How could you turn Heaven into Hell?
Di
recente c’è qualcosa che non va, fra di voi. Tu
lo guardi, piena dello stesso amore e delle stesse speranze che hai
sempre
nutrito nei suoi confronti e in quelli della vostra storia, ma quando
lui
ricambia noti che nel profondo nel suo sguardo si nasconde
un’ombra.
È
piccola, poco importante forse, però tu la vedi.
Se ne sta lì, in quelle iridi grigie, fredde come il
ghiaccio, e quando i
vostri sguardi si incrociano in un certo senso ti fa quasi
rabbrividire. Hai
sempre saputo che in lui qualcosa era diverso, che insieme a tutto
ciò che tu
ami c’è una rilevante stonatura. Lo sai
perché anche per te vale il medesimo
concetto. Voi due avete vissuto lo stesso genere di abbandono ed
è anche questo
che vi ha fatti finire insieme, vincolati l’uno
all’altra dalla promessa di non
lasciarsi mai, qualsiasi cosa accada. Dentro al tuo petto, il cuore
batte
veloce, ancora sanguinante per la perdita di un genitore che non ti
è stato mai
accanto o che, molto probabilmente, non ti voleva abbastanza bene per
riuscire
a farlo. E la prima volta che hai visto lui hai percepito che anche nel suo, di petto, c’era
la stessa
mancanza.
Per
un po’ vi siete studiati, non è vero? Nessuno di
voi voleva rischiare di essere preso in giro. Avete cominciato a
frequentarvi
con il preciso intento di raccogliere il maggior numero
d’informazioni sul
conto dell’altro, mantenendo però una certa
distanza. Tutta quella che era
necessaria ad impedirvi di cascare nel giogo dell’attrazione
troppo presto. Vi
siete presi in giro, avete giocato, le liti che vi siete lasciati alle
spalle –
e che ancora adesso condiscono le vostre giornate – sono
innumerevoli…eppure,
nonostante questo, siete arrivati al punto di non
poter neanche pensare normalmente se separati. Quello che in
principio era solo un amico, e che ancora prima non era altro che una
spina nel
fianco, è diventato indispensabile: il tuo amore, signore e
padrone.
Ora
però è diverso.
Senti
ancora il vostro legame indissolubile, lo senti
talmente tanto forte che ti stupisci alle volte, ma insieme a questo si
è
insinuato un dubbio. Ti lacera, ti riempie la testa con paure magari
infondate,
ti uccide giorno dopo giorno mentre lasci che le tue insicurezze
crescano fino
a diventare insopportabili. In un baleno hai cominciato a chiederti se
il suo
affetto non si sia affievolito. Se le sue carezze ed i suoi abbracci
abbiano
realmente perso di dolcezza o se sei solo tu a pensarlo. Se quegli
occhi che
non poco tempo addietro ti guardavano pieni di devozione,
ora non fossero stanchi
di posarsi su di te.
E
allora ti butti nello studio, cerchi di non
pensare perché sai che se ti perdi in certe intricate
congetture poi non sarai
più capace di uscirne. Non da sola. Non quando sei
così spaventata. La tua vita
corre come ha sempre fatto, la mattina sei in classe, il pomeriggio a
spasso
con le amiche e la sera a casa, a guardare la televisione con il tuo
gatto
appollaiato al tuo fianco sul divano. Di momenti vuoti e poco rilevanti
ce ne
sono pochi, ma, in fondo, per un adolescente è sempre
così.
Quando
però le cose non migliorano, non è più
la
paura ad animarti, bensì la rabbia.
Non lascerò che sia lui a dirmi che si è stufato,
pensi, non gli permetterò di
farmi passare per un giocattolo che improvvisamente ha
smesso di essere interessante. Angosciata e priva di una vera
linea d’attacco, cerchi in tutti i modi di parlargli, di
ragionarci assieme, ma
notando il suo totale disinteresse cedi dinanzi all’evidenza
e ti abbandoni
alla disperazione. Chissà, forse eri solo tu a vedere la
vostra storia come
qualcosa di davvero, davvero importante.
-
“Alla mia musa”…?
–
Un
ragazzo, di
recente, ha preso l’abitudine di farti piccoli doni. Lo
conosci, fate parte
dello stesso club di Musica, e per quanto tu non sia incline a dare
spettacolo
non puoi fare a meno di trovare dolci i suoi tentativi di farti tornare
a
sorridere. Gli posi una mano sulla spalla, quasi a confortarlo quando,
fra i
due, sei tu quella che ha bisogno di un simile gesto.
