nel quale la sua unica ragione di vita non vi faceva più parte?
Semplicemente assurdo, pensò mentre toglieva la sicura.
Semplicemente assurdo, pensò mentre impugnava la pistola.
Semplicemente assurdo, pensò mentre poggiava il buco della canna alla sua tempia.
«Bella, amore mio…ancora un attimo e sarò di nuovo accanto a te, questa volta per sempre.»

Bang.

********

Questa OS è nata la settimana scorsa, dopo aver visto per inglese un documentario sull'assistenza sanitaria in America, prima della riforma di Obama del 25/3/2010.
Ci sono rimasta malissimo quando un dottore ha detto una cosa tipo “a malincuore lo dico, ma è così: senza soldi non possiamo operare”.
Cazzo, ci sono rimasta talmente tanto di merda che ho faticato a non piangere.
Una volta tornata a casa il mio cervello ci ha pensato su e ieri soera sono riuscita a mettere tutto per iscritto.
A dire il vero doveva essere un genere romantico, ma questo è quello che è venuto fuori.
Spero vi piaccia,

Giulls

P.S. I personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà della Meyer.

P.P. S. Questo è la mia pagina di facebook, se volete aggiungermi per fare due chiacchiere! http://www.facebook.com/profile.php?id=100003078074791

   
 
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