Bitterness.
A
esse. Thank you for the
empathy.
Le
lenzuola erano calde e umide, si incollavano alla schiena sudata e alle
mani
disperate, erano stropicciate dai troppi movimenti, erano sporche dello
sperma
di quella notte, forse anche di quella precedente.
Harry
affondò la faccia sulla stoffa chiara prendendo un respiro
profondo, mordendosi
il polso per non gridare. Tra le dita lembi di lenzuolo venivano
torturati, le
nocche diventavano bianche e gli occhi verdi si riempivano di lacrime.
Fare
sesso era doloroso, fare sesso con un ragazzo era fottutamente doloroso
ma
quella sera, mentre Louis si faceva largo tra le sue carni,
c’era qualcosa di
diverso che lo feriva ancora di più. La sentiva, quella
disperazione.
Il
suo migliore amico, il suo amante, era dietro di lui, con
metà cazzo dentro di
lui e dai gemiti strozzati che gli sentiva uscire dalla gola poteva
sentire
solo una profonda tristezza. Quando con uno sforzo, quasi con violenza,
entrò
del tutto e si appoggiò alla sua schiena prendendo a
massaggiargli il petto
sospirarono contemporaneamente.
Louis
era arrabbiato, aveva litigato ancora una volta con quegli idioti del
management e si era fatto rovinare la serata dei Kids Choice Awards, e
mentre
quella sera camminava tra i fan, tra le telecamere, con Harry a pochi
passi da
lui eppure così distante, aveva pensato che era davvero stanco, non ce la faceva più,
voleva smetterla. Non era più
possibile sorridere quando tutto andava a puttane in quel modo, quando
i soldi
iniziavano a governare la tua vita, quando l’unica cosa
importante della tua
vita ti veniva allontanata in quel modo.
Affondò
la testa tra i ricci del più piccolo, strinse la sua
erezione tra le mani e
iniziò a spingere con le lacrime agli occhi. Tremava dalla
testa ai piedi e le
ginocchia non lo reggevano, se non fosse stato per Harry sarebbe
crollato tempo prima.
La
voce resa roca dal sesso di entrambi era bassa, quasi impercettibile.
Sembravano una canzone, i rumori umidi dei loro corpi che si univano,
le parole
sussurrate senza senso, le lenzuola sporche che strofinavano contro la
pelle,
le lingue, i morsi, i graffi. Louis non sentiva l’urgenza
dell’orgasmo eppure
iniziò a premersi più forte contro la prostata
dell’altro, facendolo urlare,
iniziò a piangere contro il collo sudato.
Movimenti
frenetici, il dolore dell’anima, il piacere del corpo, le
lacrime e il sudore.
Il sangue. L’amarezza nel fondo della gola, sullo stomaco.
Harry
gemeva a bocca aperta, tenendosi con i gomiti, con gli occhi chiusi.
Sapeva che
Louis stava soffrendo e che stava lottando, che lo stava facendo per
lui, che
se gli stringeva forte il cazzo era perché voleva fargli
capire che si
appartenevano e che quegli stronzi potevano dire quello che volevano,
sarebbero
rimasti insieme fino alla fine. Se stavano scopando in quel modo, Harry
lo
sapeva, era perché dentro avevano entrambi l’amara
consapevolezza che ogni
volta poteva essere l’ultima ma che non avevano nessuna
intenzione di
arrendersi, che avrebbero urlato ad
ogni riunione, in ogni camera d’albergo.
Loro
non erano spaventati. Ce l’avrebbero fatta, presto.
E
allora avrebbero spaccato tutto, avrebbero sorriso veramente, avrebbero
mandato
a fanculo tutte quelle persone bigotte che avevano attorno, avrebbero
fatto
sesso senza quell’angoscia.
Louis
venne con il nome del suo amante sulle labbra e le lacrime sulle
guance,
sporcandogli il sedere per l’ennesima volta, imprimendo
ancora il suo essere
fin dentro le viscere di quel ragazzo che aveva tra le labbra e che
stava
avendo un orgasmo urlando.
You've
got the light to fight the shadows so stop hiding it
away
«Non
ce la faccio più, Harry, non ce la faccio
più.» diceva, sporco di sperma e
sudore, piangendo perso tra le sue braccia come un bambino.
Fine.
Sappiate
che ci sto di merda, che questa storia è stata scritta
apposta per farmi stare
di merda. L’ho scritta ascondo Read all about it di Emeli
Sande, di cui è l’ultima
frase in corsivo. La dedico a esse, perché ha sopportato i
miei scleri ieri
notte, dopo i KCA’s. Non ho altro da dire, recensite se vi va,
Peace
and Stylinson, Nana.