-
Sei sempre troppo gentile, Cecil.
Lui,
imbarazzato, si scompiglia i capelli con un mano, lo sguardo basso.
-
Beh, non è essere gentili… - ammette -
…io penso veramente
che tu sia la mia musa. Da quando ti ho vista, scrivo melodie
così belle.
A
sentirlo non
puoi fare a meno di reprimere uno strano calore, a nascere dentro al
cuore.
Sono mesi che la persona con cui stai non ti dice cose del genere:
ormai ti
sembra di essere un’estranea per lui, un incomodo di cui
avrebbe fatto
volentieri a meno, e per quanto tu voglia essere arrabbiata non riesci
a non
sentirti enormemente triste per come stanno finendo le cose fra voi.
L’amore
che vi univa dove diamine è andato? Può, qualcosa
di così perfetto, svanire con
tanta velocità?
-
Grazie, Cecil. Non sai…quanto mi fai felice a
dirmi una cosa del genere.
Allontanandoti
dal tuo amico, percepisci di non aver
usato le parole che meglio avrebbero potuto interpretare i tuoi
sentimenti.
Probabilmente Cecil avrà frainteso ciò che hai
detto e, ora, avrebbe cominciato
a fantasticare su qualcosa che non poteva proprio accadere:
perché quel ragazzo
era bello, dolce ed intelligente, però non era lui. Non aveva i suoi occhi,
né il suo sguardo sicuro sempre di
tutto. Non aveva le sue mani, né possedeva il suo tocco. E,
poco ma sicuro,
quelle labbra sottili e rosate non avrebbero mai baciato le tue come
quando è
quel tuo maledetto lui a farlo.
Sospiri,
giri su te stessa e torni indietro,
ripercorrendo i tuoi passi per il cortile della scuola. Cerchi Cecil
con lo
sguardo ma, prima ancora di scorgere il suo capo biondo, ti ritrovi a
scontrarti con un piccolo gruppo accerchiato nel bel mezzo dello
spiazzo sotto
alle mura dell’Istituto. Tutti borbottano sommessamente,
c’è chi ride
addirittura, e mentre ti fai spazio fra gli studenti per capire cosa
stia
accadendo distingui i rumori tipici dei pugni poco distanti da te.
Finalmente
ti apri uno spiraglio, e dopo aver
passato gli ultimi due minuti a spingere e chiedere “permesso”,
qualche anima pia ti ha concesso il proprio posto in
prima fila. Eppure, ritrovandoti lì, avresti decisamente
preferito il
contrario.
Davanti
al tuo volto attonito trovi una scena
sconcertante. Lui lo sta picchiando, senza sosta, ed ogni colpo piomba
sulla
faccia diafana del povero Cecil con una foga inaudita. Apri la bocca
per
chiamarlo, però non esce alcun suono. Le parole ti muoiono
in gola ancora prima
che tu riesca a pensarle. Assurdo, se ci pensi. Una cosa del genere non
è
neanche possibile, no?
-
Avanti, ora
smettetela!
Qualcuno
alle tue spalle si mobilita per fermare la
rissa e, frapponendosi fra vittima e carnefice, schiva per un pelo un
suo nuovo
affondo prima di venire aiutato da un altro ragazzo. Due si curano di
tenerlo
fermo ed un gruppo di giovani – alcuni che conosci per lo
stesso motivo per cui
conosci Cecil – portano via il tuo amico, diretti con tutta
probabilità in
Infermeria.
Una
volta che la lotta è terminata, il pubblico
sciama lontano, alla ricerca di qualcosa di nuovo per cui elettrizzarsi
e/o
sorprendersi. Anche i suoi immobilizzatori si sono dileguati. Siete
rimasti
solo tu e lui, a guardarvi ognuno senza capire l’altro. Tu ti
chiedi cosa lo
abbia spinto a picchiare il povero Cecil e lui, noncurante, pensa solo
al fatto
che una cosa simile l’avrebbe volentieri rifatta, per le sue
ragioni.
Titubante
ti avvicini, inclini il capo da un lato e
con la mano scosti una ciocca di capelli da davanti ai suoi occhi,
passandola
poi sulla sua guancia. Scopri così che non è
stato l’unico a picchiare, il buon
caro vecchio Cecil si è saputo difendere e ha lasciato il
segno del suo
passaggio sul viso serio del tuo ragazzo. Cominciando a scuotere il
capo emetti
un sospiro prima di prenderlo per un braccio e portarlo in classe.
È fortunato,
tieni sempre dei cerotti nella tracolla, in caso di
necessità, e per quanto tu
non possegga un disinfettante sai per certo che non morirà
senza che qualcuno
lo curi in modo più che adeguato.
Faccia
a faccia, tu a controllare le sue ferite
coprendole come meglio puoi, ve ne state in silenzio per un
po’, ponderando
ognuno la gravità dei propri pensieri. Nell’attimo
stesso in cui ti pieghi per
mettere via ciò che hai appena adoperato, percepisci del
movimento e alzando lo
sguardo lo vedi a spostarsi verso la finestra. Ti da le spalle. Non ne
vuole
sapere di avere a che fare con te, di spiegarsi.
Tu,
però, vuoi delle risposte.
-
Cosa ti è
preso?
Domandi.
-
Perché lo hai picchiato?
-
Non lo so, il perché. L’ho fatto e basta.
-
…sappiamo entrambi che questa non è la
verità.
-
E anche se
fosse?
Sbotta
lui,
scrollandosi appena, le mani nascoste nelle tasche dei pantaloni della
divisa
scolastica.
-
Gli ho dato una lezione per gelosia, perché
ultimamente ti girava attorno più di quanto io potessi
sopportare. Ecco la
verità.
Ora,
la tua espressione, potrebbe far ridere
chiunque. Andandogli accanto lo fissi con gli occhi sgranati, incapace
di
trovare un senso alle sue azioni. Prima ti ignora e poi fa
così…per gelosia? Ma
quale processo mentale lo porta ad essere sempre così
dannatamente diverso?!
-
Spero tu
comprenda il fatto che…non avevi e non hai
tutt’ora alcun motivo per poterti
ritenere geloso. Io non potrei mai, mai,
tradirti o pensare ad un altro.
Gli
sorridi,
appoggiando una mano sul suo braccio.
-
Sono innamorata di te, dovresti saperlo.
Chissà
come mai, invece di accettare quella tua
notizia come chiunque altro – ovvero con gioia – lo
vedi rabbuiarsi, e non di
poco.
-
Credevo… - parla con voce così flebile che,
nonostante la vicinanza, fatichi a sentirlo - …credevo che
volessi punirmi, in
qualche modo.
-
Punirti?
-
Sì. Per quello che ti ho fatto.
Ancora
una volta non ti viene difficile immaginare
di che stia parlando. Prima che le cose prendessero quella strana
piega, quando
tutto andava ancora a gonfie vele, c’era stato un avvenimento
poco felice
all’interno della vostra storia: avevate cominciato a
punzecchiarvi, proprio
come facevate sempre, ma stavolta c’era più
tensione nell’aria e tu, non
accorgendotene, avevi finito col dire qualcosa di troppo, facendo un
giochetto
che sebbene ti apparisse sì malizioso, però
innocente, aveva mandato all’aria
il vostro pomeriggio assieme. Lui si era arrabbiato, ti aveva spinta
sul divano,
e contro la tua volontà aveva cominciato ad esplorare il tuo
corpo senza
permesso, con prepotenza.
Avevate
già fatto l’amore, tuttavia stavolta a te
non erano piaciute le sue attenzioni. Inizialmente ridesti del suo
comportamento, cercando di convincerlo a parole di smettere di fare
certe cose.
Eri convinta che stesse ancora scherzando, in fondo. Però
non era così. Era
serio. E non si fermava.
Ripensare
a quel momento ti fa mancare l’aria, e
questo non perché quel giorno lui avesse seriamente finito
col farti del male –
fortunatamente era rinsavito prima – quanto più
perché non sopporti l’idea che
una cosa del genere lo abbia tormentato sino ad adesso. Improvvisamente
capisci
cosa gli è preso, sai come mai si è staccato da
te. Ti senti in colpa per non
aver compreso prima.
Tu
lo avevi perdonato subito, addirittura la sera
stessa, ma lui invece aveva continuato a vivere nella paura di poter
rifare una
cosa del genere alla persona amata.
-
Ti ho vista, in questi giorno, sempre dietro a
parlare con quel tizio…a sorridergli. Avevo dato per
scontato che fosse per
punire me, che lo facevi.
Corrughi
la fronte, scuotendo il capo, però ti
precede ancora impedendoti di rispondere a quelle mal celate accuse.
-
…mi sono detto
che me lo meritavo, che era giusto così. Ho provato a farti
una cosa orribile e
se tu avessi smesso di amarmi non potevo di certo biasimarti.
Sebbene
tu non
possa vedere le sue mani, senti la tensione sul suo braccio e capisci
che le
sta stringendo in due pugni. Ti fai avanti di un passo, decisa a non
lasciarlo
solo stavolta.
-
Volevo lasciarti libera. Volevo che tu mi
lasciassi per stare con qualcuno che meritava più di me di
starti accanto. Io
non potevo troncare la nostra storia perché
ti…amo. Ti amo da morire.
-
Non serviva fare tutto questo, sciocco. Io non…non
ho mai dato peso a quella giornata, credimi!
-
E così…sarai sempre disposta a perdonarmi?
Qualsiasi cosa faccia, non importa quanto brutta?
Ancora
una volta ti ritrovi senza parole. Lo guardi,
sorpresa, e vorresti rispondergli, però non ci riesci. Il
cuore batte
fortissimo, le gambe ti tremano. Non ha ancora finito di parlare. Sta
per darti
il colpo di grazia.
-
Senti...
Il
suo sguardo
ti brucia la pelle.
-
…forse dovremmo…
No.
Non gli permetti di finire la frase. Gli tappi
la bocca con le mani e prendi dei respiri profondi, guardando il
pavimento. Fai
fatica a rimanere in piedi e anche la testa la senti pesante.
-
Cosa stai cercando di dirmi? Guarda che non…non è
facendo il martire che sistemeremo le cose. A me non importa cosa ti
stia
passando ora per l’anticamera del cervello, so solo che anche
io ti amo e
che…c-che non mi va di perderti. Noi due dobbiamo stare
assieme, ricordi? L’hai
dimenticato?
Staccandosi
i tuoi palmi dalle labbra, ti prende per
le spalle e ti stringe al suo petto, accarezzandoti i capelli con
delicatezza.
Sospiri, perché sono mesi che non fa una cosa del genere.
Lui non se ne può
andare perché tu, dopo solo poco tempo, stavi quasi per
impazzire senza la presenza
di attimi tanto semplici nella tua vita. Hai bisogno della sua
vicinanza, del
suo amore, hai bisogno di tutto ciò che lo riguarda,
è inutile.
-
Io non
smetterò mai di fare così.- continua
l’altro, senza lasciarti andare. – Non
riesco a sopportare che qualcuno che non sono io ti stia accanto, ti
faccia
sorridere…ti sfiori o anche solo ti guardi. Non ci riesco.
Fino a che tu non
torni a dedicare la tua attenzione solo a me, la rabbia mi assale
ribollendo
all’infinito.
Con
le dita
afferra una ciocca dei tuoi capelli, baciandola appena. Senti un
brivido
percorrerti la schiena, perché nonostante tutto in un certo
senso sei contenta
di essere tanto importante. Ti rendi conto che il suo affetto non
è sano, che
incorrerai in altri guai, e forse è anche per questo che non
sai proprio cosa
dire di fronte a certe rivelazioni. Dovresti magari consolarlo, fargli
sapere
che tu gli dai fiducia. Dovresti, giusto?
-
Alle volte, quando ti guardo, io non vedo la mia
ragazza. Vedo un bellissimo, bellissimo angelo. Quell’angelo
è dolce,
intelligente, e possiede un sorriso che sa scaldarti
l’anima… Però ha delle ali
e può volare via.
Fa
una pausa e si stacca, lasciandoti addosso la
stessa sensazione che ti coglie quando esci dal letto, abbandonando il
caldo
abbraccio delle coperte. Quasi ti pare di aver perso qualcosa, in quel
distacco. Qualcosa di importante, un calore che prima inondava tutto il
tuo
corpo, ergendoti sopra al resto dei comuni mortali. Persone che non
conoscevano
la tua stessa gioia.
Ora
l’hai persa. Non c’è più.
-
…vorrei
strapparle quelle ali.
Rivela
infine.
-
Strapparle, staccarle di netto perché con
quelle…tu puoi volare via da me.
-
Ma io non voglio volare via da te…
Lo
dici sommessamente, con fare straziante, grandi
lacrime a solcarti il volto mentre tieni lo sguardo basso e le mani
strette ai
lembi della gonna scozzese. È la verità. Non hai
alcuna intenzione e nessun
desiderio nel vivere lontana da lui, dall’unica persona che
ami e che sai di volere
più di tutto il resto. Il fatto che non lo capisca o che,
ancor peggio, non
abbia fiducia in questo, in qualche modo ti ferisce. Ti offende.
Cominci a
domandarti quante volte lui non ti abbia creduta quando, con il cuore
in mano,
gli hai detto “ti amo”,
“non lasciarmi mai”,
“voglio essere il
motivo per cui sorridi”.
Senza
neanche rendertene conto torni a chiedere la
sua attenzione, rifugiandoti fra le sue braccia, stretta stretta al suo
largo
petto. Hai fatto una cosa del genere almeno un centinaio di volte, ma
non
ricordi di aver mai pianto a quella maniera facendolo. È la
prima volta che
succede. La prima.
-
Non sono stata
capace di vedere la tua sofferenza… - mormori, aggrappandoti
alla sua camicia
con tutta la forza che possiedi - …perdonami. Perdonami,
ma non mi allontanare da te! Non ignorarmi! Non
comportarti come se…questa decisione spettasse solo a te!
Subito
lo
guardi, decisa nonostante le lacrime non abbiano ancora smesso di
scendere. Hai
tenuto per te questa tristezza per così tanto tempo che,
forse, i tuoi dotti
lacrimali hanno semplicemente ceduto di fronte all’eccessiva
pressione. Un po’ come
farebbe una vecchia diga, malridotta e fuori uso, dinanzi
all’instancabile
potenza dell’acqua.
-
Non fare cose tanto stupide quando il mio unico
desiderio è quello di rimanerti sempre, sempre
accanto…! Ovunque tu possa
andare io…io voglio seguirti. Non voglio
più…essere lasciata indietro. Basta...smettila
di farlo…
E
mentre tu lo supplichi, lui ti osserva senza
parole, praticamente sconvolto. Si porta una mano sugli occhi,
mordendosi un
labbro, e tu sei così presa dalle tue stesse frasi che quasi
ci rimani male
quando ti bacia. Ancora una volta gli dedichi la tua attenzione, gli
permetti
di stringere le mani attorno alle tue spalle e di attirarti a
sé, per un
secondo contatto. Più intenso del primo, più
passionale di qualsiasi altro ti
abbia mai concesso.
Abbandonarti
al tuo amore è così semplice e bello.
Così
tanto.
-
Ehi…hai notato che l’aria si è fatta
più calda?
-
Direi che è normale. Siamo a Giugno ed è estate, scema.
-
Non chiamarmi scema, stupido!
Scoppia
a ridere lui, stringendo la tua mano e
camminando al tuo fianco sul marciapiede. Il sole è ancora
alto in cielo, ma
pur con quel tepore c’è una leggera brezza a
scompigliarti i capelli neri. Tieni
il viso basso, un po’ per timore che qualcosa ti entri negli
occhi spinto dal
vento, un po’ perché sai che sulle tue guance
è comparso un fastidioso rossore.
Tutta colpa sua, ovviamente.
-
Si è fatto tardi…
-
Ah?
-
Guarda. – ti indica il sole, lo stesso che prima
ti pareva d’aver visto ancora splendente. Stava tramontando?
– Siamo rimasti
molto in quella classe…
Un’altra
risata da parte sua e tu scatti sull’attenti,
mollandogli una gomitata nelle costole prima di fare qualche passo in
avanti e
sorpassarlo. Non lo sopporti quando se ne esce con certe frasi,
sottolineando
il fatto che ti sei concessa a lui per l’ennesima volta.
Sembra che te lo
voglia far pesare, e per quanto conosci il suo essere dispettoso non
riesci ad
abituarti.
-
Sei proprio…uno stupido.
Ti
abbraccia da dietro, baciandoti la guancia. È dolce.
Dolcissimo.
-
…e tu sei il mio angelo.
Non
rispondi.
-
Le cose che mi hai detto prima…sono vere, dico
bene? Tu non te le rimangerai mai, no?
Stavolta
tocca a te ridere. Ti volti e gli accarezzi
le guance, divertita. Oggi hai scoperto un nuovo lato del suo
carattere, una
sfaccettatura che ti era sfuggita in precedenza ma che adesso non puoi
fare a
meno di adorare. È rimasto un bambino, il tuo adorabile
ragazzo, un bambino
spaventato che ha solo bisogno di essere rassicurato. Coccolato. Amato.
-
Sono tutte vere, amore mio. Tutto quel che ho
detto era dettato dal mio cuore e quello, che ti appartiene in ogni
parte, non
mente mai.
Abbozza
un sorriso e si avvicina, cercando
nuovamente le tue labbra.
-
Mai, mai, mai…?
-
…mai.